IL CAPITALE LIBRO III SEZIONE VI TRASFORMAZIONE DEL PLUSPROFITTO IN RENDITA FONDIARIA CAPITOLO 44 RENDITA DIFFERENZIALE ANCHE SUL PEGGIORE TERRENO COLTIVATO Si supponga che la domanda di grano sia crescente e che l’offerta possa essere portata a soddisfare la domanda soltanto mediante successivi investimenti di capitale a produttività inferiore sulle terre che apportano rendita, oppure mediante un investimento di capitale addizionale, pure a produttività decrescente, sul terreno A, o infine mediante un nuovo investimento di capitale su nuove terre di qualità inferiore a B. Prendiamo il terreno B come rappresentante dei terreni produttivi di rendita. L’investimento addizionale di capitale richiede un aumento del prezzo di mercato oltre l’attuale prezzo di produzione regolatore di 720 €. per quintale, al fine di rendere possibile l’accresciuta produzione di 1 qle (che in questo caso può rappresentare un milione di quintali, come ogni acro un milione di acri) sul terreno B. Una produzione accresciuta può anche verificarsi in C e D ecc., terreni aventi la rendita più alta, ma soltanto con una plusproduttività decrescente; bisogna presupporre però quel quintale di B come necessario per coprire la domanda. Se quel quintale, con una aggiunta di capitale in B, può essere prodotto più a buon mercato che con la stessa aggiunta di capitale in A o che scendendo al terreno A che può, ad esempio, produrre il quintale soltanto a 960 €., mentre il capitale addizionale su A può farlo già a 900 €. per quintale, allora il capitale addizionale su B verrebbe a regolare il prezzo di mercato. Si supponga che A produca 1 qle a 720 €., come ha fatto sino a qui. Si supponga che allo stesso modo B, come prima, produca complessivamente 3,5 qli a un prezzo individuale di produzione di 1.440 €. complessivamente. Ora, se diventa necessaria una aggiunta su B di 960 €. di costi di produzione (includendo il profitto) per produrre un altro quintale, mentre potrebbe essere prodotto su A a 900 €., naturalmente lo si produrrebbe su A, non su B. Supponiamo allora che questo quintale addizionale possa essere prodotto su B con un costo addizionale di produzione di 840 €.; in questo caso 840 €. diventerebbe il prezzo regolatore per tutta quanta la produzione. B venderebbe il suo prodotto, ora di 4,5 qli, a 3.780 €. Detratti da ciò i costi di produzione dei primi 3,5 qli, cioè 1.440 €., e quello dell’ultimo quintale, cioè 840 €., in totale 2.280 €., rimane un plusprofitto per la rendita = 1.500 €. rispetto alle precedenti 1.080 €. In questo caso l’acro di A verrebbe parimenti a produrre una rendita di 120 €.; allora non il terreno peggiore A, ma un terreno migliore B regolerebbe il prezzo di produzione con 420 €. Si presuppone naturalmente qui che nuovo terreno della qualità di A, e situato nella stessa favorevole posizione di quello finora coltivato, non sia accessibile, ma che sia necessario un secondo investimento di capitale sul terreno già coltivato A, però a costi di produzione più elevati, oppure la coltivazione di terreno ancora inferiore, quale A1. Non appena la rendita differenziale II entra in azione mediante successivi investimenti di capitale, i confini del prezzo di produzione crescente possono essere regolati da un terreno migliore, e il terreno peggiore, base della rendita differenziale I, può parimenti produrre rendita. Cosicché tutte le terre coltivate verrebbero a dare una rendita con la semplice rendita differenziale. Avremmo allora le due tabelle seguenti, in cui per costo di produzione si intende il capitale anticipato più 20% di profitto. In altre parole 120 €. di profitto su ogni 600 €. di capitale, in totale 720 €.
Così stanno le cose, prima del nuovo investimento di capitale di 840 €. in B, che produce soltanto 1 qle. Dopo che questo investimento di capitale è stato fatto, noi abbiamo la seguente situazione:
