Per controllare il conto, secondo il consiglio di Brecht[1] Leggiamo le parti essenziali[2] di SALARIO PREZZO E PROFITTO[3] di Karl Marx
UN’
ANALISI DIVULGATIVA a cura di Andrea Viani salario prezzo e profitto è diviso in due parti: · critica della teoria e della linea Weston · teoria, critica e linea rivoluzionaria invece della teoria acritica e della linea Weston critica a westonNel 1865, in un rapporto al consiglio generale dell’associazione internazionale degli operai, il consigliere John Weston aveva sostenuto che un aumento dei salari sarebbe stato annullato da un aumento dei prezzi compensativo dell’aumento dei salari nominali. le tesi di Weston erano molto pericolose poiché negavano ogni utilità pratica delle lotte rivendicative per migliorare le condizioni di vita del proletariato Marx intervenne al consiglio generale dell’internazionale contro tale rapporto: - liquidò le concezioni e le proposte errate di Weston; - precisò le basi scientifiche della lotta economica e rivendicativa; - ripropose il consapevole svolgimento della lotta di classe per il salario fino a superare, nella lotta politica, i suoi limiti oggettivi. salario, prezzo e profitto nasce da quell’intervento.
CRITICA A WESTON Il ragionamento del cittadino Weston poggia di fatto su due premesse: 1. che l’ammontare della produzione nazionale è qualcosa di fisso, una … grandezza costante … 2. che la somma dei salari reali … è un importo fisso … una grandezza costante. Ora la sua prima asserzione è evidentemente errata. […]. La massa e la grandezza della produzione nazionale cambia continuamente. […]. … grazie al mutamento continuo dell’accumulazione di capitale e delle forze produttive del lavoro. Ammettiamo pure, però, che la massa della produzione nazionale sia costante e non variabile. Anche in questo caso … Weston … (farebbe) una affermazione infondata. Se ho un (reddito) … determinato … (di) 8 … (e) Se i profitti sono uguali a 6 e i salari … a 2, i salari possono salire a 6 e i profitti scendere a 2; il totale rimane sempre 8. Dunque l’invariabiltà della massa della produzione non proverebbe affatto l’immutabilità dell’ammontare dei salari. (pag. 21, 22)
CRITICA A WESTON La conferenza … (di) Weston … conclude a questo: “se la classe operaia costringe la classe capitalista a pagarle … (un) salario …(di) £.100.000 (al giorno) invece di 80.000, il capitalista gli darà in cambio il valore di 80.000 invece di 100.000. La classe operaia dovrebbe allora pagare 100.000 ciò che essa comperava con 80.000 prima dell’aumento del salario. E perché questo? … Perché l’ammontare dei salari è fisso”. Ma perché è fissato al valore di 80.000 di merci? Perché non a 60.000 o a 40.000 o a qualunque altra somma? Se il limite … dei salari è stabilito da una legge economica, indipendente dalla volontà dei capitalisti come … degli operai, la prima cosa …(da) fare era di esporre questa legge e di provarla. […].(pag. 25)
CRITICA A WESTON Il cittadino Weston ha illustrato la sua teoria, raccontando che se una zuppiera contiene una determinata quantità di minestra …(per) un determinato numero di persone, un aumento della grandezza dei cucchiai non porterebbe ad un aumento della quantità di minestra. Egli mi permetterà di trovare che questa illustrazione è fatta un po’ col cucchiaio. … Weston ha dimenticato che la zuppiera nella quale mangiano gli operai è riempita dall’intero prodotto del lavoro nazionale e che ciò che impedisce loro di prenderne di più non è la piccolezza della zuppiera, né la scarsità del suo contenuto, ma soltanto la piccolezza dei loro cucchiai (dei cucchiai-salario in rapporto ai cucchiai-profitto dei capitalisti). (pag. 26)
CRITICA A WESTON Con quale artificio il capitalista è in condizione di dare per £.100.000 il valore di 80.000? Con l’aumento del prezzo delle merci che egli vende. Ma … i prezzi delle merci, dipendono … dalla sola volontà del capitalista? Oppure è necessario il concorso di determinate circostanze perché questa volontà si realizzi? […]. (A parità di tutte le condizioni della produzione: forze produttive del lavoro, capitale e lavoro impiegati, valore del denaro, Marx dimostra che la maggiore richiesta di oggetti di prima necessità, dovuta all’aumento salariale, permette di aumentare i prezzi e il profitto dei capitalisti che producono tali oggetti, mentre gli altri capitalisti subiscono un calo di domanda e di profitto perché non recuperano gli aumenti di salario dei loro operai). Capitale e lavoro si sposterebbero dai rami meno remunerativi a quelli più remunerativi (riequilibrando i prezzi) … Una volta compiuto questo cambiamento, nei diversi rami dell’industria si ritornerebbe al saggio generale del profitto. […]. La caduta del profitto (dei capitalisti che non producono oggetti di prima necessità) conseguente all’aumento dei salari, diventerebbe così generale, invece di rimanere limitata solo ad alcuni rami di industria. […]. L’aumento generale del livello dei salari non porterebbe dunque ad altro, dopo un turbamento temporaneo dei prezzi di mercato, che alla caduta del profitto, senza alcuna variazione durevole nel prezzo delle merci (pag. 26-30)
