GLOSSARIO DI URBANISTICA 2

PIANO REGOLATORE GENERALE[1]

·                    L 17-08-1942 N. 1150-Legge urbanistica.

·                    L 03-11-1952 N. 1902-Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori.

·                    L 06-08-1967 N. 765-Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n.1150.

·                    DM 02-04-1968 -Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n.765.

·                    L 19-11-1968 N. 1187-Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n.1150.

·                    L 01-06-1971 N. 291-Provvedimenti per l'accelerazione di procedure in materia di opere pubbliche e in materia urbanistica e per la incentivazione dell'attività edilizia.

·                    L 22-10-1971 N. 865-Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle 17 agosto 1942, n.1150; 18 aprile 1962, n.167; 29 settembre 1964, n.847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata.

·                    DPR 15-01-1972 N . 8-Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici.

·                    L 28-01-1977 N. 10-Norme per l'edificabilità dei suoli.

·                    DL 10-11-1978 N. 702-Disposizioni in materia di finanza locale.(Convertito con modificazioni dalla L. 8/1/79, n.3).

·                    DL 15-12-1979 N. 629-Dilazione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per gli immobili adibiti ad uso di abitazione e provvedimenti urgenti per l'edilizia.

·                    DL 23-01-1982 N. 9-Norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti.(Convertito dalla L. 25/3/82, n.94).

·                    L 03-05-1982 N. 203-Norme sui contratti agrari.

·                    L 28-02-1985 N. 47-Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie.

·                    DL 20-11-1987 N. 474-Proroga dei termini per l'attuazione di interventi nelle zone terremotate delle Campania, della Basilicata e della Puglia, nonchè altre disposizioni dirette ad accelerare lo sviluppo delle zone medesime.

·                    DL 13-05-1991 N. 152-Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa.(Convertito con modificazioni dalla L. 12/7/91, n.203).

·                    DL 24-09-1996 N. 495-Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata.(Non convertito in legge).

DEFINIZIONE: “Piano Regolatore Generale”

Strumento urbanistico che estende la propria disciplina alla generalità del territorio comunale.

Nonostante gli vengano mosse critiche sempre più frequenti e puntuali, rimane il principale strumento di pianificazione, mediante il quale l'amministrazione comunale determina le direttive per lo sviluppo urbanistico ed edilizio, individuando le "zone" edificabili - la loro specifica destinazione (residenziale, produttiva, agricola e così via), la densità edilizia e quanto altro debba applicarsi all'edificazione - e quelle inedificabili, in quanto destinate a soddisfare i bisogni della collettività (strade, parcheggi, verde, scuole, ecc.).

Le aree di proprietà privata subordinate ad espropriazione o, comunque, inedificabili per effetto della loro destinazione a servizi pubblici, possono restare "vincolate" (ossia, sottratte all'utilizzazione privata) per un quinquennio dall'approvazione del PRG.

Se nel termine l'amministrazione comunale non provvede all'approvazione del piano particolareggiato di esecuzione dell'opera pubblica, il vincolo decade automaticamente e le aree riacquistano una - sia pur limitata - capacità edificatoria (art. 4, ultimo comma, L. 10/1977).

A  Modi di attuazione

L'attuazione del PRG avviene:

a) mediante il rilascio di concessioni edilizie o di autorizzazioni quando gli interventi debbano essere localizzati su aree dotate di opere di urbanizzazione o riguardino edifici esistenti;

b) mediante piani attuativi: con il piano di recupero (PR) quando, pur intervenendo sul tessuto urbano edificatorio, s'intendano effettuare interventi radicali di ristrutturazione e di trasformazione; con il piano di lottizzazione (PL) quando s'intenda realizzare un intervento edilizio su una parte del territorio non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata in rapporto con l'entità dell'insediamento previsto; con il piano di zona per l'edilizia economica e popolare (PEEP) ed il piano per gli insediamenti produttivi (PIP) quando, mediante espropriazione delle aree, l'amministrazione intenda soddisfare la domanda di residenza o di insediamenti produttivi a costo sociale.

B. Procedura di approvazione dello strumento

I - Delibera consiliare di adozione dello strumento urbanistico.

La procedura di approvazione del PRG ha inizio tramite l'adozione di una delibera consiliare con la quale il progetto di piano viene assunto dall'amministrazione comunale.

La delibera consiliare, oltreché contenere la verbalizzazione della discussione, deve altresì contenere il mandato al sindaco perché disponga in ordine alla pubblicazione del piano adottato entro un preciso termine, stabilendo in particolare il luogo del deposito degli elaborati, l'orario per il pubblico, le modalità per il rilascio di copie.

Tale deliberazione deve essere poi sottoposta all'approvazione della sezione provinciale del Comitato regionale di controllo, la quale potrà chiedere tutti gli elementi di giudizio che appaiano indispensabili per accertare la convenienza del piano medesimo, non soltanto nei riflessi finanziari ma anche in relazione alle limitazioni troppo onerose che eventualmente vengano a ricadere sugli interessi pubblici.

L'adozione del PRG è un elemento costitutivo del procedimento attraverso il quale il piano si forma e pertanto non vi è dubbio che nel caso in cui la delibera di adozione di un piano venga annullata, l'intero piano perde efficacia in quanto carente di una parte essenziale dello stesso.

Accade spesso che, nella successione delle amministrazioni che governano il Comune, quella successiva intenda revocare la delibera di adozione presa da quella precedente: è bene ricordare che tale possibilità si ha solo sino a quando il piano non sia stato approvato dalla regione, dal momento che successivamente all'approvazione, la deliberazione di adozione si fonde con il provvedimento regionale per dar vita ad un provvedimento complesso ed autonomo.

Molti dei ricorsi al TAR contro le deliberazioni di adozione si basano sulla presunta carenza di motivazione: in effetti la necessità di motivazione si ha solo per il superamento della destinazione precedentemente impressa alle aree in merito alle quali si siano prodotti atti giuridicamente rilevanti quali la approvazione di un PL, la stipula di una convenzione o l'emissione di una sentenza passata in giudicato.

Come si vedrà dalla giurisprudenza, non vi è necessità di motivare le singole scelte. E' invece necessario motivare in senso generale sul perché l'amministrazione abbia ritenuto il precedente piano superato parzialmente o totalmente.

In nessun caso comunque la deliberazione potrà essere considerata illegittima, in quanto esiste una disparità di trattamento tra aree limitrofe (ad es., una delle quali sia stata destinata all'edificazione e l'altra soggetta ad un vincolo espropriativo).

II - Le misure di salvaguardia

Le misure di salvaguardia sono provvedimenti amministrativi di natura esclusivamente cautelare, dirette ad attribuire al sindaco la facoltà di sospendere ogni determinazione in merito alle domande di concessione edilizia quando egli riconosca che l'attività edilizia prospettata sia in contrasto con il piano urbanistico in itinere.

Esse, pertanto, trovano applicazione durante il periodo intercorrente fra la data di adozione del piano e quella di approvazione del medesimo da parte della regione, periodo che non dovrà superare i 5 anni, sia per il piano regolatore generale che per il programma di fabbricazione.

In questo periodo l'esame delle istanze di rilascio di concessione edilizia deve essere effettuato tenendo presente che:

- il sindaco deve negare la concessione edilizia che avrebbe negato anche prima dell'adozione dello strumento urbanistico, con motivazione che esplicita la norma, locale o generale, non rispettata nel progetto;

- il sindaco deve sospendere ogni determinazione in merito alla richiesta di concessione edilizia se il progetto allegato non è conforme allo strumento adottato, comunicando la sospensione ed il relativo motivo, costituito dall'esplicito riferimento a quel contenuto dello strumento rispetto al quale è verificata la non conformità;

- il sindaco può rilasciare la concessione edilizia se il progetto allegato alla richiesta di concessione ha contemporaneamente due qualità: non incorre in nessun motivo di diniego ed è conforme allo strumento adottato.

E' evidente, in questa ipotesi, che le due qualità significano l'ottemperanza a due diversi gruppi di norme e che, in ogni caso, la più restrittiva è quella che predomina.

L'applicazione delle misure di salvaguardia costituisce una forma particolare di tutela della pianificazione urbanistica ed i l periodo ad esse relativo non si può computare al fine della decadenza dei vincoli preordinati all'esproprio per decorso quinquennale.

Le misure di cui trattasi si applicano anche alle domande presentate precedentemente alla data di adozione del piano e durano sino alla pubblicazione del piano attraverso il deposito presso la segreteria comunale dopo l'approvazione.

Alla luce della normativa di cui all'art. 4 del D.L. 398/1993 convertito, con modificazioni, dalla L. 493/1993, le misure di salvaguardia possono esonerare il sindaco ed il responsabile del procedimento nei confronti di colui il quale ha richiesto la concessione edilizia.

Ovviamente, trattandosi di una sospensione e non di un provvedimento definitivo, è bene che il sindaco si pronunci sulle domande così sospese entro il residuo termine la cui rimanente parte, rispetto a quanto già computato prima della sospensione ricomincerà a decorrere dal momento del deposito in segreteria di cui si è detto.

III – La pubblicazione

La pubblicazione è stabilita dall'art. 9 della L. 1150/1492 in 30 giorni; poiché nessun regolamento (nonostante fosse previsto) ha completato la norma citata, in base a istruzioni del Ministero dei Lavori Pubblici date con circolare della Div. XXIII, n. 2495 del 7 luglio 1954, i comuni sono tenuti a dare tempestiva notizia della data sul Bollettino Ufficiale della regione, sulla stampa di maggiore diffusione e mediante avvisi affissi in luoghi di pubblica frequenza.

Nella delibera di adozione, come già detto, possono essere contenute le modalità circa il luogo, l'orario, la richiesta di riproduzioni totali o parziali del piano.

La giurisprudenza ha affermato che il comune non deve ripubblicare il piano (riaprendo i termini per le osservazioni) a meno che l'accoglimento delle osservazioni non abbia profondamente alterato il piano stesso.

Ricordiamo comunque che le osservazioni al piano non sono un rimedio giuridico e neanche l'esercizio di un interesse legittimo partecipativo o oppositivo (come invece si ha per le opposizioni al piano particolareggiato o al piano di zona per l'edilizia economica e popolare). Esse costituiscono solo un generico momento di collaborazione nel quale il privato ha il diritto di segnalare che, a suo dire, vi sono modi ugualmente efficaci di raggiungere il soddisfacimento delle esigenze della collettività con un sacrificio minore degli interessi del privato.

La motivazione della reiezione delle istanze dei privati, pertanto, può essere generica e non precisa e puntuale.

IV – Le osservazioni

Durante il periodo di pubblicazione e per altri trenta giorni dopo la scadenza, le associazioni sindacali, gli altri enti pubblici ed istituzioni interessate nonché i privati possono presentare osservazioni sul contenuto del piano ed esse costituiscono il mezzo tramite il quale i privati e gli altri enti possono partecipare alle scelte della pianificazione urbanistica.

Devono essere presentate per iscritto, in carta da bollo, indirizzate al sindaco, e gli uffici comunali debbono registrarne il deposito su uno specifico libro protocollo.

Secondo la lettera della legge urbanistica, soltanto gli enti pubblici e le istituzioni interessate, oltre alle associazioni sindacali, potrebbero presentare osservazioni.

Tuttavia è invalso l'uso di dare all'art. 9 L. 1150/1942 l'interpretazione più ampia nel senso che chiunque possa presentare osservazioni al piano regolatore generale pubblicato, purché esprima un apporto collaborativo. Infatti è ormai generalmente condivisa l'interpretazione del significato e quindi dell'oggetto della osservazione: "osservare" non significa opporsi, ma collaborare.

Le osservazioni vengono esaminate dall'amministrazione comunale che, con deliberazione consiliare, esprime le proprie determinazioni in proposito (controdeduzioni) esplicitando quali vengono accolte e quali respinte.

Nel caso in cui siano state accolte tutte o parte delle osservazioni, il comune ha l'opportunità, ma non l'obbligo, di introdurre nel progetto pubblicato le modifiche conseguenti all'accoglimento.

A tal fine è sufficiente (secondo la giurisprudenza) che la pubblicazione della delibera sulle controdeduzioni, insieme agli elaborati modificati, avvenga per un solo giorno di festa o di mercato; oppure potrà essere fatta la pubblicazione di apposita delibera (successiva a quella della controdeduzione) riferita soltanto agli elaborati modificati e ad essa allegati.

V - Approvazione del PRG

Terminati questi adempimenti, con l'invio di tutti gli atti alla regione ha inizio la fase di approvazione del piano, approvazione che può essere piena, parziale e/o condizionata.

L'approvazione è parziale e/o condizionata quando la regione formuli richiesta di modifiche, di integrazioni oppure di rielaborazione entro un determinato termine, scaduto il quale essa può intervenire in via sostitutiva.

Il 2° comma dell'art. 10 legge urbanistica 1150/1942 indica, infatti, le modifiche che possono essere apportate con il decreto di approvazione.

In via generale, sono consentite soltanto "le modifiche che non comportano sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione".

Sulle proposte di modifiche il comune dovrà necessariamente esprimersi, assumendo una nuova deliberazione consiliare, per aderirvi o per formulare proprie controdeduzioni.

La Regione, nell'esaminare il piano, non è obbligata ad esaminare varianti adottate successivamente dal comune a meno che le stesse non abbiano adempiuto a tutte le formalità previste per l'adozione (pubblicazione, osservazioni, controdeduzioni).

Ovviamente la Regione potrà tener conto di tali varianti successive e, se le stesse non costituiscono sostanziali modifiche, potrà introdurne i contenuti modificando d'ufficio il piano.

Il piano approvato anche con modifiche non necessita di un nuovo periodo in cui i privati possono presentare le loro osservazioni.

Dalla data della deliberazione regionale di approvazione - che deve essere pubblicata sul Bollettino Ufficiale della regione - il piano si considera efficace e, perciò, vigente.