(Questo calcolo, di nuovo, non è perfettamente esatto. Per l’affittuario di B i 4,5 qli contano in primo luogo 2.280 €. per costi di produzione e in secondo luogo 1.080 €. in rendita, in totale 3.360 €.; media per quintale 746,67 €. Questo prezzo medio della sua produzione complessiva diventa allora il prezzo di mercato regolatore. In conseguenza la rendita su A ammonterebbe a 26,67 di €. in luogo di 120 €. e quella su B rimarrebbe di 1.080 €., come prima: 4,5 qli a 746,67 €. = 3.360 €., da cui vengono detratte 2.280 €., costi di produzione, e rimangono 1.080 €. per plusprofitto. Vediamo che questo esempio, nonostante vi siano da cambiare le cifre, mostra il modo in cui, per mezzo della rendita differenziale II, il terreno migliore che produce già una rendita, possa regolare il prezzo e trasformare allora ogni terreno, anche quello finora improduttivo di rendita, in un terreno produttivo di rendita. F. E.). La rendita in grano deve aumentare, non appena il prezzo regolatore del grano aumenta, non appena, quindi aumenta il quintale di grano sul terreno regolatore, oppure l’investimento di capitale regolatore su uno dei tipi di terreno. E’ lo stesso come se tutti i tipi di terreno fossero diventati meno produttivi e come se essi producessero ad esempio, con un nuovo investimento di capitale di 600 €., solamente 0,714 di quintale in luogo di 1 qle. La quantità maggiore di grano che essi producono con il medesimo investimento di capitale si trasforma in plusprodotto, in cui si presenta il plusprofitto e perciò la rendita. Supposto che il saggio del profitto rimanga invariato, l’affittuario può con il suo profitto acquistare una quantità inferiore di grano. Il saggio del profitto può rimanere invariato, se il salario non si accresce, o perchè esso viene abbassato al minimo fisico, quindi al di sotto del normale valore della forza- lavoro, o perchè gli altri oggetti di consumo dei lavoratori forniti dalla manifattura sono diventati relativamente più a buon mercato, o perchè la giornata lavorativa è stata prolungata o è diventata più intensa, così che il saggio del profitto nei settori non agricoli della produzione, che tuttavia regola il profitto agricolo, è rimasto invariato, e non si è accresciuto; o finalmente perché nell’agricoltura è stato speso il medesimo capitale, ma una maggiore quantità di capitale costante e una minore quantità di capitale variabile. Abbiamo ora considerato il primo caso in cui la rendita può sorgere sul terreno finora peggiore A, senza che venga messo a coltura terreno ancora peggiore; precisamente dalla differenza fra il suo prezzo individuale di produzione fino ad ora regolatore e il nuovo, più elevato prezzo di produzione, a cui l’ultimo capitale addizionale, con produttività inferiore, fornisce il prodotto addizionale necessario su un terreno migliore. Se il prodotto dovesse essere fornito dal terreno A che non può produrre il quintale a meno di 960 €., la rendita per acro su A sarebbe aumentata a 240 €. Ma in questo caso il terreno A1 avrebbe preso il posto di A come il peggiore terreno coltivato, ed A sarebbe entrato nella scala dei terreni produttivi di rendita occupando il gradino più basso. La rendita differenziale I sarebbe mutata. Questo caso esula quindi dalla trattazione della rendita differenziale II che deriva dalla diversa produttività dei successivi investimenti di capitale sul medesimo appezzamento di terra. Ma, a parte ciò, la rendita differenziale può sorgere sul terreno A in due altri modi. · Rimanendo invariato il prezzo — qualsiasi prezzo dato, che può essere anche uno più basso confrontato a quello precedente —, se l’investimento addizionale di capitale crea una plusproduttività, il che deve sempre verificarsi prima facie, fino a un certo punto, proprio nel terreno peggiore. · In secondo luogo, se viceversa la produttività dei successivi investimenti di capitale sul terreno A diminuisce. In entrambi i casi si presuppone che l’accresciuta produzione sia determinata dal livello della domanda. Ma dal punto di vista della rendita differenziale, si presenta qui una difficoltà particolare a causa della legge precedentemente sviluppata, secondo la quale è sempre il prezzo di