IL CAPITALE

LIBRO III

SEZIONE V

SUDDIVISIONE DEL PROFITTO IN INTERESSE
E GUADAGNO D’IMPRENDITORE.

IL CAPITALE PRODUTTIVO D’INTERESSE.

CAPITOLO 34

IL CURRENCY PRINCIPLE E LA LEGISLAZIONE INGLESE DEL 1844

(La teoria di Ricardo sul valore del denaro in rapporto ai prezzi delle merci è stata esaminata in uno scritto precedente (“K. M Zur Kritik der politischen Oekonomie, Berlino, 1859, p. 150 sgg. - Editori Riuniti, Roma, 1969, p. 149); ora noi possiamo quindi limitarci ai punti fondamentali.

Secondo Ricardo, il valore del denaro — metallico — è determinato dal tempo di lavoro in esso oggettivato, ma soltanto nella misura in cui la quantità del denaro si trova in una giusta proporzione con la quantità e il prezzo delle merci che devono essere scambiate. Se la quantità del denaro sale al di sopra di questa proporzione, il suo valore diminuisce e i prezzi delle merci salgono; se essa cade al di sotto della proporzione giusta, il suo valore sale e i prezzi delle merci diminuiscono (restando invariate le altre condizioni). Nel primo caso il paese in cui esiste questa eccedenza d’oro, esporterà l’oro caduto al di sotto del suo valore e importerà merci; nel secondo caso l’oro affluirà verso quei paesi in cui è valutato al di sopra del suo valore, mentre le merci deprezzate defluiranno da questi stessi paesi verso altri mercati dove esse potranno ottenere prezzi normali. Poichè, in base a queste premesse, «l’oro stesso, sia in moneta che in verghe, può diventare segno di valore di un valore metallico maggiore o minore del proprio, s’intende che le banconote convertibili eventualmente in circolazione condividano questa stessa sorte. Benché le banconote siano convertibili, benché dunque il loro valore reale corrisponda al loro valore nominale, la massa complessiva del denaro circolante, oro e biglietti (the aggregate currency consisting of metal and of convertible notes) potrà essere sovrapprezzata e deprezzata, a seconda che la sua quantità complessiva, per le ragioni spiegate prima, salga al di sopra o scenda al di sotto del livello determinato dal valore di scambio delle merci in circolazione e dal valore metallico dell’oro. Carta moneta inconvertibile da questo punto di vista ha il vantaggio, nei confronti della carta moneta convertibile, di poter essere deprezzata in duplice modo. Può scendere al di sotto del valore del metallo che pretende di rappresentare, perché è spesa in misura troppo elevata, oppure può scendere perchè il metallo da essa rappresentato è sceso al di sotto del proprio valore. Questo deprezzamento, non della carta nei confronti dell’oro, bensì dell’oro e della carta presi insieme, ossia della massa complessiva dei mezzi di circolazione di un paese, è una delle invenzioni principali di Ricardo, che Lord Overstone e compagni costrinsero al proprio servizio facendone uno dei principi fondamentali della legislazione bancaria del 1844 e 1845 ad opera di Sir Robert Peel  (ivi, p. 155 ).

Noi non abbiamo bisogno di dimostrare ancora una volta quanto sia erronea questa teoria ricardiana che abbiamo già discusso nello scritto sopra citato. A noi interessa soltanto il modo e la maniera in cui i principi di Ricardo sono stati rielaborati dalla scuola dei teorici della banca, che impose i Bank Acts di Peel sopra citati.

«Le crisi commerciali del secolo XIX, in particolare le grandi crisi del 1825 e del 1836, non produssero un ulteriore svolgimento della teoria ricardiana del denaro, diedero origine però a una sua nuova applicazione. Non si trattava più di singoli fenomeni economici, come per Hume il deprezzamento della carta moneta durante il Settecento e all’inizio dell’Ottocento, bensì delle grandi tempeste sul mercato mondiale, in cui si scarica l’antagonismo di tutti gli elementi del processo di produzione borghese, origine e prevenzione delle quali venivano ricercate entro la sfera più superficiale e più astratta di questo processo, entro la sfera della circolazione del denaro. Il presupposto propriamente teorico, da cui parte la scuola dei meteorologi dell’economia, consiste di fatto in nient’altro che nel dogma affermante che Ricardo ha scoperto le leggi della circolazione puramente metallica. Quel che rimaneva da fare per essi era l’assoggettamento della circolazione creditizia e della circolazione dei biglietti di banca a queste leggi.

«Il fenomeno più generale e più manifesto delle crisi commerciali è una caduta generale, improvvisa dei prezzi delle merci facente seguito a un loro aumento generale prolungato. La caduta generale dei prezzi delle merci può essere espressa come aumento del valore relativo del denaro a paragone di tutte le merci, e l’aumento generale dei prezzi, viceversa, come caduta del valore relativo del denaro. In entrambe le espressioni il fenomeno è enunciato, non spiegato. Il diverso frasario lascia invariato il tema stesso come lo lascerebbe invariato la sua traduzione dal tedesco in inglese. La teoria ricardiana del denaro giungeva quindi molto gradita poichè a una tautologia dà l’apparenza di un rapporto causale.

Da dove viene la periodica caduta generale dei prezzi delle merci? Dall’aumento periodico del valore relativo del denaro.

Da dove, viceversa, viene il generale aumento periodico dei prezzi delle merci? Da una caduta periodica del valore relativo del denaro.

Con la stessa precisione si potrebbe dire che l’aumento e la caduta periodica dei prezzi derivano dal loro aumento e dalla loro caduta periodica.