C. Varianti al piano regolatore

La variante costituisce una modifica al piano resasi necessaria dal mutamento ambientale e dal sopraggiungere di nuove esigenze. Essa è diretta a dare una nuova sistemazione urbanistica ad intere zone d'insediamento o ad alcune sue parti senza dar luogo, con ciò, alla modificazione integrale dello strumento urbanistico vigente.

Fino all'entrata in vigore della L. 47/1985 le varianti dovevano essere preventivamente autorizzate dall'autorità regionale, sentito il parere obbligatorio, ma non vincolante, del proprio organo tecnico consultivo in materia urbanistica (L. 1150/1942, art. 10, comma 7, con le modifiche delle competenze apportate dal D.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8) salvo che si trattasse :

1) varianti necessarie per la formazione di PEEP la cui approvazione contiene anche l'approvazione dell'eventuale variante;

2) di varianti necessarie per l'esecuzione di opere pubbliche (L. 1/1978);

3) di varianti necessarie per adeguare ai DD.MM lavori pubblici e 1° e 2 aprile 1968 il piano regolatore generale già approvato.

Come detto, dalla data di entrata in vigore della L. 47 (17 marzo 1985) i comuni possono adottare qualsiasi variante al proprio strumento urbanistico senza dover richiedere in via preliminare l'assenso regionale.

Per tutti i necessari adempimenti, le procedure di approvazione delle varianti sono eguali a quelle previste per l'approvazione dello strumento urbanistico generale.

D. Comuni sprovvisti di PRG

E, infine, un breve cenno all'ipotesi in cui un comune sia totalmente o parzialmente sprovvisto di strumento urbanistico.

Dopo aver ricordato che la "parziale" mancanza del piano generale può discendere dall'intervenuta decadenza dei vincoli comportanti esproprio od inedificabilità per il decorso del quinquennio dall'approvazione del piano senza la loro attuazione, va richiamato l'art. 4, ultimo comma, della L. 10/1977, il quale prescrive gli interventi ammissibili e le relative densità (espresse in termini volumetrici o di superficie) nei comuni privi di strumento urbanistico generale.

La norma, alla cui lettura si rimanda (si veda la sezione che segue, che riporta la legislazione vigente) è applicabile nelle regioni le cui leggi urbanistiche non abbiano in altro modo disciplinato la fattispecie

LEGISLAZIONE RICHIAMATA

L 17-08-1942 N. 1150-Legge urbanistica.

TITOLO II

Disciplina urbanistica

Capo I - Modi di attuazione.

4. Piani regolatori e norme sull'attività costruttiva. - La disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull'attività costruttiva edilizia, sancite dalla presente legge o prescritte a mezzo di regolamenti.

Capo III - Piani regolatori comunali

Sezione I - Piani regolatori generali

7. Il piano regolatore generale deve considerare la totalità del territorio comunale.

Esso deve indicare essenzialmente:

1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti;

2) la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona;

3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitú;

4) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale;

5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico;

6) le norme per l'attuazione del piano.

8. Formazione del piano regolatore generale. - I Comuni hanno la facoltà di formare il piano regolatore generale del proprio territorio. La deliberazione con la quale il Consiglio comunale decide di procedere alla formazione del piano non è soggetta a speciale approvazione e diviene esecutiva in conformità dell'art. 3 della L. 9 giugno 1947, n. 530; la spesa conseguente è obbligatoria .

La formazione del piano è obbligatoria per tutti i Comuni compresi in appositi elenchi da approvarsi con decreto del Ministro per i lavori pubblici di concerto con i Ministri per l'interno e per le finanze, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici .

Il primo elenco sarà approvato non oltre un anno dall'entrata in vigore della presente legge.

I Comuni compresi negli elenchi di cui al secondo comma devono procedere alla nomina dei progettisti per la formazione del piano regolatore generale entro tre mesi dalla data del decreto ministeriale con cui è stato approvato il rispettivo elenco, nonché alla deliberazione di adozione del piano stesso entro i successivi dodici mesi ed alla presentazione al Ministero dei lavori pubblici per l'approvazione entro due anni dalla data del sopracitato decreto ministeriale.

Trascorso ciascuno dei termini sopra indicati il prefetto, salvo il caso di proroga non superiore ad un anno concessa dal Ministro per i lavori pubblici su richiesta motivata del Comune, convoca il Consiglio comunale per gli adempimenti relativi da adottarsi entro il termine di 30 giorni.

Decorso quest'ultimo termine il prefetto, d'intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche, nomina un commissario per la designazione dei progettisti, ovvero per l'adozione del piano regolatore generale o per gli ulteriori adempimenti necessari per la presentazione del piano stesso al Ministero dei lavori pubblici.

Nel caso in cui il piano venga restituito per modifiche, integrazioni o rielaborazioni al Comune, quest'ultimo provvede ad adottare le proprie determinazioni nel termine di 180 giorni dalla restituzione. Trascorso tale termine si applicano le disposizioni dei commi precedenti.

Nel caso di compilazione o di rielaborazione d'ufficio del piano, il prefetto promuove d'intesa con il provveditore regionale alle opere pubbliche l'iscrizione d'ufficio della relativa spesa nel bilancio comunale.

Il piano regolatore generale è approvato entro un anno dal suo inoltro al Ministero dei lavori pubblici.

9. Pubblicazione del progetto di piano generale. Osservazioni. - Il progetto di piano regolatore generale del Comune deve essere depositato nella Segreteria comunale per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prendere visione. L'effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione della presente legge.

Fino a 30 giorni dopo la scadenza del periodo di deposito possono presentare osservazioni le Associazioni sindacali e gli altri Enti pubblici ed istituzioni interessate.

10. Approvazione del piano regolatore. - Il piano regolatore generale è approvato con decreto del Ministro per i lavori pubblici, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

Con lo stesso decreto di approvazione possono essere apportate al piano, su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e sentito il Comune, le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i criteri di impostazione, le modifiche conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate con deliberazione del Consiglio comunale, nonché quelle che siano riconosciute indispensabili per assicurare:

a) il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento a norma dell'articolo 6, secondo comma;

b) la razionale e coordinata sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato;

c) la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici;

d) l'osservanza dei limiti di cui agli articoli 41-quinquies, sesto e ottavo comma e 41-sexies della presente legge.

Le modifiche di cui alla lettera c) sono approvate sentito il Ministro per la pubblica istruzione, che può anche dettare prescrizioni particolari per singoli immobili di interesse storico- artistico.

Le proposte di modifica, di cui al secondo comma, ad eccezione di quelle riguardanti le osservazioni presentate al piano, sono comunicate al Comune, il quale entro novanta giorni adotta le proprie controdeduzioni con deliberazione del Consiglio comunale che, previa pubblicazione nel primo giorno festivo, è trasmessa al Ministero dei lavori pubblici nei successivi quindici giorni.

Nelle more di approvazione del piano, le normali misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni, sono obbligatorie .

Il decreto di approvazione del piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno. Il deposito del piano approvato, presso il Comune, a libera visione del pubblico, è fatto nei modi e termini stabiliti dal regolamento.

Nessuna proposta di variante al piano approvato può aver corso se non sia intervenuta la preventiva autorizzazione del Ministro per i lavori pubblici che potrà concederla, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, in vista di sopravvenute ragioni che determinino la totale o parziale inattualità del piano medesimo o la convenienza di migliorarlo.

Non sono soggette alla preventiva autorizzazione le varianti, anche generali, intese ad adeguare il piano approvato ai limiti e rapporti fissati con i decreti previsti dall'ultimo comma dell'articolo 41-quinquies e dall'articolo 41-septies della presente legge nonché le modifiche alle norme di attuazione e le varianti parziali che non incidano sui criteri informatori del piano stesso.

La variazione del piano è approvata con la stessa procedura stabilita per l'approvazione del piano originario.

11. Durata ed effetti del piano generale. - Il piano regolatore generale del Comune ha vigore a tempo indeterminato.

I proprietari degli immobili hanno l'obbligo di osservare nelle costruzioni e nelle ricostruzioni le linee e le prescrizioni di zona che sono indicate nel piano..

20. Sistemazioni edilizie a carico dei privati. Procedura coattiva. - Per l'esecuzione delle sistemazioni previste dal piano particolareggiato che consistano in costruzioni, ricostruzioni o modificazioni d'immobili appartenenti a privati, il podestà ingiunge ai proprietari eseguire i lavori entro un congruo termine.

Decorso tale termine il podestà diffiderà i proprietari rimasti inadempienti, assegnando un nuovo termine. Se alla scadenza di questo i lavori non risultino ancora eseguiti, il Comune potrà procedere all'espropriazione.

Tanto l'ingiunzione quanto l'atto di diffida di cui al primo ed al secondo comma devono essere trascritti all'Ufficio dei registri immobiliari.

21. Attribuzione ai privati di aree già pubbliche. - Le aree che per effetto della esecuzione di un piano particolareggiato cessino di far parte del suolo pubblico, e che non si prestino da sole ad utilizzazione edilizia, accedono alla proprietà di coloro che hanno edifici o terreni confinanti con i detti relitti, previo versamento del prezzo che sarà determinato nei modi da stabilirsi dal regolamento di esecuzione della presente legge, in rapporto al vantaggio derivante dall'incorporamento dell'area.

Il Comune ha facoltà di espropriare in tutto o in parte l'immobile al quale debbono essere incorporate le aree di cui al precedente comma, quando il proprietario di esso si rifiuti di acquistarle o lasci inutilmente decorrere, per manifestare la propria volontà il termine che gli sarà prefisso con ordinanza podestarile nei modi che saranno stabiliti nel regolamento.

22. Il podestà ha facoltà di notificare ai proprietari delle aree fabbricabili esistenti in un determinato comprensorio, l'invito a mettersi d'accordo per una modificazione dei confini fra le diverse proprietà, quando ciò sia necessario per l'attuazione del piano regolatore.

Decorso inutilmente il termine stabilito nell'atto di notifica per dare la prova del raggiunto accordo, il Comune può procedere alle espropriazioni indispensabili per attuare la nuova delimitazione delle aree.

24. Aree private destinate alla formazione di vie e piazze. - Per la formazione delle vie e piazze previste nel piano regolatore può essere fatto obbligo ai proprietari delle aree latistanti di cedere, a scomputo del contributo di miglioria da essi dovuto, il suolo corrispondente a metà della larghezza della via o piazza da formare fino a una profondità massima di metri 15.

Quando il detto suolo non gli appartenga, il proprietario dell'area latistante sarà invece tenuto a rimborsare il Comune della relativa indennità di espropriazione, fino alla concorrenza del contributo di miglioria determinato in via provvisoria.

Qualora alla liquidazione del contributo di miglioria, questo risulti inferiore al valore delle aree cedute o dell'indennità di esproprio rimborsata, il Comune dovrà restituire la differenza.

25. Vincolo su aree sistemate a giardini privati. - Le aree libere sistemate a giardini privati adiacenti a fabbricati possono essere sottoposte al vincolo dell'inedificabilità anche per una superficie superiore a quella di prescrizione secondo la destinazione della zona. In tal caso, e sempre che non si tratti di aree sottoposte ad analogo vincolo in forza di leggi speciali, il Comune è tenuto al pagamento di un'indennità per il vincolo imposto oltre il limite delle prescrizioni di zona.

30. Approvazione del piano finanziario. - Il piano regolatore generale, agli effetti del primo comma dell'articolo 18, ed i piani particolareggiati previsti dall'articolo 13 sono corredati da una relazione di previsione di massima delle spese occorrenti per la acquisizione delle aree e per le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano.

40. Oneri e vincoli non indennizzabili. - Nessun indennizzo è dovuto per le limitazioni ed i vincoli previsti dal piano regolatore generale nonché per le limitazioni e per gli oneri relativi all'allineamento edilizio delle nuove costruzioni.

Non è dovuta indennità neppure per la servitù di pubblico passaggio che il Comune creda di imporre sulle aree di portici delle nuove costruzioni e di quelle esistenti. Rimangono a carico del Comune la costruzione e manutenzione del pavimento e la illuminazione dei portici soggetti alla predetta servitù.

TITOLO IV

Disposizioni generali e transitorie

41. Sanzioni penali. - Salvo quanto stabilito dalle leggi sanitarie, per le contravvenzioni alle norme dei regolamenti locali di igiene, si applica:

a) l'ammenda fino a lire 1.000.000 per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste nell'art. 32 primo comma ;

b) l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire 2.000.000 nei casi di inizio dei lavori senza licenza o di prosecuzione di essi nonostante l'ordine di sospensione o

inosservanza del disposto dell'art. 28 .

Qualora non sia possibile procedere alla restituzione in pristino ovvero alla demolizione delle opere eseguite senza la licenza di costruzione e in contrasto con questa, si applica in via amministrativa una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'Ufficio tecnico erariale.

La disposizione di cui al precedente comma trova applicazione anche nel caso di annullamento della licenza.

I proventi delle sanzioni pecuniarie previste dal presente articolo sono riscossi dal Comune e destinati al finanziamento delle opere di urbanizzazione, ovvero dallo Stato, rispettivamente nelle ipotesi di cui al secondo e terzo comma.

41-bis. I professionisti incaricati della redazione di un piano regolatore generale o di un programma di fabbricazione possono, fino alla approvazione del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione, assumere nell'ambito del territorio del Comune interessato soltanto incarichi di progettazione di opere ed impianti pubblici.

Ogni violazione viene segnalata al rispettivo Consiglio dell'ordine per i provvedimenti amministrativi del caso.

42. Validità dei piani regolatori precedentemente approvati. - Il termine assegnato per l'attuazione dei piani regolatori, approvati prima della data di entrata in vigore della presente legge, resta limitata a dieci anni dalla data stessa nel caso in cui esso venga a scadere oltre detto periodo.

Trascorso tale termine, i Comuni interessati devono procedere alla revisione del piano regolatore esistente od alla formazione di un nuovo piano regolatore secondo le norme della presente legge.

L 03-11-1952 N. 1902-Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori.

