IL CAPITALE

LIBRO III

SEZIONE V

SUDDIVISIONE DEL PROFITTO IN INTERESSE
E GUADAGNO D’IMPRENDITORE.

IL CAPITALE PRODUTTIVO D’INTERESSE.

CAPITOLO 35

METALLO PREZIOSO E CORSO DEI CAMBI

1. IL MOVIMENTO DEL TESORO AUREO.

Per quanto riguarda l’accumulazione di banconote in periodi di difficoltà monetaria si può osservare che essa ripete la tesaurizzazione di metalli preziosi alla quale soleva ricorrere in periodi critici la società ancora allo stato primitivo. La legge del 1844 è interessante nelle sue conseguenze per il fatto che cerca di trasformare in mezzo di circolazione tutti i metalli preziosi che si trovano nel paese; essa cerca di far coincidere il deflusso di oro con una contrazione del mezzo di circolazione e l’afflusso di oro con una espansione del mezzo di circolazione. E proprio in virtù di questa legge è stata offerta la dimostrazione sperimentale del contrario. Con una sola eccezione che menzioneremo subito; la massa dei biglietti della Banca d’Inghilterra in circolazione a partire dal 1844 non ha mai toccato il massimo che la Banca era autorizzata ad emettere. E la crisi del 1857 ha dimostrato d’altro lato che, in certe circostanze, questo massimo non è sufficiente. Fra il 13 ed il 30 novembre 1857 circolavano in media giornalmente 488.830 Lst. in più di questo massimo (Bank Acts, 1858, p. XI). Il massimo legale in tale periodo era di 14.475.000 Lst. più l’ammontare del tesoro metallico nei forzieri della Banca.

Per quanto riguarda il flusso e deflusso del metallo prezioso si deve notare:

Primo, si deve fare una distinzione fra il flusso e il deflusso del metallo in una regione che non produce né oro né argento da un lato e dall’altro il flusso dell’oro e dell’argento dalle loro fonti di produzione verso gli altri paesi e la distribuzione di questo metallo addizionale fra questi ultimi.

Prima che le miniere d’oro della Russia, della California e dell’Australia esercitassero la loro influenza, l’afflusso era appena sufficiente, a partire dall’inizio di questo secolo, a rimpiazzare le monete logorate, a soddisfare la domanda abituale di articoli di lusso e ad alimentare le esportazioni di argento verso l’Asia.

Ma da allora, in primo luogo, con lo sviluppo delle relazioni commerciali fra l’Asia l’America e l’Europa, le esportazioni di argento verso l’Asia si sono accresciute straordinariamente. La maggior parte di questo argento esportato dall’Europa fu sostituito con oro addizionale. Inoltre una parte dell’oro importato ex novo fu assorbito dalla circolazione monetaria interna. Si calcola che fino al 1857 circa 30 milioni di questo oro addizionale affluissero nella circolazione interna dell’Inghilterra. In seguito, a partire dal 1844, l’ammontare medio delle riserve metalliche si accrebbe in quasi tutte le banche centrali dell’Europa e dell’America del Nord.  L’accrescimento della circolazione monetaria interna ebbe contemporaneamente come conseguenza che nei periodi di stasi, susseguenti ai periodi di panico, la riserva bancaria crebbe più rapidamente già per il fatto che una massa maggiore di moneta aurea era eliminata dalla circolazione interna ed immobilizzata. Infine, dopo la scoperta dei nuovi giacimenti d’oro, il consumo dei metalli preziosi per articoli di lusso aumentò in seguito all’accrescersi della ricchezza.

Secondo. Fra i paesi che non producono oro e argento, il metallo prezioso si trova in un movimento costante di afflusso e deflusso; lo stesso paese ne importa e ne esporta di continuo. È soltanto il prevalere di questo movimento da un lato o dall’altro che decide se in definitiva vi sarà un deflusso o un afflusso, poiché i due movimenti puramente oscillanti e spesso paralleli in gran parte si neutralizzano. Ma ne deriva pure che, per quanto riguarda questo risultato, non viene fatta attenzione alla stabilità e al processo, nel suo insieme parallelo, di questi due movimenti. Si considerano sempre le cose come se una eccedenza della importazione o della esportazione di metallo prezioso fosse soltanto effetto ed espressione del rapporto tra l’importazione e l’esportazione di merci, mentre è al tempo stesso espressione del rapporto fra l’importazione e l’esportazione di metallo prezioso, indipendentemente dal commercio delle merci.

Terzo. Il prevalere della importazione sulla esportazione e viceversa può essere misurato, in grandi linee, in base all’aumento o alla diminuzione della riserva metallica nelle banche centrali. Il grado di esattezza di questo indice dipende naturalmente innanzitutto dal grado di accentramento del sistema bancario in generale. Da ciò dipende infatti fino a qual punto il metallo prezioso accumulato nella cosiddetta banca nazionale rappresenti in generale il tesoro metallico nazionale. Ammesso per altro che il sistema bancario sia accentrato, questo indice non è esatto, perché in date circostanze, una importazione addizionale di metallo può venire assorbita dalla circolazione interna e dal crescente consumo di oro ed argento per la fabbricazione di articoli di lusso. A ciò si aggiunge che, senza una importazione addizionale, si può verificare una sottrazione di monete d’oro per la circolazione interna, e in tal modo il tesoro metallico può diminuire anche senza un contemporaneo aumento dell’esportazione.

Quarto. Una esportazione di metallo assume l’aspetto di un deflusso (drain), quando il movimento di diminuzione si prolunga, cosicché la diminuzione si presenta come tendenza del movimento, e la riserva metallica della banca si riduce in modo sensibile al di sotto del suo livello medio fino a raggiungere quasi il suo minimo medio. Tale minimo è fissato in modo più o meno arbitrario essendo esso determinato diversamente in ogni singolo caso dalla legislazione che regola la copertura per il pagamento in contanti delle banconote ecc. A proposito dei limiti quantitativi che un deflusso di questo tipo può raggiungere in Inghilterra, Newmarch dice davanti al [Committee on] Bank Acts, 1857, deposizione n. 1494:«A giudicare dall’esperienza è molto improbabile che il deflusso del metallo dovuto ad una qualsiasi fluttuazione del commercio estero superi i 3 o 4 milioni di Lst.». Nel 1847 la riserva aurea della Bank of England tocca il suo livello più basso, precisamente il 23 ottobre, presentando rispetto al 26 dicembre 1846 una riduzione di 5.198.156 Lst., e rispetto al livello più elevato del 1846 (29 agosto) una riduzione di Lst. 6.453.748.

Quinto. La destinazione della riserva metallica della cosiddetta Banca Nazionale — destinazione tuttavia che non è la sola a determinare la misura del tesoro metallico, tale tesoro potendo accrescersi per una semplice paralisi del commercio interno ed estero — è triplice:

1.      Fondo di riserva per i pagamenti internazionali, in una parola fondo di riserva di moneta mondiale.

2.      Fondo di riserva per la circolazione metallica interna, che alterna espansione e contrazione.

3.      Fondo di riserva per il rimborso dei depositi e per la convertibilità delle banconote.

Quest’ultima destinazione è connessa con la funzione bancaria e non ha nulla a che vedere con le funzioni del denaro in quanto semplice denaro. Il fondo di riserva può dunque anche subire alterazioni in conseguenza di situazioni che toccano specificamente una sola di queste tre funzioni, così in quanto fondo internazionale può subire modificazioni a causa della bilancia dei pagamenti, qualunque siano i fattori che la determinano e qualunque sia il suo rapporto con la bilancia commerciale: in quanto fondo di riserva della circolazione metallica interna a causa dell’espandersi o contrarsi di questa circolazione. La terza funzione, quella di fondo di garanzia, non determina, è vero, il movimento autonomo della riserva metallica, ma esercita un’azione duplice. Se vengono emesse le banconote che sostituiscono nella circolazione interna il denaro metallico (quindi anche le monete d’argento nei paesi in cui l’argento serve da misura di valore) viene meno la seconda funzione del fondo di riserva. E una parte del metallo prezioso, che è stato impiegato per questa funzione, emigrerà permanentemente all’estero. In questo caso non vengono prelevate monete metalliche per la circolazione interna; cade con ciò il temporaneo rafforzamento della riserva metallica mediante immobilizzazione di una parte del metallo monetario in circolazione. Inoltre: se in tutte le circostanze si deve conservare un minimo di tesoro metallico per il rimborso dei depositi e la convertibilità delle banconote, ciò si ripercuote in modo particolare sulle conseguenze di un afflusso o di un deflusso d’oro; si ripercuote su quella parte del tesoro che la Banca è obbligata a conservare in tutte le circostanze, oppure su quella di cui cerca invece di liberarsi in un dato momento perché superflua. Nel caso di una circolazione puramente metallica e di un sistema bancario concentrato, la Banca dovrebbe parimenti considerare il suo tesoro metallico come garanzia per il rimborso dei suoi depositi e, verificandosi un deflusso di metallo, potrebbe subentrare lo stesso panico che si ebbe ad Amburgo nel 1857.

Sesto. Ad eccezione, forse, del 1837, la crisi effettiva è sempre scoppiata dopo che il corso dei cambi aveva subito una svolta, ossia non appena l’importazione di metallo prezioso aveva di nuovo prevalso sulla esportazione.