Una volta ammessa la trasformazione della tautologia in rapporto causale, tutto il resto viene con facilità. L’aumento dei prezzi delle merci deriva dalla diminuzione del valore del denaro, la diminuzione del valore del denaro però, come sappiamo da Ricardo, deriva da una circolazione traboccante, ossia dal fatto che la massa del denaro circolante sale al di sopra dei livello determinato dal suo valore immanente e dai valori immanenti delle merci. Così, viceversa, la diminuzione generale dei prezzi delle merci deriva dall’aumento del valore del denaro al di sopra del suo valore immanente in seguito a una circolazione al di sotto del livello normale. I prezzi salgono e cadono quindi periodicamente, perchè periodicamente circola troppo o troppo poco denaro. Ora, se per caso si dimostra che l’aumento dei prezzi ha coinciso con una circolazione di denaro diminuita, e la diminuzione dei prezzi con una circolazione aumentata, ciò nonostante si potrà sostenere che a causa di una qualsiasi diminuzione o di un qualsiasi aumento della massa di merci in circolazione, seppure aumento o diminuzione non siano affatto comprovabili statisticamente, la quantità del denaro circolante sia stata aumentata o diminuita, se non assolutamente, pur tuttavia relativamente. Ora, abbiamo visto che secondo Ricardo queste oscillazioni generali dei prezzi devono verificarsi anche per una circolazione puramente metallica, che si compensano però in virtù del loro alternarsi p. es. una circolazione al di sotto del livello normale, una caduta dei prezzi delle merci, che provoca un’esportazione delle merci all’estero, che a sua volta però provoca l’afflusso di denaro all’interno, e questo afflusso di denaro provoca a sua volta di nuovo però un aumento dei prezzi delle merci. Il contrario accade allorché si tratti di una circolazione al di sopra del livello normale, nella quale siano importate merci e sia esportato denaro. Ora, siccome però, malgrado queste oscillazioni generali dei prezzi, che derivano dalla natura della stessa circolazione metallica secondo Ricardo, la forma violenta e forzosa delle oscillazioni, la loro forma di crisi, fa parte dei periodi di un sistema creditizio sviluppato, diventa cosa chiara come la luce del sole che l’emissione dei biglietti di banca non è esattamente regolata in base alle leggi della circolazione metallica. La circolazione metallica ha il suo toccasana nell’importazione e nell’esportazione dei metalli nobili, i quali entrano subito in circolazione come moneta e in tal modo, mediante il loro afflusso o deflusso, fanno scendere e salire i prezzi delle merci. Lo stesso effetto sui prezzi delle merci deve allora essere prodotto dalle banche imitando le leggi della circolazione metallica. Se dall’estero affluisce oro, si ha la dimostrazione che la circolazione è al di sotto del livello normale, il valore del denaro è troppo elevato e i prezzi sono troppo bassi e che, di conseguenza, devono essere immessi nella circolazione biglietti di banca in proporzione dell’oro di nuova importazione. Nel caso opposto, dovranno essere sottratti alla circolazione nella proporzione in cui l’oro defluisce dal paese. In altri termini, l’emissione delle banconote dovrà essere regolata secondo l’importazione e l’esportazione dei metalli nobili, ossia secondo il corso dei cambi. L’erroneo presupposto di Ricardo per il quale l’oro non è che moneta e quindi tutto l’oro importato aumenta il denaro circolante e quindi fa salire i prezzi, che tutto l’oro esportato diminuisce la moneta e quindi fa scendere i prezzi, questo presupposto teorico diventa qui l’esperimento pratico di far circolare una quantità di moneta identica alla quantità di oro presente di volta in volta. Lord Overstone (il banchiere Jones Lloyd), il colonnello Tòrrens, Norman, Clay, Arbuthnot e un numero infinito di altri scrittori, noti in Inghilterra sotto il nome di scuola del currency principle, hanno non soltanto predicato questa dottrina, ma ne hanno fatto, per mezzo degli Atti sulla Banca d’Inghilterra di Sir Robert Peel del 1844 e 1845, la base della vigente legislazione bancaria inglese e scozzese. Il loro vergognoso fiasco, teorico e pratico, dopo esperimenti su scala nazionale massima, potrà essere illustrato soltanto nella teoria del credito» (ivi, pp. 165-168 - Ediz. it. cit., pp. 162-164).

La critica di questa scuola fu fatta da Thomas Tooke, James Wilson (nell’Economist del 1844-47) e John Fullarton.

Fino a qual punto tuttavia anche questi economisti non abbiano compreso la natura del denaro e quale confusione regni tra loro sul rapporto che intercorre fra denaro e capitale, è stato già da noi messo in rilievo diverse volte, particolarmente nel Cap. XXVIII del presente Libro . Ci limiteremo ad aggiungere qui qualche osservazione sui dibattiti della commissione della Camera dei comuni del 1857 a proposito delle leggi bancarie di Peel (Bank Committee, 1857) F.E.).

J. G. Hubbard, ex governatore della Banca d’Inghilterra, così depone:

«2400. L’effetto dell’esportazione dell’oro.., non si riflette assolutamente sui prezzi delle merci. Ma ha invece una influenza molto importante sul prezzo dei titoli, perché, nella misura in cui il saggio dell’interesse muta, è inevitabile che il valore delle merci in cui si concretizza questo interesse venga fortemente influenzato». Egli presenta due tabelle, relative agli anni 1834-43 e 1844-53, che dimostrano come il movimento dei prezzi di quindici degli articoli commerciali più importanti fosse completamente indipendente dall’afflusso e deflusso dell’oro e dal saggio dell’interesse.

Queste tabelle dimostrano al contrario che esiste uno stretto rapporto tra l’afflusso e deflusso dell’oro, il quale in realtà è «il rappresentante del nostro capitale in cerca di investimento », e il saggio d’interesse.

— «Nel 1847 un forte ammontare di titoli americani fu ritrasferito in America e del pari titoli russi in Russia, e altri titoli continentali in quei paesi dai quali noi attingevamo le nostre importazioni di grano».

I quindici articoli principali posti a base della seguente tabella di Hubbard sono: cotone, filati di cotone, tessuti di cotone, lana, tessuti di lana, lino, tela, indaco, ferro grezzo, latta, rame, sego, zucchero, caffè, seta.

Dal 1834 al 1843

 

Dei 15 articoli principali sono

data

Riserva metallica della Banca in Lst

Saggio di mercato dello sconto

Aumentati di prezzo

Diminuiti di prezzo

Rimasti invariati

1 marzo 1834

9.104.000

2,75%

 

 

 

1 marzo 1835

6.274.000

3,75%

7

7

1

1 marzo 1836

7.918.000

3,25%

11

3

1

1 marzo 1837

4.077.000

5%

5

9

1

1 marzo 1838

10.471.000

2%

4

11

 

1 settembre 1839

2.684.000

6%

8

5

2

1 giugno 1840

4.571.000

4,75%

5

9

1

1 dicembre 1840

3.642.000

5,75%

7

6

2

1 dicembre 1841

4.873.000

5%

3

12

 

1 dicembre 1842

10.603.000

2,5%

2

13

 

1 giugno 1843

11.566.000

2,25%

1

14

 

II -  Dal 1844 al 1853 

 

Dei 15 articoli principali sono

data

Riserva metallica della Banca in Lst

Saggio di mercato dello sconto

Aumentati di prezzo

Diminuiti di prezzo

Rimasti invariati

1 marzo 1844

16.162.000

2,25%

 

 

 

1 dicembre 1845

13.237.000

4,5%

11

4

 

1 settembre 1846

16.366.000

3%

7

8

 

1 settembre 1847

9.140.000

6%

6

6

3

1 marzo 1850

17.126.000

2,5%

5

9

1

1 giugno 1851

13.705.000

3%

2

11

2

1 settembre 1852

21.853.000

1,25%

9

5

1

1 dicembre 1853

15.093.000

5%

14

 

1

Hubbard aggiunge la postilla seguente: «Come nel decennio 1834-43, così in quello 1844-53 le fluttuazioni dell’oro della Banca d’Inghilterra erano invariabilmente accompagnate da un aumento o da una diminuzione del valore di prestito del denaro anticipato per lo sconto; e d’altro lato i mutamenti dei prezzi delle merci all’interno appaiono assolutamente indipendenti dalla massa della circolazione, espressa dalle fluttuazioni dell’oro della Banca d’Inghilterra» (Bank Acts, Report, 1857, lI, pp. 290 e 291).

