IL CAPITALE LIBRO III SEZIONE VI TRASFORMAZIONE DEL PLUSPROFITTO IN RENDITA FONDIARIA CAPITOLO 43 LA RENDITA DIFFERENZIALE II. TERZO CASO: PREZZO DI PRODUZIONE CRESCENTE. RISULTATI. Un prezzo di produzione crescente presuppone che la produttività della peggiore qualità di terra, che non paga rendita, diminuisca. Il prezzo di produzione posto come regolatore può superare le 720 €. per quintale, soltanto se le 600 €. investite nel terreno A producono meno di 1 qle o le 1.200 €. meno di 2 qli, oppure se deve essere messo a coltura un terreno ancora peggiore di A. Se la produttività del secondo investimento di capitale rimanesse invariata o anche si accrescesse, ciò sarebbe possibile solamente nel caso in cui la produttività del primo investimento di capitale di 600 €. fosse diminuita. Questo caso si presenta abbastanza di frequente. Si verifica, ad esempio, quando lo strato superiore del terreno, sfruttato o arato superficialmente e depauperato, dà con il vecchio metodo di coltivazione un prodotto decrescente e quando il sottosuolo portato alla superficie con un’aratura più profonda, per effetto di un trattamento più razionale, ricomincia a produrre raccolti migliori di prima. Ma a rigore non si tratta qui di questo caso particolare. La diminuzione della produttività del primo investimento di 600 €. ha come conseguenza per i terreni migliori, anche là dove le condizioni vengono presupposte analoghe, una diminuzione della rendita differenziale I; ma noi consideriamo qui solamente la rendita differenziale II. Poiché questo caso non può presentarsi senza che venga presupposta come già esistente la rendita differenziale II, e rappresenta di fatto una ripercussione di una modificazione della rendita differenziale I sulla II, ne daremo un esempio. Tabella VII
La rendita in denaro, e il ricavato in denaro, sono gli stessi che nella tabella II (cap 41) . L’aumento del prezzo di produzione regolatore compensa esattamente ciò che è andato perduto nella quantità del prodotto; poiché questi due fattori variano in proporzione inversa, è evidente che il loro prodotto rimarrà invariato. Nel caso precedente abbiamo presupposto che la forza produttiva del secondo investimento di capitale fosse più elevata della produttività originale del primo investimento. La cosa non cambia se supponiamo che il secondo investimento abbia soltanto una produttività uguale a quella del primo, come nella seguente tabella. Tabella VIII
Anche qui il prezzo di produzione crescente nella stessa proporzione fa sì che venga compensata pienamente la diminuzione della produttività, sia per il ricavato che per la rendita in denaro. Il terzo caso si mostra nella sua forma pura soltanto quando il secondo investimento di capitale diminuisce nella sua produttività, mentre quella del primo rimane costante come si è sempre presupposto nel primo e nel secondo caso. Qui la rendita differenziale I non è toccata, il cambiamento si verifica unicamente in quella parte che deriva dalla rendita differenziale II. Diamo qui sotto due esempi; nel primo supponiamo che la produttività del secondo investimento di capitale sia stata ridotta della metà, nel secondo di tre quarti. Tabella IX
La tabella IX è identica alla tabella VIII, soltanto che la diminuzione della produttività nella tabella VIII riguarda il primo investimento di capitale e nella IX il secondo. Tabella X
Anche in questa tabella il ricavato complessivo, la rental complessiva in denaro e il saggio della rendita rimangono uguali,- come nelle tabelle lI, VII, e VIII, perchè il prodotto ed il prezzo di vendita hanno ancora una volta variato in senso inverso, mentre il capitale investito è rimasto lo stesso. Ma come stanno le cose nell’altro caso, che è possibile con un prezzo di produzione crescente, precisamente nel caso in cui un terreno, la cui coltivazione prima non sarebbe stata rimunerativa, venga ora messo a coltura? Supponiamo che un tale terreno, che vogliamo designare con (a), entri in concorrenza. Allora il terreno A, che fino ad ora non ha dato una rendita, ne produrrebbe una, e le tabelle VII, VIII, e X, riportate sopra, assumerebbero la forma seguente: Tabella VIIa
Tabella VIIIa
Tabella Xa
Con l’introduzione del terreno (a) si forma una nuova rendita differenziale I; su questa nuova base anche la rendita differenziale Il si sviluppa in una forma modificata. Il terreno a ha una fertilità diversa in ognuna delle tre tabelle riportate sopra; la serie delle produttività proporzionalmente crescenti comincia solamente nel terreno A. La serie delle rendite crescenti vi corrisponde. La rendita del terreno peggiore che produce la rendita più bassa, e che precedentemente non produceva rendita alcuna, costituisce una grandezza costante, che è semplicemente sommata a tutte le rendite più elevate; solamente dopo la detrazione di questa grandezza costante, appare chiaramente, nelle rendite più elevate, la serie delle differenze e il suo parallelismo con la successione delle fertilità dei vari tipi di terreno. In tutte le tabelle, le fertilità da A a D stanno tra loro come 1 : 2 : 3 : 4, e le rendite corrispondenti nella VIIa come 1: (1+7) : [1+(2 ∙ 7)] : [1+(3∙ 7)] nella VIII a come 1,2 : ( 1,2 + 7,2) : [1,2 +(2 ∙ 7,2)] : [1,2 +(3 ∙ 7,2)] nella Xa come 0,6' : (0,6'+6,6') : [0,6' +(2 ∙ 6,6')] : [(0,6' +(3 ∙ 6,6')] In breve, se la rendita di A = n e la rendita del terreno immediatamente successivo nella graduatoria della fertilità = n + m, allora la successione si presenta come n : n + m : n+2m : n+3m ecc. F.E. (Poichè il terzo caso, di cui sopra, non era stato elaborato nel manoscritto — esisteva soltanto il titolo —, rimase compito dell’editore di completare questo punto il meglio possibile, come ha fatto. Ma gli rimane ancora di trarre le conclusioni generali che risultano dalla intera analisi, finora svolta, della rendita differenziale II, nei suoi tre casi principali e nei nove sottocasi. Ma gli esempi dati nel manoscritto servono poco allo scopo. In primo luogo, essi mettono a confronto appezzamenti di terreno, i cui prodotti, per superfici di uguale grandezza, stanno tra loro come 1 : 2 : 3 : 4; quindi differenze che già a priori comportano una forte esagerazione, e