Nel 1825 la crisi effettiva scoppiò dopo che il deflusso dell’oro era cessato. Nel 1839 vi fu un deflusso dell’oro senza che si verificasse una crisi. Nel 1847 il deflusso dell’oro cessava in aprile e la crisi si ebbe in ottobre. Nei 1857 il crack si ebbe alla fine di novembre, mentre il deflusso dell’oro verso l’estero era cessato dall’inizio di novembre.

Ciò si manifesta con particolare evidenza nella crisi del 1847, ancorché il deflusso dell’oro venne a cessare già in aprile, dopo aver provocato un’antecrisi relativamente di modeste proporzioni, mentre la crisi commerciale vera e propria scoppiò solo in ottobre.

Le dichiarazioni seguenti sono fatte davanti al Secret Committee of the House of Lords on Commercial Distress, 1848; le deposizioni (evidence) furono pubblicate solo nel 1857 (citato anche come Commerciai Distress, 1848-57).

Deposizioni di Tooke: «Nell’aprile 1847 si ebbe un periodo di difficoltà monetaria che a rigor di termini equivaleva al panico, ma relativamente di breve durata, che non fu accompagnata da fallimenti commerciali di qualche entità. In ottobre le difficoltà erano di gran lunga più intense che in un qualsiasi momento dell’aprile e si ebbe un numero inaudito di fallimenti commerciali» (2996). «In aprile il corso dei cambi, particolarmente con l’America, ci pose nella necessità di esportare una considerevole massa di oro in pagamento di una importazione eccezionalmente forte; soltanto con sforzi straordinari la Banca riuscì a fermare il deflusso dell’oro ed a far risalire il corso dei cambi» (2997). «In ottobre il corso dei cambi era favorevole all’Inghilterra» (2998). «La svolta nel corso dei cambi ebbe inizio nella terza settimana di aprile» (3000). «In luglio e in agosto esso oscillò; a partire dall’inizio di agosto esso fu permanentemente favorevole all’Inghilterra» (3001). Il deflusso dell’oro nell’agosto «fu provocato dalla domanda per la circolazione interna» [3003].

J. Morris, governatore della Banca d’Inghilterra: quantunque dall’agosto 1847 il corso dei cambi sia stato favorevole all’Inghilterra ed in conseguenza si sia avuta una importazione d’oro, la riserva metallica della Banca subì tuttavia una riduzione. «Nel paese affluirono 2.200.000 Lst. in oro a causa della domanda interna» (137). Ciò si spiega. da un lato con il fatto che la costruzione delle ferrovie offrì lavoro a un numero maggiore di operai, dall’altro con il «desiderio dei banchieri di possedere durante la crisi una propria riserva d’oro» (147).

Palmer, ex governatore e dal 1811 direttore della Bank of England:

«684. Durante tutto il periodo che va dalla metà di aprile 1847 fino al giorno in cui fu sospeso il Bank Act del 1844, il corso dei cambi fu sempre favorevole all’Inghilterra».

Il deflusso metallico, che nell’aprile 1847 aveva provocato di per sé un panico monetario, qui, come sempre, non faceva che precorrere la crisi e quando questa scoppiò gli era già subentrato il movimento opposto. Nel 1839 si ebbero contemporaneamente una forte depressione negli affari ed un deflusso di metallo molto considerevole — per grano ecc. — ma senza crisi e panico monetario.

Settimo. Non appena le crisi generali si sono esaurite, l’oro e l’argento — a prescindere dall’afflusso di nuove quantità di metallo prezioso fornito dai paesi produttori — si distribuiscono di nuovo nelle proporzioni in cui si trovavano in quanto tesoro particolare dei diversi paesi in condizioni di equilibrio. Rimanendo invariate le altre circostanze, la loro grandezza relativa in ogni paese sarà determinata dall’importanza che ogni paese riveste nel mercato mondiale. Defluiscono dal paese che ne aveva una quota superiore al normale per affluire in un altro; questo movimento di afflusso e deflusso ristabilisce semplicemente quella che era la loro distribuzione originaria fra i vari tesori nazionali. Questa redistribuzione si attua tuttavia sotto l’effetto di diverse circostanze, di cui noi parleremo trattando del corso dei cambi. Non appena si è ristabilita la ripartizione normale — da questo momento in poi — si verifica in un primo tempo un aumento e poi di nuovo un deflusso. (Questa ultima affermazione vale naturalmente soltanto per l’Inghilterra, centro del mercato monetario mondiale. F.E.).

Ottavo. I deflussi di metallo sono per la maggior parte sintomo di una modificazione della situazione del commercio estero e questa modificazione è a sua volta un sintomo che stanno maturando le condizioni per una nuova crisi.

Nono. La bilancia dei pagamenti può essere favorevole all’Asia  e sfavorevole all’Europa ed all’America. L’importazione di metallo prezioso avviene prevalentemente in due momenti: da un lato nella prima fase di basso saggio dell’interesse, che segue la crisi ed esprime la riduzione della produzione; e poi ha ancora raggiunto il suo livello medio. Questa è la fase in cui i riflussi avvengono facilmente, il credito commerciale è grande, e quindi la domanda di capitale da prestito non aumenta in rapporto all’ampliamento della produzione. In ambedue le fasi in cui il capitale da prestito è relativamente abbondante, l’afflusso eccedente di capitale che esiste sotto forma di oro e argento, cioè sotto una forma in cui esso può operare in un primo momento soltanto come capitale da prestito, deve avere una influenza notevole sul saggio dell’interesse e quindi sul tono di tutta l’attività commerciale.

D’altro lato: vi è deflusso, forte e continuata esportazione di metallo prezioso quando il flusso dei rientri rallenta, i mercati sono saturi, e l’apparente prosperità viene mantenuta ancora soltanto mediante il credito; quando cioè esiste già una domanda molto intensificata di capitale da prestito, e perciò il saggio dell’interesse ha già raggiunto almeno il suo livello medio. In queste circostanze, che si riflettono appunto nel deflusso di metallo prezioso, si rafforza notevolmente l’effetto del ritiro continuato di capitale in una forma in cui esso esiste direttamente come capitale monetario da prestito. Ciò deve influire direttamente sul saggio dell’interesse. Ma, invece di limitare l’attività creditizia, l’aumento del saggio dell’interesse la allarga e la porta a impegnare all’eccesso tutte le sue risorse. Questo periodo precede quindi il crack.

Viene chiesto a Newmarch (Bank Acts, 1857):

«1520. L’importo delle cambiali circolanti aumenta dunque con il saggio dell’interesse?

Sembra di sì».

«1522. In tempi normali, tranquilli, il libro mastro è l’effettivo strumento dello scambio; ma quando sorgono difficoltà, quando, per esempio, nelle circostanze che ho già ricordato, il saggio di sconto della banca viene elevato...., allora gli affari si risolvono spontaneamente nell’emissione di cambiali; queste cambiali non solo sono più adatte a servire da prova legale della conclusione dell’affare, ma si adattano anche meglio allo scopo di effettuare nuovi acquisti e sono soprattutto utilizzabili come mezzi di credito, per farsi prestare capitale». Si aggiunga che, quando in circostanze alquanto minacciose la banca aumenta il suo saggio di sconto — il che contemporaneamente fa sussistere la probabilità che la banca rifiuti di scontare cambiali con scadenza superiore a un certo limite — subentra il timore generale che questa tendenza si sviluppi crescendo. Ognuno, e in primo luogo lo speculatore creditizio, cerca quindi di scontare il futuro e di avere a propria disposizione in quel dato momento la maggior quantità possibile di mezzi di credito. I motivi or ora addotti si risolvono dunque nel fatto che la pura e semplice quantità del metallo prezioso, sia importato che esportato, non agisce come tale, ma agisce in primo luogo attraverso il carattere specifico del metallo prezioso come capitale sotto forma monetaria, e in secondo luogo come la piuma che, aggiunta al peso sulla bilancia oscillante, è capace di farla traboccare da una parte; agisce, perché sopravviene in circostanze in cui qualsiasi cosa in più da questa o quella parte è decisiva. Senza questi motivi sarebbe assolutamente incomprensibile come un deflusso d’oro, poniamo di 5-8 milioni di sterline, e questo limite, come mostra l’esperienza, non è stato finora superato, possa avere effetti di qualche importanza; questo eccesso o difetto di capitale, che appare insignificante anche di fronte ai settanta milioni di sterline in oro che circolano in media in Inghilterra, è in effetti, per una produzione che ha il volume dì quella inglese, una grandezza trascurabile . Ma è appunto lo sviluppo del sistema creditizio e bancario che da un lato costringe tutto il capitale monetario al servizio della produzione (o, il che è lo stesso, tramuta ogni entrata monetaria in capitale) e che, d’altro lato, in una certa fase del ciclo, riduce la riserva metallica a un minimo in cui essa non può più adempiere le funzioni che le spettano — è questo sistema creditizio e bancario perfezionato che produce questa ipersensibilità dell’intero organismo. In stadi meno sviluppati della produzione il ridursi o l’aumentare del tesoro rispetto alla sua consistenza media, è una cosa relativa mente indifferente. Così pure, d’altra parte, perfino un deflusso d’oro molto notevole rimane relativamente senza effetto se non avviene nel periodo critico del ciclo industriale.

Nella spiegazione data si è fatta astrazione dai casi in cui il deflusso metallico avviene in seguito a cattivi raccolti ecc., poiché in questi casi la rottura profonda e .improvvisa dell’equilibrio della produzione, di cui il deflusso è espressione, rende inutile ogni ulteriore spiegazione dei suoi effetti. Questi effetti sono tanto più grandi quanto più tale rottura avviene in un periodo in cui la produzione è intensa.