Poiché la domanda e offerta delle merci regola il loro prezzo di mercato, si vede qui chiaramente come sia in errore Overstone quando identifica la domanda di capitale monetario da prestito (o piuttosto le differenze tra domanda e offerta), come si esprime nel saggio di sconto, con la domanda di «capitale» effettivo. L’asserzione che i prezzi delle merci sono regolati dalle oscillazioni nell’ammontare del currency si nasconde ora sotto la frase che le oscillazioni del saggio di sconto esprimono le oscillazioni nella domanda di capitale materiale effettivo, distinto dal capitale monetario. Abbiamo visto che sia Norman sia Overstone di fatto sostenevano ciò davanti alla medesima Commissione e che specialmente Overstone era costretto a ricorrere a scappatoie ben meschine, finché alla fine veniva ridotto con le spalle al muro (Cap. XXVI).  Si ritorna sempre in realtà all’antica fandonia, che le variazioni nella massa dell’oro esistente, accrescendo o riducendo la quantità del mezzo di circolazione del paese, devono far aumentare o diminuire i prezzi delle merci di questo paese. Se l’oro viene esportato, i prezzi delle merci, secondo questa teoria del currency, devono aumentare nel paese in cui l’oro affluisce e in conseguenza deve accrescersi il valore delle esportazioni del paese esportatore d’oro sul mercato del paese importatore d’oro; d’altro lato il valore delle esportazioni del paese importatore d’oro diminuirebbero sul mercato del paese esportatore d’oro, mentre si accrescerebbe sul mercato del paese d’origine in cui l’oro affluisce. Ma in realtà la diminuzione della massa d’oro non fa che aumentare il saggio dell’interesse, mentre l’aumento delle quantità d’oro lo fa diminuire; e qualora queste oscillazioni del saggio dell’interesse non influissero sulla determinazione dei prezzi di costo o sulla determinazione della domanda e dell’offerta, esse non apporterebbero alcuna modificazione ai prezzi delle merci.

Nello stesso rapporto N. Alexander, direttore di una importante ditta che fa commercio con le Indie, così si esprime a proposito del forte deflusso di argento verso le Indie e la Cina intorno al 1855, dovuto in parte alla guerra civile cinese, che ostacolò lo smercio dei tessuti inglesi in Cina, in parte alla malattia che colpi i bachi da seta in Europa e che ridusse fortemente l’industria della seta in Italia ed in Francia:

«4337. Il deflusso avviene verso la Cina o verso le Indie? Si invia argento in India e con una buona parte di tale argento si acquista l’oppio che va tutto in Cina, al fine di. costituire fondi per l’acquisto della seta, e la situazione dei mercati indiani è tale che (nonostante l’accumulazione dell’argento che avviene in tali mercati) il commerciante trae maggior profitto a spedirvi argento anziché tessuti o altri manufatti inglesi».

«4388. Non si è forse verificato un forte deflusso dalla Francia, che ci ha portato l’argento? Certamente, un deflusso molto forte».

«4344. Invece di importare seta dalla Francia e dall’Italia, noi spedimmo a questi paesi grandi quantità di seta bengalese e cinese».

Si inviava quindi in Asia argento — il metallo monetario di questa parte del mondo — in luogo delle merci, non perché erano aumentati i prezzi di queste merci nel paese di produzione (Inghilterra), ma perché erano diminuite — diminuite a causa della sovraimportazione — nei paesi di dove esse venivano importate; sebbene questo argento dovesse essere portato dalla Francia in Inghilterra e pagato parzialmente in oro. Secondo la teoria del currency, in seguito a tale importazione i prezzi avrebbero dovuto cadere in Inghilterra e aumentare in Cina e in India.

Un altro esempio. Davanti alla  Commissione dei Lords (Commerciai Distress, 1848-1857) Wylie, uno dei primi commercianti di Liverpool, depone come segue:

«1994. Alla fine del 1845 non vi era attività più vantaggiosa, che desse un profitto maggiore» (della filatura del cotone). «Le riserve di cotone erano considerevoli e si poteva avere buon cotone per la lavorazione a 4 pence la libbra e con tale cotone poteva essere filato del good secunda mule twist N. 40 (Filo di seconda qualità) con una eguale spesa di 4 pence, il che per il filandiere importava una spesa complessiva di 8 pence. Questo filo fu venduto in grande quantità nel settembre e nell’ottobre 1845 e furono anche conclusi grossi contratti di forniture a 10,5 e 11,5 pence la libbra, e in alcuni casi i filandieri hanno realizzato un profitto corrispondente al prezzo di acquisto del cotone».

«1996. Gli affari rimasero redditizi fino all’inizio del 1846».

«2000. Alla data del 3 marzo 1844 le scorte di cotone (627.042 balle) erano più del doppio di quelle attuali (301.070 balle in data 7 marzo 1848) e tuttavia il prezzo era più alto di 1 e 1/4 pence la libbra » (6 1/4 in luogo di 5 pence). In pari tempo il filo — good secunda mule twist N. 40 — era diminuito da 11 e 1/2-12  a 9 e 1/2 pence in ottobre e a 7 e 3/4 alla fine del dicembre 1847; c’era del filo che si vendeva allo stesso prezzo del cotone col quale era stato fatto» (ivi, nn. 2021, 2023).

Ciò mette in giusta luce l’interessata sentenza di Overstone che il denaro è «caro» perché il capitale è «scarso». Il 3 marzo 1844 il saggio d’interesse bancario era del  3%; nell’ottobre e novembre 1847 salì all’8 e 9% e il 7 marzo 1848 era ancora del 4%. A causa del completo arresto nelle vendite e del panico, con relativo aumento del saggio dell’interesse, i prezzi del cotone caddero molto al di sotto del prezzo che avrebbe dovuto corrispondere al livello della offerta. La conseguenza di ciò fu da un lato una diminuzione enorme dell’importazione nel 1848 e d’altro lato la riduzione della produzione in America; conseguentemente un nuovo aumento dei prezzi del cotone nel 1849. Secondo Overstone le merci erano troppo care perché vi era troppo denaro nel paese.