produzione individuale medio per quintale nella produzione complessiva (o l’investimento complessivo di capitale) che agisce come fattore determinante. Nel caso del terreno A, tuttavia, non vi è, come nel caso dei terreni migliori, un prezzo di produzione dato al di fuori, che limita, per i nuovi investimenti di capitale, il livellamento dei prezzo di produzione individuale a quello generale. Poiché il prezzo di produzione individuale di A è precisamente il prezzo generale di produzione che regola il prezzo di mercato. Supponiamo: 1. La produttività dei successivi investimenti di capitale è crescente: allora un acro di A, con un anticipo di capitale di 1.200 €. corrispondente a 1.440 €. di costi di produzione, produrrà 3 qli in luogo di 2. Il primo investimento di capitale di 600 €. produce 1 qle, il secondo 2 qli. In questo caso 1.440 €. di costi di produzione corrispondono a un prodotto di 3 qli, così che il quintale costerà in media 480 €.; se i 3 qli quindi vengono venduti a 480 €. l’uno, A al pari di prima non dà rendita alcuna, si è modificata soltanto la base della rendita differenziale II. Il prezzo di produzione regolatore è ora di 480 €. anziché di 720; un capitale di 600 €. produce ora sul terreno peggiore una media di 1,5 qli in luogo di 1 qle, e ciò costituisce ora la fertilità ufficiale per tutti i terreni migliori con un investimento di 600 €. Una parte di quello che era stato finora il loro plusprodotto entra ora nella formazione del loro prodotto necessario, come una parte del loro plusprofitto entra nella formazione del profitto medio. Ma se il calcolo è fatto come sui terreni migliori, in cui il calcolo medio non modifica per niente il plus assoluto, poiché il prezzo di produzione generale è dato come limite dell’investimento di capitale, allora 1 qle del primo investimento di capitale costa 720 €. ed i 2 qli del secondo investimento costano solamente 360 €. ciascuno. Ciò darebbe origine a una rendita in grano di 1 qle, ed a una rendita in denaro di 720 €. su A, ma i 3 qli sarebbero venduti complessivamente all’antico prezzo per 2.160 €. complessive. Se un terzo investimento di 600 €. di capitale fosse fatto con una produttività pari a quella del secondo investimento, verrebbero complessivamente prodotti 5 qli al costo di produzione di 2.160 €. Se il prezzo di produzione individuale medio di A rimanesse il prezzo regolatore, il quintale dovrebbe essere venduto a 432 €. Il prezzo medio sarebbe caduto ancora una volta, non a causa di un nuovo aumento della produttività del terzo investimento di capitale, ma unicamente per l’aggiunta di un nuovo investimento di capitale con la medesima produttività addizionale del secondo. In luogo di accrescere la rendita come avviene sui terreni che fruttano rendita, i successivi investimenti di capitale a una più alta, ma costante produttività nel terreno A, ridurrebbero nella stessa proporzione il prezzo di produzione e con ciò, rimanendo invariate le altre circostanze, la rendita differenziale su tutti gli altri terreni. D’altro lato se il primo investimento di capitale, che produce 1 qle con un costo di produzione di 720 €., rimanesse regolatore per conto proprio, i 5 qli verrebbero venduti a 3.600 €., e la rendita differenziale degli ulteriori investimenti di capitale su terreno A ammonterebbe a 1.440 €. L’aggiunta di capitale addizionale per acro di A, in qualsiasi forma venga attuata, sarebbe in questo caso un miglioramento e avrebbe reso più produttività anche la parte originaria di capitale. Sarebbe privo di senso dire che 1/3 del capitale avrebbe prodotto 1 qle, i rimanenti 2/3, 4 qli. Infatti 2.160 € per acro produrrebbero sempre 5 qli, mentre 720 €. produrrebbero soltanto 1 qle. Che nasca o no una rendita, un plusprofitto dipende interamente dalle circostanze. Normalmente il prezzo di produzione regolatore dovrebbe diminuire. Ciò accadrà se questa coltivazione migliorata, ma più costosa, sul terreno A avesse luogo unicamente perché viene introdotta anche sui terreni migliori, quindi in conseguenza