CRITICA A WESTON Nel secondo giorno di discussione … Weston ha rivestito … vecchie affermazioni di forme nuove. Egli ha detto: “… per un aumento generale dei salari in denaro è necessario più denaro in contanti per pagarli. E poiché la massa del denaro circolante è fissa, come potete con questa quantità fissa di denaro … pagare una maggior quantità di salari in denaro?” […]. Naturalmente se respingete il suo dogma fondamentale (la fissità) … questa difficoltà … sparisce. Pur tuttavia voglio dimostrarvi che questa questione del denaro non ha assolutamente niente a che fare con ciò che stiamo trattando. In Germania, Italia, ecc. i salari in denaro sono molto più bassi che in Inghilterra, ma la loro circolazione richiede una massa molto più grande di circolante. Grazie all’espansione e alla concentrazione del sistema bancario inglese, occorre una massa molto più piccola di circolante per … concludere lo stesso numero o un maggior numero di affari. […]. Se Weston fosse penetrato un po’ più in fondo nella questione, avrebbe trovato che, ammettendo che i salari rimangano invariati, … l’importo delle transazioni monetarie da concludersi, varia giornalmente; che l’ammontare dei biglietti di banca emessi varia giornalmente; che l’importo dei pagamenti effettuati senza alcun ricorso al denaro, a mezzo di cambiali, assegni, conti correnti, ecc., varia giornalmente. Egli avrebbe trovato che il suo dogma della quantità fissa di circolante è un enorme errore che non si può conciliare con i fatti … (pag. 39-44)
CRITICA A WESTON Il nostro amico Weston … si oppone ad un aumento dei salari, oppure ad alti salari come risultato di tale aumento. Ora io gli domando: “che cosa sono alti salari e … bassi salari?” […]. Se uno fa una conferenza sul termometro … e declama su gradi alti e … bassi, non insegna niente. Egli deve spiegare come le leggi naturali determinano i punti fondamentali di congelamento e di ebollizione. Ora nella conferenza su … salari e profitti, … Weston ha trascurato di derivare dalle leggi economiche siffatti punti fondamentali … Egli si è accontento di far sue le espressioni correnti di alto e basso, come se avessero un significato immutabile… Egli non sarà in grado di dirmi perché una determinata quantità di lavoro è pagata con una determinata quantità di denaro. Se egli mi rispondesse: “La cosa viene fissata dalla legge dell’offerta e della domanda”, gli direi … […]. Che commette un grave errore. La domanda e l’offerta non regolano altro che le oscillazioni temporanee dei prezzi di mercato. Esse vi spiegheranno perché il prezzo di mercato di una merce sale sopra o cade sotto il suo valore. […]. Nel momento in cui domanda e offerta si equilibrano, i prezzi di mercato delle merci (quindi anche i salari) coincidono con il suo valore reale, con il prezzo normale, attorno al quale oscillano i suoi prezzi di mercato. … La natura di questo valore, non ha niente a che fare con gli effetti temporanei di domanda e offerta. (pag. 45-47)
CRITICA A WESTON Le dimostrazioni del nostro amico si riducono tutte a questo unico dogma: “I prezzi delle merci vengono determinati o regolati dai salari”. […]. Weston prima ci ha detto che i salari regolano i prezzi delle merci e che perciò i prezzi devono salire quando salgono i salari. Poi ci ha mostrato che un aumento dei salari non servirebbe a niente perché i prezzi delle merci sono saliti e perché i salari sono misurati dai prezzi delle merci per le quali essi vengono spesi. Ha incominciato dunque con l’affermazione che il valore del lavoro determina il valore della merce e ha terminato con l’affermazione che il valore della merce determina il valore del lavoro. Egli si aggira in un circolo vizioso e non arriva a nessuna conclusione. […]. Espresso nella sua forma più astratta, il dogma che “i salari determinano i prezzi delle merci” si riduce a dire che “il valore è determinato dal valore”; questo