che, nell’ulteriore sviluppo delle ipotesi e dei calcoli fatti su questa base, portano a proporzioni numeriche completamente artificiose. In secondo luogo, queste proporzioni creano una impressione erronea. Se i gradi di fertilità, che presentano una proporzione di 1: 2 : 3 : 4 ecc., corrispondono a rendite nella progressione di 0 : 1 : 2 : 3 ecc., ci si sente subito tentati di derivare la seconda progressione dalla prima e di spiegare il raddoppiamento, il triplicamento, ecc. delle rendite con il raddoppiamento, il triplicamento ecc, dei proventi complessivi. Ma ciò non sarebbe affatto esatto. Le rendite stanno tra loro come 0 : 1 : 2 : 3 4, anche quando i gradi di fertilità stanno come n : n + 1 : n + 2 : n + 3 n + 4; le rendite non sono proporzionali ai gradi di fertilità, ma alle differenze di fertilità, partendo dal terreno privo di rendita come punto zero. Le tabelle dell’originale dovevano essere date per l’illustrazione del testo. Ma per fornire una base evidente ai successivi risultati dell’analisi, riporto più avanti una nuova serie di tabelle, in cui i prodotti sono indicati in quintali e in euro (Nostra Nota). La prima di queste tabelle (XI) corrisponde alla precedente tabella I ( cap. 41°). Essa dà i ricavati e le rendite per cinque qualità di terreno A — E, con un primo investimento di capitale di 600 €, e un profitto di 120 €, così che il costo complessivo di produzione per acro è di 720 €. I prodotti in grano sono tenuti bassi: 10, 12, 14, 16, 18 qli per acro. Il risultante prezzo di produzione regolatore è di 72 € per quintale. Le seguenti 13 tabelle corrispondono ai tre casi della rendita differenziale II, esaminati in questo capitolo e nei due precedenti, con un investimento addizionale di capitale nel medesimo terreno di 600 € per acro, ad un prezzo di produzione costante, decrescente e crescente. Ciascuno di questi casi, a sua volta, è rappresentato come si raffigura: 1) con una produttività costante; 2) decrescente; 3) crescente del secondo investimento di capitale, rispetto al primo. Si presentano qui ancora alcune particolari varianti, che vanno illustrate separatamente. Nel caso I: prezzo di produzione costante, abbiamo: · Variante 1: La produttività del secondo investimento di capitale rimane invariata (tabella XII). · Variante 2: La produttività diminuisce. Questo caso si può verificare unicamente quando nel terreno A non viene fatto un secondo investimento di capitale. E precisamente in tal modo che: · il terreno B parimenti non apporta alcuna rendita (tabella XIII); oppure · il terreno B non diventa del tutto improduttivo di rendita (tabella XIV). · Variante 3: produttività crescente (tabella XV). Anche questo caso esclude un secondo investimento di capitale nel terreno A. Nel caso Il: prezzo di produzione decrescente, abbiamo: · Variante 1: La produttività del secondo investimento rimane costante (tabella XVI). · Variante 2: La produttività decresce (tabella XVII). Queste due varianti presuppongono che il terreno A venga estromesso dalla concorrenza, che il terreno B non produca rendita e regoli il prezzo di produzione. · Variante 3: La produttività si accresce (tabella XVIII). Qui il terreno A rimane regolatore. Nel caso III: prezzo di produzione crescente, sono possibili due modalità: il terreno A può rimanere privo di rendita e regolare il prezzo, oppure un terreno di qualità inferiore di A entra in concorrenza e regola il prezzo, nel qual caso A produce una rendita. Prima modalità: il terreno A rimane il regolatore. · Variante 1: La produttività del secondo investimento rimane costante (tabella XIX). Ciò, sulla base delle nostre premesse, si verificherà soltanto se la produttività del primo investimento de cresce. · Variante 2: La produttività del secondo investimento decresce (tabella XX): ciò non esclude la possibilità che il primo investi mento conservi la stessa produttività. · Variante 3: La produttività del secondo investimento aumenta (tabella XXI); ciò presuppone di nuovo una produttività decrescente del primo investimento. Seconda modalità: Un terreno di qualità inferiore (contrassegnato con a) entra in concorrenza; il terreno A produce una rendita. · Variante 1: La produttività del secondo investimento rimane costante (tabella XXII). · Variante 2: La produttività decresce (tabella XXIII). · Variante 3: La produttività si accresce (tabella XXIV). Queste tre varianti si conformano alle condizioni generali del problema e non richiedono ulteriori osservazioni. Facciamo seguire ora le tabelle. Tabella XI
Con un secondo investimento di capitale nel medesimo terreno. Primo caso: Il prezzo di produzione rimane costante. Variante 1: La produttività del secondo investimento di capitale rimane costante. Tabella XII
Variante 2: La produttività del secondo investimento di capitale decresce; non si ha un secondo investimento di capitale nel terreno A. 1) Se il terreno B diventa improduttivo di rendita. Tabella XIII
2) Se il terreno B non diventa del tutto improduttivo di rendita. Tabella XIV
Variante 3: La produttività del secondo investimento di capitale si accresce; anche in questo caso non si ha un secondo investimento nel terreno A. Tabella XV
Secondo caso: Il prezzo di produzione diminuisce. Variante 1: La produttività del secondo investimento di capitale rimane costante. Il terreno A è eliminato dalla concorrenza, il terreno B diventa improduttivo di rendita. Tabella XVI
Variante 2: La produttività del secondo investimento di capitale diminuisce; il terreno A è eliminato dalla concorrenza, il terreno B diventa improduttivo di rendita. Tabella XVII
Variante 3 : La produttività del secondo investimento di capitale si accresce; il terreno A rimane in concorrenza. Il terreno B produce una rendita Tabella XVIII
Terzo caso : il prezzo di produzione si accresce. A [prima modalità]. Se il terreno A rimane improduttivo di rendita e continua a regolare il prezzo. Variante 1: La produttività del secondo investimento di capitale rimane costante; ciò implica una produttività decrescente del primo investimento di capitale. Tabella XIX
Variante 2 : la produttività del secondo investimento di capitale decresce; ciò non esclude una produttività costante del primo investimento. Tabella XX
