IL CAPITALE

LIBRO III

SEZIONE V

SUDDIVISIONE DEL PROFITTO IN INTERESSE
E GUADAGNO D’IMPRENDITORE.

IL CAPITALE PRODUTTIVO D’INTERESSE.

CAPITOLO 31

CAPITALE MONETARIO E CAPITALE EFFETTIVO (2)
(Continuazione)

Non abbiamo ancora esaurito la questione fino a qual punto l’accumulazione del capitale sotto forma di capitale monetario da prestito coincida con l’accumulazione effettiva, con l’allargamento del processo di riproduzione.

La trasformazione del denaro in capitale monetario da prestito presenta delle difficoltà molto minori che non la trasformazione del denaro in capitale produttivo. Dobbiamo qui distinguere due fenomeni:

1) la semplice trasformazione del denaro in capitale da prestito;

2) la trasformazione del capitale o del reddito in denaro, che a sua volta viene convertito in capitale da prestito.

È solamente questo secondo caso, che può comprendere una accumulazione positiva di capitale da prestito collegata con un’accumulazione effettiva del capitale industriale.

1. TRASFORMAZIONE DEL DENARO IN CAPITALE DA PRESTITO.

Come abbiamo già visto, si può verificare una accumulazione, una sovrabbondanza di capitale da prestito, che sia connessa con l’accumulazione produttiva, soltanto nel senso che queste due accumulazioni sono inversamente proporzionali l’una all’altra.

Questo caso si verifica in due fasi del ciclo industriale: ossia nel momento in cui il capitale industriale, in entrambe le sue forme di capitale produttivo e di capitale-merce, è contratto, quindi all’inizio del ciclo che segue la crisi; poi nel momento in cui la ripresa ha inizio, ma il credito commerciale ricorre ancora scarsamente al credito bancario. Nel primo caso il capitale monetario, che precedentemente era impiegato nella produzione e nel commercio, appare capitale da prestito inutilizzato; nel secondo caso comincia ad essere impiegato in una misura crescente, ma ad un saggio d’interesse molto basso, perché ora sono i capitalisti industriali e commerciali che dettano le loro condizioni ai capitalisti monetari. La sovrabbondanza del capitale da prestito esprime nel primo caso un ristagno del capitale industriale e nel secondo una relativa indipendenza del credito commerciale dal credito bancario, in virtù della fluidità dei rientri, delle brevi scadenze dei crediti e del fatto che si lavora prevalentemente con capitale proprio. Gli speculatori che contano sul capitale creditizio altrui, non sono ancora entrati in campo; coloro che lavorano con capitale proprio sono ancora ben lungi dall’intraprendere operazioni di puro credito.

Nella prima fase la sovrabbondanza del capitale da prestito esprime precisamente il contrario della accumulazione effettiva.

Nella seconda fase essa coincide con una rinnovata espansione del processo di riproduzione, l’accompagna, ma non ne è la causa.

La sovrabbondanza del capitale da prestito già diminuisce e non è più che relativa in rapporto alla domanda. In entrambi i casi l’allargamento del processo effettivo di accumulazione viene stimolato in quanto il basso saggio d’interesse, che nel primo caso coincide con prezzi bassi e nel secondo con prezzi in lento aumento, accresce la parte del profitto che si trasforma in guadagno d’imprenditore. Ciò vale in misura ancora maggiore quando il saggio dell’interesse sale al suo livello medio nel periodo che segna il culmine della prosperità, periodo in cui si accresce, ma non alla stregua del profitto.

Abbiamo visto d’altro lato, che si può verificare una accumulazione del capitale da prestito, senza che vi sia traccia di accumulazione effettiva, mediante mezzi puramente tecnici, quali una espansione e concentrazione del sistema bancario, una economia nella riserva di circolazione od anche nei fondi di riserva dei mezzi di pagamento dei privati, mezzi di pagamento che in questo modo vengono continuamente trasformati, per breve tempo, in capitale da prestito. Quantunque questo capitale da prestito, che in conseguenza viene denominato anche capitale fluttuante (floating capital), conservi sempre questa forma di capitale da prestito soltanto per periodi brevi (come pure brevi sono i periodi concessi per lo sconto), esso si trova in continuo movimento di flusso e riflusso. Ritirato dall’uno viene reso dall’altro. La massa del capitale monetario da prestito (non parliamo qui di prestiti della durata di anni, ma soltanto di prestiti a breve scadenza su cambiali e depositi) si accresce così, in realtà, del tutto indipendentemente dalla accumulazione effettiva.