significa, in realtà, che del valore non sappiamo niente. Se ammettiamo questa premessa ogni discussione sulle leggi generali dell’economia politica diventa pura chiacchiera. (pag. 49-52) TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Cittadini sono ormai giunto a un punto in cui devo procedere all’esposizione della questione in forma positiva. non posso permettermi di farlo in modo molto soddisfacente, perché sarei costretto a trattare il campo intero del’economia politica. Potrò soltanto toccarla nei punti principali. (pag. 55)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA La prima domanda che dobbiamo porci è la seguente: - Che cosa è il valore di una merce? Come viene determinato? […]. Quando dico che un quintale di grano si scambia … con una certa quantità di ferro, dico che il valore del grano e il suo controvalore in ferro sono uguali ad una terza cosa, che non è né grano né ferro, … essi esprimono la stessa cosa in due forme diverse. Tanto il grano che il ferro devono dunque, indipendentemente l’uno dall’altro, essere riducibili a questa terza cosa … […]. Lo stesso procedimento … riguarda i valori di tutte le merci. Dobbiamo essere in grado di ridurli tutti al contenuto comune, distinguendoli solo per la quantità di questa sostanza comune che essi contengono. … dobbiamo ora chiederci: - Quale è la sostanza sociale comune a tutte le merci? È il lavoro. (pag. 55-57)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Per produrre una merce bisogna incorporarvi una quantità determinata di lavoro sociale. L’uomo che produce un oggetto per il suo proprio uso immediato … produce un prodotto, ma non una merce. … provvedendo a se stesso, egli non ha niente a che fare con la società. Ma per produrre una merce non basta che egli soddisfi un qualsiasi bisogno sociale. Il suo stesso lavoro deve essere una parte di tutto il lavoro impiegato dalla società. Esso deve essere subordinato alla divisione del lavoro nel seno della società. Esso non è niente senza gli altri settori del lavoro. Se consideriamo le merci come valori, le vediamo esclusivamente come lavoro sociale cristallizzato, esse si distinguono l’una dall’altra perché rappresentano una quantità maggiore o minore di lavoro. Come si misura la quantità di lavoro? Secondo il tempo che dura il lavoro in ore, giorni, ecc. Naturalmente … tutti i generi di lavoro vengono ridotti all’unità di misura lavoro medio semplice. Arriviamo dunque a questa conclusione: una merce ha un valore, perché è una cristallizzazione di lavoro sociale. La grandezza del valore di una merce … dipende dalla quantità maggiore o minore … di lavoro necessario alla sua produzione. […]. Ogni aumento della quantità di lavoro contenuto in una merce deve aumentarne il valore, ogni diminuzione deve diminuirlo (pag. 57-62)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Fino ad ora non ho parlato che del valore, aggiungerò qualche parola sul prezzo … La espressione monetaria del valore. … viene chiamata prezzo naturale. Qual è il rapporto fra valore o prezzo naturale e prezzo di mercato? Il prezzo di mercato esprime soltanto la quantità media di lavoro sociale necessario per fornire al mercato la quantità totale di una determinata merce. In questo caso il prezzo di mercato di una merce coincide con il suo valore o prezzo naturale. Invece le oscillazioni dei prezzi di mercato, che talvolta superano il valore o prezzo naturale, tal altra gli sono inferiori, dipendono dalle oscillazioni della domanda e dell’offerta. Le deviazioni del prezzo di mercato dal valore o prezzo naturale sono continue. […]. Ora se, invece di seguire soltanto le oscillazioni giornaliere, esaminate il movimento dei prezzi di mercato per un periodo più lungo … troverete che le loro deviazioni dal valore si compensano reciprocamente; cosicché … ogni sorta di merce è venduta, in media, al suo valore o prezzo naturale. Se nel lungo periodo ogni merce è venduta al suo valore, è assurdo supporre che il profitto derivi dal fatto che le merci sono vendute a un prezzo notevolmente superiore al loro valore. Per spiegare la natura generale dei profitti bisogna partire dal principio che i profitti provengono dal fatto che le merci si vendono ai loro valori … (pag. 63-67)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Tutti voi siete sicuri che quello che vendete quotidianamente è il vostro lavoro; che il vostro lavoro ha un prezzo e quindi ha un valore. Eppure non esiste una cosa come il valore del lavoro … Sappiamo che il valore di una merce è