«2002. Il recente peggioramento nella situazione dell’industria cotoniera non è dovuto alla mancanza di materia prima, poiché il prezzo è più basso, sebbene la scorta di cotone grezzo sia notevolmente diminuita». Ma ecco che Overstone confonde in modo edificante il prezzo, ossia il valore della merce, con il valore del denaro, ossia il saggio dell’interesse. Nella sua risposta alla domanda 2026, Wylie dà il suo giudizio complessivo sulla teoria del currency, dopo che Cardwell e Sir Charles Wood nel maggio 1847 «avevano sostenuto la necessità di applicare integralmente il Bank Act del 1844»:

«Mi sembra che questi principi siano di tal natura da attribuire al denaro un valore artificiosamente elevato e a tutte le merci un valore artificiosamente basso e rovinoso». Egli dice poi a proposito degli effetti di questo Bank Act sugli affari in generale:

«Poiché le cambiali a quattro mesi di scadenza, che sono le tratte normali delle città manifatturiere sui commercianti e banchieri per merci acquistate e destinate agli Stati Uniti, non potevano essere scontate se non con forti sacrifici, ne conseguì un forte intralcio alla esecuzione delle ordinazioni, che si prolungò fino al decreto governativo del 25 ottobre» (sospensione del Bank Act), «allorché queste tratte a quattro mesi di scadenza poterono essere di nuovo scontate (2097)». Quindi anche in provincia la sospensione del Bank Act fu una salvezza.

«2102. Nell’ottobre precedente» (1847) «quasi tutti i compratori americani, che acquistano delle merci qui, avevano immediatamente ridotto i loro acquisti il più possibile; e quando la notizia del rincaro del denaro giunse in America, cessarono tutte le nuove ordinazioni».

«2134. Grano e zucchero costituirono dei casi speciali. Il mercato del grano fu influenzato dalle previsioni sul raccolto e quello dello zucchero dalle enormi riserve e importazioni».

«2163. Per quanto riguarda i nostri impegni finanziari in America, molti di essi furono liquidati mediante vendite forzate di merci in deposito, e molti, io temo, furono annullati dalla nostra bancarotta».

«2196. Se ben mi ricordo, alla nostra Borsa-valori fu pagato nell’ottobre 1847 fino al 70% d’interesse».

(La crisi del 1837 con i suoi lunghi strascichi, sui quali nel 1842 si innestò ancora una vera e propria crisi supplementare, e l’accecamento interessato degli industriali e dei commercianti, che non volevano assolutamente vedere la sovrapproduzione — secondo l’economia volgare questa era assurda ed impossibile! — avevano finito col creare nei cervelli quella confusione che permise alla scuola del currency di tradurre in pratica il suo dogma su scala nazionale. Fu così promulgata la legislazione bancaria del 1844-45.

Il Bank Aet del 1844 divide la Banca d’Inghilterra in due dipartimenti: il dipartimento di emissione e il dipartimento bancario. Il primo riceve garanzie — in maggior parte debito pubblico — per 14 milioni e l’intera riserva metallica, di cui al massimo 1/4 può consistere in argento, ed emette a sua volta un ammontare di banco note uguale all’ammontare complessivo di entrambi. Nella misura in cui queste banconote non si trovano nelle mani del pubblico, esse giacciono nel dipartimento bancario e costituiscono unitamente alla scarsa quantità di moneta necessaria all’uso giornaliero (circa un milione) la riserva liquida di questo dipartimento. Il dipartimento d’emissione dà al pubblico oro in cambio di banconote e banconote in cambio di oro; gli altri rapporti con il pubblico sono invece di competenza del dipartimento bancario. Le banche private in Inghilterra e nel Galles che erano state autorizzate nel 1844 a emettere dei biglietti propri, conservano questo diritto, ma la loro emissione è contingentata. Se una di queste banche cessa di emettere banconote proprie, la Banca d’Inghilterra può aumentare l’ammontare delle sue banconote scoperte per un valore pari ai due terzi del contingente soppresso. In tal modo questo ammontare nel 1892 era salito da 14 a 16 milioni di Lst. (esattamente 16.450.000 Lst.).

Per ogni cinque sterline oro, quindi, che escono dalla riserva della Banca, rientra al dipartimento di emissione un biglietto di cinque sterline che viene annullato; per ogni cinque sterline oro che affluiscono alla riserva viene messo in circolazione un nuovo biglietto di cinque sterline. In tal modo la circolazione cartacea ideale di cui parla Overstone e che si conforma esattamente alle leggi della circolazione metallica, è realizzata nella pratica e con ciò, secondo le affermazioni dei sostenitori del currency, le crisi sono rese per sempre impossibili.

Ma in realtà la suddivisione della Banca in due dipartimenti indipendenti toglieva alla direzione la possibilità di manovrare liberamente nei momenti decisivi con tutti i suoi mezzi disponibili, così che si sono potuti presentare dei casi in cui il dipartimento bancario si trovava sulla soglia del fallimento, mentre il dipartimento d’emissione conservava intatti alcuni milioni in oro e per di più ancora i suoi 14 milioni di garanzia. E ciò poteva verificarsi tanto più facilmente in quanto quasi in ogni crisi vi è un periodo in cui si verifica un forte deflusso d’oro verso l’estero che deve essere per la maggior parte coperto con la riserva metallica della Banca. Ma per ogni moneta da cinque sterline oro che se ne va all’estero, viene sottratta alla circolazione del paese una banconota da cinque sterline, ossia viene ridotta la massa del mezzo di circolazione proprio nel momento in cui il bisogno di questo mezzo di circolazione è maggiore e più urgente. Il Bank Act del 1844 induce perciò, all’inizio di una crisi, tutti coloro che appartengono al mondo commerciale, a costruirsi, prima che sia troppo tardi, una riserva di biglietti, cioè ad accelerare e aggravare la crisi; con questo artificiale aumento della domanda di prestiti monetari, ossia di mezzi di pagamento, e con la simultanea restrizione dell’offerta, che si verificano proprio al momento decisivo, il Bank Act spinge il saggio d’interesse in periodi di crisi ad un’altezza prima sconosciuta; anziché eliminare le crisi, esso le acuisce a un punto tale che deve crollare o tutto il mondo industriale, oppure il Bank Act. Due volte, il 25 ottobre 1847 ed il 12 novembre 1857, la crisi era giunta a questo punto; il governo allora liberava la Banca dalla limitazione dell’emissione, sospendendo il Bank Act del 1844 e tale misura bastò ogni volta a stroncare la crisi. Nel 1847 bastò la certezza di poter nuovamente ricevere banconote su garanzie di prim’ordine per poter portare di nuovo alla luce ed in circolazione i 4 -5 milioni di banconote che erano stati incettati; nel 1857 fu emesso quasi un milione di banconote in più della quantità stabilita dalla legge, ma solo per brevissimo tempo.