Bank Committee, 1857. Domanda 501 (Il sig. Weguelin, governatore della Banca d’Inghilterra):

«Che cosa intende Lei per floating capital? È il capitale disponibile per prestiti monetari a breve termine... (502). Biglietti della Banca d’Inghilterra... delle banche provinciali e l’ammontare di denaro che esiste nel paese.

(Domanda:) Non sembra, secondo le deposizioni rese alla Commissione, che, se per floating capital Lei intende la circolazione attiva (ossia dei biglietti della Banca d’Inghilterra [FE]) si possano verificare delle oscillazioni molto considerevoli in questa circolazione attiva?» (Sussiste tuttavia una forte differenza, secondo che questa circolazione attiva venga anticipata dal capitalista finanziario, oppure dal capitalista riproduttivo stesso. — Risposta di Weguelin:) «Io includo nel floating capital le riserve dei banchieri per le quali si hanno delle fluttuazioni sensibili». Ossia, si verificano delle fluttuazioni importanti in quella parte dei depositi che i banchieri non hanno di nuovo dato in prestito, ma che figurano come loro riserva ed in gran parte anche come riserva della Banca d’Inghilterra, presso la quale essi si trovano depositati. Finalmente lo stesso signore dice che il floating capital é bullion, ossia lingotti e moneta metallica (503). È in generale davvero stupefacente come, in questo gergo creditizio del mercato monetario, tutte le categorie dell’economia politica assumano un altro senso ed un’altra forma. Floating capital è l’espressione che viene là usata per circulating capital, che è, naturalmente, qualche cosa di fondamentalmente diverso e money (moneta) diventa capital, bullion (lingotti d’oro) è capitale, le banconote rappresentano solo circulation e il capitale è a commodity (una merce) e i debiti sono commodities e il fixed capital (capitale fisso) è denaro investito in titoli difficilmente negoziabili!

«Le banche per azioni di Londra... hanno accresciuto i loro depositi da 8.850.774 Lst. nel 1847 a 43.100.724 Lst. nel 1857... Le deposizioni e le testimonianze presentate alla Commissione, permettono di concludere che gran parte di questa ingente somma proviene da fonti che precedentemente non erano utilizzabili per questo scopo; e che l’abitudine di aprire un conto presso il banchiere e di depositare del denaro presso di lui si è comunicata a numerose classi, che precedentemente non investivano il loro capi tale (!) in questo modo. Il signor Rodwell, Presidente dell’Associazione delle Banche private provinciali» (contrapposte alle banche per azioni [F.E.]) «e delegato da essa a deporre davanti alla Commissione, afferma che nella zona di Ipswich questa abitudine è ultimamente quadruplicata fra gli affittuari ed i piccoli commercianti di quel distretto; che quasi tutti gli affittuari, anche quelli che pagano soltanto 50 Lst. di affitto annuo, hanno ora i loro depositi in banca. La massa di questi depositi trova naturalmente la via per venire impiegata negli affari e gravita particolarmente verso Londra, centro dell’attività commerciale, dove essi sono innanzitutto impiegati per lo sconto delle cambiali e per anticipi di altra natura ai clienti dei banchieri londinesi. Ma una gran parte di essi, quella per cui i banchieri stessi non hanno una richiesta immediata, passa nelle mani dei bill-brokers, che rimettono in cambio ai banchieri delle cambiali commerciali, che essi hanno già scontato una volta per terzi a Londra o in provincia» (Bank Committee, 1858, p. V [paragrafo n. 8]).