uguale alla quantità di lavoro necessario che essa incorpora. Applicando questo concetto del valore … per determinare il valore di una giornata di lavoro (arriveremmo a) dire che una giornata di lavoro di 8 ore vale 8 ore di lavoro (Questa conclusione evidentemente inutile, è il prodotto della errata convinzione comune di partenza). (In realtà, dato il fatto che il lavoro incarna l’essenza umana, nessun uomo libero può vendere il proprio lavoro senza perdere la propria libertà. Infatti nella società liberal-borghese) Ciò che l’operaio vende … è … la forza-lavoro che egli mette temporaneamente a disposizione del capitalista. Ciò è tanto vero che la legge fissa il massimo di tempo durante il quale un uomo può vendere la sua forza-lavoro. Se fosse permesso … vendere la forza-lavoro per un tempo illimitato (se fosse venduto il lavoro), la schiavitù sarebbe di colpo ristabilita. (pag. 69, 70)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Che cos’è, dunque, il valore della forza-lavoro? Come per ogni altra merce i suo valore è determinato dalla quantità di lavoro necessaria per la sua produzione. […]. La produzione della forza-lavoro richiede che un uomo possa crescere e conservarsi in vita, deve cioè consumare una determinata quantità di generi alimentari e di oggeti d’uso corrente. Ma l’uomo si logora e deve essere sostituito con un altro uomo. Dunque egli ha bisogno di un’altra quantità di oggetti d’uso corrente, per allevare un certo numero di figli, che debbono rimpiazzarlo sul mercato del lavoro e perpetuare la razza degli operai. Inoltre, per l’acquisto e lo sviluppo della abilità che definisce la qualità della sua forza-lavoro deve affrontare altre spese. Approfitto di questa occasione per affrontare un altro problema. (Per quanto abbiamo appena detto risulta che se) … i costi di produzione di forza-lavoro di diversa qualità sono diversi … sono diversi anche i loro valori. Poiché diverse specie di forza-lavoro … richiedono diverse quantità di lavoro per la loro produzione, esse devono avere prezzi diversi. La richiesta dell’uguaglianza dei salari è basata, dunque, su un errore, su un desiderio vano che non verrà mai appagato. Essa scaturisce da … radicalismo falso e superficiale … Richiedere, sulla base del sistema salariale, una paga uguale è lo stesso che richiedere la libertà sulla base del sistema schiavistico. (pag. 71-73
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Supponiamo che la produzione della quantità media (del necessario) alla vita giornaliera di un operaio richieda 4 ore di lavoro medio … incorporate in una quantità di denaro di £. 80.000 … che sono il prezzo della sua forza-lavoro. Se egli lavorasse 4 ore al giorno, produrrebbe … un valore sufficiente per comprare … gli oggetti di cui ha bisogno quotidianamente … […]. Il valore della forza-lavoro è delimitato dalla quantità di lavoro necessaria per la sua conservazione …, ma il suo uso trova un limite soltanto … nella forza fisica dell’operaio. […]. … è vero che per rinnovare giornalmente la sua forza-lavoro, egli deve produrre un valore giornaliero di £. 80.000 … lavorando 4 ore al giorno. Ma ciò non lo rende incapace di lavorare 8 o 10 o più ore al giorno. (pag. 75-76)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Pagando il valore giornaliero o settimanale della forza-lavoro, il capitalista ha acquistato il diritto di usarla per tutto il giorno o per tutta la settimana. Perciò egli farà lavorare l’operaio 8 ore al giorno. Oltre le 4 che gli sono necessarie per produrre l’equivalente del suo salario, l’operaio dovrà dunque lavorare altre 4 ore, che io chiamerò ore di sopralavoro e questo sopralavoro si incorporerà in un plusvalore. […]. Poiché l’operaio ha venduto la sua forza-lavoro al capitalista, l’intero valore da lui creato appartiene al capitalista che è, per un tempo determinato, il padrone della sua forza-lavoro. Il capitalista dunque, anticipando £. 80.000, otterrà un valore di £. 160.000. […]. È su questa forma di scambio tra capitale e lavoro che il sistema della produzione capitalistica o del lavoro salariato è fondato e riproduce l’operaio come operaio e il capitalista come capitalista. Il plusvalore … dipenderà quindi dalla misura in cui la giornata di lavoro verrà prolungata oltre il tempo … necessario a riprodurre unicamente il valore della forza-lavoro, cioè a fornire l’equivalente del salario. (pag. 77-78)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA (Come tutti sappiamo) il lavoratore riceve il salario soltanto dopo aver finito il suo lavoro. (Ora poiché egli pensa di aver dato al capitalista tutto il suo lavoro) il valore e il prezzo della sua forza-lavoro gli appaiono necessariamente come prezzo e valore di tutto il suo lavoro. Se egli lavora 8 ore, mentre il prezzo di 4 ore della sua forza-lavoro è di £. 