1. - A decorrere dalla data della deliberazione comunale di adozione dei piani regolatori generali e particolareggiati, e fino all'emanazione del relativo decreto di approvazione, il sindaco, su parere conforme della Commissione edilizia comunale, può, con provvedimento motivato da notificare al richiedente, sospendere ogni determinazione sulle domande di licenza di costruzione, di cui all'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, quando riconosca che tali domande siano in contrasto con il piano adottato.

A richiesta del sindaco, e per il periodo suddetto, il prefetto, con provvedimento motivato da notificare all'interessato, può ordinare la sospensione dei lavori di trasformazione delle proprietà private che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione del piano.

Le sospensioni suddette non potranno essere protratte oltre tre anni dalla data di deliberazione di cui al primo comma.

Per i Comuni che entro un anno dalla scadenza del termine di pubblicazione del piano abbiano presentato il piano stesso all'Amministrazione dei lavori pubblici per l'approvazione, le sospensioni di cui ai commi precedenti potranno essere protratte per un periodo complessivo non superiore a cinque anni dalla data della deliberazione di adozione del piano.

Quando, in seguito alle osservazioni del Ministero dei lavori pubblici, si renda necessaria la riadozione del piano, le sospensioni di cui ai due commi precedenti decorrono, per tutto il territorio interessato dal piano stesso, dalla data della deliberazione comunale di riadozione dei piani regolatori generali e particolareggiati .

Nei confronti dei trasgressori ai provvedimenti emessi in base alla presente legge sono applicabili le disposizioni di cui agli articoli 32, terzo e quarto comma, e 41 della suddetta legge urbanistica.

L 03-11-1952 N. 1902-Misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori.

1. - A decorrere dalla data della deliberazione comunale di adozione dei piani regolatori generali e particolareggiati, e fino all'emanazione del relativo decreto di approvazione, il sindaco, su parere conforme della Commissione edilizia comunale, può, con prevvedimento motivato da notificare al richiedente, sospendere ogni determinazione sulle domande di licenza di costruzione, di cui all'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, quando riconosca che tali domande siano in contrasto con il piano adottato.

A richiesta del sindaco, e per il periodo suddetto, il prefetto, con provvedimento motivato da notificare all'interessato, può ordinare la sospensione dei lavori di trasformazione delle proprietà private che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione del piano.

Le sospensioni suddette non potranno essere protratte oltre tre anni dalla data di deliberazione di cui al primo comma.

Per i Comuni che entro un anno dalla scadenza del termine di pubblicazione del piano abbiano presentato il piano stesso all'Amministrazione dei lavori pubblici per l'approvazione, le sospensioni di cui ai commi precedenti potranno essere protratte per un periodo complessivo non superiore a cinque anni dalla data della deliberazione di adozione del piano.

Quando, in seguito alle osservazioni del Ministero dei lavori pubblici, si renda necessaria la riadozione del piano, le sospensioni di cui ai due commi precedenti decorrono, per tutto il territorio interessato dal piano stesso, dalla data della deliberazione comunale di riadozione dei piani regolatori generali e particolareggiati .

Nei confronti dei trasgressori ai provvedimenti emessi in base alla presente legge sono applicabili le disposizioni di cui agli articoli 32, terzo e quarto comma, e 41 della suddetta legge urbanistica.

L 06-08-1967 N. 765-Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n.1150.

2. I Comuni già compresi negli elenchi, di cui al secondo comma dell'articolo 8 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, approvati con decreto ministeriale prima dell'entrata in vigore della presente legge, provvedono agli adempimenti relativi alla formazione del piano regolatore generale entro sei mesi, trascorsi i quali applicano nei loro confronti le disposizioni dell'articolo 1 della presente legge.

21. Le disposizioni della presente legge si estendono, in quanto applicabili, alle Regioni a Statuto speciale e alle province di Trento e di Bolzano salve le competenze legislative ed amministrative ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi Statuti e delle norme di attuazione.

22. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Quando nella presente legge in articoli o commi sostitutivi o aggiuntivi o comunque inseriti nella legge 17 agosto 1942, n. 1150, si fa riferimento alla «entrata in vigore della presente legge», il riferimento medesimo si intende fatto alla data di cui al primo comma del presente articolo.

DM 02-04-1968 -Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n.765.

1. Campo di applicazione. - Le disposizioni che seguono si applicano ai nuovi piani regolatori generali e relativi piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate; ai nuovi regolamenti edilizi con annesso programma di fabbricazione e relative lottizzazioni convenzionate; alle revisioni degli strumenti urbanistici esistenti.

2. Zone territoriali omogenee. - Sono considerate zone territoriali omogenee, ai sensi e per gli effetti dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 :

A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq;

C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);

D) le parti del territorio destinate a nuovi insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati;

E) le parti del territorio destinate ad usi agricoli, escluse quelle in cui - fermo restando il carattere agricolo delle stesse - il frazionamento delle proprietà richieda insediamenti da considerare come zone C);

F) le parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale.

3. Rapporti massimi, tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. - Per gli insediamenti residenziali, i rapporti massimi di cui all'art. 17 - penultimo comma - della legge n. 765, sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante - insediato o da insediare - la dotazione minima, inderogabile, di mq. 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie.

Tale quantità complessiva va ripartita, di norma, nel modo appresso indicato:

a) mq. 4,50 di aree per l'istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell'obbligo;

b) mq. 2 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici P.T., protezione civile, ecc.) ed altre;

c) mq. 9 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade;

d) mq. 2,50 di aree per parcheggi (in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 della legge n. 765): tali aree - in casi speciali - potranno essere distribuite su diversi livelli.

Ai fini dell'osservanza dei rapporti su indicati nella formazione degli strumenti urbanistici, si assume che, salvo diversa dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente 25 mq. di superficie lorda abitabile (pari a circa 80 mc. vuoto per pieno), eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq. (pari a circa 20 mc. vuoto per pieno) per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità, servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, ecc.).

4. Quantità minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in rapporto agli insediamenti residenziali nelle singole zone territoriali omogenee. - La quantità minima di spazi - definita al precedente articolo in via generale - è soggetta, per le diverse zone territoriali omogenee, alle articolazioni e variazioni come appresso stabilite in rapporto alla diversità di situazioni obiettive.

1 - Zone A): l'amministrazione comunale, qualora dimostri l'impossibilità - per mancata disponibilità di aree idonee, ovvero per ragioni di rispetto ambientale e di salvaguardia delle caratteristiche, della conformazione e delle funzioni della zona stessa - di raggiungere le quantità minime di cui al precedente art. 3, deve precisare come siano altrimenti soddisfatti i fabbisogni dei relativi servizi ed attrezzature.

2 - Zone B): quando sia dimostrata l'impossibilità - detratti i fabbisogni comunque già soddisfatti - di raggiungere la predetta quantità minima di spazi su aree idonee, gli spazi stessi vanno reperiti entro i limiti delle disponibilità esistenti nelle adiacenze immediate, ovvero su aree accessibili tenendo conto dei raggi di influenza delle singole attrezzature e della organizzazione dei trasporti pubblici.

Le aree che verranno destinate agli spazi di cui al precedente art. 3 nell'ambito delle zone A) e B) saranno computate, ai fini della determinazione delle quantità minime prescritte dallo stesso articolo, in misura doppia di quella effettiva.

3 - Zone C): deve essere assicurata integralmente la quantità minima di spazi di cui all'articolo 3.

Nei comuni per i quali la popolazione prevista dagli strumenti urbanistici non superi i 10 mila abitanti, la predetta quantità minima di spazio è fissata in mq. 12 dei quali mq. 4 riservati alle attrezzature scolastiche di cui alla lettera a) dell'articolo 3. La stessa disposizione si applica agli insediamenti residenziali in comuni con popolazione prevista superiore a 10 mila abitanti, quando trattasi di nuovi complessi insediativi per i quali la densità fondiaria non superi i mc/mq.

Quando le zone C) siano contigue o in diretto rapporto visuale con particolari connotati naturali del territorio (quali coste marine, laghi, lagune, corsi d'acqua importanti; nonché singolarità orografiche di rilievo) ovvero con preesistenze storico-artistiche ed archeologiche, la quantità minima di spazio di cui al punto c) del precedente art. 3 resta fissata in mq. 15: tale disposizione non si applica quando le zone siano contigue ad attrezzature portuali di interesse nazionale.

4 - Zone E): la quantità minima è stabilita in mq. 6, da riservare complessivamente per le attrezzature ed i servizi di cui alle lettere a) e b) del precedente art. 3.

5 - Zone F): gli spazi per le attrezzature pubbliche di interesse generale - quando risulti la esigenza di prevedere le attrezzature stesse - debbono essere previsti in misura non inferiore a quella appresso indicata in rapporto alla popolazione del territorio servito:

1,5 mq/abitante per le attrezzature per la istruzione superiore all'obbligo (istituti universitari esclusi);

1 mq/abitante per le attrezzature sanitarie ed ospedaliere;

15 mq/abitante per i parchi pubblici urbani e territoriali.

5. Rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. - I rapporti massimi di cui all'articolo 17 della legge n. 765, per gli insediamenti produttivi, sono definiti come appresso:

1) nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi viarie) non può essere inferiore al 10% dell'intera superficie destinata a tali insediamenti;

2) nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale, a 100 mq. di superficie lorda di pavimento di edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di 80 mq. di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la metà destinata a parcheggi (in aggiunta a quelli di cui all'art. 18 della legge n. 765); tale quantità, per le zone A) e B) è ridotta alla metà, purché siano previste adeguate attrezzature integrative.

6. Mancanza di aree disponibili. - I comuni che si trovano nell'impossibilità, per mancanza di aree disponibili, di rispettare integralmente le norme stabilite per le varie zone territoriali omogenee dai precedenti artt. 3, 4 e 5 debbono dimostrare tale indisponibilità anche agli effetti dell'articolo 3 lett. d) e dell'art. 5, n. 2) della legge n. 765.

7. Limiti di densità edilizia. - I limiti inderogabili di densità edilizia per le diverse zone territoriali omogenee sono stabiliti come segue:

1) Zone A):

per le operazioni di risanamento conservativo ed altre trasformazioni conservative, le densità edilizie di zone e fondiarie non debbono superare quelle preesistenti, computate senza tener conto delle soprastrutture di epoca recente prive di valore storico-artistico;

per le eventuali nuove costruzioni ammesse, la densità fondiaria non deve superare il 50% della densità fondiaria media della zona e, in nessun caso, i 5 mc/mq;

2) Zone B): le densità territoriali e fondiarie sono stabilite in sede di formazione degli strumenti urbanistici tenendo conto delle esigenze igieniche, di decongestionamento urbano e delle quantità minime di spazi previste dagli articoli 3,4 e 5.

Qualora le previsioni di piano consentano trasformazioni per singoli edifici mediante demolizione e ricostruzione, non sono ammesse densità fondiarie superiori ai seguenti limiti:

7 cm/mq per comuni superiori ai 200 mila abitanti;

6 cm/mq per comuni tra 200 mila e 50 mila abitanti;

5 cm/mq per comuni al di sotto dei 50 mila abitanti.

Gli abitanti sono riferiti alla situazione del comune alla data di adozione del piano.

Sono ammesse densità superiori ai predetti limiti quando esse non eccedano il 70% delle densità preesistenti.

3) Zone C): i limiti di densità edilizia di zona risulteranno determinati dalla combinata applicazione delle norme di cui agli artt. 3, 4 e 5 e di quelle di cui agli artt. 8 e 9, nonché dagli indici di densità fondiaria che dovranno essere stabiliti in sede di formazione degli strumenti urbanistici, e per i quali non sono posti specifici limiti.

4) Zone E): è prescritta per le abitazioni la massima densità fondiaria di mc. 0,03 per mq.

8. Limiti di altezza degli edifici. - Le altezze massime degli edifici per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A):

per le operazioni di risanamento conservativo non è consentito superare le altezze degli edifici preesistenti, computate senza tener conto di soprastrutture o di sopraelevazioni aggiunte alle antiche strutture;

per le eventuali trasformazioni o nuove costruzioni che risultino ammissibili, l'altezza massima di ogni edificio non può superare l'altezza degli edifici circostanti di carattere storico-artistico.

2) Zone B):

l'altezza massima dei nuovi edifici non può superare l'altezza degli edifici preesistenti e circostanti, con la eccezione di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche, sempre che rispettino i limiti di densità fondiaria di cui all'art. 7.

3) Zone C): contigue o in diretto rapporto visuale con zone del tipo A): le altezze massime dei nuovi edifici non possono superare altezze compatibili con quelle degli edifici delle zone A) predette.

4) Edifici ricadenti in altre zone: le altezze massime sono stabilite dagli strumenti urbanistici in relazione alle norme sulle distanze tra i fabbricati di cui al successivo art. 9.

9. Limiti di distanza tra i fabbricati. - Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;

3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.

Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7;

ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;

ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

L 19-11-1968 N. 1187-Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n.1150.

2. Le indicazioni di piano regolatore generale, nella parte in cui incidono su beni determinati ed assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione od a vincoli che comportino l'inedificabilità, perdono ogni efficacia qualora entro cinque anni dalla data di approvazione del piano regolatore generale non siano stati approvati i relativi piani particolareggiati od autorizzati i piani di lottizzazione convenzionati. L'efficacia dei vincoli predetti non può essere protratta oltre il termine di attuazione dei piani particolareggiati e di lottizzazione.

Per i piani regolatori generali approvati prima della data di entrata in vigore della presente legge, il termine di cinque anni di cui al precedente comma decorre dalla predetta data.

3. L'applicazione delle misure di salvaguardia per i piani particolareggiati è, in ogni caso, obbligatoria dalla data della deliberazione di adozione.

4. Le misure di salvaguardia di cui al precedente articolo continuano ad applicarsi entro il periodo di tempo indicato nell'art. 3 della legge 5 luglio 1966, n. 517, ai piani particolareggiati adottati dopo l'entrata in vigore della presente legge e non approvati nel termine di cinque anni di cui all'art. 2

L 01-06-1971 N. 291-Provvedimenti per l'accelerazione di procedure in materia di opere pubbliche e in materia urbanistica e per la incentivazione dell'attività edilizia.