Variante 3: la produttività del secondo investimento di capitale si accresce, il che secondo le premesse fatte, implica una produttività decrescente del primo investimento. Tabella XXI
B [ seconda modalità] Se un terreno inferiore ( designato con (a) diventa il regolatore di prezzo ed il terreno A produce in conseguenza una rendita. Ciò ammette per tutte le varianti una produttività costante del secondo investimento. Variante 1: La produttività del secondo investimento di capitale rimane invariata. Tabella XXII
Variante 2: La produttività del secondo investimento di capitale diminuisce. Tabella XXIII
Variante 3: La produttività del secondo investimento di capitale si accresce. Tabella XXIV
Queste tabelle portano alle conclusioni seguenti. In primo luogo esse mostrano che la serie delle rendite mantiene esattamente la medesima proporzione della serie delle differenze di fertilità, prendendo come punto zero il terreno regolatore che non produce rendita. Non i rendimenti assoluti, ma solo le differenze nel rendimento, sono gli elementi determinanti della rendita. Che i diversi tipi dì terreno producano 1, 2, 3, 4, 5 qli oppure che essi diano 11, 12, 13, 14, 15 qli di prodotto per acro, le rendite sono, in entrambi i casi, nell’ordine 0, 1, 2, 3, 4 qli, oppure il loro ammontare in denaro. Ma è molto più importante il risultato in rapporto all’ammontare complessivo della rendita con un ripetuto investimento di capitali nel medesimo terreno. In cinque casi su dieci analizzati, l’ammontare complessivo delle rendite è raddoppiato con il raddoppiamento dell’investimento di capitale; in luogo di 10 volte 144 €, diventa 10 volte 288 € o 2.880 €. Questi casi sono: Caso I, prezzo costante variante I: l’incremento di produzione rimane invariato (tabella XII). Caso Il, prezzo decrescente, variante III: incremento crescente di produzione (tabella XVIII). Caso III, prezzo crescente, prima modalità: in cui il terreno A rimane il regolatore, in tutte e tre le varianti (tabelle XIX, XX e XXI). In quattro casi, la rendita aumenta più del doppio, precisamente: Caso I, variante III, prezzo costante, ma crescente incremento di produzione (tabella XV): l’ammontare della rendita sale a 3.960 €. Caso III, seconda modalità: in cui il terreno A produce una rendita in tutte e tre le varianti (tabella XXII, rendita 15 volte 360 = 5.400 €; tabella XXIII, rendita 5 volte 240 più 10 volte 336 = 4.560 €; tabella XXIV, rendita = 5 volte 180 più 15 volte 405 = 6.975 €). In un caso la rendita aumenta, ma non raddoppia l’ammontare della rendita prodotta nel primo investimento di capitale: Caso I, prezzo costante, variante II: produttività decrescente del secondo investimento, in condizioni in cui B non diventa completamente improduttivo di rendita (tabella XIV, rendita 4 volte 72 + 6 volte 252 = 1.800 €). Finalmente è soltanto in tre casi che la rendita complessiva, con un secondo investimento, in tutti i tipi di terreno presi insieme, rimane al medesimo livello del primo investimento (tabella XI); questi sono i casi in cui il terreno A è estromesso dalla concorrenza ed il terreno B diventa il regolatore e perciò non produce rendita. In questo caso la rendita di B non soltanto è eliminata, ma è anche detratta da ogni successivo termine della progressione delle rendite; ciò è la base di questo risultato. Questi casi sono: Caso I, variante Il, quando le condizioni sono tali che il terreno A è eliminato (tabella XIII). La somma della rendita è di 6 volte 240 €, uguale a 10 volte 144 € = 1.440 € come nella tabella XI. Caso II, varianti I e II: qui il terreno A, secondo le premesse, è necessariamente eliminato (tabella XVI e XVII) e l’ammontare della rendita è di nuovo 6 volte 240 € = 10 volte 144 € = 1.440 €. Vale a dire: nella grande maggioranza dei casi possibili, la rendita aumenta sia per acro del terreno produttivo di rendita, sia soprattutto nel suo ammontare complessivo, come risultato di un accresciuto investimento di capitale nella terra. Solo in tre casi, sui tredici analizzati, il suo ammontare complessivo rimane invariato. Questi sono i casi in cui il tipo di terreno inferiore, che fino ad ora era regolatore e non produceva rendita, esce dalla concorrenza ed il tipo di terreno superiore che veniva subito dopo prende il suo posto, quindi perde la sua rendita Ma anche in questi casi le rendite salgono sui migliori tipi di terreno in confronto alle rendite dovute al primo investimento di capitale. Se la rendita di C cade da 288 a 240 €, quella di D e E si accresce da 432 e 576 € rispettivamente a 480 e 720 €. Una caduta delle rendite complessive al di sotto del livello del primo investimento di capitale (tabella XI) sarebbe possibile solo nel caso, che oltre il terreno A, anche il terreno B uscisse dalla concorrenza, ed il terreno C diventasse regolatore ed improduttivo di rendita. Così, quanto più capitale è investito in un terreno e quanto più elevato è lo sviluppo dell’agricoltura e della civiltà in generale in un dato paese, tanto più aumentano le rendite per acro così come la somma totale delle rendite, e tanto più ingente diviene il tributo pagato dalla società ai grandi proprietari fondiari nella forma di plusprofitti — fino a quando tutti i tipi di terreno sottoposti a coltivazione rimangono in grado di partecipare alla concorrenza. Questa legge spiega la meravigliosa vitalità della classe dei grandi proprietari fondiari. Nessuna classe sociale vive così sontuosamente e nessuna, al pari di questa, avanza il diritto ad un lusso tradizionale « conforme al suo stato » senza riguardo alcuno all’origine del denaro che le serve per tale fine; nessuna altra classe ammassa debiti su debiti con tanta leggerezza. E tuttavia questa classe cade sempre in piedi, grazie al capitale investito da altra gente nel terreno, che le frutta delle rendite assolutamente sproporzionate ai profitti che ne trae il capitalista. Tuttavia, la stessa legge spiega anche la ragione per cui la vitalità del grande proprietario fondiario si esaurisce gradualmente. Quando i dazi inglesi sul grano furono aboliti nel 1846, i fabbricanti inglesi pensavano di aver ridotto alla povertà