80.000, egli considererà necessariamente quelle 80.000 come il valore e il prezzo di 8 ore di lavoro, anche se queste 8 ore rappresentano un valore di £. 160.000. Di qui una duplice conseguenza: 1. Il valore o prezzo della forza-lavoro prende l’apparenza esteriore (priva di significato) di prezzo o valore del lavoro stesso. 2. Benché solo una parte del lavoro giornaliero dell’operaio sia pagata, mentre l’altra parte rimane non pagata, benché proprio questa parte non pagata … rappresenti il fondo dal quale sorge il plusvalore e il profitto, ciononostante sembra che tutto il lavoro sia lavoro pagato. […]. … la parte della forza-lavoro pagata e quella non pagata sono confuse in modo inscindibile … tutto questo … è completamente mascherato dall’intervento di un contratto e dalla paga che ha luogo alla fine del mese. (pag. 79-81)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Supponiamo che … nella materia prima, nelle macchine, ecc. impiegate per produrre una determinata merce siano incorporate 24 ore di lavoro medio (per un) valore di £. 480.000. … l’operaio aggiunge a questi mezzi di produzione 8 ore di lavoro (per un) valore supplementare di £. 160.000. Il valore complessivo del prodotto sarà quindi di 36 ore di lavoro materializzato pari a £. 720.000. Ma poiché … il salario pagato all’operaio ammonta soltanto a £. 80.000, il capitalista non ha pagato nulla per 4 ore di sopralavoro. Il capitalista vendendo questa merce al suo valore di 720.000 lire, realizza dunque un valore di £. 80.000 per il quale non ha pagato nessun equivalente. Il capitalista otterrà dunque il profitto di £. 80.000 non vendendo la merce ad un prezzo superiore al suo valore, ma vendendola al suo valore reale. […]. (pag. 83, 84)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Il plusvalore o profitto non viene intascato tutto dall’imprenditore capitalista. Il monopolio del suolo pone il suo proprietario nella condizione di appropriarsi di una parte del plusvalore, sotto il nome di rendita fondiaria. […]. Il capitalista che presta all’imprenditore mezzi di produzione o denaro … (può) reclamare per sé un’altra parte di questo plusvalore, sotto il nome di interesse. Al capitalista imprenditore resta il cosiddetto profitto industriale o commerciale. […]. Rendita fondiaria, interesse e profitto industriale sono soltanto nomi diversi per diverse parti del plusvalore … del lavoro non pagato e scaturiscono … unicamente da questa fonte. […]. Il capitalista imprenditore è colui che spreme direttamente dall’operaio questo plusvalore, indipendentemente dalla parte che alla fine egli potrà trattenere per sé. Il plusvalore rappresenta il fondo intero che il capitalista imprenditore deve dividere col proprietario fondiario e con colui che gli ha prestato denaro. La quantità di plusvalore costituisce il limite del valore da ripartire tra loro. Il rapporto tra il capitalista imprenditore e l’operaio è il perno dell’attuale sistema di produzione. (pag. 85-88)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Se dal valore delle merci togliamo il valore delle materie prime e degli altri mezzi di produzione … il valore che rimane si riduce alla quantità di lavoro aggiunto dagli operai che hanno vi lavorato per ultimi. […]. Questo valore … è l’unico fondo dal quale sia l’intera popolazione operaia che i capitalisti possono trarre la loro parte, l’unico valore che deve essere ripartito in salari e profitti. Poiché capitalisti ed operai hanno da suddividersi solo questo valore limitato, … misurato dal lavoro totale, quanto più riceve l’uno, tento meno riceverà l’altro e viceversa. … Se i salari cambiano, i profitti cambieranno in direzione opposta. … ma queste variazioni non influiscono sul valore della merce. Un aumento generale dei salari provocherebbe dunque una caduta del profitto, ma non eserciterebbe nessuna influenza sul valore. (Questo non significa) … che i valori delle merci … restino costanti. La … massa di merci prodotte in un determinato tempo dipende dalla forza produttiva del lavoro impiegato. Più le forze produttive del lavoro sono grandi (produzione su larga scala, concentrazione di capitale, divisione del lavoro, macchine, ecc.), tanto meno tempo di lavoro viene speso per la produzione di merci e tanto minore è il loro valore (e viceversa). Il valore di una merce è determinato dalla quantità di lavoro che incorpora, mentre questa quantità dipende esclusivamente dalle forze produttive … e perciò varia con la produttività del lavoro. (pag. 91-94)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Esaminiamo ora i casi principali in cui si cerca un aumento o si resiste ad una diminuzione dei salari. 