In quanto il banchiere concede degli anticipi al bill-broker su cambiali che quest’ultimo ha già scontato una volta, egli in realtà, compie su questa cambiale una operazione di risconto; ma in effetti moltissime di queste cambiali sono già state riscontate dal bill-broker e con lo stesso denaro con cui il banchiere torna a scontare la cambiale del bill-broker, questi risconta nuove cambiali. Il risultato di tutto ciò: «Si sono venuti creando estesi crediti fittizi in conseguenza delle cambiali di comodo e del credito in bianco, fenomeno questo che è stato molto facilitato dal comportamento delle banche per azioni di provincia, che scontavano tali cambiali e poi le lasciavano riscontare dai bill-brokers sul mercato londinese; in tale transazione, ciò che contava era unicamente il credito della banca, mentre la qualità della cambiale veniva completamente trascurata» (ivi [ p. XXI, paragrafo n. 52]).

A proposito di queste operazioni di risconto e dell’aiuto che questo incremento puramente tecnico del capitale monetario da prestito offre alla speculazione creditizia, è interessante il seguente passo tolto dall’Economist: «Per molti anni il capitale» (ossia il capitale monetario da prestito) «si accumulava in alcuni distretti del paese più rapidamente di quanto potesse essere impiegato, mentre in altri distretti la possibilità di investirlo si accresceva più rapidamente del capitale stesso. Mentre così i banchieri dei distretti agricoli non avevano possibilità di impiegare in forma redditizia e sicura i loro depositi nella propria zona, ai banchieri dei distretti industriali e delle città commerciali veniva richiesto più capitale di quanto non potessero fornire. In conseguenza di tali differenti condizioni nei vari distretti, si è venuta creando in questi ultimi anni e sviluppando con una rapidità vertiginosa un nuovo tipo di imprese che si dedicano alla distribuzione del capitale e che quantunque vengano abitualmente chiamate bill-brokers, sono in realtà dei banchieri che operano su scala molto larga. L’attività di queste imprese consiste nel prelevare, per periodi determinati e a interessi fissati in anticipo, il capitale in eccedenza dalle banche di quei distretti dove esso non potrebbe essere impiegato, come pure i fondi temporaneamente inoperosi delle società per azioni e delle grandi ditte commerciali e nell’anticipare questo denaro, a interessi più elevati, alle banche di quei distretti dove maggiore è la richiesta di capitale; di regola riscontando cambiali dei loro clienti... È così che Lombard Street è diventato il grande centro dove si attua il trasferimento di capitale inoperoso da quella parte del paese in cui esso non può venire impiegato utilmente ad un’altra dove invece è richiesto e ciò si verifica per le diverse parti del paese, come anche per gli individui che si trovano nella situazione analoga. Originariamente queste imprese si limitavano quasi esclusivamente ad operazioni di prestito su garanzie bancarie. Ma a mano a mano che il capitale del paese si accrebbe rapidamente e fu sempre più economizzato con la creazione di banche, i fondi a disposizione di questi istituti di sconto diventarono così cospicui, che essi cominciarono a fare anticipi dapprima su dock warrants (fidi di deposito) e poi anche sulle polizze di carico che rappresentavano prodotti non ancora giunti a destinazione, quantunque qualche volta, se non regolarmente, fossero già state emesse per esse cambiali sul sensale di merci. Questa prassi non tardò a modificare tutto il carattere del commercio inglese. Le facilitazioni offerte in Lombard Street rafforzavano singolarmente in Mincing Lane  la posizione dei sensali di merci, che a loro volta trasferivano tutto il vantaggio ai commercianti importatori; questi ultimi partecipavano a tali speculazioni creditizie con un tale ardore, che, mentre 25 anni prima il prendere a credito sulle proprie polizze di carico od anche sui propri dock warrants avrebbe rovinato la reputazione di un commerciante, negli ultimi anni questa pratica è divenuta così diffusa da poter essere considerata la regola e non più, come 25 anni or sono, una rara eccezione. Questo sistema ha preso una tale estensione che in Lombard Street sono state prese in prestito delle somme molto elevate su cambiali emesse su raccolti non ancora giunti a maturazione in colonie lontane. La conseguenza di tali facilitazioni era che i commercianti importatori estendevano le loro operazioni estere ed investivano il loro capitale fluttuante (floating), con cui essi avevano fino allora finanziato la loro impresa, nel più pericoloso degli investimenti, ossia nelle piantagioni coloniali, sulle quali essi non avevano controllo alcuno o soltanto minimo. Vediamo così la concatenazione diretta dei crediti. Il capitale del paese, che è ammassato nei nostri distretti agricoli, affluisce in piccole quantità sotto forma di depositi nelle banche provinciali e si accentra in Lombard Street per essere impiegato. Ma è stato utilizzato, in primo luogo, per l’ampliamento degli affari nei nostri distretti minerari ed industriali, mediante il risconto delle cambiali per le banche di questi distretti; in secondo luogo anche per accordare maggiore facilitazione agli importatori di prodotti esteri mediante anticipi su dock warrants e polizze di carico, che permettono di liberare il capitale commerciale “legittimo” delle ditte impegnate nel commercio estero e coloniale e di poterlo investire nel tipo pericoloso degli investimenti, nelle piantagioni coloniali» (Economist [ nov.] 1847).