di una generale rivoluzione nell’agricoltura; cosicché ora, quando si parla della fertilità naturale del terreno A, si presuppone che esso sia lavorato con 1.440 o 2.160 €., anziché con 720 €. Ciò varrebbe in particolare se la maggior parte degli acri lavorati di terreno A, che costituiscono la parte più importante dell’offerta di questo paese, fossero sottoposti a questo nuovo metodo. Ma se il miglioramento si estendesse dapprima solo a una piccola parte dell’area di A, allora questa parte meglio coltivata produrrebbe un plusprofitto che il proprietario fondiario trasformerebbe rapidamente, in tutto o in parte, in rendita e fisserebbe nella forma di rendita. In questo modo, se la domanda andasse di pari passo con l’offerta crescente, una rendita potrebbe gradualmente formarsi su tutto il terreno della qualità di A, man mano che una parte sempre maggiore dell’area di questo terreno fosse sottoposta al nuovo metodo e la plusproduttività venisse confiscata in tutto o in parte, secondo le condizioni del mercato. Il livellamento del prezzo di produzione di A al prezzo medio del suo prodotto con un maggiore esborso di capitale, potrebbe allora essere impedito dal fissarsi del plusprofitto di questo accresciuto esborso di capitale nella forma di rendita. In questo caso si avrebbe qui di nuovo, come abbiamo visto precedentemente nel caso dei terreni migliori su cui la produttività del capitale addizionale decresce, la trasformazione del plusprofitto in rendita fondiaria, in altre parole è l’intervento della proprietà fondiaria che aumenterebbe il prezzo di produzione, così che qui la rendita differenziale non sarebbe un semplice risultato della differenza fra il prezzo di produzione individuale e generale. Questo intervento impedirebbe, nel caso del terreno A, che i due prezzi vengano a coincidere, perché impedirebbe che il prezzo di produzione venga regolato dal prezzo di produzione medio di A; verrebbe quindi a mantenere un prezzo di produzione più elevato del necessario, e in tal modo a creare una rendita. Anche se il grano fosse importato liberamente dall’estero, lo stesso risultato potrebbe essere ottenuto o perpetuato, in quanto gli affittuari verrebbero costretti a usare terreno capace di competere nella coltivazione di grano al prezzo di produzione regolato dall’estero, senza apportare rendita, per altri scopi, ad esempio, per pascolo, così che soltanto terre produttive di rendita verrebbero sottoposte alla coltivazione del grano, vale a dire solamente terreni il cui prezzo medio individuale di produzione per quintale fosse inferiore al prezzo di produzione determinato dall’estero. Nell’insieme si può supporre che il prezzo di produzione diminuirà, ma non fino al prezzo medio, sarà più elevato del medio ma inferiore al prezzo di produzione del peggiore terreno coltivato A, così che la concorrenza di nuova terra del tipo di A viene limitata. 2. La produttività del capitale addizionale è decrescente. Supponiamo che il terreno A1 possa produrre il quintale addizionale solo a 960 €., mentre il terreno A lo produce a 900 €., vale a dire più a buon mercato del terreno inferiore, ma di 180 €. più caro del quintale prodotto dal suo primo investimento di capitale. In questo caso il prezzo totale dei 2 qli prodotti su A sarebbe di 1.620 €, quindi il prezzo medio per quintale 810 €. — Il prezzo di produzione aumenterebbe, ma soltanto di 90 €. mentre se il capitale addizionale fosse investito su nuovo terreno, che producesse a 900 €., aumenterebbe di altri 90 €, cioè a 900 €., provocando un aumento proporzionale di tutte le altre rendite differenziali. Il prezzo di produzione di 810 €. per quintale di A verrebbe allora livellato al suo prezzo di produzione medio con un maggiore investimento di capitale, e sarebbe il prezzo regolatore; non produrrebbe quindi nessuna rendita, non producendo nessun plusprofitto. Tuttavia se questo quintale, prodotto dal secondo investimento di capitale, fosse venduto a 900 €., il terreno A produrrebbe una rendita di 900 €. e farebbe