Si deve altresì ricordare che la legislazione del 1844 mostra ancora l’impronta di reminiscenze dei primi venti anni del secolo, epoca della sospensione dei pagamenti a contanti della Banca e del deprezzamento delle banconote. Il timore che la fiducia nelle banconote possa venire meno è ancora chiaramente visibile, timore assolutamente superfluo perchè già nel 1825 l’emissione di un’antica provvista di banconote da. 1 Lst. fuori corso aveva stroncato la crisi, dimostrando così che anche allora, nel periodo in cui la diffidenza era più forte e più diffusa, la fiducia nelle banconote non poteva essere scossa. Ciò del resto è pienamente comprensibile; infatti, questi segni di valore hanno dietro di sè tutta la nazione con il suo credito. F.E.).

Ascoltiamo ancora qualche testimonianza sulle conseguenze del Bank Act.

 J. St. Mill ritiene che il Bank Act del 1844 sia riuscito a contenere la sovraspeculazione. Questo saggio uomo parlò felicemente il 12 giugno 1857. Quattro mesi più tardi la crisi si scatenava. Egli si congratula letteralmente «con i direttori di banca e il mondo del commercio in generale » per il fatto che essi comprendono molto meglio di prima « la natura di una crisi commerciale e il danno gravissimo che essi recano a se stessi e al pubblico favorendo la sovraspeculazione» (Bank Committee, 1857, n. 2031).

Il saggio Mill pensa che, se vengono emesse banconote da 1 Lst. «come anticipi ai fabbricanti e ad altri che pagano i salari... queste banconote possono cadere fra le mani di altre persone che le spendono per fini di consumo, e in tal caso le banconote costituiscono di per se stesse una domanda di merci e possono tendere a provocare temporaneamente un aumento dei prezzi» [n 2066]. Suppone forse il signor Mill che i fabbricanti pagheranno salari più elevati perchè li pagano in carta invece che in oro? Oppure crede che se il fabbricante riceve il suo anticipo in banconote da 100 Lst., e le cambia contro oro, questo salario costituirebbe una domanda minore che se fosse direttamente pagato in banconote da 1 Lst? Non sa, dunque, per esempio, che in certi distretti minerari il salario è stato pagato in banconote di banche locali, cosicchè diversi lavoratori ricevevano insieme una banconota da 5 Lst? Accresce ciò la loro domanda? Oppure i banchieri anticiperanno più facilmente e in maggiore quantità denaro ai fabbricanti in banconote di piccolo taglio piuttosto che di grosso taglio?

(Questo strano terrore di Mill per le banconote da 1 Lst. non sarebbe comprensibile se tutta la sua opera di economia politica non fosse impregnata di un eclettismo che non arretra davanti ad alcuna contraddizione. Da un lato egli dà ragione in molte cose a Tooke contro Overstone, dall’altro egli crede che i prezzi delle merci siano determinati dalla quantità del denaro esistente. Egli non è affatto persuaso che per ogni banconota da 1 Lst. emessa — supposte uguali tutte le altre circostanze — entri una sovrana (Sterlina oro)  nel tesoro della banca; egli teme che la massa del mezzo di circolazione possa essere accresciuta e di conseguenza svalorizzata, ossia che i prezzi delle merci aumentino. E’ ciò, e niente altro, quel che si nasconde dietro gli scrupoli di cui sopra. F.E.).

A proposito della bipartizione della Banca e delle eccessive precauzioni per assicurare il rimborso delle banconote, Tooke dice davanti al Commercial Distress 1848-57:

Le maggiori oscillazioni del saggio dell’interesse nel 1.847 in confronto a quelle del 1837 e 1839, sono dovute soltanto alla suddivisione della Banca in due dipartimenti (3010). La sicurezza delle banconote non fu scossa nè nel 1825, nè nel 1837 e ‘39 (3015). La domanda di oro nel 1825 non mirava soltanto a colmare il vuoto prodotto dal deprezzamento dei biglietti da 1 Lst. delle banche provinciali; questo vuoto poteva essere colmato soltanto dall’oro, fino a che anche la Banca d’Inghilterra emise biglietti da 1 Lst. (3022). Nel novembre e dicembre 1825 non si aveva la minima domanda d’oro per l’esportazione (3023).

«Per quanto riguarda una eventuale perdita di credito della Banca all’interno ed all’estero, una sospensione del pagamento dei dividendi e dei depositi avrebbe conseguenze molto più serie di una sospensione del pagamento delle banconote» (3028).

«3035. Non vuole Lei dire che qualsiasi fatto che compromettesse in definitiva la convertibilità delle banconote potrebbe in un momento di crisi commerciale creare nuove e serie difficoltà? — Assolutamente in nessun caso».

Nel corso del 1847 « una accresciuta emissione di banconote avrebbe potuto contribuire a colmare la riserva aurea della Banca, come si verificò nel 1825 » (3058).

Davanti al (Committee on) Bank Acts, 1857, Newmarch afferma:

«1357. Il primo cattivo effetto... di questa separazione in due dipartimenti (della Banca) e della bipartizione della riserva aurea che necessariamente ne conseguiva, fu che l’attività bancaria della Banca d’Inghilterra, ossia tutto quel ramo delle sue operazioni che la mettono in rapporto più diretto con il commercio del paese, fu continuata con solo la metà dell’ammontare della precedente riserva. In seguito a questa scissione della riserva è accaduto che, non appena la riserva del dipartimento bancario diminuiva di pochissimo, la Banca era costretta ad elevare il suo saggio di sconto. Questa riduzione della riserva ha quindi provocato una serie di tangibili variazioni del saggio di sconto».

«1358. Tali variazioni a partire dal 1844» (fino al giugno 1857) «sono state circa 60, mentre per un uguale periodo di tempo prima del 1844 non ammontavano che ad una dozzina».