È questa la «bella» concatenazione di crediti.

Il depositante rurale crede di affidare i suoi depositi semplicemente al suo banchiere e pensa inoltre che il banchiere, se concede dei prestiti, lo faccia soltanto a privati di sua conoscenza. Egli non immagina neppure lontanamente che il banchiere pone il suo deposito a disposizione di un bill-broker londinese, sulle cui operazioni né lui né il depositante possono esercitare alcun controllo.

Abbiamo già visto come le grandi imprese pubbliche, quali ad esempio, le ferrovie possono accrescere momentaneamente il capitale da prestito, per il fatto che le somme depositate rimangono sempre per un certo tempo, fino alla loro utilizzazione effettiva, a disposizione delle banche.

La massa del capitale da prestito è, per altro, una cosa completamente diversa dalla quantità della circolazione. Per quantità della circolazione intendiamo qui la somma di tutte le banconote e di tutto il denaro metallico che si trova e circola in un paese, inclusi i lingotti di metallo prezioso. Una parte di questa quantità costituisce la riserva delle banche, una grandezza che varia in continuazione.

«Il 12 novembre 1857» (data della sospensione della Legge bancaria del 1844) «la riserva complessiva della Banca d’Inghilterra e delle sue succursali, ammontava soltanto a 580.751 Lst.; la somma dei depositi per lo stesso giorno era di 22 1/2 milioni di Lst., di cui circa 6 milioni e mezzo appartenevano ai banchieri londinesi» (Bank Acts, 1858, p. LVII).

Le variazioni del saggio dell’interesse (prescindendo dalle variazioni che si verificano in periodi relativamente lunghi e dalla differenza del saggio d’interesse nei diversi paesi; le prime sono causate dalle variazioni nel saggio generale del profitto, le seconde dalle differenze nei saggi del profitto e nello sviluppo del credito) dipendono dall’offerta del capitale da prestito (supponendo uguali tutte le altre circostanze, grado di fiducia, ecc.), ossia del capitale che viene dato in prestito nella forma di denaro, moneta metallica e banconote, a differenza del capitale industriale, che tra gli agenti della riproduzione viene prestato come tale in forma di merce tramite il credito commerciale.

Nondimeno la massa di questo capitale monetario da prestito è differente e indipendente dalla massa del denaro in circolazione.

Se ad esempio 20 € venissero dati in prestito cinque volte al giorno, il capitale monetario dato in prestito sarebbe di 100 € e questo significherebbe al tempo stesso che questi 20 € avrebbero inoltre operato almeno quattro volte come mezzo di acquisto o di pagamento; poiché, qualora l’acquisto o il pagamento non fossero intervenuti e quindi questo capitale non avesse rappresentato almeno quattro volte la forma modificata di capitale (merce, ivi compresa anche la forza-lavoro), questo capitale non costituirebbe un capitale di 100 €, ma soltanto cinque crediti di 20 € l’uno.

Per i paesi a credito sviluppato possiamo supporre che tutto il capitale monetario disponibile per il prestito esista sotto la forma di depositi presso le banche e presso coloro che danno il denaro in prestito. Ciò vale per lo meno per il commercio in generale. Inoltre, in periodi in cui gli affari sono prosperi, prima che la speculazione vera e propria si scateni, quando il credito è facile e la fiducia si rafforza, la maggior parte delle funzioni della circolazione viene attuata mediante un semplice trasferimento di credito, senza intervento del denaro metallico o cartaceo.