1. Supponiamo che ci sia una riduzione di produttività e che il maggior lavoro necessario alla stessa quantità di prodotti faccia aumentare il prezzo dei mezzi giornalieri di sussistenza di un terzo circa. Il valore del lavoro salirebbe parallelamente ed occorrerebbero circa 5 ore della giornata di lavoro (pari a £. 100.000) per il sostentamento giornaliero dell’operaio. Il sopralavoro cadrebbe dunque da 4 a 3 ore (e il profitto da £. 80.000 a 60.000). Chiedendo un aumento di salario, l’operaio si comporterebbe come ogni altro venditore che si fa pagare l’aumento dei costi di produzione della sua merce. Egli esigerebbe soltanto il maggior valore del suo lavoro. Senza quell’aumento capace di compensare tale maggior valore, il salario e il tenore di vita dell’operaio cadrebbero. Supponiamo ora che ci sia un aumento della produttività tale da produrre la stessa quantità giornaliera di beni salario in 3 ore invece di 4. Un salario di £. 60.000 comprerà la quantità sufficiente di quei beni. In realtà il valore del lavoro è diminuito, ma esso corrisponde alla stessa quantità di merci di prima. Qui il profitto sale da £. 80.000 a 100.000 e, mentre il tenore di vita assoluto dell’operaio non cambia, il suo salario relativo, ossia la sua condizione sociale, peggiora rispetto a quella del capitalista. L’operaio che non vuole ridurre il salario a £. 60.000, vuole soltanto godere della sua maggior produttività e mantenere la sua condizione sociale relativa. (pag. 95-97)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA 2. Il valore del lavoro può restare lo stesso, ma il suo prezzo in denaro può cambiare in seguito ad una variazione del valore del denaro. Supponiamo che il valore del denaro si riduca della metà (per via dell’inflazione). Tutte le merci, compresa la forza-lavoro, raddoppierebbero il loro primitivo prezzo in denaro. Otto ore di lavoro, prima espresse in £. 160.000, corrisponderebbero ora a £. 320.000. Se i salari operai dovessero restare fermi a £. 80.000 invece di salire a 160.000, il prezzo in denaro del loro lavoro coprirebbe solo la metà del valore di tale lavoro e il loro tenore di vita peggiorerebbe in modo spaventoso. Ciò avverrebbe in misura più o meno grande se i salari dovessero aumentare meno della inflazione. Dunque è assurdo sostenere che l’operaio non deve chiedere un aumento proporzionale dei salari. 3. La tendenza continua del capitale da un lato è quella di prolungare la giornata lavorativa fino al suo estremo limite fisico per ottenere il conseguente aumento di sopralavoro e profitto (da un altro lato è quella di intensificare al massimo l’uso della forza-lavoro aumentandone il logorio). […]. Negli sforzi per ridurre la lunghezza della giornata lavorativa e per frenare l’eccesso di lavoro mediante un aumento dei salari anche superiore a tale eccesso, gli operai adempiono ad un dovere verso se stessi e verso la loro razza. (pag. 97, 98)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Un uomo che non disponga di tempo libero, all’infuori delle pause puramente fisiche per dormire, per mangiare e così via … è fisicamente spezzato e spiritualmente abbruttito. Eppure … il capitale, se non gli vengono posti dei freni, precipita tutta la classe operaia a questo livello della più profonda degradazione, senza scrupoli e senza misericordia. Il capitalista, prolungando la giornata lavorativa, può pagare salari più elevati e ciò nonostante ridurre il valore del lavoro se l’aumento del salario non corrisponde alla maggiore quantità di lavoro estorto e al conseguente più rapido logoramento della forza-lavoro. Anche se la giornata lavorativa è stata ridotta a limiti determinati (per es. a 35 ore) … l’intensità del lavoro può essere aumentata costringendo l’operaio a consumare in un’ora tanta forza lavoro vitale quanta ne consumava prima in due ore. Se l’aumento dell’intensità del lavoro va di pari passo con la riduzione della giornata lavorativa sarà l’operaio che ne trarrà beneficio. Ma se questo limite viene superato, egli perde da una parte ciò che guadagna dall’altra e 7 ore di lavoro possono