Abbiamo inoltre fatto astrazione dalla funzione della riserva metallica come garanzia della convertibilità delle banconote e come perno di tutto il sistema creditizio. La banca centrale è il perno del sistema creditizio. E la riserva metallica da parte sua è il perno della banca . Il rovesciamento del sistema creditizio in sistema monetario è necessario, come ho già messo in evidenza nel Libro I, cap. III , a proposito dei mezzi di pagamento. Tanto Tooke quanto Lloyd-Overstone ammettono che sono necessari i più grandi sacrifici sulla ricchezza reale, per conservare, in momenti critici, la base metallica. La discussione verte soltanto sul grado maggiore o minore, sul modo più o meno razionale di trattare l’inevitabile. Si afferma che perno del sistema è una certa quantità di metallo, insignificante rispetto alla produzione generale. Da ciò deriva, a parte l’orrenda esemplificazione del perno delle crisi, il bel dualismo teorico. In quanto si occupa « del capitale » ex professo l’economia illuminata guarda dall’alto in basso, con il massimo disprezzo, l’oro e l’argento, come se si trattasse in realtà della forma più indifferente e più sterile del capitale. Ma non appena si occupa del sistema bancario, tutto si capovolge, e l’oro e l’argento diventano il capitale par excellence, alla cui conservazione qualsiasi altra forma di capitale e di lavoro deve essere sacrificata. Ma in che cosa si distinguono l’oro e l’argento dalle altre forme della ricchezza? Non per la grandezza del valore, tale grandezza essendo determinata dalla quantità di lavoro che vi si trova oggettivato. Ma come incarnazioni autonome, espressioni del carattere sociale della ricchezza. (La ricchezza della società esiste soltanto come ricchezza di singoli, che ne sono i proprietari privati. Essa si presenta come sociale solo per il fatto che questi singoli individui, al fine di soddisfare i loro bisogni, si scambiano fra di loro valori d’uso qualitativamente diversi. Nella produzione capitalistica essi possono farlo soltanto per mezzo del denaro. Così soltanto per mezzo del denaro la ricchezza del singolo viene realizzata come ricchezza sociale; in questa cosa che è il denaro, è materializzata la natura sociale di questa ricchezza. F.E.). Questa sua essenza sociale appare come qualcosa al di fuori, come cosa, oggetto, merce, accanto e al di fuori degli elementi effettivi della ricchezza sociale. Fino a che la produzione è in movimento, questo aspetto viene dimenticato. Il credito, anch’esso forma sociale della ricchezza, soppianta il denaro e ne usurpa il posto. È la fiducia nel carattere sociale della produzione, che fa apparire la forma monetaria dei prodotti esclusivamente come qualche cosa di passeggero e i come semplice rappresentazione. Ma, non appena il credito viene scosso — e questa fase si presenta immancabilmente nel ciclo della industria moderna — qualsiasi ricchezza reale deve essere trasformata concretamente e improvvisamente in denaro, in oro e in argento, una pretesa assurda che deriva però necessariamente dal sistema stesso. E l’oro e l’argento, che devono soddisfare a queste incredibili pretese, ammontano in tutto a un paio di milioni che giacciono nelle casseforti della banca. Riguardo agli effetti del deflusso dell’oro, il fatto che la produzione, in quanto produzione sociale, non è realmente sottoposta al controllo sociale, si manifesta nel modo più evidente nel fatto che la forma sociale della ricchezza esiste come una cosa al di fuori di essa. Questo il sistema capitalistico lo ha di fatto in comune con i sistemi di produzione precedenti, nella misura in cui questi si fondano sul commercio delle merci e sullo scambio dei privati. Ma soltanto nel sistema capitalistico ciò si presenta nella forma più clamorosa e grottesca di assurda contraddizione e controsenso,

1)     perché nel sistema capitalistico la produzione per il valore d’uso immediato, per l’uso diretto dei produttori è abolita in misura più completa che negli altri sistemi, quindi la produzione esiste soltanto come un processo sociale che si esprime nel concatenamento della produzione e della circolazione;

2)     perché, con lo sviluppo del sistema creditizio, la produzione capitalistica tende continuamente a sopprimere questa barriera metallica, al tempo stesso concreta e fantastica della ricchezza e del suo movimento, ma continuamente sbatte la testa contro di essa.

Al momento della crisi si ha la pretesa che tutte le cambiali, i titoli, le merci debbano essere a un tratto e contemporaneamente convertibili in moneta bancaria e tutta questa moneta bancaria a sua volta in oro.

2. IL CORSO DEI CAMBI.

Il barometro del movimento internazionale dei metalli monetari è, come è noto, il corso dei cambi. Se l’Inghilterra deve fare dei pagamenti alla Germania superiori a quelli che la Germania deve fare all’Inghilterra, allora il prezzo del marco espresso in lire sterline aumenta a Londra, e il prezzo della sterlina, espresso in marchi, cade ad Amburgo e a Berlino. Se questa preponderanza di obbligazioni di pagamento dell’Inghilterra verso la Germania non trova compensazione, per esempio, in una maggiore quantità di acquisti da parte della Germania in Inghilterra, il prezzo della sterlina per le cambiali in marchi sulla Germania deve aumentare fino al punto in cui conviene inviare dall’Inghilterra in Germania in pagamento del metallo (oro coniato o lingotti), invece delle cambiali. Questo è lo svolgimento tipico delle cose.

Se questa esportazione di metallo prezioso assume una estensione maggiore e si prolunga nel tempo, la riserva bancaria inglese è intaccata ed il mercato monetario inglese, e per prima la Banca d’Inghilterra, deve prendere immediate misure di difesa. Queste consistono essenzialmente, come abbiamo già visto, in un aumento del saggio dell’interesse. Nel caso che si produca un notevole deflusso d’oro, il mercato monetario è in generale pesante, ossia la domanda di capitale da prestito nella forma monetaria supera notevolmente l’offerta, e l’aumento del saggio dell’interesse ne è una conseguenza naturale; il saggio di sconto decretato dalla Banca d’Inghilterra corrisponde alla situazione di fatto e si impone sul mercato. Si danno anche dei casi in cui il deflusso di metallo proviene da cause diverse che non sono le ordinarie operazioni commerciali (ad esempio, da prestiti a Stati esteri, da investimenti all’estero e così via), casi questi in cui il mercato monetario di Londra, in quanto tale, non giustifica un aumento sensibile del saggio dell’interesse; la Banca d’Inghilterra deve allora, mediante importanti prestiti sul «mercato aperto», rendere innanzitutto «il denaro scarso , come si usa dire, e creare così artificialmente una situazione che giustifichi un aumento del saggio dell’interesse o lo renda necessario; manovra questa che di anno in anno le diventa più difficile».(F.E.).

Le conseguenze di questo aumento del saggio dell’interesse sul corso dei cambi vengono mostrate dalle seguenti deposizioni fatte nel 1857 davanti alla Commissione della Camera bassa per le leggi bancarie (citata come Bank Acts o Bank Committee, 1857).

John Stuart Mill:

«2176. Quando gli affari diventano difficili... si verifica una diminuzione considerevole nel prezzo dei titoli... Gli stranieri fanno acquistare qui in Inghilterra azioni ferroviarie, oppure quegli inglesi che posseggono azioni ferroviarie straniere, le vendono all’estero... e di altrettanto viene diminuito il trasferimento dell’oro».

«2182. Una forte e ricca classe di banchieri e trafficanti in titoli, cui in genere si deve il livellamento del saggio dell’interesse e il livellamento della pressione (pressure) commerciale fra i diversi paesi... è sempre all’erta, pronta a comperare titoli, che promettono di salire di prezzo... il paese adatto in cui comperare questi titoli, sarà il paese che invia oro all’estero».

«2183. Questi investimenti di capitale si verificarono nel 1847 in misura notevole, sufficiente a diminuire il deflusso dell’oro».

J. G. Hubbard, ex governatore e, a partire dal 1838, membro della direzione della Banca d’Inghilterra:

«2545. Esiste una grande quantità di titoli europei... che hanno una circolazione nei diversi mercati monetari d’Europa, e non appena questi titoli cadono dell’1 o del 2% su un mercato, vengono subito comperati per essere spediti verso altri mercati, nei quali il loro valore si sostiene ancora».

«2565. Certi paesi stranieri non hanno forse debiti considerevoli verso i commercianti in   Inghilterra ?... Molto considerevoli».

«2566. L’incasso di questi crediti basterebbe da solo a spiegare un’accumulazione molto forte di capitale in Inghilterra? Nel 1847 la nostra situazione si ristabilì in definitiva per il fatto che demmo un colpo di spugna sui molti milioni di cui l’America e la Russia erano precedentemente debitrici verso l’Inghilterra». (L’Inghilterra era nello stesso tempo debitrice proprio a questi paesi «di tanti e tanti milioni» per importazioni di grano e non dimenticò di «dare un colpo di spugna su una gran parte del proprio debito» per mezzo dei fallimenti dei debitori inglesi. Vedere il rapporto del 1857 sulle leggi bancarie, al cap. 30 [FE].