La semplice possibilità di grandi importi di depositi con una quantità relativamente piccola di mezzi di circolazione, dipende unicamente:

1) dal numero degli acquisti e dei pagamenti che la medesima moneta compie;

2) dal numero dei suoi rientri, ossia dal numero delle volte che essa ritorna alle banche sotto forma di deposito, così che la sua ripetuta funzione di mezzo di acquisto e di mezzo di pagamento, avviene per mezzo della sua rinnovata trasformazione in deposito. Ad esempio: un piccolo commerciante al minuto depone ogni settimana alla banca 100 € in denaro; il banchiere se ne serve per rimborsare al fabbricante una parte del suo deposito; quest’ultimo li usa per pagare i suoi operai; questi pagano con essi i loro conti al piccolo commerciante, che di nuovo li depone alla banca. I 100 € depositati dal piccolo commerciante hanno servito così prima a rimborsare un deposito del fabbricante, poi a pagare i lavoratori, poi a pagare il piccolo commerciante stesso, infine al deposito di una parte del capitale monetario dello stesso piccolo commerciante; cosicché al termine di 20 settimane, se non avesse egli stesso emesso cambiali su questo denaro, egli avrebbe con gli stessi 100 € depositato presso il banchiere 2.000 €.

In che misura questo capitale monetario sia utilizzato si vede soltanto nel deflusso e nell’afflusso dei fondi di riserva delle banche. È per questo che il signor Weguelin, governatore della Banca d’Inghilterra nel 1857, conclude che l’oro della Banca d’Inghilterra costituisce l’unico capitale di riserva:

«1258. Secondo il mio punto di vista il saggio di sconto è effettivamente determinato dal l’ammontare del capitale inutilizzato esistente nel paese. L’ammontare del capitale inutilizzato è rappresentato dalla riserva della Banca d’Inghilterra, che è di fatto una riserva aurea. Quando allora è in atto un processo di deflusso dell’oro, l’ammontare del capitale inutilizzato nel paese diminuisce e si accresce in conseguenza il valore della parte che ancora rimane».

«1364. [ W. Newmarch]: La riserva aurea della Banca d’Inghilterra costituisce in realtà la riserva centrale o il tesoro in contanti, sulla cui base viene regolato tutto il movimento di affari del paese... È su questo tesoro o questa riserva che si riversano sempre l’azione delle quotazioni estere sui cambi» (Report on Bank Acts, 1857).

La statistica delle esportazioni e delle importazioni ci fornisce un indice dell’accumulazione del capitale reale, ossia del capitale produttivo e del capitale-merce. E si vede sempre, durante i periodi di sviluppo dell’industria inglese che si svolgono in cicli decennali (1815-1870), che il punto massimo dell’ultimo periodo di prosperità precedente la crisi, riappare di nuovo, come punto minimo del susseguente periodo di prosperità, per risalire poi ad un nuovo punto massimo assai più elevato.

Il valore reale o il valore dichiarato dei prodotti esportati dalla Gran Bretagna e dall’Irlanda nell’anno di prosperità 1824 era di 40.396.300 Lst. L’ammontare delle esportazioni si riduce poi, con la crisi del 1825, al di sotto di questa cifra e oscilla fra i 35 e i 39 milioni all’anno. Con il ritorno della prosperità nel 1834, sale oltre il livello massimo precedente, a 41.649.191 Lst. e raggiunge nel 1836 il nuovo massimo di 53.368.571 Lst. Nel 1837 esso cade di nuovo a 42 milioni, di modo che il nuovo numero è pur sempre più elevato del vecchio punto massimo e oscilla in seguito fra i 50 e i 53 milioni. Il ritorno della prosperità eleva l’ammontare delle esportazioni nel 1844 a 58 1/2 milioni, cifra che di nuovo oltrepassa di gran lunga il massimo del 1836. Nel 1845 raggiunge i 60.111.082 Lst. e cade a poco più di 57 milioni nel 1846, è di 59 milioni nel 1847, di 53 milioni nel 1848, sale nel 1849 a 63 1/2 milioni, nel 1853 a quasi 99 milioni, nel 1854 a 97 milioni, nel 1855 a 94 1/2 milioni, nel 1856 a quasi 116 milioni e raggiunge il massimo nel 1857 con 122 milioni. Nel 1858 scende a 116 milioni, ma già nel 1859 sale a 130 milioni, nel 1860 a quasi 136 milioni, nel 1861 soltanto a 125 milioni (questo minimo è di nuovo superiore al precedente massimo), nel 1863 a 146 1/2 milioni.