la aristocrazia terriera. Invece essa diventò più ricca che mai. Come accadde ciò? È molto semplice. Innanzi tutto gli affittuari vennero da allora costretti per contratto ad investire annualmente 2.880 €. per acro, in luogo di 1.920 €. come prima, ed in secondo luogo, i proprietari fondiari, essendo fortemente rappresentati anche nella Camera Bassa, si garantirono un forte sussidio statale per il drenaggio ed altri miglioramenti permanenti delle loro terre. Poiché non ebbe luogo una totale soppressione del terreno peggiore, ma al massimo un impiego, anche generalmente soltanto temporaneo, di tale terreno per altri scopi, le rendite si accrebbero in proporzione all’accresciuto investimento di capitale e l’aristocrazia fondiaria si trovò in condizioni migliori di prima. Ma tutto passa. Le navi a vapore, che attraversano gli oceani, e le ferrovie del Nord e del Sud America e dell’India resero possibile a estensioni di terra con caratteristiche tutte particolari di entrare in concorrenza sui mercati di grano europei. Vi erano da un lato le praterie nordamericane, le pampas argentine, steppe rese fertili per l’aratro dalla natura stessa, terreno vergine che offriva ricca messe per gli anni avvenire anche con una coltivazione primitiva e senza concime. E dall’altro lato vi erano le terre delle collettività comuniste russe ed indiane, le quali dovevano vendere una parte del loro prodotto e precisamente un prodotto in continuo aumento, al fine di ottenere del denaro per le imposte estorte loro dallo spietato dispotismo dello Stato, spesso anche per mezzo della tortura. Questi prodotti venivano venduti senza riguardo al loro costo di produzione, e venduti al prezzo offerto dal commerciante, avendo il contadino assolutamente bisogno di denaro per la scadenza delle imposte. Ed a questa concorrenza — del terreno vergine della steppa come pure del terreno dei contadini russi ed indiani schiacciati dalla pressione fiscale — l’affittuario ed il contadino europeo non potevano resistere con le vecchie rendite. Una parte della terra europea venne definitivamente eliminata dalla concorrenza per la coltura del grano, le rendite diminuirono dovunque il nostro secondo caso, variante II (prezzo in diminuzione e produttività decrescente degli investimenti addizionali di capitale) divenne la regola per l’Europa. E ciò spiega le lagnanze degli agrari dalla Scozia all’Italia e dalla Francia del Sud fino alla Prussia Orientale. Fortunatamente non tutte le steppe sono state messe a coltura; ne esistono ancora in numero sufficiente per rovinare tutta la grandi proprietà terriera dell’Europa ed in aggiunta la piccola. F.E.) Le voci sotto cui la rendita deve essere analizzata sono le seguenti: A) Rendita differenziale. 1) Concetto della rendita differenziale. Illustrazione sull’energia idrica. Passaggio alla rendita agricola vera e propria. 2) Rendita differenziale I, derivante dalla diversa fertilità dei diversi appezzamenti di terreno. 3) Rendita differenziale II, derivante da successivi investimenti di capitale nel medesimo terreno. La rendita differenziale lI deve essere analizzata: a) con un prezzo di produzione stazionario; b) con un prezzo di produzione in diminuzione; c) con un prezzo di produzione crescente. Ed ancora: d) trasformazione del plusprofitto in rendita. 4) Influenza di questa rendita sul saggio del profitto. B) Rendita assoluta. C) Il prezzo della terra. D) Considerazioni finali sulla rendita fondiaria. Come risultato generale della nostra analisi sulla rendita differenziale, si arriva alle seguenti conclusioni: Primo: I plusprofitti si possono formare in diversi modi. Da un lato avendo per base la rendita differenziale I, ossia l’investimento dell’intero capitale agricolo in una superficie di terra costituita da tipi di terra di diversa fertilità. Inoltre come rendita differenziale II, avendo per base la diversa produttività differenziale di successivi investimenti di capitale nel medesimo terreno, cioè, in questo caso, una produttività di grano, ad esempio, misurata in quintali, maggiore di quella che può essere ottenuta, con il medesimo investimento di capitale, nel terreno peggiore privo di rendita, che regola però il prezzo di produzione. Ma indipendentemente dal modo in cui questi plusprofitti possono sorgere, la loro trasformazione in rendita, quindi il loro trasferimento dall’affittuario ai proprietario fondiario, presuppone sempre, come condizione anteriore, che i diversi prezzi effettivi, individuali di produzione (quindi indipendentemente dal prezzo di produzione generale, che regola il mercato) dei prodotti parziali provenienti dai singoli investimenti successivi di capitale, siano stati precedentemente ridotti ad un prezzo medio individuale di produzione. L’eccedenza del prezzo di produzione generale regolatore del prodotto di un acro su questo suo prezzo di produzione medio individuale costituisce e misura la rendita per acro. Nella rendita differenziale I i risultati differenziali sono distinguibili in sé e per sé, poiché riguardano appezzamenti separati, giacenti l’uno accanto all’altro, con un esborso di capitale per acro ed un grado corrispondente di coltivazione considerato normale. Nella rendita differenziale II essi devono innanzitutto essere resi distinguibili; essi devono di fatto essere riconvertiti nella rendita differenziale I, e ciò può accadere soltanto nel modo indicato. Prendiamo ad esempio la tabella III (cap 41). Il terreno B rende per il primo investimento di capitale di 600 €, 2 qli per acro, e per il secondo di uguale grandezza 1,5 qli; complessivamente 3,5 qli sul medesimo acro. Questi 3,5 qli, che sono cresciuti nel medesimo terreno, non mostrano quale parte di essi sia un prodotto dell’investimento di capitale I e quale parte un prodotto dell’investimento di capitale II. Essi sono in realtà il prodotto del capitale complessivo di 1.200 €.: ed il fatto concreto è soltanto che un capitale di 600 €. produceva 2 qli, ed un capitale di 1.200 €. produce non 4 qli, ma soltanto 3,5 qli. Il caso rimarrebbe identico se queste 1.200 €. producessero 4 qli, così che i prodotti dei due investimenti di capitale fossero uguali, o anche 5 qli, così che