4. Salva l'applicazione obbligatoria, fino alla data di approvazione dei piani regolatori generali e dei programmi di fabbricazione, delle misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902, e successive modificazioni e integrazioni, le limitazioni di cui all'articolo 17, primo, secondo e terzo comma, della legge 6 agosto 1967, n. 765, non si applicano dalla data di presentazione del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione all'autorità competente per l'approvazione.

L'eventuale restituzione al comune del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione deve essere motivata.

Sempre salva l'applicazione obbligatoria delle misure di salvaguardia, la disposizione contenuta nel primo comma non si applica nei comuni inclusi in appositi elenchi da approvare con decreti del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per l'interno; entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

L 22-10-1971 N. 865-Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle 17 agosto 1942, n.1150; 18 aprile 1962, n.167; 29 settembre 1964, n.847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata.

51. Nei comuni che non dispongono dei piani previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, i programmi costruttivi sono localizzati su aree indicate con deliberazione del consiglio comunale nell'ambito delle zone residenziali dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione, sempre che questi risultino approvati o adottati e trasmessi per le approvazioni di legge.

Con la stessa deliberazione sono precisati, ove necessario, anche in variante ai piani regolatori ed ai programmi di fabbricazione vigenti, i limiti di densità, di altezza, di distanza fra i fabbricati, nonché i rapporti massimi fra spazi destinati agli insediamenti e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico ed a parcheggio, in conformità alle norme di cui al penultimo comma dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765.

La deliberazione del consiglio comunale è adottata entro trenta giorni dalla richiesta formulata dalla Regione oppure dagli enti costruttori e diventa esecutiva dopo l'approvazione dell'organo di controllo che deve pronunciare entro venti giorni dalla data di trasmissione della delibera, con gli effetti nel caso di silenzio stabiliti dall'articolo 20 della legge 6 agosto 1967, n. 765.

Qualora il consiglio comunale non provveda entro il termine di cui al comma precedente, la scelta dell'area è effettuata dal presidente della giunta regionale.

La deliberazione del consiglio comunale o il decreto del presidente della giunta regionale comporta l'applicazione delle norme in vigore per l'applicazione dei piani di zona.

DPR 15-01-1972 N . 8-Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici.

1. Le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di urbanistica sono trasferite, per il rispettivo territorio, alle Regioni a Statuto ordinario.

Il trasferimento predetto riguarda, tra l'altro, le funzioni amministrative statali concernenti:

a) l'approvazione dei piani territoriali di coordinamento previsti dall'art. 5 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni ed integrazioni;

b) la determinazione dell'estensione del piano intercomunale previsto dall'art. 12 della predetta legge n. 1150 e la sua approvazione;

c) l'approvazione dell'elenco dei comuni oggetti all'obbligo della formazione del piano regolatore generale e la adozione delle misure previste dall'art. 8, quinto comma, della citata legge n. 1150, relativamente all'obbligo medesimo;

d) l'approvazione dei piani regolatori generali; l'autorizzazione e l'approvazione delle relative varianti, ivi comprese quelle soggette a procedimento speciale in quanto connesse agli insediamenti scolastici, universitari ed ospedalieri;

e) l'approvazione dei piani di ricostruzione degli abitati danneggiati dalla guerra;

f) l'approvazione dei piani delle zone destinate all'edilizia economica e popolare (legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni);

g) la fissazione dei termini per la formazione dei piani particolareggiati, l'approvazione dei medesimi e delle relative varianti; l'adozione di misure per la compilazione dei piani stessi in sostituzione di quelli rimasti inattuati in tutto o in parte;

h) l'approvazione dei regolamenti edilizi comunali e dei programmi di fabbricazione;

i) il nulla-osta all'autorizzazione comunale dei piani di lottizzazione;

l) il nulla-osta al rilascio di licenze edilizie in deroga alle norme dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi, ivi comprese le deroghe alle altezze stabilite dalle norme urbanistico-edilizie per le costruzioni alberghiere;

m) la sospensione e demolizione di opere difformi dal piano regolatore oppure comunque non rispondenti alle prescrizioni del piano medesimo;

n) il parere sulla demolizione di costruzioni abusive ai sensi dell'art. 32 della citata legge numero 1150 ;

o) ogni altra funzione amministrativa esercitata dagli organi centrali e periferici dello Stato nella materia di cui al presente articolo, salvo quanto disposto dai successivi articoli.

Il trasferimento delle funzioni amministrative di cui al presente articolo riguarda anche le attribuzioni esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765, nonché da organi centrali e periferici di altri Ministeri.

Il trasferimento predetto riguarda altresì la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.

Ai fini dell'attuazione del piano urbanistico regionale e dei piani territoriali di coordinamento, nel rispetto delle relative competenze, gli interventi di spettanza dello Stato in materia di viabilità, linee ferroviarie ed aerodromi, anche se realizzati a mezzo di aziende autonome, sono effettuati previa intesa con la regione Valle di Aosta.

Il piano urbanistico regionale ed i piani territoriali di coordinamento sono approvati con legge regionale.

Resta ferma la competenza degli organi statali in ordine:

a) alla rete autostradale ed alle strade statali, salvo le strade costituenti la viabilità locale e regionale, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 23 dicembre 1946, n. 532, ratificato con la legge 17 aprile 1956, n. 561, e della legge regionale 18 ottobre 1950, n. 1;

b) alla classificazione e declassificazione delle strade statali, d'intesa con la regione; l'efficacia del provvedimento di declassificazione decorre dalla data dalla quale ha effetto l'atto regionale - che dovrà essere emanato entro sei mesi - con cui si provvede alla nuova classificazione o alla diversa destinazione del suolo stradale; i provvedimenti di classificazione e quelli di declassificazione, congiunti all'atto regionale testè previsto, comportano il trasferimento delle strade;

c) alle costruzioni ferroviarie, ad eccezione delle linee metropolitane;

d) agli aerodromi, ad eccezione di quelli aventi carattere esclusivamente turistico;

e) alle opere idrauliche di prima classe;

f) ai lavori pubblici concernenti i servizi statali;

g) all'edilizia demaniale e Patrimoniale dello Stato, all'edilizia universitaria, alla costruzione di alloggi per i dipendenti statali la cui concessione sia essenzialmente subordinata alla prestazione in loco di un determinato servizio, alle opere di prevenzione e soccorso per calamità naturali, relative alle materie di cui alle lettere precedenti, nonché agli interventi straordinari nelle opere di soccorso relative a calamità di estensione e di entità particolarmente gravi;

h) ai lavori pubblici di riparazione di danni bellici.

Resta, altresì ferma la competenza degli organi statali, da esercitare, sentita la regione, in ordine agli aggiornamenti e modifiche del piano generale degli acquedotti .

L 28-01-1977 N. 10-Norme per l'edificabilità dei suoli.

4. (Caratteristiche della concessione). - La concessione è data dal sindaco al proprietario dell'area o a chi abbia titolo per richiederla con le modalità, con la procedura e con gli effetti di cui all'articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni ed integrazioni, in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi e, nei comuni sprovvisti di detti strumenti, a norma dell'articolo 41-quinquies, primo e terzo comma, della legge medesima, nonché delle ulteriori norme regionali.

Per gli immobili di proprietà dello Stato la concessione è data a coloro che siano muniti di titolo, rilasciato dai competenti organi dell'amministrazione, al godimento del bene.

Nell'atto di concessione sono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori.

Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno; il termine di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere abitabile o agibile, non può

superiore a tre anni e può essere prorogato, con provvedimento motivato, solo per fatti estranei alla volontà del concessionario, che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la loro esecuzione. Un periodo più lungo per l'ultimazione dei lavori può essere concesso esclusivamente in considerazione della mole dell'opera da realizzare o delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive; ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.

Qualora i lavori non siano ultimati nel termine stabilito, il concessionario deve presentare istanza diretta ad ottenere una nuova concessione; in tal caso la nuova concessione concerne la parte non ultimata.

La concessione è trasferibile ai successori o aventi causa. Essa non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio ed è irrevocabile, fatti salvi i casi di decadenza ai sensi della presente legge e le sanzioni previste dall'articolo 15 della stessa. Resta fermo inoltre il disposto di cui al penultimo comma dell'articolo 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150.

La regione stabilisce le forme e le modalità d'esercizio dei poteri sostitutivi nel caso di mancato rilascio della concessione nei termini di legge.

A decorrere dal 1° gennaio 1979, salva l'applicazione dell'articolo 4 della legge 1° giugno 1971, n. 291, nei comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici generali e in mancanza di norme regionali e fino all'entrata in vigore di queste, la concessione deve osservare i seguenti limiti:

a) fuori del perimetro dei centri abitati definito ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, l'edificazione a scopo residenziale non può superare l'indice di metri cubi 0,03, per metro quadrato di area edificabile;

b) nell'ambito dei centri abitati definiti ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, sono consentite soltanto opere di restauro e di risanamento conservativo, di manutenzione ordinaria o straordinaria, di consolidamento statico e di risanamento igienico;

c) le superfici coperte degli edifici o dei complessi produttivi non possono superare un decimo dell'area di proprietà.

13. (Programmi pluriennali di attuazione). - L'attuazione degli strumenti urbanistici generali avviene sulla base di programmi pluriennali di attuazione che delimitano le aree e le zone - incluse o meno in piani particolareggiati o in piani convenzionati di lottizzazione - nelle quali debbono realizzarsi, anche a mezzo di comparti, le previsioni di detti strumenti e le relative urbanizzazioni, con riferimento ad un periodo di tempo non inferiore a tre e non superiore a cinque anni.

Nella formulazione dei programmi deve essere osservata la proporzione tra aree destinate all'edilizia economica e popolare e aree riservate all'attività edilizia privata, stabilita ai sensi dell'articolo 3 della L. 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni, come modificato ai sensi dell'articolo 2 della presente legge.

La regione stabilisce con propria legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il contenuto ed il procedimento di formazione dei programmi pluriennali di attuazione, individua i comuni esonerati, anche in relazione alla dimensione, all'andamento demografico ed alle caratteristiche geografiche, storiche ed ambientali - fatta comunque eccezione per quelli di particolare espansione industriale e turistica - dall'obbligo di dotarsi di tali programmi e prevede le forme e le modalità di esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei comuni inadempienti.

Nei comuni obbligati ai sensi del terzo comma la concessione di cui all'articolo 1 della presente legge è data solo per le aree incluse nei programmi di attuazione e, al di fuori di esse, per le opere e gli interventi previsti dal precedente articolo 9, sempreché non siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici generali.

Fino all'approvazione dei programmi di attuazione, al di fuori dei casi previsti nel precedente comma, la concessione è data dai comuni obbligati soltanto su aree dotate di opere di urbanizzazione o per le quali esista l'impegno dei concessionari a realizzarle.

Qualora nei tempi indicati dai programmi di attuazione gli aventi titolo non presentino istanza di concessione singolarmente o riuniti in consorzio, il comune espropria le aree sulla base delle disposizioni della legge 22 ottobre 1971, n. 865, come modificata dalla presente legge.

Le disposizioni del comma precedente non si applicano ai beni immobili di proprietà dello Stato.

La legge regionale prevede le modalità di utilizzazione delle aree espropriate.

Nei comuni esonerati trova applicazione la norma di cui al primo comma del precedente articolo 4.

DL 10-11-1978 N. 702-Disposizioni in materia di finanza locale.(Convertito con modificazioni dalla L. 8/1/79, n.3).

1. In deroga alle disposizioni vigenti, il termine per l'esame del bilancio preventivo 1979 dei comuni e delle province da parte del comitato regionale di controllo è fissato in giorni trenta dal ricevimento. In caso di richiesta di chiarimenti, gli enti locali sono tenuti a provvedere entro dieci giorni dal ricevimento. Le richieste di chiarimento hanno effetto sospensivo solo se motivato.

Il comitato regionale di controllo adotta in ogni caso il proprio provvedimento definitivo entro i dieci giorni successivi a quello ultimo assegnato o al giorno in cui perviene la risposta dell'ente.

Decorso il su indicato termine assegnato al comitato regionale di controllo senza che quest'ultimo abbia emanato il relativo provvedimento, la deliberazione del bilancio diventa esecutiva.

2. [I comuni, le province ed i loro consorzi, nelle more dell'approvazione dei bilanci di previsione da parte dell'organo regionale di controllo, non possono impegnare per ciascun capitolo somme superiori a quelle iscritte nell'ultimo bilancio approvato o nei limiti delle maggiori spese necessarie ove si tratti di spese tassativamente regolate dalla legge.

I relativi pagamenti non possono mensilmente superare un dodicesimo delle somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi].

I relativi pagamenti non possono mensilmente superare un dodicesimo delle somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi].

3. Gli storni di fondi di cui all'articolo 318 del testo unico della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, possono effettuarsi sempre che non sia superato il limite massimo di incremento delle spese correnti, relative all'acquisto di beni e servizi e ai trasferimenti, previsto dalle norme che disciplinano i bilanci degli enti locali per l'anno 1979.

Ove siano accertate maggiori entrate proprie dell'ente, queste possono essere utilizzate per investimenti, o spese una tantum, ovvero per ulteriore incremento di spese correnti. Per i comuni che usufruiscano di trasferimenti statali integrativi per il pareggio del bilancio, da utilizzazione di maggiori entrate proprie per ulteriore incremento di spese correnti relative all'acquisto di beni e servizi e ai trasferimenti non può superare il 40 per cento delle maggiori entrate stesse.

4. Le province, i comuni ed i loro consorzi sono tenuti a deliberare, entro e non oltre il 30 giugno 1979, il piano generale di riorganizzazione degli uffici e dei servizi, per assicurare, con le nuove strutture, la massima efficienza e produttività di gestione. Le aziende speciali, sulla base degli indirizzi e dei tempi stabiliti dal consiglio comunale, predispongono appositi piani di riorganizzazione che, approvati dal consiglio, sono compresi nel piano generale di riorganizzazione.