Lo stesso fenomeno si potrebbe naturalmente dimostrare nel caso della importazione, che è un indice dell’ampliamento del mercato; ma noi ci occupiamo qui unicamente della scala della produzione. (Questo vale per l’Inghilterra naturalmente soltanto per il periodo dell’effettivo monopolio industriale; vale però in generale per tutti i paesi aventi una grande industria moderna, fino a che il mercato mondiale si trova ancora in fase di espansione. F.E.).

2. TRASFORMAZIONE DEL CAPITALE O DEL REDDITO IN DENARO, CHE È TRASFORMATO IN CAPITALE DA PRESTITO.

Noi consideriamo qui l’accumulazione del capitale monetario in quanto essa non è indice di un ristagno nel deflusso del credito commerciale, né di una maggiore economia sia dei mezzi realmente in circolazione, sia del capitale di riserva degli agenti occupati nella riproduzione.

Oltre questi due casi, si può verificare una accumulazione di capitale monetario in seguito a un afflusso d’oro eccezionale, come si verificò nel 1852 e nel 1853 in seguito alla scoperta delle nuove miniere d’oro australiane e californiane. Tale oro fu depositato alla Banca d’Inghilterra. I depositanti ricevettero in cambio banconote che essi non depositarono a loro volta direttamente presso banchieri. Come conseguenza si ebbe un aumento eccezionale dei mezzi di circolazione (deposizione di Weguelin, Bank Committee, 1857, n. 1329). La Banca cercava di valorizzare questi depositi riducendo il saggio di sconto al 2%. La massa aurea ammassata alla Banca si accresceva durante sei mesi del 1853 a 22-23 milioni.

Va da sé che l’accumulazione di tutti i capitalisti che danno denaro in prestito avviene sempre direttamente sotto forma di denaro, mentre noi abbiamo visto che l’accumulazione reale dei capitalisti industriali si effettua, di regola, mediante l’accrescimento degli elementi del capitale riproduttivo stesso.

Lo sviluppo del sistema creditizio e l’enorme concentrazione degli affari riguardanti i prestiti monetari nelle mani di grandi banche, deve dunque già per se stessa affrettare l’accumulazione del capitale da prestito, come una forma distinta dalla accumulazione reale. Questo rapido sviluppo del capitale da prestito è quindi un risultato della accumulazione reale, essendo questa una conseguenza dello sviluppo dei processo della riproduzione e il profitto, che costituisce la fonte di accumulazione di questi capitalisti monetari, rappresenta soltanto una detrazione dal plusvalore, guadagnato dai capitalisti riproduttori (al tempo stesso appropriazione di una parte dell’interesse sui risparmi altrui). Il capitale da prestito si accumula contemporaneamente a spese degli industriali e dei commercianti. Noi abbiamo visto come, nelle fasi sfavorevoli del ciclo industriale, il saggio d’interesse si può elevare a un punto tale, da assorbire temporaneamente tutto quanto il profitto di certi rami d’industria particolarmente svantaggiati. Cadono contemporaneamente i prezzi dei titoli di Stato e di altri titoli. Questo è il momento in cui i capitalisti monetari acquistano in massa questi valori deprezzati che, nelle fasi ulteriori, risalgono di nuovo al loro valore normale ed anche ad un valore superiore. Allora i capitalisti se ne disfano e si appropriano in tal modo di una parte del capitale monetario del pubblico. La parte che essi non vendono produce interessi più elevati, essendo stata acquistata al di sotto del prezzo. Ma tutto il profitto che i capitalisti monetari realizzano e che essi ritrasformano in capitale, essi lo trasformano dapprima in capitale monetario da dare a prestito. Una accumulazione di questo capitale monetario, distinto dall’accumulazione reale, sebbene ne sia una filiazione, si verifica, se noi consideriamo soltanto i capitalisti monetari, i banchieri ecc., per se stessi, come accumulazione di questa classe particolare di capitalisti. Ed essa si deve accrescere a misura che si estende il sistema creditizio che accompagna lo sviluppo reale del processo di riproduzione.