il secondo investimento di capitale venisse a produrre una eccedenza di 1 qle. Il prezzo di produzione dei primi 2 qli 360 €. per quintale, e quello del secondo 1,5 qli è di 480 €. per quintale. Di conseguenza i 3,5 qli costano insieme 1.440 €. Questo è il prezzo individuale di produzione del prodotto complessivo e ne risulta una media di 411,43 € per quintale, in cifra tonda 420 €. Al prezzo medio generale di produzione regolato dal terreno A, precisamente 720 €., ne deriva un plusprofitto di 420 €. per quintale e quindi per 3,5 qli un plusprofitto di 1.050 €. Con il prezzo di produzione medio di B ciò è rappresentato da circa 1,5 qli. Il plusprofitto di B è rappresentato quindi da una parte aliquota del prodotto di B, da questo 1,5 qli, che costituisce la rendita espressa in grano, e che al prezzo di produzione generale si vende a 1.080 €. Ma d’altro lato, il prodotto eccedente di un acro di B, confrontato a quello di A, non è senz’altro un’espressione di plusprofitto e quindi plusprodotto. Secondo la premessa, l’acro B produce 3,5 qli, l’acro A soltanto 1 qle. L’eccedenza del prodotto di B è quindi di 2,5 qli, ma il plusprodotto è soltanto 1,5 qli; perchè il capitale investito in B è doppio di quello di A, e quindi i costi di produzione sono raddoppiati. Se il terreno A dovesse parimenti ricevere un investimento di 1.200 €. ed il saggio di produttività rimanesse invariato, il prodotto ammonterebbe a 2 qli invece che a 1 qle, e si vedrebbe allora che l’effettivo plusprodotto risulta non dal confronto di 3,5 con 1, ma di 3,5 con 2; così che è solamente di 1,5 qli, non di 2,5 qli. Inoltre, se B investisse una terza porzione di capitale di 600 €., che producesse solamente 1 qle, e quindi questo quintale costasse 720 €., lo stesso di quello di A, il suo prezzo di vendita di 720 €. coprirebbe solamente i costi di produzione, frutterebbe solamente il profitto medio, ma non un plusprofitto, quindi nulla che potesse essere convertito in rendita. Il prodotto per acro di ogni tipo di terreno, confrontato con il prodotto per acro del terreno A, non mostra né se esso è un prodotto di un medesimo o di un maggiore investimento di capitale, né se il prodotto addizionale copre semplicemente il prezzo di produzione, né se è dovuto ad una maggiore produttività del capitale addizionale. Secondo: Con un saggio decrescente della produttività degli investimenti addizionali di capitale [-] il cui limite, per quanto riguarda la nuova formazione di plusprofitto, è quell’investimento di capitale che copre soltanto i costi di produzione, cioè che produce il quintale allo stesso costo a cui lo produce il medesimo investimento di capitale in un acro del terreno A, corrispondente quindi, secondo la nostra premessa, a 720 €. [-], si giunge, secondo quanto abbiamo esposto, alle conclusioni seguenti: che il limite, raggiunto il quale l’investimento complessivo di capitale in un acro di B non produrrebbe più nessuna rendita, è dato dal punto in cui il prezzo di produzione individuale medio del prodotto per acro di B aumenta fino a eguagliare il prezzo di produzione per acro A. Se in B si aggiungono soltanto investimenti di capitali che fruttano il prezzo di produzione, ma non formano nessun plusprofitto e quindi nessuna rendita, ciò accresce, è vero, il prezzo di produzione individuale medio per quintale, ma non altera il plusprofitto, e eventualmente la rendita, creato dai precedenti investimenti di capitale. Infatti il prezzo di produzione medio rimane sempre inferiore a quello di A, e quando l’eccedenza rispetto al prezzo per quintale diminuisce, il numero dei quintali aumenta nella stessa proporzione, così che l’eccedenza complessiva rispetto al prezzo rimane invariata. Nel caso postulato, i primi due investimenti di capitali di 1.200 €. producono 3,5 qli su B, quindi, secondo la premessa, 1,5 qli di rendita 1.080 €. Ora, se si aggiunge un terzo investimento di capitale di 600 €., che però produce soltanto 1 qle addizionale, il prezzo di produzione complessivo(includendo un profitto del 20%) dei 4,5 qli è di 2.160 €., così che il prezzo medio per quintale è di 480 €. Il prezzo di produzione medio per quintale su B è quindi aumentato da 411,43 €. a 480 €., così che il plusprofitto per quintale, confrontato con il prezzo regolatore di A, è caduto da 308,57 €. a 240 €. Ma 240 ∙ 1.080 = 259.200 €., precisamente come prima 308,57 ∙ 840 = 259.198,8 €. Supponiamo ora che siano stati fatti ancora un quarto e un quinto investimento addizionale di capitale, ognuno dì 600 €., sul terreno B, e che questi investimenti producano il quintale solamente al suo prezzo di produzione generale, allora il prodotto complessivo per acro sarebbe ora di 6,5 qli ed il loro costo di produzione di 3.600 €. Il prezzo medio di produzione per quintale di B sarebbe di nuovo aumentato da 480 €. a 553,85 €. ed il plusprofitto per quintale, confrontato con il prezzo di produzione regolatore di A, sarebbe di nuovo caduto da 240 €. a 166,15 €. Ma questi 166,15 €. si riferirebbero ora a 6,5 qli anziché a 4,5. E 166,15 ∙ 6,5 = 240 ∙ 4,5 = 1.080 €. Da ciò consegue, in primo luogo, che in queste circostanze non è necessario un aumento del prezzo di produzione regolatore per rendere possibili investimenti addizionali di capitale in tipi di terreno produttivi di rendita, addirittura fino al punto in cui il capitale addizionale cessa completamente di produrre qualsiasi plusprofitto e dà solamente il profitto medio. Ne consegue inoltre che qui la somma del plusprofitto per acro rimane invariata, quale che sia la diminuzione del plusprofitto per quintale; questa diminuzione è sempre controbilanciata da un corrispondente aumento del numero dei quintali prodotti per acro. Perché il prezzo di produzione medio possa elevarsi al prezzo di produzione generale, (quindi in questo caso a 720 €. per il terreno B) sarebbe necessario che venissero fatte aggiunte di capitale, il cui prodotto avesse un prezzo di produzione più elevato del prezzo regolatore di 720 €. Ma si vedrà che anche ciò non è senz’altro sufficiente a far salire il prezzo medio di produzione per quintale di B al prezzo generale di produzione di 720 €. Supponiamo che sul terreno B siano stati prodotti: 1) 3,5 qli: come prima al prezzo di produzione di 1.440 €.; quindi due investimenti di capitale di 600 €. ciascuno che danno entrambi del plusprofitto, ma di un ammontare decrescente. 