In tale piano di riorganizzazione vanno considerati anche i posti previsti nei provvedimenti deliberativi di modifica della pianta organica del personale che, all'atto dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, non risultino esaminati o non ancora sottoposti alle definitive determinazioni della commissione centrale per la finanza locale.

Il piano di riorganizzazione deve contenere i seguenti elementi:

a) il quadro della situazione esistente, per l'ente ed ogni singola azienda, con l'indicazione sintetica dei compiti delle singole strutture, nonché delle unità e dei livelli funzionali del relativo personale in servizio;

b) le funzioni degli enti, con specifico riferimento a quelle di nuova attribuzione, e il loro riaccorpamento, secondo criteri di organicità, negli uffici e servizi da riorganizzare o attivare;

c) le funzioni delle singole aziende, con la valutazione delle possibilità di fusione di aziende e di unificazione dei servizi operativi di comune interesse;

d) le modalità operative per l'applicazione del principio della mobilità del personale, sia all'interno dei singoli enti e delle singole aziende, sia tra l'ente locale, consorzi ed aziende;

e) le conseguenti nuove piante organiche generali degli enti nonché le nuove tabelle numeriche delle aziende speciali.

Nel caso in cui siano stati adottati i provvedimenti di ristrutturazione previsti dall'articolo 9-bis del decreto-legge 17 gennaio 1977, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 17 marzo 1977, n. 62, ma i provvedimenti stessi non siano stati approvati alla data del 18 novembre 1978, gli enti devono riadottare il piano di riorganizzazione in conformità a quanto disposto dal presente articolo. Ove, invece, detti provvedimenti di ristrutturazione siano stati approvati gli enti non sono tenuti a riadottarli ove i medesimi corrispondano alle esigenze dell'ente, non superino il numero dei posti di cui è complessivamente consentita la utilizzazione nell'anno 1979, anche ai sensi della normativa richiamata nel diciannovesimo comma del successivo articolo 5 e risultino uniformati ai criteri indicati nel precedente comma; è necessaria tuttavia delibera confermativa del piano soggetto al solo controllo del competente comitato regionale.

Il piano generale di riorganizzazione degli uffici e dei servizi di cui al primo comma, già previsto dall'articolo 9-bis del decreto-legge 17 gennaio 1977, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 17 marzo 1977, n. 62, è soggetto alle determinazioni della commissione centrale per la finanza locale nella composizione delle sezioni organici - secondo quanto stabilito dal quindicesimo comma dell'articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1978, n. 43 - soltanto se il numero dei posti nello stesso previsti supera il numero dei dipendenti in servizio per l'anno 1976, elevato degli incrementi deliberati nell'anno 1978 in applicazione delle facoltà previste dal succitato articolo 6, nonché dei posti istituiti dall'articolo 8 della legge 29 novembre 1977, n. 891, e degli incrementi previsti dal successivo articolo 5 per i comuni con popolazione non superiore ai 5.000 abitanti effettivamente verificatisi nell'anno 1978 in applicazione delle facoltà previste dal succitato articolo 6. Ai medesimi effetti il raffronto numerico di cui al terzo comma va operato, ove gli enti locali abbiano proprie aziende speciali, tra la somma del personale complessivamente in servizio nell'anno 1976 presso i comuni, le province e le rispettive aziende e la somma dei posti di organico contenuti nei piani di riorganizzazione riguardanti sia i medesimi enti che le rispettive aziende.

Non sono considerati, invece, ai fini di cui al precedente comma, i posti che le province ed i comuni sono obbligati ad istituire nei loro organici ai sensi della legge 5 agosto 1978, n. 469, sull'ordinamento delle case mandamentali, nonché l'assorbimento del personale dei disciolti comitati provinciali caccia. Opera nazionale maternità e infanzia (ONMI), enti comunali di assistenza, patronati scolastici ed eventualmente delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) che verranno disciolte, e di altri enti che, entro il 30 giugno 1979, saranno disciolti.

L'approvazione dei piani generali di riorganizzazione da parte della commissione centrale per la finanza locale non autorizza gli enti interessati a procedere ad assunzioni oltre il limite previsto dal successivo articolo 5 del presente decreto.

Tali piani generali diverranno concretamente efficaci dal momento in cui apposite disposizioni legislative determineranno i modi ed i tempi per la loro attuazione e per il finanziamento della maggiore spesa conseguente.

Con decreto del Ministro dell'interno, da emanarsi, sentite l'Associazione nazionale comuni d'Italia (ANCI) l'Unione province d'Italia (UPI) e la Confederazione italiana dei servizi pubblici degli enti locali (CISPEL), entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, saranno fissate le modalità, le procedure ed i termini per la redazione da parte dei comuni, delle province e dei loro consorzi di un censimento generale del personale in servizio presso gli enti locali medesimi e le aziende speciali.

5. Nell'anno 1979 i comuni, i consorzi e le rispettive aziende non possono procedere ad assunzioni di nuovo personale, comunque denominato e la cui retribuzione sia a carico dei rispettivi bilanci, ove le medesime portino il numero dei dipendenti, compresi quelli delle aziende ed esclusi i lavoratori assunti per esigenze stagionali, al di sopra del personale in servizio a qualunque titolo, anche a carattere precario, nell'anno 1976, con l'aggiunta a tale limite del personale previsto per la copertura dei posti istituiti con atti deliberativi adottati entro l'anno 1978 ai sensi dell'articolo 6 del D.L. 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1978, n. 43, o che sono stati istituiti per l'assunzione del personale indicato nel sesto comma del precedente articolo 4. Per l'anno 1979 non potrà essere assunto, con mansioni stagionali, un numero di lavoratori superiore a quello del 1976.

Il termine del 31 dicembre 1976 ai fini del limite massimo del personale da assumere nel 1979 è stabilito al 31 dicembre 1978 per i comuni di cui agli articoli 1 e 20 del decreto-legge 13 maggio 1976, n. 227, ed all'articolo 11 del D.L. 18 settembre 1976, n. 648, convertiti, con modificazioni, rispettivamente nella L. 29 maggio 1976, n. 336, e nella L. 30 ottobre 1976, n. 730.

Le norme di cui ai precedenti commi si applicano anche alle province. Tuttavia, ai fini delle assunzioni di cui al successivo sesto comma, dovrà essere considerato separatamente il personale addetto all'assistenza psichiatrica, le cui funzioni, comprese quelle previste dalla legge 13 maggio 1978, n. 180, saranno trasferite a seguito dell'entrata in vigore delle leggi regionali attuative del servizio sanitario nazionale o degli artt. 32, 33 e 34 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.

Gli enti locali che hanno adottato il provvedimento di riorganizzazione generale di cui al precedente articolo debbono provvedere in via prioritaria, allorché il provvedimento medesimo avrà acquistato efficacia, fermo restando l'espletamento dei concorsi già banditi alla data del 18 novembre 1978, all'immissione in ruolo, mediante concorso interno, riservato per soli titoli, nei posti di organico, di pari qualifica o livello, risultanti dalla ristrutturazione del personale non di ruolo, fatta eccezione del personale a contratto professionale o assunto per supplenza o per compiti specifici limitati nel tempo (stagionali) o con un rapporto di servizio a tempo parziale e/o di durata limitata nel corso dell'anno, purché già in servizio presso l'ente alla data del 30 settembre 1978 o assunto mediante prova pubblica selettiva bandita entro la medesima data. La sistemazione in ruolo può avvenire anche nei confronti di personale di società a prevalente partecipazione di enti locali, previa delibera di scioglimento da parte del consiglio comunale e dopo attivate le procedure di liquidazione. L'anzianità maturata da detto personale alle dipendenze della disciolta società può essere riconosciuta sino ad un massimo del 50 per cento, purché il trattamento complessivo in condizione di ruolo non superi quello del personale comunale di pari qualifica ed anzianità.

Il personale non di ruolo indicato nel precedente comma che non trovasse sistemazione in ruolo per mancanza di posti in organico di pari qualifica o livello a seguito della effettuata ristrutturazione, sarà provvisoriamente collocato in posizione soprannumeraria, salvo successivo graduale assorbimento nel ruolo ordinario da operare entro il periodo massimo di un quinquennio.

Le province, i comuni, i consorzi e le loro aziende, sempre che abbiano già adottato il piano generale di riorganizzazione, possono procedere, in deroga al divieto di cui al primo comma del presente articolo e in deroga alle vigenti disposizioni normative che regolano la materia, ad assunzioni, mediante concorso pubblico, di nuovo personale, per qualifiche previste nel piano di ristrutturazione, nel limite di un numero corrispondente a quello dei dipendenti che per normale vacanza cesseranno dal servizio negli anni 1979-80. Il nuovo personale così assunto sarà provvisoriamente collocato, ove necessario, in posizione soprannumeraria, salva automatica successiva collocazione in ruolo ordinario non appena il titolare del posto di organico, di cui è stata prevista la vacanza entro il termine massimo del 31 dicembre 1980, sarà stato effettivamente collocato a riposo. Le assunzioni di cui al presente comma riferentesi ai posti corrispondenti al numero dei dipendenti che cesseranno dal servizio nell'anno 1980, non potranno essere effettuate con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1980.

Sempre in deroga al divieto previsto dal primo comma, gli enti locali possono procedere, nell'anno 1979, nei limiti strettamente necessari, ad assunzioni mediante pubblico concorso di personale per il funzionamento di opere di nuova realizzazione, purché queste ultime risultino ultimate ma non ancora attivate entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto o in corso e da attivare entro il 1° ottobre 1979.

Per i comuni con popolazione non superiore a 10.000 abitanti che si associno per la costituzione e la gestione di uffici e servizi per la programmazione e l'assetto del territorio, per la gestione e l'attuazione dei programmi edilizi, nonché l'attività di concorso nell'accertamento tributario, il personale impiegato nelle anzidette associazioni non rientra nei limiti di cui al presente decreto, sempreché non ecceda un numero di assunti superiore ad una unità per i comuni superiori a 5.000 abitanti e superiore ad una unità per ogni tre comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

In aggiunta all'esercizio della facoltà di cui al sesto comma, i comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti alla data del 31 dicembre 1977, qualora il rapporto dipendenti (comunque in servizio) popolazione, esistente all'atto dell'entrata in vigore del presente decreto, risulti inferiore a 1:150, possono assumere, purché non si scenda al di sotto di tale rapporto, nuovo personale nel numero massimo risultante dall'applicazione al totale dei dipendenti in servizio nell'anno 1976, esclusi i lavoratori stagionali, delle percentuali appresso stabilite:

a) comuni fino a 1.000 abitanti: incremento massimo del 40 per cento, con arrotondamento all'unità superiore, della differenza fra il numero dei dipendenti consentiti in base al rapporto 1:150 e il numero dei dipendenti in servizio;

b) comuni da 1.001 e 5.000 abitanti: incremento massimo del 30 per cento, con arrotondamento all'unità superiore, della differenza fra il numero dei dipendenti consentito in base al rapporto 1:150 e il numero dei dipendenti in servizio;

c) per i comuni di cui agli articoli 9 e 11 della legge 29 aprile 1976, n. 178 : incremento massimo del 40 per cento, con arrotondamento all'unità superiore, della differenza fra il numero dei dipendenti consentiti in base al rapporto 1:150 e il numero dei dipendenti in servizio.

In ogni caso i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti possono assumere, ai sensi del precedente comma, almeno una nuova unità di personale.

Gli enti locali con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano avuto un tasso di crescita della popolazione superiore al 50 per cento, con riferimento al censimento del 1971, possono procedere ad assunzioni di personale sino a raggiungere il numero di dipendenti consentito in base al rapporto dipendenti-popolazione di 1:150, oppure possono procedere ad assunzioni di personale nell'ambito delle piante organiche già approvate dai competenti organi di controllo entro il 31 dicembre 1976.

Le assunzioni di nuovo personale dovranno avvenire solo per pubblico concorso o per prova pubblica selettiva che è consentita per il solo personale salariato e ausiliario.

E' consentita la conferma del personale non di ruolo, tutt'ora alle dipendenze dell'ente, che risulti in servizio entro la data del 31 dicembre 1978.

E' consentita, altresì, la possibilità per l'ente di continuare ad avvalersi di prestazioni lavorative a tempo parziale e/o di durata limitata nel corso dell'anno, purché nel limite complessivo della spesa sostenuta nell'anno 1978 per analoghi tipi di prestazioni con un aumento massimo dell'11 per cento.

Al di fuori di quanto previsto nei precedenti commi del presente articolo si potrà procedere soltanto ad assunzioni di personale straordinario, per eccezionali sopravvenute esigenze, personale che comunque non potrà essere tenuto in servizio per un periodo di tempo, anche discontinuo, complessivamente superiore a 90 giorni nell'anno solare, al compimento del quale il rapporto di lavoro è risolto di diritto.

Il predetto termine non si applica al personale che viene assunto per la supplenza di titolari in aspettativa per puerperio operanti nel settore scolastico.

Il personale straordinario cessato dal servizio non può essere nuovamente assunto presso lo stesso ente se non siano trascorsi almeno sei mesi dal compimento del periodo complessivo annuo indicato nel quindicesimo comma del presente articolo.

I provvedimenti di assunzione temporanea o di conferma in servizio adottati in violazione di quanto sopra indicato sono nulli di diritto e danno luogo a responsabilità degli amministratori ed anche dei segretari e dei ragionieri che abbiano firmato mandati di pagamento non coperti da atti validi.

Le deliberazioni di assunzione adottate in virtù dei commi settimo, nono, decimo e undicesimo del presente articolo comportano la variazione della pianta organica dell'ente e divengono esecutive dopo l'esame del comitato regionale di controllo, ove questo non rilevi vizi.

Nei bandi di pubblici concorsi che verranno indetti successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, relativi ognuno ad un numero di posti superiore a due, un terzo dei posti stessi è riservato ai giovani iscritti nelle liste speciali di cui alla legge 1° giugno 1977, n. 285, che partecipino ai concorsi possedendo ogni requisito richiesto e conseguano la idoneità.