Di particolare interesse è anche la deposizione di Palmer, direttore della Banca d’Inghilterra dal 1811 e per un certo periodo di tempo anche suo governatore, davanti alla Commissione dei Lords Commercial Distress (1848-57):

«828. Nel dicembre 1825 non restavano alla Banca che 1.100.000 Lst. oro all’incirca. Essa avrebbe allora senza alcun dubbio dovuto fallire se questo Act» (del 1844) «fosse in quel tempo esistito. In dicembre, io credo, essa emise in una settimana, 5 o 6 milioni di banconote e ciò diminuì notevolmente il panico allora esistente».

«825. La prima volta» (dopo il 10 luglio 1825) «in cui la legislazione bancaria attuale sarebbe crollata se la Banca avesse tentato di portare a termine le transazioni in corso, fu il 28 febbraio 1837; allora la Banca possedeva da 3.900.000 Lst. a 4.000.000 di Lst. e avrebbe avuto nella riserva soltanto 650.000 Lst. Un secondo periodo è quello del 1839, che si prolungò dal 9 luglio fino al 5 dicembre».

«826. Quale era l’ammontare della riserva in questo caso? La riserva consisteva il 5 settembre in un deficit complessivo di 200.000 Lst. (The reserve was minus altogether 200.000 Lst.). Il 5 novembre essa era salita a circa 1 -1 e 1/2 milioni».

«830. La legge del 1844 avrebbe impedito alla Banca di venire in aiuto, nel 1837, al commercio con l’America».

«831. Tre delle principali case americane fallirono. Quasi tutte le ditte che avevano affari con l’America erano rimaste senza crediti e se la Banca non fosse venuta loro in aiuto, non credo che più di 1 o 2 ditte si sarebbero mantenute in piedi».

«836. La crisi del 1837 non è da paragonarsi a quella del 1847. Quella del 1837 si limitò principalmente al commercio con l’America».

«838». (All’inizio del giugno 1837 la direzione della Banca discusse il problema sul modo di impedire la crisi) «A questo proposito, alcuni signori furono dell’avviso.., che il principio giusto fosse di elevare il saggio dell’interesse, in modo che i prezzi delle merci sarebbero caduti: in breve rendere il denaro caro e le merci a buon mercato, in modo da far fronte ai pagamenti all’estero (by which the foreign payments would be accomplished)».

«906. L’introduzione di una limitazione artificiosa dei poteri della Banca mediante la legge del 1844, in luogo dell’antico e naturale limite posto ai suoi poteri dal reale ammontare della sua riserva metallica, diede origine ad un peggioramento artificioso degli affari ed ebbe un effetto sul prezzo delle merci, che non si sarebbe verificato senza questa legge».

« 968. Sotto l’effetto della legge del 1844 non si può, in condizioni normali, ridurre la riserva metallica della Banca in modo sensibile al di sotto dei 9 e 1/2 milioni. Ciò provocherebbe una pressione sui prezzi e sul credito, che porterebbe nell’attuale corso dei cambi un cambiamento tale da far aumentare l’importazione d’oro e da accrescere con ciò l’ammontare dell’oro nel dipartimento di emissione ».

«996. Con la limitazione attuale Lei (la Banca) non dispone dell’argento che è necessario in quei periodi in cui si usa l’argento al fine di influire nel corso dei cambi esteri».

«999. Quale era lo scopo del regolamento che limitava la riserva d’argento della Banca a 1/5 della sua riserva metallica? A questa domanda non posso rispondere».

Lo scopo era di rendere caro il denaro; proprio il medesimo scopo che, indipendentemente dalla teoria del currency, tende a perseguire la divisione della Banca in due sezioni, e l’obbligo per le banche scozzesi e irlandesi di tenere una riserva aurea per l’emissione di banconote al di là di un certo ammontare. Si verificò in tal, modo un decentramento della riserva metallica nazionale, che le rendeva più difficile correggere i corsi dei cambi sfavorevoli. Tutte queste misure tendono all’aumento del saggio dell’interesse: il fatto che la Banca d’Inghilterra non possa emettere più di 14 milioni di biglietti oltre la relativa riserva aurea; che il dipartimento bancario debba essere amministrato come una banca ordinaria, riducendo il saggio dell’interesse in periodi di abbondanza di denaro ed elevandolo in periodi di scarsità; la limitazione della riserva d’argento, mezzo principale per rettificare il corso dei cambi con il continente e l’Asia; i regolamenti riguardanti le banche scozzesi ed irlandesi che non hanno mai bisogno d’oro per l’esportazione debbono ora tenerlo in riserva sotto il pretesto di una convertìbilità, di fatto puramente illusoria, delle loro banconote. Il fatto è che la legge del 1844 provocava per la prima volta nel 1857 un assalto all’oro nelle banche scozzesi. La nuova legislazione bancaria non fa del pari differenza alcuna fra deflusso d’oro all’estero e all’interno, sebbene l’effetto che ne consegue sia naturalmente del tutto diverso. Da qui le continue violente oscillazioni del saggio di mercato dell’interesse. Per quanto riguarda l’argento, Palmer dice due volte, 992 e 994, che la banca può acquistare argento in cambio dei biglietti solo quando il corso dei cambi è favorevole per l’Inghilterra, e vi è quindi sovrabbondanza di argento; poiché:

«1003. L’unico scopo per cui una parte considerevole della riserva metallica può essere mantenuta in argento, è che si possono in tal modo facilitare i pagamenti all’estero, nei momenti in cui il corso dei cambi è sfavorevole all’Inghilterra».

«1004. L’argento è una merce che, essendo denaro in tutto il reato del mondo, serve meglio di qualsiasi altra merce... a questo scopo » (pagamenti all’estero). «Solo gli Stati Uniti hanno in questi ultimi tempi accettato esclusivamente dell’oro».

Secondo il suo punto di vista non occorreva che la Banca in periodi di scarsità di denaro facesse salire il saggio dell’interesse oltre il vecchio livello del 5%, fino a che le condizioni sfavorevoli del cambio non attirassero l’oro all’estero. Se non vi fosse stata la legge del 1844 essa avrebbe potuto scontare senza difficoltà tutte le cambiali di prima qualità (first class bills) che le venissero presentate (1018-20). Ma con la legge del 1844, e data la situazione in cui si trovava la Banca nell’ottobre 1847, «non vi era saggio dell’interesse che la Banca non potesse richiedere a ditte solide e che esse non fossero disposte a pagare, per continuare i loro pagamenti» [1022].

E questo elevato saggio d’interesse era proprio lo scopo perseguito dalla legge.

«1029. Debbo distinguere nettamente tra l’influenza del saggio dell’interesse sulla domanda estera (di metallo prezioso) ed un aumento dell’interesse al fine di impedire un assalto alla banca durante un periodo di carenza di credito all’interno».