essere per lui anche più dannose di quanto lo erano prima 8 ore. Opponendosi a questa tendenza del capitale con la lotta per gli aumenti di salario corrispondenti alla maggiore intensità lavorativa, l’operaio non fa niente altro che opporsi alla svalutazione del suo lavoro e alla degenerazione della sua razza. (pag. 98-102)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA 4. La produzione capitalistica … attraversa successivamente periodi di calma, di crescente animazione, di prosperità, di sovrapproduzione, di crisi e di stagnazione. Ebbene, … durante le fasi della crisi e della stagnazione, l’operaio quando non perde del tutto la sua occupazione, deve contare sicuramente su una diminuzione dei salari. Per non essere defraudato, egli deve persino … contrattare con il capitalista per determinare in che misura una diminuzione dei salari sia divenuta necessaria. Se durante le fasi di prosperità … egli non ha lottato per un aumento dei salari, non riuscirà certamente, nella media del ciclo, a mantenere neppure il suo salario medio, cioè il valore del suo lavoro. Sarebbe il colmo della pazzia pretendere che l’operaio, il cui salario nella fase discendente del ciclo è necessariamente trascinato in basso, debba rinunciare a richiedere aumenti salariali durante la fase della prosperità. (pag. 102, 103)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA In tutti i casi che ho considerato, si può dire 99 su 100, abbiamo visto che la lotta ... in cui vengono richiesti aumenti o combattute riduzioni di salario si verifica soltanto come conseguenza di mutamenti precedenti ed è il risultato di precedenti variazioni, nella quantità della produzione, delle forze produttive del lavoro, del valore del lavoro, del valore del denaro, della estensione o dell’intensità del lavoro estorto, delle oscillazioni dei prezzi di mercato, ... e delle diverse fasi del ciclo industriale: in una parola si tratta delle reazioni degli operai contro una precedente azione del capitale. Se si considerasse la lotta per un aumento dei salari indipendentemente da tutte queste circostanze, e si prendessero in considerazione solo i mutamenti dei salari (e se oggi, oltre a tali mutamenti, noi ci limitassimo a considerare in modo separato ed esclusivo solo i mutamenti delle forme particolari di salario diretto, salario differito e salario indiretto) trascurando tutti gli altri mutamenti dai quali essi derivano, si partirebbe da una premessa falsa per arrivare a false conclusioni. (pag. 103-104)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Dopo aver mostrato che la resistenza … degli operai contro la diminuzione dei salari e gli sforzi … per aumentarli sono inseparabili dal sistema del salario e sono dettati dal fatto stesso che il lavoro rientra nella categoria delle merci ...; dopo aver mostrato che un rialzo dei salari provocherebbe una caduta del profitto, senza influire sui prezzi medi, sorge ora la questione di sapere sino a che punto, nella lotta incessante tra capitale e lavoro, quest’ultimo ha delle prospettive di successo. Potrei rispondere … che il prezzo di mercato del lavoro, come quello della merce, si adatterà a lungo andare al suo valore; che perciò … l’operaio … non riceverà che il valore del suo lavoro … il valore degli oggetti d’uso necessari per la sua conservazione e la sua riproduzione. Ma il valore della forza-lavoro ha delle particolarità che lo differenziano dai valori delle altre merci. Il valore della forza-lavoro è costituito da due elementi di cui uno è unicamente fisico, l’altro è storico o sociale. Il limite minimo del valore della forza-lavoro è determinato dall’elemento fisico, ossia dagli oggetti d’uso assolutamente necessari per la sua vita e per la sua riproduzione. […]. L’elemento sociale, ossia il tenore di vita tradizionale in ogni paese, può aumentare o diminuire e anche annullarsi, in modo che non rimanga che il limite fisico. (Sappiamo dunque qual è il salario minimo, ma non siamo in grado di indicare il salario massimo, poiché esso varia secondo le condizioni storiche o sociali) (pag. 105-107)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA […]. ( A questo punto possiamo indicare quale sia il massimo del profitto. Infatti dato che il valore complessivo prodotto dall’operaio si ripartisce tra salario e profitto) il massimo del profitto è limitato solamente dal minimo fisico dei salari e dal massimo fisico della giornata di lavoro. È chiaro che fra questi due limiti del profitto massimo è possibile una serie immensa