2) 1 qle a 720 €.; un investimento di capitale in cui il prezzo individuale di produzione è uguale al prezzo di produzione regolatore. 3) 1 qle a 960 €.; un investimento di capitale in cui il prezzo individuale di produzione è del 25% superiore al prezzo regolatore. Avremmo allora 5,5 qli per acro, a 3.120 €., con un investimento di capitale di 2.400 €., cioè un investimento di capitale quadruplo dell’originario, ma un prodotto inferiore al triplo di quello del primo investimento di capitale. 5,5 qli a 3.120 €. corrispondono a un prezzo di produzione medio per quintale di 567,27 €., quindi, al prezzo di produzione regolatore di 720 €., a un’eccedenza di 152,73 €. per quintale, eccedenza che si può convertire in rendita. 5,5 qli venduti al prezzo regolatore di 720 €., fanno 3.960 €. Detratti i costi di produzione di 3.120 €., rimane un plusprofitto o rendita di 840 €., che, calcolati al presente prezzo medio di produzione per quintale di B, vale a dire 567,27 €., rappresentano 1,069 qli. La rendita monetaria sarebbe diminuita di 240 €., la rendita in grano di circa 0,5 qli, ma sebbene il quarto investimento addizionale di capitale non soltanto non produca plusprofitto, ma produca anche meno del profitto medio, continuano ad esistere un profitto ed una rendita. Supponendo che non solo l’investimento di capitale 3, ma anche quello sotto 2 producano ad un prezzo superiore al prezzo di produzione regolatore, la produzione complessiva è: 3,5 qli a 1.440 €. più 2 qli a 1.920 €., totale 5,5 qli ad un costo di produzione di 3.360 €. Il prezzo di produzione medio per quintale sarebbe 610,9 €., e lascerebbe una eccedenza di 0,45 €. I 5,5 qli, venduti a 720 €. fruttano 3.960 €.: detratti i 3.360 €. di costi di produzione, rimangono 600 €. per la rendita. Ciò corrisponderebbe per B, al presente prezzo medio di produzione, a 55/56 qli. Una rendita, quindi, continua ad esistere, anche se inferiore a quella di prima. Ciò mostra in ogni modo che nelle terre migliori con investimenti addizionali di capitale, il cui prodotto costa più del prezzo di produzione regolatore, la rendita non deve scomparire, almeno nei limiti della prassi ammissibile, ma deve soltanto decrescere, e precisamente in proporzione, da un lato, alla parte aliquota formata da questo capitale improduttivo rispetto all’esborso complessivo di capitale, dall’altro lato in proporzione al decrescere della sua fertilità. Il prezzo medio del suo prodotto sarebbe pur sempre inferiore al prezzo regolatore e lascerebbe quindi ancora un plus prodotto convertibile in rendita. Supponiamo ora che il prezzo medio per quintale di B coincida con il prezzo generale di produzione, in conseguenza di quattro successivi investimenti di capitale (600, 600, 1.200 e 1.200 €.) con una produttività decrescente. (tab a)
L’affittuario in questo caso vende ogni quintale al suo prezzo di produzione individuale, e quindi il numero complessivo dei quintali al loro prezzo di produzione medio per quintale, che coincide con il prezzo regolatore di 720 €. Quindi egli continua a conseguire un profitto del 20% = 720 €., sul suo capitale di 3.600 €. Ma la rendita è scomparsa. Che cosa è accaduto dell’eccedenza in questa compensazione dei prezzi individuali di produzione per quintale con il prezzo generale di produzione? Il plusprofitto sulle prime 600 €. era di 720 € sulle seconde 600 €. di 360 €,; il plusprofitto complessivo su 1/3 del capitale anticipato, vale a dire su 1.200 €., era di 1.080 €., ossia il 90%. Nell’investimento 3 di capitale le 1.200 €. non solo non producono plusprofitto, ma il loro prodotto di 1,5 qli, venduto al prezzo di produzione generale, dà un minus di 360 €. Finalmente, nell’investimento 4, che ammonta parimenti a 1.200 €., il prodotto di 1 qle, se venduto al prezzo di produzione generale, dà un minus di 720 €. Complessivamente questi due investimenti di capitale danno quindi un minus di 1.080 €., pari al plusprofitto di 1.080 €., che era stato conseguito sugli investimenti di capitale 1 e 2. I plusprofitti e minusprofitti si compensano. Quindi la rendita scompare. Ma in realtà ciò è possibile soltanto perchè gli elementi del plusvalore che formavano plusprofitto ossia rendita, entrano ora nella formazione del profitto medio. L’affittuario consegue questo profitto medio di 720 €. su 3.600 €., ossia del 20%, a spese della rendita. L’allineamento dei prezzi individuali medi di produzione di B al prezzo di produzione di A, che regola il prezzo di mercato, presuppone che la differenza negativa tra il prezzo individuale del prodotto del primo investimento di capitale ed il prezzo regolatore sia sempre di più attenuata ed infine compensata dalla differenza positiva tra il prezzo del prodotto degli investimenti successivi di capitale ed il prezzo regolatore. Ciò che appare come plusprofitto fino a che il prodotto dei primi investimenti di capitale è venduto isolatamente, diventa così gradualmente una parte del loro prezzo di produzione medio ed entra perciò nella formazione del profitto medio, fino a che è in tal modo definitivamente assorbito. Se soltanto 1.200 €. di capitale sono investite in B in luogo di 3.600 €. e se i 2,5 qli addizionali dell’ultima tabella sono prodotti con la messa a coltura di 2,5 nuovi acri di A con un investimento di capitale di 600 €. per acro, il capitale addizionale sborsato ammonterebbe soltanto a 1.500 €., quindi l’esborso complessivo in A e in B per la produzione di questi 6 qli, sarebbe solamente di 2.700 €. anziché di 3.600 €., ed il costo di produzione complessivo degli stessi, ivi incluso il profitto, di 3.240 €. I 6 qli verrebbero venduti ancora complessivamente a 4.320 €., ma l’esborso di capitale sarebbe diminuito di 900 €. e la rendita su B sarebbe di 1.080 €. per acro, come prima. Le cose andrebbero diversamente se per la produzione dei 2,5 qli addizionali si dovesse ricorrere a terreni inferiori al terreno A, per es. A1, A2 di modo che, per esempio, il prezzo di produzione per quintale, per 