Le aziende, in sede di regolamento del proprio personale, sono tenute a determinare, nel rispetto della legislazione vigente in materia, i posti da assegnare mediante pubblico concorso ed i posti da assegnare con le modalità dell'articolo 33 e seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Le maggiori spese per il personale derivanti dall'applicazione del presente articolo sono portate in aumento del costo del personale considerato nei bilanci per il 1979 a norma della legge finanziaria per l'anno medesimo e, ove non trovino copertura totale o parziale nelle entrate dell'ente, sono coperte, a consuntivo, con le modalità dell'articolo 12 della legge finanziaria stessa entro il 31 marzo 1980.

5-bis. Sino all'entrata in vigore della legge di riforma della municipalizzazione è sospesa la trasformazione dei servizi pubblici, attualmente gestiti in economia, in aziende speciali municipalizzate. Tale divieto può essere derogato solo qualora si accresca l'efficienza del servizio e non si produca lievitazione degli oneri a carico degli enti locali.

E' consentita l'assunzione in gestione diretta di servizi appaltati a condizione che il costo degli stessi non sia superiore a quello sostenuto con l'appalto.

Per il funzionamento di detti servizi gli enti locali provvedono all'assunzione del personale in misura non superiore a quella risultante, alla data di sei mesi prima della delibera di assunzione, per l'espletamento del servizio in appalto.

Nel caso in cui nell'anno 1978 i comuni siano subentrati ad imprese private nella gestione diretta di pubblici servizi, già conferiti in appalto, al personale assunto per effetto dell'articolo 6, sedicesimo comma, del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1978, n. 43, e il cui stato giuridico e trattamento economico viene regolato dal contratto dei dipendenti degli enti locali, è consentito corrispondere, quale assegno personale riassorbibile con i futuri miglioramenti, la eventuale differenza tra il trattamento economico già in godimento al detto personale a quello del trattamento di livello spettante in applicazione dell'accordo nazionale per il trattamento giuridico ed economico dei dipendenti degli enti locali.

5-ter. A partire dal 1° marzo 1979 e fino all'entrata in vigore della legge di riforma della municipalizzazione, è fatto divieto agli enti locali territoriali e alle loro aziende municipalizzate, consortili o società per azioni, a partecipazione maggioritaria degli enti locali, di approvare o stipulare accordi integrativi aziendali, relativi al trattamento del personale dipendente che prevedono erogazioni economiche aggiuntive ai contratti nazionali di categoria, nonché accordi che trattino materie o istituti non espressamente demandati a tale sede dai contratti collettivi nazionali di lavoro della categoria.

Gli accordi raggiunti in deroga al precedente comma sono nulli.

6. Per l'anno 1979, anche in deroga alle norme generali vigenti, i contributi ordinari dovuti alle casse pensioni amministrate dalla direzione generale degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro, afferenti i ruoli generali dell'anno 1979, devono essere estinti mediante versamenti trimestrali, da effettuarsi entro il giorno 20, o, se festivo, nel giorno immediatamente precedente non festivo, dei mesi di marzo, giugno, settembre e dicembre 1979.

All'uopo deve essere versata, per ciascuna delle trimestralità precedenti all'emissione del ruolo, una somma pari ad un quarto dell'ammontare dei contributi previdenziali iscritti nei ruoli generali dell'anno 1978 a carico dell'ente, e, dopo venuto a scadere il ruolo 1979, la residua somma insoluta per l'estinzione del ruolo medesimo, viene ripartita, in parti uguali, tra le rimanenti trimestralità, senza applicazione di interessi.

Qualora l'ente non provvede, entro il giorno 20 dei mesi di cui innanzi ad emettere il relativo mandato, il tesoriere dell'ente medesimo è obbligato ad effettuare direttamente il pagamento della trimestralità corrispondente, entro il giorno 30 del mese di scadenza della stessa, senza aggravio di ulteriori oneri per l'ente, avvalendosi dei fondi di cui ai trasferimenti statali previsti per l'anno 1979.

I contributi ordinari, compresi nei ruoli suppletivi emessi nel 1979, devono essere parimenti estinti entro e non oltre l'esercizio di competenza e cioè entro il 30 dicembre 1979. Peraltro l'ente può effettuare il pagamento, anziché in unica soluzione, in rate bimestrali, con inizio dal giorno 20 del mese successivo a quello di emissione del ruolo stesso, senza applicazione di interessi. Vale, anche in questo caso, quanto innanzi previsto per i contributi ordinari compresi nei ruoli generali, circa la modalità di pagamento e gli obblighi sostitutivi del tesoriere.

Per il ritardato pagamento delle trimestralità o delle bimestralità, come innanzi previste per l'estinzione dei contributi ordinari, a seconda che siano compresi in ruoli generali o suppletivi, oltre il giorno 30 del mese di scadenza della trimestralità o della bimestralità stessa è dovuto, sulla somma versata in ritardo, l'interesse mensile in ragione dell'uno per cento.

Per iscritto alle casse pensioni amministrate dalla Direzione generale degli istituti di previdenza che cessi dal servizio con diritto a pensione, l'ente datore di lavoro, almeno tre mesi prima di tale data, trasmette alla medesima Direzione generale, insieme con la domanda di pensione un foglio di liquidazione del trattamento provvisorio di quiescenza determinato sulla base del servizio utile reso con iscrizione alle casse, nella misura dei 9/10 del trattamento annuo netto spettante.

Duplo del foglio di liquidazione di cui al precedente comma viene contestualmente trasmesso dall'ente alla competente direzione provinciale del tesoro, che accende una partita provvisoria di pensione provvedendo ai pagamenti alle scadenze stabilite a favore dell'iscritto alle casse cessato dal servizio, ed imputando la relativa spesa al ruolo di pensione che sarà emesso dalla Direzione generale degli istituti di previdenza, salvo conguaglio o rivalsa in sede di liquidazione della pensione definitiva.

Nei casi di morte dei titolari di pensione diretta, le direzioni provinciali del tesoro sono autorizzate a concedere acconti al coniuge ed agli orfani minori superstiti aventi diritto a pensione di riversibilità.

L'acconto è determinato sull'importo della pensione diretta già in pagamento, nella misura dei 9/10 del trattamento netto spettante.

E' fatto divieto ai comuni, alle province, ai loro consorzi ed alle aziende municipalizzate provincializzate e consortili di concedere, ai sensi del quinto comma dell'articolo 62 dell'ordinamento approvato con regio decreto-legge 3 marzo 1938, n. 680, e del quinto comma dell'articolo 56 dell'ordinamento approvato con legge 6 luglio 1939, n. 1035, acconti di pensione relativamente alle cessazioni dal servizio che si verificheranno posteriormente al 31 marzo 1979. Per i casi in cui l'ente datore di lavoro non abbia possibilità di predisporre il foglio di liquidazione tre mesi prima della cessazione, l'acconto stesso è erogabile dall'ente per un periodo non superiore a tre mesi.

Per gli acconti corrisposti relativamente alle cessazioni dal servizio avvenute anteriormente al 1° aprile 1979, gli enti di cui al precedente comma, qualora non sia stato già provveduto alla sostituzione di detti acconti a carico degli istituti di previdenza, continueranno a corrispondere gli stessi non oltre il 31 dicembre 1979, previo invio, entro il 31 agosto, dei fogli di liquidazione di cui ai precedenti sesto e settimo comma con l'indicazione dell'acconto nell'importo già corrisposto. Le direzioni provinciali del tesoro, per ciascuna partita, provvederanno, entro il 31 dicembre 1979, agli adempimenti previsti dal citato settimo comma ed al rimborso delle somme anticipate a titolo di acconto, che all'uopo saranno loro comunicate dall'ente interessato. In ogni caso, a partire dal 1° gennaio 1980, detti acconti di pensione saranno erogati nei confronti dei dipendenti dei comuni, province, loro consorzi ed aziende, dalle direzioni provinciali del tesoro.

7. La distinzione, ad ogni effetto previsto dalle vigenti norme legislative, delle spese dei comuni e delle province in obbligatorie e facoltative è abolita.

8. Gli atti e provvedimenti emessi dai comuni nell'esercizio delle proprie funzioni, comprese quelle attribuite dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e per i quali sia dovuta la tassa sulle concessioni governative di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, e successive integrazioni e modificazioni, sono assoggettati, a decorrere dal 1° gennaio 1979, a tassa sulle concessioni comunali.

Le tasse sulle concessioni comunali sono dovute in luogo e nella stessa misura delle corrispondenti tasse sulle concessioni governative e sono disciplinate dalla stessa normativa con le seguenti eccezioni:

le tasse sono corrisposte in favore del comune unicamente in modo ordinario, mediante versamento in conto corrente postale intestato al comune medesimo;

i poteri di accertamento previsti dagli articoli 10 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, sono estesi anche alle amministrazioni comunali.

L'individuazione degli atti e provvedimenti soggetti a tassa sulle concessioni comunali è effettuata con decreto da emanarsi, entro il 30 novembre 1978, dal Ministro delle finanze sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia. Con la stessa procedura possono essere emanati decreti integrativi o modificativi.

A decorrere dal decimo giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica di tali decreti, la tassa per gli atti contemplati nei decreti stessi va comunque versata al comune.

Le tasse di rinnovo e quelle annuali dovute al comune nel primo periodo di applicazione del presente articolo possono essere versate entro il 30 aprile 1979.

9. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto le regioni, qualora non abbiano già provveduto, dovranno emanare norme per accelerare le procedure per la formazione e l'approvazione degli strumenti urbanistici. Tali norme dovranno informarsi ai seguenti principi:

a) prevedere termini per ogni fase relativa all'iter di adozione degli strumenti urbanistici;

b) stabilire il termine massimo entro il quale la regione deve adottare il provvedimento definitivo di approvazione;

c) definire le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inosservanza da parte di comuni dei termini fissati.

Il termine massimo di cui al precedente comma, lettera b), non può essere superiore a 180 giorni per il piano regolatore generale e tale termine deve essere adeguatamente ridotto per gli altri atti urbanistici che, secondo le norme regionali, sono assoggettabili alla formale approvazione della regione.

Le regioni dovranno indicare in quali casi le approvazioni di strumenti urbanistici esecutivi abbiano efficacia dal momento in cui la deliberazione del consiglio comunale abbia riportato il visto di legittimità.

10. Il termine perentorio per la presentazione al Ministero dell'interno, da parte dei comuni e delle province, delle istanze documentate di autorizzazione a contrarre mutui principali a ripiano del disavanzo economico e suppletivi a ripiano delle quote del disavanzo economico afferenti alle spese di personale relativi agli esercizi 1977 e precedenti è stabilito al 31 marzo 1979.

Gli enti locali che abbiano ricevuto o ricevano dal predetto Ministero richieste di documentazioni a chiarimenti inerenti a tali istanze, sono tenuti a provvedervi

venti giorni. Decorso inutilmente detto termine il Ministero dell'interno adotterà comunque i provvedimenti di competenza.

Entro il termine massimo del 31 maggio 1979 il Ministero dell'interno emette tutti i decreti di autorizzazione dei mutui principali e suppletivi di cui ai commi precedenti a provvedere alla relativa pubblicazione, nelle forme consuete, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

11. Alle regioni a statuto ordinario ed alle aziende autonome di soggiorno, cura e turismo istituite nel quinquennio 1974-78, sono attribuite dall'amministrazione finanziaria, per l'anno 1979, somme di importo pari a quelle attribuite per l'anno 1978 ai sensi dell'art. 19-bis del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito nella legge 27 febbraio 1978, n. 43, con una maggiorazione rispettivamente del 15 e del 10 per cento.

Alla regione siciliana è direttamente attribuito dalle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato un ammontare pari al 13,60 per cento del gettito dei versamenti dell'imposta locale sui redditi effettuati nell'ambito della regione stessa.

12. Il periodo di finanziamento transitorio di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 638, modificato con decreto del Presidente della Repubblica 3 gennaio 1976, n. 17, è prorogato al 31 dicembre 1979 nei confronti delle camere di commercio, delle aziende autonome di soggiorno, cura o turismo, delle regioni Sardegna, Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, nonché delle province autonome di Trento e Bolzano.

Il termine di cui all'art. 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, è prorogato al 31 dicembre 1979 nei confronti delle camere di commercio e delle aziende autonome di cura, soggiorno e turismo.

Le delegazioni di cui al precedente comma possono essere utilizzate esclusivamente per mutui destinati ad investimenti.

13. Per l'anno 1979 le somme di cui agli articoli 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 638, da corrispondere, rispettivamente, alle camere di commercio e alle aziende autonome di soggiorno, cura o turismo sono maggiorate del 10 per cento rispetto all'ammontare attribuito nell'anno precedente.

Ai soli effetti dell'art. 18, primo comma, del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1978, n. 43, l'ammontare delle somme attribuite nel 1977, ai sensi degli artt. 6 e 7 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, va ricalcolato considerando riscosse le somme che non sono state introitate nell'anno assunto a base di riferimento in conseguenza di provvedimenti di sospensione della riscossione, adottati nell'anno medesimo, connessi a calamità atmosferiche.

Ai fini del calcolo di cui al precedente comma non si tiene conto di quelle somme riscosse, nell'anno assunto a base di riferimento, per effetto di revoca di tolleranze concesse in anni precedenti a quello di riferimento stesso, connesse a provvedimenti di sgravio o di sospensione adottati in occasione di calamità atmosferiche.

14. Per l'anno 1979 le somme di cui all'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 638, da corrispondere alle regioni Sardegna, Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e alle province autonome di Trento e di Bolzano sono maggiorate, ove le quote dei tributi devoluti siano fisse, del 15 per cento rispetto all'ammontare attribuito nell'anno precedente; ove tali quote siano invece variabili la maggiorazione sarà determinata per la regione Sardegna con le modalità previste dalla seconda parte del primo comma dell'art. 8 del richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 638, e per le province autonome di Trento e di Bolzano in conformità con quanto disposto dall'art. 78 del testo unico delle leggi concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 e comunque dovrà contribuire a determinare un incremento percentuale delle entrate complessive per trasferimenti a carico del bilancio dello Stato non inferiori a quello assicurato, rispetto al 1978, all'ammontare del foglio per le regioni a statuto ordinario di cui all'articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 291.