di variazioni. La determinazione del suo livello reale viene decisa soltanto dalla lotta incessante tra capitale e lavoro; in quanto il capitalista cerca costantemente di ridurre i salari al loro limite fisico minimo e di estendere la giornata di lavoro al suo limite fisico massimo, mentre l’operaio esercita costantemente una pressione in senso opposto. ( D’altra parte non sappiamo determinare) il minimo del profitto poiché esso varia in senso opposto al massimo del salario. In definitiva tutto si riduce alla questione dei rapporti di forza delle parti in lotta. (pag. 108)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA (Possiamo ora considerare come si svolge la lotta per ripartire il valore complessivo tra salario e profitto). La determinazione reale del salario dipende sempre dalla domanda di lavoro da parte del capitale e dall’offerta di lavoro da parte degli operai. (Con lo sviluppo dell’accumulazione) il capitale (impiegato per l’acquisto di macchine, ecc.) cresce più rapidamente in rapporto al capitale che viene impiegato in salari ovvero nell’acquisto di lavoro. Dunque la domanda di lavoro non tiene il passo con l’accumulazione di capitale. L’accumulazione del capitale genera quindi un eccesso permanente di forza-lavoro: il cosiddetto “esercito del lavoro di riserva”. Durante i periodi di crisi, stagnazione e crescita dell’accumulazione l’esercito industriale di riserva preme sull’esercito operaio attivo ... (Esso costituisce) quindi la base sulla quale si muove la legge della domanda e dell’offerta di lavoro. Queste poche indicazioni bastano per mostrare che la tendenza generale della produzione capitalistica non è all’aumento del livello medio dei salari, ma alla sua diminuzione, cioè a spingere il valore del lavoro, su per giù, al suo limite fisico. (pag. 109-112)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA (Tale tendenza) significa forse che la classe operaia deve rinunciare alla sua resistenza contro gli attacchi del capitale e abbandonare i suoi sforzi per strappare dalle occasioni che le si presentano ogni miglioramento temporaneo della sua situazione? […]. Se essa lo facesse, si ridurrebbe al livello di una massa amorfa di affamati e di disperati, a cui non si potrebbe più dare nessun aiuto. Se la classe cedesse nel suo conflitto quotidiano con il capitale, si priverebbe essa stessa della capacità di intraprendere un qualsiasi movimento più grande. (Però nella sua battaglia difensiva) la classe operaia ... non deve dimenticare che essa lotta contro gli effetti, ma non contro le cause di questi effetti; che essa può soltanto frenare il movimento discendente, ma non mutarne la direzione ... . Perciò essa non deve lasciarsi assorbire esclusivamente da questa inevitabile guerriglia, che scaturisce incessantemente dagli attacchi continui del capitale o dai mutamenti del mercato. Essa deve comprendere che il sistema attuale con tutte le sue miserie, genera nello stesso tempo le condizioni materiali e le forme sociali necessarie per una ricostruzione economica della società. Invece della parola d’ordine conservatrice: “Un equo salario per un’equa giornata di lavoro”, gli operai devono scrivere sulla loro bandiera il motto rivoluzionario: “Soppressione del sistema del lavoro salariato”. (pag. 112, 113)
TEORIA, CRITICA E LINEA RIVOLUZIONARIA Dopo questa lunga e, temo, affaticante esposizione, alla quale non potevo sottrarmi senza nuocere all’argomento, concludo proponendovi l’approvazione della seguente risoluzione: 1. Un aumento generale del livello dei salari provoca una caduta generale del profitto, ma non produce un cambiamento permanente dei prezzi delle merci; 2. La tendenza generale della produzione capitalistica non è di elevare il salario normale medio, ma di ridurlo; 3. I sindacati compiono un buon lavoro come centri di resistenza contro gli attacchi del capitale; … Essi mancano, in generale, all’obiettivo di recuperare il lavoro non pagato, perché possono solo limitarsi a una guerriglia contro gli effetti del sistema esistente. È invece necessario superare il loro limite e servirsi della loro forza organizzata come di una leva per la liberazione definitiva della classe operaia, cioè per l’abolizione definitiva del sistema del lavoro salariato. (pag. 113, 114) NOTE [1] LODE DELL’IMPARARE Bertold Brecht
[2] Si tratta di una riduzione testuale che fornisce i contenuti essenziali dell’opera di Marx ai fini di una presentazione. [3] Tratte dalla collana “le idee”, Editori Riuniti ristampa del gennaio 1975. |