Se il saggio dell’interesse è basso, allora la conseguenza di questa svalutazione del capitale monetario cade principalmente sui depositanti e non sulle banche. Prima dello sviluppo delle banche azionarie i 3/4 di tutti i depositi bancari che si trovano in Inghilterra non producevano interessi. Attualmente, quando si pagano degli interessi, il saggio è almeno dell’1% inferiore al saggio dell’interesse del giorno.

Per quanto riguarda l’accumulazione monetaria delle altre classi di capitalisti, noi non prendiamo in considerazione la parte che viene investita in titoli fruttiferi e accumulata sotto questa forma. Noi consideriamo semplicemente quella parte che viene gettata sul mercato sotto forma di capitale monetario disponibile per il prestito.

Noi abbiamo qui, innanzitutto, quella parte del profitto che non è spesa come reddito, ma è destinata all’accumulazione, per la quale i capitalisti industriali in un primo tempo non trovano impiego nel proprio ramo di attività. Questo profitto esiste immediatamente nel capitale-merce, del cui valore esso rappresenta una parte e insieme con questo viene realizzato in denaro. Se non è ritrasformato (non consideriamo per il momento il commerciante di cui parleremo a parte) negli elementi di produzione del capitale-merce, esso deve conservare per un certo tempo la forma di denaro. Questa massa si accresce con la massa del capitale stesso, anche se il saggio del profitto diminuisce. La parte che deve essere spesa come reddito è consumata a poco a poco, ma nel frattempo essa costituisce, come deposito, capitale da prestito presso il banchiere. Dunque anche l’accrescimento di quella parte del profitto che è speso come reddito si esprime in una accumulazione progressiva, ma continuamente rinnovata del capitale da prestito. Lo stesso si può dire per l’altra parte che è destinata all’accumulazione. Con lo sviluppo del sistema creditizio e della sua organizzazione, l’accrescimento stesso del reddito, ossia del consumo dei capitalisti e dei commercianti, si esprime come accumulazione del capitale da prestito. E questo vale per tutti i redditi, nella misura in cui essi sono consumati a poco a poco, quindi per la rendita fondiaria, il salario ne1le sue forme più elevate, le entrate delle classi improduttive ecc. Essi tutti assumono per un certo tempo la forma del reddito monetario e sono quindi trasformabili in depositi e perciò in capitale da prestito. Ogni reddito, sia destinato al consumo sia all’accumulazione, non appena assume una forma monetaria di qualsiasi tipo, è una parte di valore del capitale-merce trasformato in denaro e quindi espressione e risultato dell’accumulazione reale, ma non il capitale produttivo stesso. Quando un filandiere ha dato i suoi filati in cambio di cotone, quella parte però che costituisce reddito la dà in cambio di denaro, allora la sostanza effettiva del suo capitale industriale sono i filati, passati fra le mani del tessitore o anche del consumatore privato e questi filati rappresentano l’esistenza, sia per la riproduzione, sia per il consumo, del valore capitale e del plusvalore che in esso è racchiuso. La grandezza del plusvalore trasformato in denaro dipende dalla grandezza del plusvalore racchiuso nei filati. Ma non appena avvenuta la sua trasformazione in denaro, questo denaro non rappresenta altro che la presenza come valore di questo plusvalore. Ed in quanto tale esso diventa elemento del capitale da prestito. Perché questo accada basta che esso si trasformi in deposito, a meno che esso non venga dato in prestito direttamente dal suo proprietario. Per essere ritrasformato in capitale produttivo esso deve invece aver già raggiunto un limite minimo determinato.

 

AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del III libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche:

1 – non sono state riportate le note che Marx ed Engels richiamano nel testo (fatte salve alcune eccezioni);

2 – sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda gli esempi numerici in cui, per facilitare la lettura;

a – sono state cambiate le unità di misura e le grandezze;

b – diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle;

c – in alcuni esempi numerici le cifre decimali sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata con un apice (‘).

Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha  travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale  e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio.

In altre parti si sono invece mantenute le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione o per ragioni di fedeltà storica.

Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro, laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”.

Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti  avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza  della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue.

Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:

  • Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione integrale - I mammut – Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:

http://www.marxists.org/xlang/marx.htm