così su tutti gli acri di A, anche su quelli in cui non vi è stato investimento addizionale di capitale, che continuerebbero quindi a produrre il quintale a 720 €. Fino a che rimangono estensioni di A incoltivate, il prezzo potrebbe aumentare solo temporaneamente a 900 €. La concorrenza di nuove estensioni del tipo A manterrebbe il prezzo di produzione a 720 €. fino a che tutte le terre del tipo A, la cui posizione favorevole permette di produrre 1 qle a meno di 900 €., non siano esaurite. Si dovrebbe accogliere questa ipotesi, sebbene il proprietario fondiario non lascerà mai a un affittuario un acro di terra senza rendita, se vi è un acro che frutti rendita. Dipenderà ancora una volta dal carattere più o meno generale del secondo investimento di capitale sul terreno disponibile A, se il prezzo di produzione si livellerà al prezzo medio, o se il prezzo di produzione del secondo investimento di capitale sarà regolatore a 900 €. Questo ultimo caso si verificherà soltanto quando il proprietario fondiario ha tempo di fissare sotto forma di rendita il plusprofitto che verrebbe conseguito fino a che la domanda fosse soddisfatta al prezzo di 900 €. per quintale. Per quanto riguarda la produttività decrescente del terreno in successivi investimenti di capitale, si deve consultare Liebig. Si è visto che il decrescere progressivo della plusproduttività degli investimenti di capitale accresce sempre la rendita per acro, fino a che il prezzo di produzione rimane costante, e che ciò si può verificare anche quando il prezzo di produzione decresce. Ma in linea generale si deve notare quanto segue: Dal punto di vista del modo di produzione capitalistico vi è sempre un relativo rincaro dei prodotti se per ottenere lo stesso prodotto si deve fare una spesa, se si deve pagare qualche cosa che precedentemente non doveva essere pagato. Infatti per sostituzione del capitale consumato nella produzione si deve intendere unicamente la sostituzione dei valori che erano rappresentati in determinati mezzi di produzione. Elementi naturali che entrano nella produzione come agenti, quale che sia la funzione che essi possono avere nella produzione, non entrano in essa come parti del capitale, ma come una forza naturale gratuita del capitale cioè come una gratuita forza produttiva naturale del lavoro, che però sulla base del modo di produzione capitalistico, al pari di ogni altra forza produttiva, si presenta come forza produttiva del capitale. Allora, se una tale forza naturale, che originariamente non costa nulla, entra nella produzione, non influisce sulla determinazione del prezzo, fino a che il prodotto fornito con il suo contributo è sufficiente per coprire il fabbisogno. Ma se nel corso dello sviluppo è richiesto un prodotto maggiore di quello che possa essere fornito con l’aiuto di questa forza naturale, così che questo prodotto addizionale deve essere creato senza l’aiuto di questa forza naturale, o con il concorso dell’uomo, del lavoro umano, un nuovo elemento addizionale entra nel capitale. Per assicurare il medesimo prodotto ha quindi luogo una spesa relativamente maggiore di capitale. Rimanendo invariate tutte le circostanze, la produzione rincara. (Da un quaderno «Inizia a metà febbraio 1876» [FE ]). Rendita differenziale e rendita come semplice interesse del capitale incorporato nel terreno. I cosiddetti miglioramenti permanenti che mutano la struttura fisica, e in parte anche quella chimica, del terreno, mediante operazioni che richiedono una spesa di capitale e che possono essere considerate come una incorporazione di capitale nei terreno, tendono quasi tutti a dare a un determinato appezzamento di terreno in una località determinata quelle qualità che sono naturalmente possedute da altri terreni, in un altro luogo, spesso confinante. Un appezzamento di terreno è per natura piano; l’altro deve venire spianato; nell’uno vi è drenaggio naturale, nell’altro il drenaggio deve essere assicurato artificialmente; nell’uno vi è per natura un profondo strato coltivabile, nell’altro