«2572. Nel 1847 il corso dei cambi fra l’Inghilterra e Pietroburgo era molto alto. Quando fu emanato il decreto governativo che autorizzava la Banca a emettere le banconote, senza essere vincolata dal limite prescritto dei 14 milioni» (oltre la riserva aurea [FE]) «la condizione era che lo sconto dovesse essere mantenuto all’8%. In quel momento e a quel saggio di sconto, spedire dell’oro da Pietroburgo a Londra e darlo in prestito ai suo arrivo all’8%, fino alla scadenza delle cambiali a tre mesi che erano state spiccate per l’oro venduto, si presentava come un affare molto vantaggioso».

«2573. In tutte le operazioni che hanno per oggetto l’oro devono essere presi in considerazione molti elementi; tra questi il corso del cambio e il saggio dell’interesse al quale il denaro può essere investito fino a che la cambiale (spiccata per esso [FE]) viene a scadenza».

Il corso del cambio con l’Asia.

I punti seguenti sono importanti, da un lato perché essi mostrano come l’Inghilterra, quando il suo corso del cambio con l’Asia è sfavorevole, deve rifarsi con altri paesi le cui importazioni dall’Asia sono pagate per suo tramite. In secondo luogo essi sono importanti perché il sig. Wilson fa di nuovo lo sciocco tentativo di identificare l’effetto di una esportazione di metallo prezioso sul corso dei cambi con l’effetto di una esportazione di capitale in generale su questo corso; ambedue nel caso in cui si tratta di esportazione non come mezzo di pagamento o dì acquisto, ma come investimento di capitale. Innanzitutto è evidente che se un certo numero indeterminato di sterline vengono spedite nelle Indie sotto forma di metalli preziosi o di rotaie per essere là investite nelle ferrovie, si tratta soltanto di due forme diverse di trasferimento di un certo ammontare di capitale da un paese all’altro; e precisamente un trasferimento che non entra nell’ordine delle operazioni commerciali comuni e dal quale il paese esportatore non si attende altro riflusso oltre il reddito annuale che percepirà più tardi sulle entrate di queste ferrovie. Se questa esportazione avviene sotto forma di metallo prezioso, essendo  metallo prezioso e, come tale, capitale monetario immediatamente prestabile e base dell’intero sistema monetario, eserciterà, non necessariamente in tutti i casi ma in quei casi precedentemente esposti, una diretta influenza sul mercato monetario e, in conseguenza, sul saggio dell’interesse del paese che esporta questo metallo prezioso. Tale esportazione agisce anche direttamente sul corso del cambio. Infatti il metallo prezioso viene esportato unicamente perché e in quanto le cambiali, ad esempio, sull’India, che vengono offerte sul mercato monetario di Londra, non sono sufficienti per fare queste rimesse straordinarie. Si verifica, in altre parole, una domanda di cambiali sull’India che supera l’offerta e così il corso è momentaneamente sfavorevole all’Inghilterra, non perché essa sia debitrice all’India, ma perché essa deve inviare somme straordinarie alle Indie. A lungo andare un tale invio di metallo prezioso alle Indie deve avere come conseguenza di accrescere la domanda indiana di merci inglesi, facendo indirettamente aumentare la capacità di consumo delle Indie per quanto riguarda le merci europee. Se invece il capitale è inviato sotto forma di rotaie ecc., esso non può avere nessun influsso sul corso dei cambi, per il fatto che l’India non deve eseguire alcun rimborso per questa merce. Per questo stesso motivo non esercita necessariamente un influsso sul mercato monetario. Wilson cerca di stabilire un tale influsso affermando che una simile spesa straordinaria deve produrre una domanda straordinaria di prestiti monetari e influenzare di conseguenza il saggio dell’interesse. Questo fatto si può verificare: ma la pretesa che esso si debba verificare in tutti i casi è completamente sbagliata. In qualunque parte le rotaie siano inviate e fissate, su territorio inglese o su quello indiano, esse non rappresentano altro se non un determinato ampliamento della produzione inglese in una determinata sfera. È una sciocchezza affermare che un ampliamento della produzione, sia pure nell’ambito di confini molto ampi, non possa aver luogo senza provocare un aumento del saggio dell’interesse. I prestiti monetari possono aumentare, ossia può aumentare la somma degli affari che implicano operazioni di credito: ma queste operazioni possono aumentare pur rimanendo invariato il saggio dell’interesse. Ciò si verificava di fatto in Inghilterra dopo il 1840, durante il periodo della febbre delle ferrovie. Ed è evidente che, nella misura in cui viene preso in considerazione il capitale reale, ossia in questo caso le merci, l’effetto sul mercato monetario è identico, si tratti di merci destinate all’estero o al consumo interno. Vi potrebbe essere una differenza soltanto nel caso che gli investimenti di capitale dell’Inghilterra all’estero esercitassero un’azione restrittiva sulla sua esportazione commerciale — l’esportazione che deve essere pagata, dunque porta un riflusso — oppure in quanto questi investimenti di capitale fossero già un sintomo di una tensione eccessiva del credito e dell’inizio di operazioni a fondo speculativo.

Nel paragrafo seguente si trovano le domande di Wilson e le risposte di Newmarch [ Acts, 1857].

«1786. Lei ha affermato precedentemente, con riferimento alla domanda d’argento per le Indie, che, secondo il suo punto di vista, il corso del cambio con l’India era favorevole all’Inghilterra, nonostante i continui e importanti invii di metallo prezioso nell’Asia orientale: ha Lei motivi per sostenere questo? Certamente.., io constato che il valore reale delle esportazioni del Regno Unito verso le Indie nel 1851 ammontò a 7.420.000 Lst., a ciò si deve aggiungere l’ammontare delle cambiali dell’India House, cioè dei fondi che la Compagnia delle Indie orientali si procurò per sostenere le proprie spese. Queste cambiali ammontarono nel medesimo anno a 3.200.000 Lst., cosicchè l’esportazione complessiva del Regno Unito verso le Indie ammontò a 10.620.000 Lst. Nel 1855... il valore reale delle esportazioni di merci ammontò a 10.350.000 Lst.; le tratte dell’india House erano di 3.700.000 Lst.; l’esportazione complessiva quindi fu di 14.050.000 Lst. Per il 1851, credo, non siamo in grado di stabilire il valore reale delle merci importate dall’India in Inghilterra; lo possiamo invece stabilire per il 1854 e ‘55. Nel 1855 il valore reale complessivo delle importazioni di merci indiane in Inghilterra fu di 12.670.000 Lst. e questa somma, confrontata con 14.050.000 Lst., fa segnare un avanzo a favore dell’Inghilterra, nel commercio diretto fra i due paesi, di 1.380.000 Lst.».

A questo proposito Wilson nota che il corso dei cambi può essere influenzato anche dal commercio indiretto. Così ad es. le esportazioni delle Indie verso l’Australia e il Nord-America sono coperte da cambiali su Londra e si ripercuotono perciò nel corso dei cambi come se le merci fossero passate direttamente dalle Indie all’Inghilterra. Inoltre, se si considerassero complessivamente le Indie e la Cina, la bilancia sarebbe sfavorevole all’Inghilterra, la Cina dovendo effettuare continuamente pagamenti importanti alle Indie per l’oppio e l’Inghilterra pagamenti alla Cina e, tramite questo giro le somme, passano alle Indie (1787, 1788).

1791. Wilson domanda se l’effetto sul corso dei cambi non sarebbe uguale sia che il capitale «venga esportato sotto forma di rotaie e di locomotive, oppure sotto forma di moneta metallica ». Molto giustamente Newmarch risponde a questo proposito che i 12 milioni di Lst. che sono stati inviati negli ultimi anni nelle Indie per la costruzione di ferrovie sono serviti all’acquisto di una rendita annuale che l’India deve pagare all’Inghilterra in termini regolari. « Per quanto riguarda l’effetto immediato sul mercato dei metalli preziosi, l’investimento dei 12 milioni di Lst. può esercitare un effetto del genere solo in quanto si è dovuto spedire del metallo per un effettivo investimento in denaro».

1797. (Weguelin domanda): «Nel caso in cui non si verifichi riflusso in cambio di questo ferro (le rotaie), come si può parlare di un’azione sul corso dei cambi? Io non credo che quella parte del pagamento che è mandato all’estero sotto forma di merci abbia un’influenza sul corso dei cambi... il corso dei cambi fra due paesi viene influenzato, si può dire esclusivamente, dalla quantità delle obbligazioni o delle cambiali che sono offerte in un paese, in confronto alla quantità offerta in un altro paese. Questa è la teoria razionale del corso dei cambi. Per quanto riguarda l’invio dei 12 milioni, questi 12 milioni in primo luogo sono stati sottoscritti qui; se la situazione degli affari fosse tale che questi 12 milioni fossero depositati in moneta sonante a Calcutta, Bombay e Madras... questa domanda improvvisa si ripercuoterebbe violentemente sul prezzo dell’argento e sul corso dei cambi, come se la Compagnia delle Indie orientali desse domani la notizia che essa eleva le sue tratte da 3 a 12 milioni. Ma la metà di questi 12 milioni viene spesa... nell’acquisto di merci in Inghilterra... rotaie, legno e altro materiale... costituisce una spesa di capitale inglese nella stessa Inghilterra in un tipo determinato di merci da spedirsi alle Indie, e con ciò finisce la cosa».

1798 (Weguelin): «Ma la produzione di queste merci, ferro e legno, necessarie per le ferrovie provoca un forte consumo di merci straniere e ciò potrebbe pure ripercuotersi sul corso dei cambi? Certamente».