«1023. Prima della legge del 1844, quando i corsi erano favorevoli all’ Inghilterra e tuttavia vi era nel paese dell’inquietudine o anche vero e proprio panico, non era posto nessun limite all’emissione delle banconote, la sola misura che potesse alleggerire questa situazione di scarsità di denaro».

Così parla un uomo che per ben 39 anni è stato alla direzione della Banca d’Inghilterra.

Ascoltiamo ora un banchiere privato, Twells, socio di Spooner, Attwoods & Co. dal 1801. È il solo fra tutti i testimoni che hanno depositato davanti al Bank Committee del 1857 che ci lascia intravedere la situazione reale del paese e che prevede l’approssimarsi della crisi. Inoltre egli è una specie di little man di Birmingham, poiché i suoi associati, i fratelli Attwood sono i fondatori di questa scuola (vedi Zur Kritik der politischen Oeko noinie, p. 59). Egli afferma: «4488. Quali pensa che siano state le conseguenze della legge del 1844? In qualità di banchiere io Le direi che questa legge ha avuto dei risultati eccellenti in quanto ha permesso ai banchieri e ai capitalisti (monetari [ di qualsiasi tipo di raccogliere una ricca messe. Ma essa ha avuto conseguenze pessime per il commerciante onesto e laborioso, che ha bisogno di un saggio di sconto stabile al fine di fare i suoi contratti con sicurezza... questa legge ha trasformato il prestito di denaro in un affare dei più profittevoli». «4489. Essa (la legge bancaria) permette alle banche azionarie di Londra di pagare ai loro azionisti dividendi del 20-22%? Una banca recentemente pagava il 18% e, credo, un’altra il 20%; esse hanno quindi motivo per schierarsi decisamente in favore della legge». «4490. Essa colpisce fortemente... i piccoli uomini d’affari e rispettabili commercianti che non hanno un grande capitale... L’unico mezzo a mia disposizione per provarlo è che vedo una sor prendente massa delle loro accettazioni che non vengono pagate. Queste accettazioni hanno sempre un valore piccolo, da 20 a 100 Lst. all’incirca, molte di esse non vengono pagate e ritornano per mancanza di pagamento in tutte le parti del paese, e questo è già un sintomo della depressione... nel piccolo commercio».

4494. Egli dichiara che gli affari al momento non danno profitto. Le sue osservazioni che seguono sono importanti perché mostrano che egli percepiva la latente esistenza della crisi, prima che qualsiasi altro se ne accorgesse. «I prezzi in Mincing Lane si mantengono ancora a un certo livello, ma non si vende, non si può vendere a nessun prezzo; ci si tiene al prezzo nominale».

4495. Egli racconta un caso: un francese invia ad un mediatore di Mincing Lane merci per 3.000 Lst., per venderle ad un certo prezzo. Il mediatore non può fare quel prezzo, il francese non può vendere sotto quel prezzo. La merce resta in deposito, ma il francese ha bisogno di denaro. Il mediatore gli anticipa allora 1.000 Lst. in modo che il francese emette sul mediatore una cambiale di 1.000 Lst. a tre mesi con la garanzia delle merci. Dopo tre mesi la cambiale viene a scadenza, ma le merci giacciono sempre invendute. Il mediatore deve allora pagare la cambiale e sebbene egli abbia una copertura del valore di 3.000 Lst., non può renderla liquida e si trova in difficoltà. Così uno trascina l’altro a fondo. «4496. Per quanto riguarda le forti esportazioni... quando gli affari all’interno sono depressi, ne deriva anche necessariamente una forte esportazione». «4497. Crede Lei che il consumo interno sia diminuito? In modo considerevole... In modo incredibile.., i piccoli commercianti rappresentano a questo proposito l’autorità più competente». «4498. E tuttavia le importazioni sono molto forti; non sta questo ad indicare un forte consumo? Certamente, se Lei riesce a venderle; ma molti magazzini sono stipati di questi articoli; nell’esempio che ho citato or ora, sono state importate merci per 3.000 Lst. che non possono essere vendute».

«4514. Se il denaro è caro, allora Lei direbbe che il capitale è a buon mercato? Certamente». Twells non condivide affatto l’opinione di Overstone, per cui un saggio d’interesse elevato è lo stesso che il capitale caro.

Come si fanno ora gli affari:

«4516.Altri si impegnano a fondo, concludono un numero enorme di affari di esportazione e importazione, rischiando molto di più di quello che i loro capitali consentano. Su questo punto non vi può essere il più piccolo dubbio. Queste persone possono avere fortuna: esse possono accumulare un grande patrimonio per qualche caso fortuito e pagare fino all’ultimo soldo. Questo rappresenta per la maggior parte il sistema con cui attualmente si conduce una parte notevole degli affari. Queste persone perdono volentieri il 20, 30 e 40% su un carico: il prossimo affare li può ripagare. Se poi un affare dopo l’altro va male, essi sono a terra; e questo è proprio il caso a cui abbiamo spesso assistito negli ultimi tempi; case commerciali sono fallite senza lasciare uno scellino di  attivo».

«4791. Il basso saggio dell’interesse (durante gli ultimi 10 anni [F E.]) ha, è vero, conseguenze dannose per i banchieri, ma senza sottoporLe i libri contabili potrei indicarLe solo con molta difficoltà quanto attualmente sia più elevato il profitto (suo proprio [FE]) in confronto di prima. Se il saggio dell’interesse è basso a causa di una eccessiva emissione di banconote, abbiamo dei depositi importanti; se il saggio dell’interesse è elevato, ci porta un guadagno immediato».

«4794. Quando è possibile procurarsi del denaro ad un moderato saggio d’interesse, ne abbiamo una richiesta maggiore: diamo di più in prestito; le cose vanno (per noi, i banchieri [FE]) in questo modo. Quando il saggio d’interesse aumenta otteniamo di più di quando esso è basso; riceviamo di più di quello che dovremmo avere».

Abbiamo visto che il credito dei biglietti della Banca d’Inghilterra è considerato da tutti gli esperti come incrollabile. Ciò nonostante la legge bancaria stabilisce che vi siano assolutamente 9-10 milioni in oro per la loro convertibilità. La sacrosanta inviolabilità di questo tesoro, viene così attuata in modo del tutto diverso dagli antichi tesaurizzatori.

W. Brown (Liverpool) afferma, Commercial Distress, 1847-58,

 n. 2311: «Per quanto riguarda l’utilità che questo denaro» (la riserva metallica nel dipartimento di emissione) «aveva allora, si sarebbe potuto benissimo gettarlo in mare, non era possibile impiegarne nemmeno la più piccola parte, senza violare la legge del Parlamento».