questo strato deve essere reso profondo artificialmente; un terreno argilloso è per natura mescolato con una appropriata quantità di sabbia, in un altro questo rapporto deve essere creato dall’uomo; una prateria è melmosa o irrigata naturalmente, l’altra lo diventerà attraverso il lavoro, oppure, nel linguaggio dell’economia borghese, attraverso il capitale. È invero una teoria molto esilarante quella per cui, in quell’appezzamento di terra i cui vantaggi comparativi sono stati acquisiti la rendita è interesse, mentre nell’altro, che li possiede per natura, essa non lo è. (In realtà, nella pratica, la cosa viene così distorta che per il fatto che la rendita in un caso coincide realmente con l’interesse, deve falsamente essere camuffata da interesse anche negli altri casi in cui assolutamente non lo è). Tuttavia il terreno apporta una rendita dopo l’investimento di capitale, non perché il capitale è stato investito in esso, ma perché l’investimento di capitale ha reso il terreno più produttivo di quanto non fosse precedentemente. Supposto che tutti i terreni di un paese richiedano questo investi mento di capitale, ogni appezzamento di terreno che non lo ha ancora ricevuto deve passare prima attraverso questa fase, e la rendita (l’interesse che esso può produrre in un certo caso) che il terreno già dotato di investimento di capitale apporta, costituisce una rendita differenziale, precisamente come se esso possedesse questo vantaggio per natura e l’altro terreno dovesse acquisirlo soltanto artificialmente. Anche questa rendita che si risolve in interesse, diventa pura rendita differenziale, non appena il capitale speso è ammortizzato. In caso contrario, lo stesso capitale esisterebbe due volte come capitale. E’ uno dei fenomeni più divertenti vedere tutti gli oppositori di Ricardo, che combattono la determinazione del valore mediante il solo lavoro, asserire, nel caso della rendita differenziale derivante dalle differenze del terreno, che si attribuisce qui alla natura, anziché al lavoro, la determinazione del valore; ma al tempo stesso rivendicare questa capacità determinante alla posizione, oppure, e anche maggiormente, all’interesse del capitale investito nella lavorazione del terreno. Il medesimo lavoro produce il medesimo valore per il prodotto creato in un tempo dato; ma la grandezza o la quantità di questo prodotto, quindi anche la parte di valore che entra in una parte aliquota di questo prodotto, dipende, per una data quantità di lavoro, unicamente dalla quantità del prodotto, e questa, a sua volta, dalla produttività della data quantità di lavoro, non dalla grandezza di questa quantità. Il fatto che questa produttività sia dovuta alla natura o alla società, è completamente indifferente. Solamente nel caso in cui la produttività costa lavoro, dunque capitale, essa accresce il costo di produzione di un nuovo elemento, mentre questo non avviene quando si tratta della sola natura. |
AVVERTENZA PER IL LETTORE Il testo del III libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche: 1 – non sono state riportate le note che Marx ed Engels richiamano nel testo (fatte salve alcune eccezioni); 2 – sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda gli esempi numerici in cui, per facilitare la lettura; a – sono state cambiate le unità di misura e le grandezze; b – diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle; c – in alcuni esempi numerici le cifre decimali sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata con un apice (‘). Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio. In altre parti si sono invece mantenute le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione o per ragioni di fedeltà storica. Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro, laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”. Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue. Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:
Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:http://www.marxists.org/xlang/marx.htm |