Ora Wilson esprime l’opinione che il ferro rappresenta in gran parte lavoro e che il salario pagato per questo lavoro rappresenta in gran parte merci importate (1799) e poi domanda ancora:

«1801. Ma parlando in generale: se le merci, che sono prodotte per mezzo del consumo di queste merci importate, vengono esportate in una forma tale che noi non riceviamo in cambio alcun pagamento, né in prodotti, né in altra maniera; la conseguenza di tutto ciò non sarebbe forse di rendere il corso dei cambi a noi sfavorevole? — È esattamente ciò che si è prodotto in Inghilterra nel periodo dei grandi investimenti ferroviari (1845 [FE]) Per tre, quattro o cinque anni consecutivi avete investito nelle ferrovie 30 milioni di Lst. e il tutto quasi esclusivamente in salari. Per tre anni avete occupato nella costruzione delle ferrovie, delle locomotive, dei vagoni, delle stazioni, un numero di operai superiore a quello impiegato in tutti i distretti industriali messi insieme. Questa gente... spendeva il proprio salario, nell’acquisto di tè, zucchero, alcolici e altri prodotti esteri; questi prodotti dovevano essere importati; ma è certo che durante il periodo in cui avvenne questa forte spesa, il corso dei cambi fra l’Inghilterra e gli altri paesi non fu disturbato in modo sensibile. Non si ebbe nessun deflusso di metallo prezioso, ma piuttosto un afflusso».

1802. Wilson insiste nel dire che, con l’equilibrio della bilancia e il corso alla pari fra l’Inghilterra e le Indie, l’esportazione eccezionale del ferro e delle locomotive «deve influenzare il corso dei cambi con le Indie». Newmarch non lo può ammettere fintanto che le rotaie vengono esportate come investimento di capitale e le Indie non le devono pagare sotto questa o quella forma; egli aggiunge: «Io sono del principio che nessun paese può avere per un tempo prolungato un corso del cambio sfavorevole con tutti i paesi con cui commercia; un corso del cambio sfavorevole con un paese ne produce necessariamente uno favorevole con un altro».

A questo punto Wilson gli obietta questa banalità:

«1803. Ma un trasferimento di capitale non sarebbe lo stesso, se il capitale viene inviato in questa o quella forma? Per quanto riguarda i debiti, certamente».

«1804. Che quindi Lei spedisca metallo prezioso o merci, l’effetto delle costruzioni ferroviarie in India sul mercato del capitale, qui, sarebbe identico e aumenterebbe egualmente il valore del capitale, come se tutto ciò che è stato spedito fosse metallo prezioso».

Se i prezzi del ferro non aumentarono, era comunque una prova che il «valore» del «capitale» contenuto nelle rotaie non era aumentato. Ciò di cui si tratta è il valore del capitale monetario, del saggio dell’interesse. Wilson vorrebbe identificare il capitale monetario con il capitale in generale. Sta di fatto, come prima cosa, che in Inghilterra si erano sottoscritti 12 milioni per le ferrovie indiane. Ciò non ha nulla a che fare direttamente con il corso dei cambi e la desti nazione dei 12 milioni è ugualmente indifferente per il mercato monetario. Se il mercato monetario si trova in una situazione favorevole, può darsi che questo non produca alcun effetto; così come appunto le sottoscrizioni ferroviarie inglesi del 1844 e ‘45 non turbarono affatto il mercato monetario. Se il mercato monetario è già relativamente pesante, il saggio dell’interesse potrebbe, è vero, esserne influenzato, ma soltanto nel senso del rialzo, e ciò secondo la teoria di Wilson dovrebbe avere sul corso dei cambi un effetto favorevole all’Inghilterra, ostacolerebbe la tendenza all’esportazione del metallo prezioso, se non verso l’India, verso qualche altro paese. Il signor Wilson salta di palo in frasca. Nella domanda n. 1802 è il corso dei cambi che dovrebbe essere influenzato, nel n. 1804 il «valore del capitale», cioè due cose assolutamente diverse. Il saggio dell’interesse può ripercuotersi sul corso dei cambi, e il corso dei cambi sul saggio dell’interesse, ma il saggio dell’interesse può mantenersi costante, nonostante che il corso dei cambi muti e viceversa. Non può entrare assolutamente in testa a Wilson che, inviando capitale all’estero, la semplice forma nella quale esso è inviato possa produrre un effetto tanto diverso, ossia che la differenza della forma del capitale abbia una tale importanza, e per di più proprio la forma monetaria; tutto ciò è in aperta contraddizione con l’economia illuminata. La risposta di Newmarch a Wilson è insoddisfacente, in quanto non gli fa affatto notare che egli, improvvisamente e senza motivo, è saltato dal corso dei cambi al saggio dell’interesse. Newmarch risponde a quella domanda 1804 in modo poco sicuro, titubante: «Non vi è dubbio alcuno che se i 12 milioni devono essere raccolti, è senza importanza, per quanto riguarda il saggio generale dell’interesse, che questi dodici milioni siano esportati sotto forma di metalli preziosi o di materiali. Io credo tuttavia» (bel passaggio questo per dire poi proprio il contrario) «che ciò non è del tutto senza importanza» (è senza importanza, tuttavia non è senza importanza) «perché nel primo caso i sei milioni di Lst. rifluirebbero immediatamente; nell’altro non rifluirebbero tanto rapidamente. Perciò farebbe» (quale precisione) «qualche differenza, a seconda che questi 6 milioni vengano spesi qui in Inghilterra o siano esportati completamente». Che cosa vuoi dire che i 6 milioni rifluirebbero immediatamente? In quanto i 6 milioni di Lst. sono spesi in Inghilterra, essi esistono sotto forma di rotaie, di locomotive ecc. che vengono spedite alle Indie, dalle quali non ritornano e il loro valore ritorna soltanto con l’ammortamento, quindi molto lentamente, mentre i 6 milioni di metallo prezioso ritornano, forse, molto rapidamente in natura. In quanto i 6 milioni sono stati spesi in salario, essi sono già stati consumati; ma il denaro che ha servito ad anticiparli, circola come prima nel paese o costituisce una riserva. Lo stesso si può dire per i profitti dei produttori di rotaie e quella parte dei 6 milioni che sostituisce il loro capitale costante. Newmarch si esprime quindi con la ambigua frase del riflusso soltanto per non dire direttamente: il denaro è rimasto nel paese, e in quanto esso ha la funzione di capitale monetario da prestito, la sola differenza che esiste per il mercato monetario (indipendentemente dal fatto che la circolazione potrebbe avere forse assorbito una maggiore quantità di moneta metallica), si riduce al fatto che il denaro è speso per conto di A invece che per conto di B. Investimenti di questo tipo, nei quali il capitale che viene trasferito in paesi stranieri consiste di merci e non di metalli preziosi, possono ripercuotersi sul corso dei cambi (e ciò non con il paese in cui è stato investito) solo in quanto la produzione di queste merci esportate esige un’importazione eccezionale di merci straniere. Questa produzione non ha allora per scopo di liquidare questa importazione eccezionale. Lo stesso si verifica però per qualsiasi esportazione a credito, che venga fatta per investimento di capitale o per comuni scopi commerciali. Inoltre questa importazione straordinaria può anche provocare, come reazione, una domanda straordinaria di prodotti inglesi, ad esempio, da parte delle colonie oppure degli Stati Uniti.

Newmarch aveva detto precedentemente [1786] che a causa delle tratte della Compagnia delle Indie, le esportazioni inglesi verso le Indie erano superiori alle importazioni. Sir Charles Wood lo sottopone a questo proposito a un fuoco incrociato di domande. Questa eccedenza delle esportazioni inglesi verso le Indie sulle importazioni è di fatto dovuta a importazioni dall’India per le quali l’Inghilterra non paga equivalente alcuno: le tratte della Compagnia delle Indie Orientali (attualmente governo delle Indie Orientali), si risolvono in un tributo che viene prelevato dalle Indie. Nel 1856, ad es., le importazioni dall’India in Inghilterra erano di 12.670.000 Lst;. le esportazioni inglesi verso le Indie di 10.350.000 Lst., con una differenza a favore dell’India di 2.250.000 Lst. «Se le cose si arrestassero qui, queste 2.250.000 Lst. verrebbero rimesse all’India sotto una forma o l’altra. Ma a questo punto arrivano le richieste dell’India House. L’India House annuncia di essere in grado di emettere delle tratte sui diversi governatori delle Indie per un ammontare di 3.250.000 Lst. (Questa somma fu prelevata per le spese fatte a Londra dalla Compagnia delle Indie Orientali e per i dividendi da pagare agli azionisti). E ciò non solamente liquida il disavanzo di 2.250.000 Lst. proveniente dalle operazioni commerciali, ma dà anche1 milione di eccedenza» (1917).