15. All'onere derivante dall'applicazione degli articoli 11, 12, 13 e 14 del presente decreto, valutato per l'anno 1979, in L. 62.200.000.000, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al cap. 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno finanziario medesimo.

Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

16. Le camere di commercio e le aziende autonome di soggiorno non possono procedere, per l'anno 1979, ad assunzioni di personale ove le medesime portino il numero dei dipendenti al di sopra del numero del personale in servizio nell'anno 1976 a qualunque titolo, anche a carattere precario o per l'espletamento di mansioni stagionali.

17. E' confermata, anche per l'anno 1979, l'autorizzazione a concedere le assegnazioni previste all'art. 10-bis, secondo comma, del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito nella legge 27 febbraio 1978, n. 43.

A valere sullo stanziamento del capitolo 1590 dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario 1979, possono essere disposti pagamenti, in conto anno 1978, per le finalità di cui all'articolo 11 del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, nella L. 27 febbraio 1978, n. 43 .

17-bis. Con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro del tesoro, sentite le rappresentanze dell'UPI e dell'ANCI, sarà provveduto, entro il 30 giugno 1979, a coordinare le disposizioni regolanti la contabilità delle province e dei comuni e i relativi bilanci, con le disposizioni di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 468, e di cui alla legge 19 maggio 1976, n. 335.

Le disposizioni relative alla trasmissione dei dati da parte dei comuni e delle province e dei relativi tesorieri contenute negli articoli 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, si applicano a partire dal 1° gennaio 1980.

18. La sezione autonoma di credito comunale e provinciale, istituita con gestione propria Presso la Cassa depositi e prestiti con legge 24 aprile 1898, n. 132, è autorizzata a concedere prestiti, mediante emissione di cartelle, a comuni, province e loro consorzi anche per l'esecuzione di opere pubbliche di pertinenza degli enti territoriali e delle loro aziende.

L'importo unitario delle singole operazioni non potrà essere inferiore a 10 miliardi di lire. Per il raggiungimento di tale importo, le regioni o consorzi di enti locali territoriali possono organizzare la domanda di più comuni o province. Con decreto del Ministro del tesoro sono stabilite le relative modalità e procedure.

Con decreto del Ministro del tesoro saranno stabilite eventuali diverse modalità di erogazione delle somme, nonché il tasso di interesse da riconoscere all'ente mutuatario sulle somme rimaste da somministrare.

19. Per le operazioni di finanziamento di opere di pertinenza delle aziende di cui alla legge 4 luglio 1967, n. 537, e successive modificazioni, la Cassa depositi e prestiti è autorizzata ad accettare le garanzie previste dalla legge stessa.

Con decreto del Ministro del tesoro, su deliberazioni del consiglio di amministrazione e della commissione di vigilanza, l'intervento finanziario della Cassa depositi e prestiti potrà essere esteso ad altre spese di investimento.

Con la medesima procedura, potranno altresì essere determinate nuove disposizioni generali, anche a modifica delle norme vigenti per i prestiti della Cassa depositi e prestiti, in materia di istruttoria, garanzia e somministrazione dei prestiti stessi.

I decreti di cui ai commi precedenti saranno pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.

Entro il 31 ottobre di ogni anno il consiglio di amministrazione, sentita la commissione di vigilanza, predispone il programma di massima per l'utilizzazione e la ripartizione per grandi aree, con particolare riferimento al Mezzogiorno, dei fondi sulla base delle risorse che si prevedono disponibili per l'anno successivo. Il programma di cui sopra è comunicato dal Ministro del tesoro al Parlamento.

Per l'anno 1979 la comunicazione di cui al comma precedente sarà effettuata entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto .

Il riscontro della Corte dei conti sulle operazioni di mutuo e sulle relative somministrazioni è effettuato in forma successiva.

19-bis.. In sede di prima applicazione della disposizione del comma precedente la Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica provvedono a scegliere rispettivamente un deputato ed un senatore che integrano la commissione di vigilanza già costituita ai sensi del citato articolo 3 del regio decreto 2 gennaio 1913, n. 453.

20. Sulle somme rimaste da somministrare sui mutui concessi, la Cassa depositi e prestiti liquiderà annualmente gli interessi, al tasso vigente per i depositi volontari.

Gli interessi sono corrisposti interamente all'ente mutuatario, anche se il mutuo è assistito da contributi regionali o statali.

21. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

DL 15-12-1979 N. 629-Dilazione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per gli immobili adibiti ad uso di abitazione e provvedimenti urgenti per l'edilizia.

8. Per la realizzazione di un programma straordinario di edilizia, la Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere ai comuni o a consorzi di comuni appositamente costituiti mutui sino all'importo di lire 1.000 miliardi, al tasso di interesse annuo del 4 per cento, avvalendosi dei fondi dei conti correnti postali di cui al D.Lgs.Lgt. 6 settembre 1917, n. 1451 .

I mutui di cui al comma precedente sono garantiti dallo Stato.

I mutui stessi sono destinati a finanziare, anche mediante l'acquisizione e il risanamento di immobili degradati, la costruzione di alloggi economici da cedere in locazione da parte dei comuni, ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, nonché l'acquisizione delle aree e le relative opere di urbanizzazione.

In deroga a quanto stabilito dall'art. 1, quarto comma, del D.L. 29 dicembre 1977, n. 946 , convertito, con modificazioni, nella L. 27 febbraio 1978, n. 43, gli interessi passivi dei mutui anzidetti sono calcolati al netto dei canoni di affitto effettivamente percepiti dai comuni stessi. Detti canoni dovranno affluire in un apposito conto vincolato di tesoreria, destinato al pagamento delle quote di ammortamento dei mutui relativi.

I comuni o i consorzi di comuni, all'atto della concessione dei mutui, sono tenuti a notificare al tesoriere l'importo della rata di ammortamento dovuta alla Cassa depositi e prestiti.

In relazione alla notifica di cui al comma precedente, i tesorieri sono tenuti a versare alla Cassa depositi e prestiti, alle prescritte scadenze, una comminatoria delle indennità di mora in caso di ritardato versamento, l'importo della rata, utilizzando in via prioritaria le disponibilità esistenti sul conto vincolato di cui al precedente quarto comma.

I tesorieri sono altresì tenuti a comunicare agli enti mutuatari l'importo differenziale della rata, versato utilizzando fondi ordinari del bilancio, ai fini di quanto previsto al precedente quarto comma.

La concessione dei mutui è subordinata alla presentazione alla Cassa depositi e prestiti, da parte dei comuni interessati, entro il termine di sessanta giorni dalla data della deliberazione del CIPE di cui al comma successivo, del programma costruttivo con la dichiarazione della effettiva disponibilità dell'area edificabile e dei tempi di realizzazione delle opere.

Se l'area occorrente per la realizzazione degli alloggi e delle relative opere di urbanizzazione non è stata già acquisita dal comune, ovvero, pur essendo nella sua disponibilità, ha una destinazione urbanistica diversa da quella edificatoria, ovvero non è inclusa nei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 , alla delibera comunale, con la quale viene adottato il programma costruttivo e che equivale, comunque, a variante degli strumenti urbanistici, si applica l'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e successive modificazioni.

Con deliberazione del CIPE, sentito il Comitato per l'edilizia residenziale, sono stabiliti i comuni nei quali deve essere realizzato il programma, le ulteriori condizioni per l'erogazione dei mutui, le modalità di affidamento dei lavori, i criteri per l'individuazione dei beneficiari, anche in deroga alle norme del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035 , nonché la tipologia delle costruzioni.

Nell'individuazione dei beneficiari una quota non superiore al trenta per cento può essere riservata ai soggetti per i quali ricorrono le condizioni previste dall'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035 , e successive modificazioni e integrazioni, nei cui confronti si applica il canone di locazione ai sensi dell'art. 22 della legge 8 agosto 1977, n. 513.

DL 23-01-1982 N. 9-Norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti.(Convertito dalla L. 25/3/82, n.94).

6. I comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti sono esonerati dall'obbligo di dotarsi di programmi pluriennali di attuazione. Le regioni indicano quali comuni con popolazione al di sotto dei 10.000 abitati sono tenuti a dotarsi di programmi pluriennali di attuazione. Il provvedimento regionale deve essere motivato indicando le ragioni di carattere ambientale, turistico ed industriale che rendano necessaria la formazione di tale strumento.

Per la formazione dei programmi pluriennali di attuazione, ai sensi dell'articolo 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, non è richiesta l'approvazione regionale

alcun parere preventivo di altre amministrazioni statali o subregionali. Detti programmi pluriennali devono tuttavia essere inviati in copia alle regioni.

Per le aree non comprese nei programmi pluriennali di attuazione le concessioni e le autorizzazioni a costruire sono rilasciate quando si tratti di interventi:

a) diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all'art. 31, primo comma, lettere b), c), e d), L. 5 agosto 1978, n. 457 ;

b) da realizzare su aree di completamento che siano dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali;

c) da realizzare su aree comprese nei piani di zona.

[Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano sino al 31 dicembre 1984].

03-05-1982 N. 203-Norme sui contratti agrari.

50. Terreni oggetto di concessione edilizia. - Per i terreni che, in conformità a strumenti urbanistici vigenti, siano soggetti ad utilizzazione diversa da quella agricola, il proprietario o l'avente titolo che abbia ottenuto la concessione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, può ottenere il rilascio dell'area necessaria alla realizzazione dell'opera concessa, dei relativi servizi e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

Il rilascio deve essere richiesto mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, contenente gli estremi della concessione.

Copia della raccomandata deve essere contestualmente inviata all'ispettorato provinciale dell'agricoltura, il quale convoca le parti, compie i necessari accertamenti ed effettua la stima delle colture in atto e delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16. La stima deve essere comunicata alle parti entro trenta giorni dal ricevimento della copia della raccomandata da parte dell'ispettorato ed è definitiva.

Al conduttore, concessionario o mezzadro spetta, oltre alla somma risultante dalla stima dell'ispettorato, l'indennizzo previsto dall'articolo 43. Egli ha diritto di ritenere il fondo sino al pagamento, quando non viene prestata idonea garanzia, nell'importo e nei modi ritenuti adeguati dall'ispettorato.

E' in facoltà dell'affittuario coltivatore diretto, mezzadro, colono o compartecipante o del rappresentante delle relative imprese familiari coltivatrici, se presenti, di chiedere, in alternativa alle somme di cui al comma precedente, le indennità previste dal secondo comma dell'articolo 17 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, ivi compresa la maggiorazione del cinquanta per cento di cui all'articolo 12 della legge medesima.

Il rilascio deve avvenire decorsi trenta giorni dall'eseguito pagamento di quanto previsto nel quinto comma o dalla notificazione dell'effettuato deposito bancario della somma in caso di mancato ritiro. Ove il rilascio non sia stato effettuato entro il termine suddetto, il richiedente può ottenerlo con provvedimento di urgenza ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, presentando la relativa istanza entro trenta giorni dalla scadenza del termine stesso.

La decorrenza dei termini fissati nella concessione edilizia rimane sospesa fino alla data dell'effettivo rilascio.

Qualora il richiedente non esegua l'opera entro i termini di decadenza della concessione edilizia, si ripristina il contratto originario e le somme dovute ai sensi del quarto comma vengono trattenute dal conduttore, concessionario o mezzadro a titolo di risarcimento del danno.

Restano ferme, anche per quanto attiene agli indennizzi, le norme sulla espropriazione per pubblica utilità.

L 28-02-1985 N. 47-Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie.

CAPO II

Snellimento delle procedure urbanistiche ed edilizie

24. Strumenti per cui non è richiesta l'approvazione regionale. - Salvo che per le aree e per gli ambiti territoriali individuati dalle regioni come di interesse regionale in sede di piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, con specifica deliberazione, non è soggetto ad approvazione regionale lo strumento attuativo di strumenti urbanistici generali, compresi i piani per l'edilizia economica e popolare nonché i piani per gli insediamenti produttivi.

Le regioni emanano norme cui i comuni debbono attenersi per l'approvazione degli strumenti di cui al comma precedente, al fine di garantire la snellezza del procedimento e le necessarie forme di pubblicità e di partecipazione dei soggetti pubblici e privati. I comuni sono comunque tenuti a trasmettere alla regione, entro sessanta giorni, copia degli strumenti attuativi di cui al presente articolo. Sulle eventuali osservazioni della regione i comuni devono esprimersi con motivazioni puntuali.

25. Semplificazione delle procedure. - Le regioni entro centottanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge emanano norme che:

a) prevedono procedure semplificate per la approvazione degli strumenti attuativi in variante agli strumenti urbanistici generali;

b) definiscono criteri ed indirizzi per garantire l'unificazione ed il coordinamento dei contenuti dei regolamenti edilizi comunali, nonché per accelerare l'esame delle domande di concessione e di autorizzazione edilizia;

c) prevedono procedure semplificate per la approvazione di varianti agli strumenti urbanistici generali finalizzate all'adeguamento degli standards urbanistici posti da disposizioni statali o regionali.

Le norme di cui al comma precedente devono garantire le necessarie forme di pubblicità e la partecipazione dei soggetti pubblici e privati, nonché i termini, non superiori a centoventi giorni, entro i quali la regione deve comunicare al comune le proprie determinazioni. Trascorsi tali termini i provvedimenti di cui al precedente comma si intendono approvati.

Le varianti agli strumenti urbanistici non sono soggette alla preventiva autorizzazione della regione.

La legge regionale stabilisce, altresì, criteri e modalità cui dovranno attenersi i comuni, all'atto della predisposizione di strumenti urbanistici, per l'eventuale regolamentazione, in ambiti determinati del proprio territorio, delle destinazioni d'uso degli immobili nonché dei casi in cui per la variazione di essa sia richiesta la preventiva autorizzazione del sindaco. La mancanza di tale autorizzazione comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 10 ed il conguaglio del contributo di concessione se dovuto.