L’imprenditore edile E. Capps, lo stesso che è stato citato precedentemente e dalla cui deposizione è stata ripresa anche la descrizione sul sistema moderno di costruzioni edilizie a Londra (Libro II, cap. XII) riassume il suo punto di vista sulla legge bancaria del 1844 come segue (Bank Acts, 1857):

«5508. Lei è quindi in generale dell’opinione che il sistema attuale) » (la legislazione bancaria) « è una istituzione molto ben organizzata per trasferire periodicamente i profitti delle industrie nelle tasche degli usurai? Questo è il mio punto di vista. Io so che nell’edilizia ha avuto questo effetto».

Come abbiamo già fatto notare, la legge bancaria del 1845 impose alle banche scozzesi un sistema molto simile a quello inglese. Furono obbligate a tenere per la loro emissione di banconote una riserva superiore all’ammontare fissato per ogni banca. Per quanto riguarda gli effetti derivanti da questo ordinamento, ecco alcune deposizioni dinanzi al Bank Committee, 1857.

Kennedy, direttore di una banca scozzese:

«3375. Vi era in Scozia, prima della legge del 1845, qualche cosa che si potrebbe chiamare una circolazione aurea? Nulla del genere. Si è avuta da allora una circolazione addizionale di oro? Assolutamente no; la gente non vuole avere oro (the people dislike gold)».

3450. Le 900.000 Lst. oro circa che le banche scozzesi devono tenere a titolo di riserva dopo il 1845, secondo la sua opinione sono soltanto dannose e «immobilizzano e tengono improduttiva una parte corrispondente del capitale scozzese».

E Anderson, direttore della Union Bank of Scotland:

«3558. La sola volta che le banche scozzesi hanno richiesto una forte quantità di oro alla Banca d’Inghilterra, fu a causa del corso del cambio estero? Effettivamente è così; e questa domanda non è per nulla diminuita per il fatto che teniamo oro in Edimburgo».

«3590. Fino a che abbiamo in deposito alla Banca d’Inghilterra (o presso le banche private inglesi) lo stesso ammontare di titoli, siamo in grado come prima di provocare un deflusso d’oro alla Banca d’Inghilterra».

Infine anche un articolo dell’Economist (Wilson):

«Le banche scozzesi hanno presso i loro agenti di Londra importi liquidi inutilizzati: questi agenti li tengono presso la Banca d’Inghilterra. Ciò consente alle banche scozzesi, nei limiti di queste somme, di disporre della riserva metallica della banca, e qui essa è pur sempre disponibile quando se ne ha bisogno per fare pagamenti all’estero». Questo sistema fu sconvolto dalla legge del 1845: «In seguito alla legge del 1845 si è verificato in Scozia negli ultimi tempi un forte deflusso di moneta aurea dalla banca d’Inghilterra, per far fronte a una eventuale domanda in Scozia, che forse non sarebbe mai avvenuta... A partire da questa data una forte somma si trova regolarmente immobilizzata in Scozia e un’altra somma notevole si trova costantemente in viaggio avanti e indietro fra Londra e la Scozia. Se vi è un periodo in cui un banchiere scozzese prevede un aumento nella richiesta delle sue banconote, allora una cassa d’oro viene inviata da Londra;  non appena questo periodo è passato, la stessa cassa ritorna a Londra, il più delle volte senza essere stata   aperta». (Economist, 23 ottobre 1847 [ pag 1214 e sg.]).

(E che cosa dice di tutto ciò il padre della legge bancaria, il banchiere Samuel Jones Lloyd, alias Lord Overstone?

Già nel 1848, dinanzi alla Commissione dei Lords per il Commercial Distress, egli ripeteva che «penuria di denaro e alto saggio dell’interesse, causati dalla mancanza di capitale sufficiente, non possono essere attenuati da un’aumentata emissione di banconote» (1514), nonostante che la semplice autorizzazione ad aumentare questa emissione di banconote, rilasciata mediante decreto governativo il 25 ottobre 1847, sia stata sufficiente per smussare la punta più acuta della crisi.

Egli è sempre del parere che «il saggio elevato dell’interesse e la situazione depressa dell’industria manifatturiera furono la conseguenza necessaria della riduzione del capitale materiale disponibile per scopi industriali e commerciali» (1604). E tuttavia l’industria manifatturiera si trovava da mesi in una situazione di depressione per il fatto che il capitale-merce materiale era sovrabbondante e stipava i magazzini ed era pressoché invendibile: e proprio per questa ragione il capitale produttivo materiale era tenuto totalmente o parzialmente inattivo, perché non si producesse ulteriormente capitale-merce invendibile.

E di fronte alla Commissione bancaria del 1857 egli dice:

«In virtù del rigoroso e pronto rispetto dei principi della legge del 1844, tutto si è svolto con regolarità e facilità, il sistema monetario è sicuro e solido, la prosperità del paese è indiscussa, la fiducia del pubblico nella legge del 1844 aumentata di giorno in giorno. Se la Commissione desidera ulteriori prove pratiche della bontà dei principi su cui questa legge si fonda e delle benefiche conseguenze che essa ha assicurato, la risposta giusta e sufficiente è questa: guardatevi attorno; considerate la situazione attuale degli affari nel nostro paese, considerate la soddisfazione del popolo; considerate la ricchezza e la prosperità di tutte le classi sociali; soltanto allora, dopo aver constatato tutto questo, la Commissione sarà in grado di decidere se essa vuole impedire la continuazione di una legge, in virtù della quale si sono ottenuti tali successi» (Bank Committee, 1857, n. 4189).

A questo ditirambo che Overstone cantò dinanzi alla Commissione il 14 luglio, rispondeva il 12 novembre dello stesso anno l’antistrofe, la lettera alla direzione della Banca con cui il governo sospendeva la meravigliosa legge del 1844, per salvare ciò che era ancora salvabile. — F.E.).

 

AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del III libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche:

1 – non sono state riportate le note che Marx ed Engels richiamano nel testo (fatte salve alcune eccezioni);

2 – sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda gli esempi numerici in cui, per facilitare la lettura;

a – sono state cambiate le unità di misura e le grandezze;

b – diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle;

c – in alcuni esempi numerici le cifre decimali sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata con un apice (‘).

Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha  travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale  e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio.

In altre parti si sono invece mantenute le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione o per ragioni di fedeltà storica.

Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro, laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”.

Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti  avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza  della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue.

Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:

  • Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione integrale - I mammut – Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:

http://www.marxists.org/xlang/marx.htm