1922. (Wood:) «La conseguenza allora di queste tratte dell’India House non è di accrescere le esportazioni verso le Indie, ma di ridurle pro tanto (Proporzionalmente)?» (Dovrebbe dire di ridurre la necessità di coprire le importazioni venute dalle Indie con esportazioni verso le Indie per lo stesso ammontare). Il sig. Newmarch spiega ciò, dicendo che gli Inglesi, in cambio di questi 3.700.000 Lst. importano in India « del buon governo » (1925). Giustamente e con ironia dice Wood, che, come ministro delle Indie, conosceva molto bene il tipo di «buon governo» importato in India dagli inglesi, 1926. «Allora l’esportazione, che, come Lei dice, è causata dalle tratte dell’India House, è una esportazione di buon governo e non di merci». Poiché l’Inghilterra pratica molte esportazioni  «di questo tipo» per «buon governo» e per investimenti di capitale in paesi esteri — quindi riceve importazioni che sono assolutamente indipendenti dall’ordinario giro degli affari, tributi in parte per l’esportazione «di buon governo», in parte come reddito di capitali investiti nelle colonie o in altri paesi, tributi per cui essa non deve pagare equivalente alcuno — è chiaro che il corso dei cambi non ne risente se l’Inghilterra si mangia semplicemente questi tributi senza esportare in contropartita; ed è quindi chiaro anche che il corso dei cambi non ne risente se l’Inghilterra investe nuovamente questi tributi non in Inghilterra ma all’estero, in forma produttiva o improduttiva; se ad es. li utilizza per inviare munizioni in Crimea. Inoltre, in quanto le importazioni dall’estero entrano a far parte del reddito dell’Inghilterra — esse devono naturalmente essere state pagate sia nella forma di tributi, per i quali non è necessario un equivalente, sia scambiando cose per questi tributi non pagati, oppure tramite l’ordinario corso del commercio — l’Inghilterra può o consumarle o investirle di nuovo come capitale. Né l’uno né l’altro caso altera il corso dei cambi e questo sfugge al sapiente Wilson. Che una parte del reddito sia costituita da prodotti nazionali o da prodotti esteri, nel quale ultimo caso non si ha che semplice scambio di prodotti nazionali contro prodotti esteri, il consumo produttivo o improduttivo di questo reddito non modifica per nulla il corso dei cambi; quantunque possa modificare la scala della produzione. Da questo punto di vista occorre giudicare quanto segue.

1934. Wood gli domanda in qual modo l’invio di materiale bellico in Crimea verrebbe a alterare il corso dei cambi con la Turchia. Newmarch risponde: non capisco perché il semplice invio di materiale bellico debba necessariamente alterare il corso dei cambi, ma tale corso verrebbe sicuramente alterato dall’invio di metallo prezioso. In questo caso egli distingue quindi il capitale sotto forma monetaria da altro capitale. Ma ora Wilson domanda:

«1935. Se Lei organizza una esportazione su vasta scala di un qualsiasi articolo, senza che si abbia un’importazione corrispondente,» (il signor Wilson dimentica che, per quanto concerne l’Inghilterra, si ha un’importazione molto importante per la quale non ha mai avuto luogo un’esportazione corrispondente, se non nella forma di «buon governo» o di precedenti investimenti di capitale; in ogni caso nessuna importazione che entri nel movimento regolare del commercio. Ma questa importazione a sua volta viene scambiata, ad esempio, con prodotti americani, e il fatto che questi prodotti americani siano esportati senza un’importazione corrispondente, non modifica per nulla la cosa, ossia che il valore di questa importazione può essere consumato senza equivalente deflusso verso l’estero; è stata ricevuta senza una esportazione in contropartita e può quindi essere consumata senza entrare nella bilancia commerciale) «in tal caso Lei non paga il debito estero che ha contratto con la sua importazione». (Ma se questa importazione Lei l’ha già pagata in anticipo, ad esempio, mediante credito concesso a paesi esteri, non si contrae con ciò debito alcuno, e la questione non ha nulla a che vedere con la bilancia internazionale; si risolve in una spesa produttiva o improduttiva, indipendentemente dal fatto che i prodotti così consumati siano prodotti nazionali o esteri). «E perciò, con queste transazioni, Lei deve alterare il corso dei cambi, poiché non avendo la sua esportazione una importazione corrispondente, il debito estero non viene pagato. Questo è giusto in generale per tutti i paesi».

Il discorso di Wilson equivale all’affermazione che ogni esportazione senza una importazione corrispondente è al tempo stesso una importazione senza una esportazione corrispondente, perché le merci estere, quindi importate, entrano nella produzione degli articoli esportati.

La premessa è che qualsiasi esportazione di questo tipo è basata su una importazione non pagata, o la crea — quindi debito verso l’estero. Ciò è sbagliato anche indipendentemente dalle due circostanze che l’Inghilterra:

1)           riceve importazioni gratuite, per le quali non paga equivalente; ad es., una parte delle sue importazioni indiane. Essa può scambiare queste contro importazioni americane ed esportare queste ultime senza una contro-importazione; in ogni caso, per quanto riguarda il valore, essa ha esportato semplicemente ciò che non le è costato nulla.

2)           essa può avere pagato importazioni, ad es. importazioni americane, che costituiscono capi tale addizionale; se essa le consuma improduttivamente, ad esempio per munizioni di guerra, ciò non crea un debito verso l’America e il corso dei cambi con l’America rimane inalterato.

Newmarch si contraddice ai nn. 1934 e 1935 e Wood glielo fa rilevare, n. 1938:

«Se nessuna parte delle merci impiegate nella fabbricazione di articoli che noi esportiamo senza che avvenga riflusso» (spese belliche [FE]) «proviene dal paese al quale questi articoli sono inviati, come può questo fatto alterare il corso dei cambi con questo paese? Supponiamo che il commercio con la Turchia si trovi nel normale stato di equilibrio; come può l’esportazione di materiale bellico in Crimea alterare il corso dei cambi fra Inghilterra e la Turchia? A questo punto Newmarch perde la sua imperturbabilità; dimentica di avere già risposto correttamente alla stessa semplice domanda al n. 1934 e dice: «Noi abbiamo, mi pare, esaurito la questione pratica ed entriamo ora in una sfera molto elevata di discussione metafisica».

(Wilson ha anche un’altra versione della sua tesi, secondo cui il corso del cambio può essere alterato da qualsiasi trasferimento di capitale da un paese all’altro, sia che tale trasferimento si verifichi nella forma di metallo prezioso sia nella forma di merci. Wilson naturalmente sa che il corso del cambio viene influenzato dal saggio dell’interesse; particolarmente dal rapporto dei saggi dell’interesse in vigore in quei due paesi, del cui reciproco corso del cambio si fa qui questione. Se egli può dunque dimostrare che l’eccedenza di capitale in generale, quindi in primo luogo delle merci di ogni genere, incluso il metallo prezioso, contribuisce ad esercitare una influenza determinante sul saggio dell’interesse, egli si avvicina già di un passo al suo scopo; il trasferimento di una parte importante di questo capitale a un altro paese deve modificare il saggio dell’interesse in entrambi i paesi e precisamente in direzione opposta e con ciò in seconda istanza anche il corso dei cambi fra i due paesi. F.E.).

Egli dice ora nell’Economist, di cui a quei tempi era direttore [22 maggio] 1847, p. 574:

«È evidente che una tale eccedenza di capitale, indicata da ingenti scorte di qualsiasi tipo, incluso il metallo prezioso, deve necessariamente portare non soltanto ad una diminuzione dei prezzi delle merci in generale, ma anche ad una diminuzione del saggio dell’interesse  per l’uso del capitale (1). Se abbiamo a disposizione una scorta di merci sufficienti a rifornire il paese per i prossimi due anni, potremo disporre di queste merci per un periodo determinato ad un saggio molto più basso che nel caso in cui tale scorta fosse a mala pena sufficiente per due mesi (2). Tutti i prestiti di denaro, in qualsiasi forma vengano fatti, sono soltanto trasferimenti dall’uno all’altro della facoltà di disporre delle merci. Se perciò le merci sono sovrabbondanti l’interesse del denaro deve essere basso, se esse sono scarse, deve essere alto (3). Se le merci affluiscono in quantità maggiore, il numero dei venditori aumenterà rispetto a quello dei compratori, e nella proporzione in cui la quantità delle merci supera i bisogni del consumo immediato, una parte sempre maggiore verrà conservata al fine di essere utilizzata più tardi. In questi casi chi possiede le merci le venderà a condizioni di futuro pagamento o di credito più basse di quelle che farebbe se fosse sicuro di poter vendere tutta la sua scorta in poche settimane (4)».

Quanto all’affermazione fatta al n. 1 si deve notare che un più forte afflusso di metallo prezioso può avvenire contemporaneamente ad una contrazione della produzione, come si verifica sempre nel periodo che segue una crisi. Nella fase seguente il metallo prezioso può affluire dai paesi che producono in prevalenza metallo prezioso; durante questo periodo l’importazione e l’esportazione di altre merci d’ordinario si bilanciano. In queste due fasi il saggio dell’interesse è basso e aumenta solo lentamente; il motivo di ciò lo abbiamo visto. Questo basso saggio dell’interesse si può spiegare dappertutto senza nessun intervento di «ingenti scorte di qualsiasi tipo». E come si verificherebbe questo intervento? Il basso prezzo dei cotone, ad esempio, rende possibili profitti elevati al filandiere, e così via. Perché il saggio dell’interesse è basso? Non certamente perché il profitto, che può essere realizzato con il capitale preso a prestito, è elevato. Ma semplicemente ed unicamente perché, nelle condizioni esistenti, la domanda di capitale da prestito non si accresce in proporzione di questo profitto; quindi il capitale da prestito ha un movimento diverso da quello del capitale industriale. Ciò che l’Economist vuoi dimostrare è precisamente il contrario; che il suo movimento è identico con il movimento del capitale industriale.