1,5 qli sul terreno A1 fosse di 960 €. e per l’ultimo quintale su terreno A2 di 1.440 €. In tal caso queste 1.440 €. sarebbero il prezzo di produzione regolatore per quintale. I 3,5 qli di B verrebbero allora venduti a 5.040 €. anziché a 2.520 €., il che comporterebbe una rendita di 3.600 €. anziché di 1.080€., e in grano una rendita di 2,5 qli anziché di 1,5 qli. Allo stesso modo il quintale di A frutterebbe ora una rendita di 720 €., ossia di 0,5 qli. Prima di inoltrarci ulteriormente su questo punto, ancora una osservazione. Il prezzo medio di 1 qle di B si allinea e coincide con il prezzo generale di produzione regolato da A, di 720 €. per quintale, non appena quella parte del capitale complessivo che produce l’eccedenza di 1,5 qli, è controbilanciata da quella parte del capi tale complessivo che produce 1,5 qli in deficit. Quanto tempo occorra perchè questa compensazione si compia, o quanto capitale con una produttività inferiore alla media debba essere investito in B a tale fine, dipende, presupponendo data la plusproduttività dei primi investimenti di capitale, dalla relativa sottoproduttività degli ultimi capitali investiti, confrontata con un investimento del medesimo ammontare nel terreno peggiore regolatore A, o dal prezzo individuale di produzione del loro prodotto, confrontato con il prezzo regolatore. Da quanto si è venuto esponendo, risulta innanzi tutto: Primo. Fino a che i capitali addizionali vengono investiti nel medesimo terreno con un surplus di produttività, anche decrescente, la rendita assoluta per acro in grano ed in denaro aumenta, quantunque decresca relativamente, in rapporto al capitale anticipato (cioè il saggio del plusprofitto o della rendita). Il limite viene qui segnato da quel capitale addizionale che frutta soltanto il profitto medio, o per il cui prodotto il prezzo di produzione individuale coincide con quello generale. In tali circostanze il prezzo di produzione rimane invariato, a meno che la produzione dei terreni peggiori non diventi superflua a causa della offerta accresciuta. Anche con un prezzo decrescente questi capitali addizionali possono ancora produrre, entro certi limiti, un plusprofitto, quantunque minore. Secondo. L’investimento di capitale addizionale che produce soltanto il profitto medio, la cui plusproduttività quindi corrisponde a zero, non altera in alcun modo il livello del plusprofitto costituito e quindi della rendita. Il prezzo individuale medio per quintale si accresce, quindi, sui migliori tipi di terreno; l’eccedenza per quintale decresce, ma il numero dei quintali che portano questa diminuita eccedenza, si accresce, così che il prodotto rimane invariato. Terzo. Gli investimenti addizionali di capitale, il prodotto dei quali ha un prezzo individuale di produzione superiore al prezzo regolatore, la plusproduttività dei quali è perciò non soltanto zero, ma inferiore a zero, un minus, ossia inferiore alla produttività del medesimo investimento di capitale nel terreno regolatore A, portano il prezzo individuale medio del prodotto complessivo del terreno migliore sempre più vicino al prezzo generale di produzione, riducono quindi sempre di più la differenza fra questi due prezzi, che costituisce il plusprofitto, rispettivamente la rendita. Una quantità sempre maggiore di quello che formava plusprofitto o rendita passa nella formazione del profitto medio. Ma, nonostante ciò, il capitale complessivo investito in un acro di B continua a fruttare un plusprofitto, sia pure un plusprofitto che decresce con l’accrescersi della massa di capitale avente produttività inferiore al normale, e col grado di questa sottoproduttività. La rendita, con un capitale crescente ed una produzione crescente, diminuisce in questo caso assolutamente per acro, non soltanto in rapporto alla grandezza crescente del capitale investito, come nel caso secondo. La rendita può scomparire solo quando il prezzo medio individuale di produzione del prodotto complessivo del terreno migliore B coincide con il prezzo regolatore, cioè quando l’intero plusprofitto dei primi investimenti di capitale più produttivi è assorbito nella formazione del profitto medio. Il limite minimo della caduta della rendita per acro è costituito dal punto in cui essa scompare. Ma questo punto viene raggiunto non quando gli investimenti addizionali di capitale operano con sottoproduttività, bensì quando l’investimento addizionale delle parti di capitale sottoproduttive diventa così grande che il loro effetto annulla la produttività eccedente dei primi investimenti di capitale e la produttività del capitale complessivo investito diventa uguale a quella di A, ossia quando il prezzo medio individuale del quintale di B uguaglia quello del quintale di A. Anche in questo caso il prezzo di produzione regolatore, 720 €. per quintale, rimarrebbe invariato, pur essendo scomparsa la rendita. Solo al di là di questo punto il prezzo di produzione dovrebbe aumentare in seguito all’accrescersi sia del grado di sottoproduttività del capitale addizionale, sia della grandezza del capitale addizionale avente la stessa sottoproduttività. Ad es. se nella tabella precedente (tab a) in luogo di 1,5 qli fossero prodotti 2,5 qli, a 960 €. per quintale, sul medesimo terreno, noi avremmo complessiva mente 7 qli ad un costo di produzione di 5.280 €. Il quintale verrebbe a costare 840 €., superando di 34,28 €. il prezzo di produzione generale, che dovrebbe aumentare. Per un lungo periodo, quindi, potrebbe venire investito un capitale addizionale con sottoproduttività, ed anche con sottoproduttività crescente, prima che il prezzo medio individuale per quintale del terreno migliore uguagliasse il prezzo generale di produzione e l’eccedenza dell’ultimo sul primo, e con ciò il plusprofitto e la rendita scomparissero interamente. Ed anche in questo caso, con lo scomparire della rendita dai tipi migliori di terreno, il prezzo individuale medio del loro pro dotto verrebbe appena a coincidere con il prezzo di produzione generale, così che questo ultimo prezzo non dovrebbe aumentare. Nell’esempio precedente, nel terreno migliore B, che è però l’ultimo nella graduatoria dei terreni migliori o produttivi