CAPO III

Recupero urbanistico di insediamenti abusivi

29. Varianti agli strumenti urbanistici e poteri normativi delle regioni. - Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge le regioni disciplinano con proprie leggi la formazione, adozione e approvazione delle varianti agli strumenti urbanistici generali finalizzati al recupero urbanistico degli insediamenti abusivi, esistenti al 1° ottobre 1983, entro un quadro di convenienza economica e sociale. Le varianti devono tener conto dei seguenti principi fondamentali:

a) realizzare una adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;

b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, idrogeologico;

c) realizzare un razionale inserimento territoriale ed urbano dell'insediamento.

La legge regionale stabilisce altresì:

a) i criteri e i termini ai quali devono attenersi i comuni per la individuazione e la perimetrazione degli insediamenti abusivi;

b) i criteri ai quali devono attenersi i comuni qualora gli insediamenti abusivi ricadano in zona dichiarata sismica;

c) i casi in cui la formazione delle varianti è obbligatoria;

d) le procedure per l'approvazione delle varianti, precisando i casi nei quali non è richiesta l'approvazione regionale;

e) i criteri per la formazione di consorzi, anche obbligatori, fra proprietari di immobili;

f) il programma finanziario per la attuazione degli interventi previsti con carattere pluriennale;

g) la definizione degli oneri di urbanizzazione e le modalità di pagamento degli stessi in relazione alla tipologia edilizia, alla destinazione d'uso, alla ubicazione, al convenzionamento, anche mediante atto unilaterale d'obbligo, da parte dei proprietari degli immobili.

Decorso il termine di novanta giorni, di cui al primo comma, e fino alla emanazione delle leggi regionali, gli insediamenti avvenuti in tutto o in parte abusivamente, fermi restando gli effetti della mancata presentazione dell'istanza di sanatoria previsti dall'articolo 40, possono formare oggetto di apposite varianti agli strumenti urbanistici al fine del loro recupero urbanistico, nel rispetto comunque dei principi di cui al primo comma e delle previsioni di cui alle lettere e), f) e g) del precedente secondo comma.

L'attuazione delle varianti di cui ai commi precedenti può essere assegnata in concessione ad imprese o ad associazioni di imprese o a loro consorzi; tale concessione è accompagnata da apposita convenzione nella quale sono tra l'altro precisati i contenuti economici e finanziari degli interventi di recupero urbanistico.

30. Facoltà e obblighi dei comuni. - In luogo della indennità di esproprio, i proprietari di lotti di terreno, vincolati a destinazioni pubbliche a seguito delle varianti di cui all'articolo 29, possono chiedere che vengano loro assegnati equivalenti lotti disponibili nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, per costruirvi, singolarmente o riuniti in cooperativa, la propria prima abitazione. Per i fini previsti dal presente comma e dal successivo secondo comma, i comuni che procedono all'adozione delle varianti di cui all'articolo 29 devono comunque provvedere, anche se non obbligati ai sensi delle norme vigenti, alla formazione dei piani di zona previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, senza tener conto del limite minimo del quaranta per cento di cui all'articolo 2, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, ovvero procedere agli opportuni ampliamenti dei piani già approvati. I proprietari di terreni, coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, possono chiedere al comune, in luogo dell'indennità di esproprio, l'assegnazione in proprietà di equivalenti terreni, facenti parte del patrimonio disponibile delle singole amministrazioni comunali, per continuare l'esercizio dell'attività agricola.

I proprietari degli edifici per i quali è prevista la demolizione possono chiedere l'assegnazione di un lotto nell'ambito dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, per costruirvi la propria prima abitazione.

I soggetti abitanti, a titolo di proprietà o di locazione decorrente da data certa, anteriore all'entrata in vigore della presente legge, in edifici, ultimati ai sensi del secondo comma dell'articolo 31 della presente legge, alla data del 1° ottobre 1983, dei quali è prevista la demolizione, a seguito dell'approvazione degli strumenti di recupero urbanistico, sono preferiti, purché abbiano versato i contributi ex Gescal per almeno cinque anni, a parità di punteggio nella graduatoria di assegnazione in locazione di alloggi cui abbiano titolo a norma di legge.

DL 20-11-1987 N. 474-Proroga dei termini per l'attuazione di interventi nelle zone terremotate delle Campania, della Basilicata e della Puglia, nonchè altre disposizioni dirette ad accelerare lo sviluppo delle zone medesime.

2. 1. E' prorogato al centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il termine indicato nell'articolo 1, comma 4-quater, del D.L. 30 giugno 1986, n. 309, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 1986, n. 472, concernente l'adozione da parte di comuni disastrati o gravemente danneggiati del piano regolatore o dei piani esecutivi di cui all'articolo 28 della legge 14 maggio 1981, n. 219. Decorso tale termine, ai comuni inadempienti sarà sospesa l'erogazione di fondi, ai sensi dell'articolo 3 della predetta legge n. 219 del 1981, e successive modificazioni, fino all'adozione dei menzionati piani e nei successivi trenta giorni saranno attivati i poteri sostitutivi di cui all'articolo 2, ultimo comma, della legge 18 aprile 1984, n. 80, di conversione del D.L. 28 febbraio 1984, n. 19.

2. I piani regolatori generali od esecutivi, o loro varianti, sono approvati dalla regione o dall'ente delegato entro centoventi giorni dal ricevimento dei relativi atti. Decorso tale termine, gli strumenti si intendono approvati, qualora essi siano stati inoltrati per l'approvazione entro centoventi giorni dalla data della delibera di adozioni. Il silenzio-approvazione è attestato dal sindaco con apposito decreto affisso per quindici giorni all'albo comunale. In caso di inosservanza del termine di inoltro si applicano le procedure previste dalle disposizioni vigenti in materia di approvazione degli strumenti urbanistici.

3. Gli strumenti urbanistici di cui al comma 1 o loro varianti già inoltrati entro il 31 dicembre 1987 per l'approvazione sono approvati dalla regione o dall'ente delegato entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Decorso il predetto termine, gli strumenti o loro varianti si intendono approvati ed il silenzio approvazione è attestato dal sindaco con apposito decreto affisso per quindici giorni all'albo comunale.

4. L'articolo 9, comma 1, del decreto-legge 28 febbraio 1984, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 1984, n. 80, è abrogato.

5. I comuni dichiarati danneggiati e inclusi nei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 9 maggio 1981 e n. 146 del 29 maggio 1981, e successive modificazioni, accedono ai benefici di cui all'articolo 3 della legge 14 maggio 1981, n. 219, e successive modificazioni, per far fronte alle spese relative alla redazione degli strumenti urbanistici generali o esecutivi adottati entro il 31 dicembre 1988, nella misura del 50 per cento delle spese previste sulla base delle tariffe professionali.

6. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 5 sono estese ai comuni danneggiati dall'evento sismico del 21 marzo 1982 ed inclusi nell'elenco di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 aprile 1982, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 121 del 5 maggio 1982.

7. Per gli strumenti urbanistici o loro varianti dei comuni di cui al comma 6 resi esecutivi ai sensi del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 389, e del presente decreto, è annullata l'approvazione verificatasi in applicazione dei predetti decreti-legge. Tali strumenti urbanistici sono riesaminati dalla regione o dall'ente delegato con le procedure e gli effetti di cui al comma 3.

DL 13-05-1991 N. 152-Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa.(Convertito con modificazioni dalla L. 12/7/91, n.203).

18. 1. Per favorire la mobilità del personale è avviato un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato quando è strettamente necessario alla lotta alla criminalità organizzata, con priorità per coloro che vengano trasferiti per esigenze di servizio. Alla realizzazione di tale programma si provvede:

a) per l'edilizia agevolata, con limite d'impegno di lire 50 miliardi a valere sul limite d'impegno di lire 150 miliardi relativo al 1990 previsto al comma 3 dell'articolo 22

della legge 11 marzo 1988, n. 67;

b) per l'edilizia sovvenzionata, con un finanziamento di 900 miliardi alla cui copertura si provvede con prelievo di 300 miliardi per anno dei proventi relativi ai contributi di cui al primo comma, lettere b) e c), dell'articolo 10 della legge 14 febbraio 1963, n. 60, relativi agli anni 1990, 1991, e 1992. La restante parte di tali proventi è ripartita fra le regioni, ferma restando la riserva di cui all'articolo 2, primo comma, lettera c), della legge 5 agosto 1978, n. 457.

2. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati dai comuni, dagli IACP, da imprese di costruzione e loro consorzi e da cooperative e loro consorzi. I contributi di cui al comma 1, lettera a), sono concessi, anche indipendentemente dalla concessione di mutui fondiari ed edilizi, a parità di valore attuale in un'unica soluzione o in un massimo di diciotto annualità costanti, ferma restando l'entità annuale complessiva del limite di impegno autorizzato a carico dello Stato. Il Comitato esecutivo del CER determina gli ulteriori criteri per le erogazioni dei contributi nonché il loro ammontare massimo.

In caso di alienazione degli alloggi di edilizia agevolata l'atto di trasferimento deve prevedere espressamente, a pena di nullità, il passaggio in capo all'acquirente degli obblighi di locazione nei tempi e con le modalità stabilite dal CIPE.

3. Il programma di cui al comma 1 è finalizzato alla realizzazione di interventi di recupero del patrimonio edilizio anche mediante l'acquisizione di edifici da recuperare, di interventi di nuova costruzione, nonché alla realizzazione delle necessarie opere di urbanizzazione.

Gli interventi possono far parte di programmi integrati, ai quali si applica il disposto del comma 5.

4. Alla realizzazione del programma straordinario di cui al comma 1 si applicano le procedure previste dall'articolo 3, comma 7-bis, del decreto-legge 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 1985, n. 118. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il comitato esecutivo del CER stabilisce le modalità per la presentazione delle domande.

5. Al fine di assicurare la disponibilità delle aree necessarie alla realizzazione del programma straordinario di cui al comma 1, si applica l'articolo 8, nono comma, del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 febbraio 1980, n. 25. Per l'acquisizione delle aree e per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, la Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere ai comuni interessati mutui decennali senza interessi secondo le modalità ed alle condizioni da stabilire con apposito decreto del Ministro del tesoro, di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, utilizzando le disponibilità del fondo speciale costituito presso la Cassa stessa, ai sensi dell'articolo 45 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni ed integrazioni.

5-bis. Sono consentiti atti di cessione, con destinazione vincolata alla realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica o convenzionata, di beni immobili dello Stato e delle Aziende autonome statali, anche se dotate di personalità giuridica, indicati nel libro terzo, titolo I, capo II, del codice civile, non indispensabili ad usi governativi, ai comuni che ne facciano richiesta entro il 30 aprile di ogni anno e, in sede di prima applicazione, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

5-ter. I Ministri competenti, sentiti l'intendenza di finanza, gli uffici tecnici erariali e gli altri uffici centrali e periferici competenti, procedono, entro centoventi giorni dal ricevimento della domanda di cui al comma 5-bis, all'individuazione delle aree disponibili per le cessioni, alla loro valutazione con riferimento all'attuale consistenza e destinazione nonché alla cessione al comune richiedente.

5-quater. Nella regione Trentino-Alto Adige il programma straordinario di cui al comma 1 è limitato agli interventi diretti ai dipendenti dello Stato ivi trasferiti per esigenze di servizio.

6. Gli enti pubblici comunque denominati, che gestiscono forme di previdenza e di assistenza, sono tenuti ad utilizzare per il periodo 1990-95 una somma, non superiore al 40% dei fondi destinati agli investimenti immobiliari, per la costruzione e l'acquisto di immobili a destinazione residenziale, da destinare a dipendenti statali trasferiti per esigenze di servizio, tenendo conto nella costruzione e nell'acquisto di immobili della intensità abitativa e della consistenza degli uffici statali. «L'acquisto da parte degli enti pubblici e previdenziali non può essere riferito agli immobili costruiti con i contributi dello Stato».

7. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale determina, con proprio decreto, di concerto con il Ministro del tesoro, l'ammontare delle risorse da destinare agli interventi di cui al comma 6.

DL 24-09-1996 N. 495-Misure urgenti per il rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata.(Non convertito in legge).

5. Norme in materia di pianificazione urbanistica. - 1. All'articolo 39, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e' aggiunta, in fine, la seguente lettera:

"c -bis) nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei mille abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali vigenti e non adottino tali strumenti entro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio e' adottato di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano anche nei confronti degli organi delle comunita' montane e delle aree metropolitane tenuti all'adozione di strumenti urbanistici.".

2. All'articolo 39 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo il comma 2 e' aggiunto il seguente:

"2-bis. Nell'ipotesi di cui alla lettera c-bis) del comma 1, trascorso il termine entro il quale gli strumenti urbanistici devono essere adottati, l'organo regionale di controllo assegna agli enti che non abbiano provveduto un ulteriore termine di sei mesi, alla scadenza del quale, con lettera notificata ai singoli consiglieri, diffida il consiglio ad adempiere nei successivi sessanta giorni. Trascorso infruttuosamente quest'ultimo termine, l'organo regionale di controllo ne da' comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche nei confronti degli organi delle comunita' montane e delle aree metropolitane.".

3. L'approvazione dello strumento urbanistico e delle relative varianti da parte della regione e, ove prevista, della provincia o di altro ente locale, avviene entro centottanta giorni dalla data di trasmissione, da parte dell'ente che lo ha adottato, dello stesso strumento urbanistico corredato della necessaria documentazione; decorso infruttuosamente il termine, che puo' essere interrotto una sola volta per motivate ragioni, i piani si intendono approvati. In caso di diniego di approvazione, il termine di cui all'articolo 39, comma 1, lettera c-bis), della legge 8 giugno 1990, n. 142, ridotto della meta', decorre nuovamente dalla data di comunicazione.

4. Ai fini della prima applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 39, commi 1, lettera c-bis), e 2-bis, della legge 8 giugno 1990, n. 142, come modificata dal presente articolo, i termini ivi previsti decorrono dal 1 gennaio 1995.

NOTE


[1] Tratto da: http://www.verdiregionelombardia.net.