L’affermazione fatta al n. 2, se riduciamo l’ipotesi assurda di una scorta per due anni a qualcosa che è possibile e pensabile, presuppone una saturazione del mercato delle merci. Ciò provocherebbe una caduta dei prezzi. Una balla di cotone si pagherebbe meno cara. Ma da ciò non si può concludere che si possa avere più a buon mercato il denaro per acquistare una balla di cotone. Questo fatto dipende dalla situazione del mercato monetario. Quando si può prendere denaro a minor prezzo, ciò si verifica unicamente perché il credito commerciale si trova in una situazione tale per cui ha meno bisogno del solito di ricorrere al credito bancario. Le merci che saturano il mercato sono mezzi di sussistenza, oppure mezzi di produzione. Il basso prezzo di entrambe queste categorie eleva il profitto dei capitalisti industriali. Perché farebbe esso diminuire il saggio dell’interesse, se non a causa del contrasto, non dell’identità, fra l’abbondanza del capitale industriale e la domanda di prestiti monetari? Le circostanze sono tali che il commerciante e l’industriale possono più facilmente concedersi reciprocamente del credito; a causa di questa maggiore facilità del credito commerciale, tanto l’industriale che il commerciante hanno meno bisogno del credito bancario; per questo motivo il saggio dell’interesse può essere basso. Questo basso saggio dell’interesse non ha nulla a che fare con l’afflusso di metallo prezioso, sebbene entrambi possano procedere parallela mente e le medesime cause che producono la diminuzione di prezzo degli articoli di importazione possano ugualmente provocare l’eccedenza del metallo prezioso importato. Se il mercato di importazione fosse realmente saturo, ciò proverebbe una diminuzione della domanda di merci d’importazione, il che non sarebbe spiegabile con i prezzi bassi, se non come conseguenza di una contrazione della produzione industriale interna, ma questa sarebbe a sua volta inspiegabile nelle condizioni di una importazione sovrabbondante a prezzi bassi.

Palesi assurdità per dimostrare che la caduta dei prezzi = caduta dell’interesse.

Questi due fatti si possono verificare l’uno accanto all’altro. Ma allora come espressione delle opposte direzioni in cui si svolgono il movimento del capitale industriale e il movimento del capitale da prestito, non come espressione della loro identità.

Perché, secondo quanto è detto al n. 3, l’interesse monetario debba essere basso, se le merci sono in eccedenza, non si può comprendere nemmeno dopo questo ulteriore discorso. Se le merci sono a buon mercato, ho bisogno, per acquistarne una determinata quantità, poniamo di 240.000 € invece dei 480.000 di prima. Ma può darsi che io investa anche questa volta 480.000 € e compri con esse il doppio delle merci di prima ed allarghi la mia impresa anticipando il medesimo capitale, che forse debbo prendere a prestito. Acquisto ora, come prima, per 480.000 €. La mia domanda sul mercato monetario rimane dunque la stessa, anche se la mia domanda sul mercato delle merci aumenta con la caduta dei prezzi delle merci. Ma se questa domanda diminuisce, cioè la produzione non si allarga con la caduta dei prezzi delle merci, il che sarebbe in contraddizione con tutte le leggi dell’Economist, diminuirebbe la domanda del capitale monetario da prestito, nonostante l’accrescersi del profitto; ma questo profitto crescente creerebbe una domanda di capitale da prestito.

La diminuzione del prezzo delle merci può del resto provenire da tre cause.

In primo luogo da difetto di domanda. Allora il saggio dell’interesse è basso perché la produzione si arresta, non perché le merci sono a buon prezzo, perché questo buon prezzo è semplicemente espressione di quell’arresto.

Oppure perché l’offerta è in eccesso rispetto alla domanda. Questo caso si può verificare in conseguenza della saturazione dei mercati, ecc. che conduce alla crisi e può coincidere durante la crisi stessa con un saggio di interesse elevato;

oppure si può verificare perché il valore delle merci è caduto, quindi la stessa domanda può essere soddisfatta a prezzo più basso.

Perché dovrebbe in questo ultimo caso cadere il saggio dell’interesse? Perché aumenta il profitto? Se ciò avviene perché è necessario meno capitale monetario per ottenere lo stesso capitale produttivo o capitale-merce, ciò dimostra soltanto che profitto e interesse stanno reciprocamente in rapporto inverso.

In ogni caso il principio generale dell’Economist è sbagliato. Basso prezzo monetario delle merci e basso saggio dell’interesse non vanno necessariamente di pari passo. In caso contrario i paesi più poveri, in cui i prezzi monetari dei prodotti sono più bassi, avrebbero anche il saggio dell’interesse più basso, e i paesi più ricchi, in cui i prezzi monetari dei prodotti agricoli sono più elevati, avrebbero anche il saggio d’interesse più elevato. In generale l’Economist ammette: la diminuzione del valore del denaro non ha effetto alcuno sul saggio dell’interesse. 100 € apportano sia prima che dopo 105 € se i 100 € hanno un valore minore, lo stesso si verificherà anche per i 5 €. Il rapporto non viene alterato dall’aumento di valore o dalla svalorizzazione della somma originaria. Una determinata quantità di merci, considerata come valore, è uguale ad una certa somma di denaro. Se il suo valore aumenta, esso corrisponde ad una somma di denaro maggiore: se diminuisce si verifica il contrario. Se esso = 2000 allora 5% = 100; se esso = 1000 allora 5% = 50. Ma ciò non modifica il saggio dell’interesse. Tutto ciò che vi è di razionale nella cosa è soltanto che si richiede un maggior prestito monetario, quando sono necessari 480.000 € . invece di 240.000 per acquistare la stessa quantità di merci. Ma ciò prova qui soltanto che sussiste un rapporto inverso fra profitto ed interesse. Infatti il profitto aumenta con la diminuzione del prezzo degli elementi del capitale costante e variabile e l’interesse diminuisce. Ma si può verificare anche il caso opposto e ciò accade spesso. Il cotone ad es. può essere a buon mercato perché non vi è domanda di filati e tessuti; può essere relativamente caro perché un profitto più elevato nella industria cotoniera crea una domanda più forte di cotone. D’altro lato il profitto degli industriali può essere elevato proprio perché il prezzo del cotone è basso. La tabella di Hubbard fa vedere che il saggio dell’interesse e il prezzo delle merci hanno un movimento completamente indipendente l’uno dall’altro; mentre i movimenti del saggio dell’interesse si uniformano esattamente ai movimenti della riserva metallica e del corso dei cambi.

«Se perciò vi sono merci in eccedenza, l’interesse monetario deve essere basso», dice l’Economist. Proprio il contrario si verifica nelle crisi; le merci sono in eccedenza, non sono convertibili in denaro e quindi il saggio dell’interesse è elevato; in un’altra fase del ciclo domina una forte domanda di merci; quindi i riflussi sono facili, ma al tempo stesso i prezzi delle merci aumentano e a causa dei riflussi facili il saggio dell’interesse è basso. «Se esse (le merci) sono scarse, il saggio dell’interesse deve essere alto». Il contrario di nuovo si verifica in quei periodi di rilassamento che seguono le crisi. Le merci sono scarse, in senso assoluto, non in rapporto alla domanda, e il saggio dell’interesse è basso.

Ciò che è detto al n. 4, cioè che, in caso di mercato saturo, il possessore di merci cercherà di liberarsene a minor prezzo — se pure potrà venderle — di quel che venderebbe in previsione di un rapido esaurimento delle scorte esistenti, è abbastanza evidente. È però meno evidente perché, per questa ragione, debba cadere il saggio dell’interesse.

Se il mercato è saturo di merci importate, il saggio dell’interesse può aumentare in seguito all’accresciuta domanda di capitale da prestito da parte di chi possiede queste merci, per non doverle buttare sul mercato. Esso può diminuire perché la fluidità del credito commerciale mantiene ancora relativamente bassa la domanda di credito bancario.

L’Economist ricorda il rapido effetto avuto sul corso dei cambi nel 1847 dall’aumento del saggio dell’interesse e da altre pressioni esercitate sul mercato monetario. Ma non si deve dimenticare che, nonostante la svolta nel corso dei cambi, l’oro continuò a defluire fino alla fine di aprile; qui la svolta si ebbe soltanto all’inizio di maggio.

Il 1° gennaio 1847 la riserva metallica della banca ammontava a 15.066.691 Lst.; il saggio  dell’interesse era del 3 e 1/2%, il cambio a tre mesi era su Parigi 25,75; su Amburgo 13,10; su Amsterdam 12,3 e 1/4. Il 5 marzo la riserva metallica era caduta a 11.595.535 Lst.; lo sconto era salito al 4%; il corso dei cambi su Parigi cadde a 25,67 e 1/2, su Amburgo a 13,9 e 1/4, su Amsterdam a 12,2 e 1/2. Il deflusso dell’oro continuava; vedi la seguente tabella:

Massimo dei corsi a tre mesi

Data 1847

Riserva metallica della Banca
d’Inghilterra
in Lst.