di rendita, 3,5 qli erano prodotti da un capitale di 600 €. con plusproduttività, e 2,5 qli da un capitale di 2.400 €. con sottoproduttività, complessivamente quindi 6 qli, di cui 5/12 sono prodotti dalle ultime parti di capitale investite con sottoproduttività. E solamente a questo punto il prezzo individuale medio di produzione dei 6 qli aumenta a 720 €. per quintale, coincide quindi con il prezzo generale di produzione. Sotto la legge della proprietà fondiaria, tuttavia, gli ultimi 2,5 qli non avrebbero potuto essere prodotti in questo modo a 720 €. per quintale, a meno che essi potessero essere prodotti su 2 nuovi acri del terreno A. Il caso in cui, il capitale addizionale produce ancora soltanto al prezzo generale di produzione, avrebbe costituito il limite. Oltre questo limite l’investimento addizionale di capitale nel medesimo terreno cesserebbe. Se l’affittuario, infatti, deve pagare 1.080 €. di rendita per i due primi investimenti di capitale, egli deve continuare a pagane, ed ogni investimento di capitale che produce il quintale a 720 €., gli verrebbe a causare una detrazione dal profitto. La compensazione del prezzo di produzione individuale, nel caso di sottoproduttività, è perciò impedita. Applichiamo a questo caso l’esempio precedente, in cui il prezzo di produzione del terreno A, di 720 €. per quintale, regola il prezzo per B.
I costi di produzione dei 3,5. qli sui due primi investimenti di capitale ammontano ugualmente a 720 €. per quintale per l’affittuario, poichè egli deve pagare una rendita di 1.080 €., col che dunque la differenza fra il suo prezzo di produzione individuale ed il prezzo di produzione generale non affluisce nelle sue tasche. Per lui, quindi, l’eccedenza del prezzo del prodotto dei due primi investimenti di capitale non può servire per la compensazione del deficit inerente ai prodotti del terzo e quarto investimento di capitale. Gli 1,5 qli corrispondente all’investimento di capitale 3 costa all’affittuario, profitto incluso, 1.440 €.; ma al prezzo regolatore di 720 €. per quintale egli può vendere soltanto a 1.080 €. In altre parole, egli verrebbe a perdere non solamente tutto il suo profitto, ma per di più 120 €., o il 10% del capitale investito di 600 €. La perdita di profitto e capitale, con l’investimento 3, ammonterebbe per lui a 360 €. e con l’investimento 960 a 720 €., complessivamente 1.080 €., uguagliando esattamente la rendita dei migliori investimenti di capitale, il cui prezzo individuale di produzione tuttavia non può entrare quale elemento di compensazione nel prezzo individuale medio di produzione del prodotto complessivo di B, dato che la sua eccedenza è ceduta come rendita ad un terzo. Se la domanda richiedesse che l’1,5 qli addizionale dovesse essere prodotto dal terzo investimento di capitale, il prezzo regolatore di mercato dovrebbe salire a 960 €. per quintale. In seguito a questo aumento del prezzo di mercato regolatore, la rendita su B si accrescerebbe per il primo e secondo investimento di capitale e si formerebbe una rendita su A. Quantunque quindi la rendita differenziale non sia altro che una trasformazione formale del plusprofitto in rendita, e la proprietà fondiaria qui non faccia altro che consentire al proprietario di trasferire nelle sue tasche il plusprofitto dell’affittuario, risulta tuttavia che l’investimento progressivo di capitale sul medesimo appezzamento, oppure, il che rappresenta la stessa cosa, l’accrescimento del capitale investito nello stesso appezzamento, raggiunge il suo limite molto più rapidamente quando il saggio di produttività del capitale decresce ed il prezzo regolatore rimane invariato, insomma incontra di fatto, in misura più o meno grande, una barriera artificiale dovuta alla semplice trasformazione formale del plusprofitto in rendita fondiaria, che deriva dalla proprietà fondiaria. L’accrescersi del prezzo generale di produzione, che diventa qui necessario quando è superato un limite più basso di quello che si determinerebbe in altre circostanze, è in questo caso non soltanto causa dell’aumento della rendita differenziale, ma l’esistenza della rendita differenziale in quanto rendita è al tempo stesso causa dell’anticipato e più rapido aumento del prezzo generale di produzione, al fine di assicurare l’offerta del maggiore prodotto resosi indispensabile. Vi è da osservare inoltre: L’aggiunta di capitale nel terreno B non potrebbe, come sopra, far salire il prezzo regolatore a 960 €., se il terreno A mediante un secondo investimento di capitale fornisse il prodotto addizionale al di sotto di 960 €. o se entrasse in concorrenza un nuovo terreno, peggiore di A, il cui prezzo di produzione fosse superiore a 720 €, ma inferiore a 960 €. Si vede dunque che la rendita differenziale I e la II, pur costituendo quella la base di questa, in pari tempo si limitano a vicenda, il che determina ora investimenti successivi di capitale in un medesimo terreno, ora investimenti paralleli su nuovi terreni addizionali. Questa reciproca limitazione si esplica anche in altri casi, per esempio, quando subentrano terreni migliori. |
AVVERTENZA PER IL LETTORE Il testo del III libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche: 1 – non sono state riportate le note che Marx ed Engels richiamano nel testo (fatte salve alcune eccezioni); 2 – sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda gli esempi numerici in cui, per facilitare la lettura; a – sono state cambiate le unità di misura e le grandezze; b – diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle; c – in alcuni esempi numerici le cifre decimali sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata con un apice (‘). Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio. In altre parti si sono invece mantenute le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione o per ragioni di fedeltà storica. Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro, laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”. Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue. Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:
Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:http://www.marxists.org/xlang/marx.htm |