Mercato
monetario

Parigi

Amburgo

Amsterdam

 

20 marzo

11.231.630

Sconto bancario 4%

25,67 1/2

13,09  3/4

12,2 1/2

3 aprile

10.246.410

Sconto bancario 5%

25,80

13,10

12,3 1/2

10 aprile

9.867.053

Denaro molto scarso

25,90

13,10 1/3

12,4 1/2

17 aprile

9.329.941

Sconto bancario5,5%

26,02 1/2

13,10 3/4

12,5 1/2

24 aprile

9.213.890

Depressione

26,05

13,13

12,6

1 maggio

9.337.716

Depressione crescente

26,15

13,12  3/4

12,6 1/2

8 maggio

9.588.759

Massima depressione

26,27 1/2

13,15 1/2

12,7  3/4

Per l’anno 1847 l’esportazione complessiva di metallo prezioso dall’Inghilterra ammontò a Lst. 8.602.597. Di queste andarono in

Paese

Lst

Stati Uniti

Lst 3.226.411

Francia

Lst 2.479.000

Città anseatiche

Lst 958.781

Olanda

Lst 247.743

Nonostante la svolta avvenuta nei corsi alla fine di marzo, il deflusso dell’oro prosegue ancora per un intero mese: verosimilmente verso gli Stati Uniti.

«Vediamo qui» (dice l’Economist, [ agosto] 1847, p. 954) «quanto rapida e evidente fu l’azione derivante da un aumento del saggio dell’interesse e dalla crisi monetaria che ne seguiva, nel correggere un corso sfavorevole e nel mutare la direzione della corrente d’oro in modo che essa di nuovo fluì verso l’Inghilterra. Tale effetto fu ottenuto del tutto indipendentemente dalla bilancia dei pagamenti. Un saggio di interesse più elevato provocava una diminuzione di prezzo dei titoli sia inglesi che esteri e causava grossi acquisti di titoli per conto dell’estero. Ciò accresceva la somma delle cambiali spiccate dall’Inghilterra, mentre d’altro lato la difficoltà di ottenere denaro a causa dell’elevato saggio dell’interesse era così forte che la domanda di queste cambiali diminuì, mentre si accrebbe la loro somma. Le medesime cause ebbero come risultato che ordinazioni di merci estere furono annullate, gli investimenti di capitali inglesi in titoli esteri furono realizzati e il denaro fu portato in Inghilterra per investimento.

Così leggiamo ad es. nel Rio de Janeiro Prices Current del 10 maggio: “Il corso dei cambi (con l’Inghilterra) ha registrato un nuovo abbassamento, causato principalmente da una depressione sul mercato, per rimesse contro le somme ricavate da importanti vendite di fondi di Stato (brasiliano) per conto dell’Inghilterra”. Capitale inglese che era stato investito in titoli all’estero, quando il saggio dell’interesse qui era molto basso, fu riportato in questo paese non appena il saggio dell’interesse fu aumentato».

La bilancia commerciale dell’Inghilterra.

L’India da sola deve pagare 5 milioni in tributi per « buon governo», interessi e dividendi di capitale inglese ecc., nei quali 5 milioni non sono calcolate le somme che vengono spedite ogni anno in patria, o da impiegati come risparmio suI loro stipendio, o da commercianti inglesi come parte dei loro profitti, per essere investite in Inghilterra. Da ogni colonia inglese debbono essere spedite continuamente, per gli stessi motivi, rimesse di grande entità. La maggior parte delle banche dell’Australia, delle Indie occidentali, del Canada, sono state fondate con capitale britannico e i dividendi debbono essere pagati in Inghilterra. L’Inghilterra possiede inoltre molti titoli di Stati esteri europei, nord e sud-americani, dei quali deve percepire gli interessi. A ciò si aggiunge ancora la sua partecipazione in ferrovie estere, canali, miniere ecc. con i relativi dividendi. Le rimesse per tutte queste partite vengono fatte quasi esclusivamente in prodotti, in eccedenza sull’ammontare delle esportazioni inglesi. Ciò che d’altro lato va dall’Inghilterra all’estero, a coloro che posseggono titoli inglesi e come spese degli inglesi all’estero, è, invece, minimo.

La questione, per quanto riguarda la bilancia commerciale e il corso dei cambi, è « in ogni dato momento una questione di tempo. Di regola... «l’Inghilterra concede crediti a lunga scadenza sulle sue esportazioni, mentre le importazioni vengono pagate in contanti. In certi momenti questa differenza dell’usance (Termine di scadenza) ha una notevole influenza sul corso dei cambi. In un periodo in cui le nostre esportazioni si accrescono in modo considerevole, come nel 1850, deve essere in corso una continua espansione degli investimenti di capitale britannico, così le rimesse del 1850 possono essere effettuate contro merci che sono state esportate nel 1849. Ma se le esportazioni del 1850 superano di 6 milioni quelle del 1849, l’effetto pratico deve essere che all’estero viene inviato per questa somma più denaro di quello che è rifluito nello stesso anno; in questo modo vengono influenzati il corso dei cambi e il saggio dell’interesse. Quando, invece, i nostri affari si trovano depressi in una crisi e le nostre esportazioni molto ridotte, le rimesse che vengono a scadenza per le più ingenti esportazioni degli anni precedenti, superano di gran lunga il valore delle nostre importazioni; il corso dei cambi si muta in misura corrispondente a nostro favore, il capitale si accumula rapidamente nel paese ed il saggio dell’interesse diminuisce» (Economist, 11 gennaio 1851 [ p30]).

Il corso del cambio estero si può modificare:

1)     in seguito alla situazione momentanea della bilancia dei pagamenti, quali che possano essere le cause che la determinano: cause puramente commerciali, investimenti di capitale all’estero, o invece spese statali per guerre ecc., in quanto per tutto ciò debbono esser fatti pagamenti a contanti all’estero;

2)     in seguito alla svalorizzazione del denaro in un paese, si tratti di moneta metallica o cartacea. Ciò è puramente nominale. Se 1Lst. rappresentasse solamente la metà del denaro che rappresentava precedentemente, verrebbe ovviamente calcolata 12,5 franchi invece che 25 franchi;

3)     quando si tratta del corso tra due paesi, dei quali uno impiega come «denaro» argento, l’altro oro, il corso del cambio dipende dalle rispettive oscillazioni di valore di questi due metalli, poiché queste oscillazioni alterano evidentemente la parità fra i due. Un esempio di questo ultimo caso ci è fornito dal corso dei cambi del 1850: esso era sfavorevole all’Inghilterra sebbene le sue esportazioni fossero aumentate enormemente, ma tuttavia non si verificò nessun deflusso d’oro. Questo era il risultato del momentaneo aumento del valore dell’argento rispetto al valore dell’oro. (Vedi Economist, 30 novembre 1850 [p 1319 e sg.]).

La parità del corso del cambio è per Lst.: su Parigi 25,20 franchi; su Amburgo 13 marchi banco Amburgo 10,5 scellini; su Amsterdam 11 fiorini 97 cents. Nella misura in cui il corso dei cambi su Parigi supera 25,20, il cambio diventa più favorevole per i debitori inglesi verso la Francia, o per i compratori di merci francesi. In entrambi i casi occorre una minore quantità di Lst. per raggiungere il proprio scopo. Nei paesi lontani, in cui non è facile procurarsi metallo prezioso quando le cambiali sono rare ed insufficienti per le rimesse da effettuare verso l’Inghilterra, l’effetto naturale è un aumento dei prezzi di quei prodotti che vengono abitualmente spediti in Inghilterra, poiché ora si verifica per queste merci una domanda maggiore, al fine di inviarle in Inghilterra in luogo delle cambiali: questo caso si verifica frequentemente nelle Indie.

Un corso dei cambi sfavorevole e persino un deflusso dell’oro si può verificare quando in Inghilterra si abbia una grande eccedenza di denaro, un basso saggio dell’interesse e un elevato prezzo dei titoli.

Nel corso del 1848 l’Inghilterra ricevette grandi quantità di argento dalle Indie, poiché in seguito alla crisi del 1847 ed alla grande mancanza di credito nel commercio indiano, le buone cambiali erano rare e quelle mediocri venivano accettate mal volentieri. Tutto questo argento, appena arrivato, trovò presto la via verso il continente dove la rivoluzione portava dappertutto alla tesaurizzazione. Nel 1850 questo argento rifaceva in gran parte il viaggio di ritorno verso le Indie, poiché il corso del cambio rendeva ora proficua questa operazione.

Il sistema monetario è essenzialmente cattolico, il sistema creditizio essenzialmente protestante. The Scotch hate gold (gli scozzesi odiano l’oro) . Come carta l’esistenza monetaria delle merci ha soltanto una esistenza sociale. E’ la fede che rende beati. La fede nel valore monetario come spirito immanente delle merci, la fede nel modo di produzione e nel suo ordine prestabilito, la fede nei singoli agenti della produzione come semplici personificazioni del capitale autovalorizzantesi. Ma come il protestantesimo non riesce a emanciparsi dai principi del cattolicesimo, così il sistema creditizio non si emancipa dalla base del sistema monetario.

 

AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del III libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche:

1 – non sono state riportate le note che Marx ed Engels richiamano nel testo (fatte salve alcune eccezioni);;

2 – sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda gli esempi numerici in cui, per facilitare la lettura;

a – sono state cambiate le unità di misura e le grandezze;

b – diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle;

c – in alcuni esempi numerici le cifre decimali sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata con un apice (‘).

Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha  travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale  e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio.

In altre parti si sono invece mantenute le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione o per ragioni di fedeltà storica.

Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro, laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”.

Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti  avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza  della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue.

Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:

  • Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione integrale - I mammut – Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:

http://www.marxists.org/xlang/marx.htm