IL CAPITALE

LIBRO III

SEZIONE V

SUDDIVISIONE DEL PROFITTO IN INTERESSE
E GUADAGNO D’IMPRENDITORE.

IL CAPITALE PRODUTTIVO D’INTERESSE.

CAPITOLO 25

CREDITO E CAPITALE FITTIZIO

Il piano del nostro studio non abbraccia l’analisi particolareggiata del sistema del credito e degli strumenti che esso si crea (moneta di credito ecc). Scegliamo qui soltanto alcuni punti, per altro non numerosi, che sono necessari al fine di caratterizzare il sistema capitalistico di produzione in generale. Da questo punto di vista noi dobbiamo considerare unicamente il credito commerciale e bancario; il rapporto fra il suo sviluppo e quello del credito pubblico non rientra in questo campo.

Ho già precedentemente mostrato (Libro I, cap. III, 3, b) come dalla circolazione semplice delle merci nasce la funzione del denaro come mezzo di pagamento e con ciò, fra i produttori ed i commercianti di merci, un rapporto di creditore e debitore. Con lo sviluppo del commercio e della produzione capitalistica, che produce unicamente in vista della circolazione, questa base naturale del sistema creditizio si amplia, si generalizza, si perfeziona. Insomma, il denaro funziona quI soltanto come mezzo di pagamento, ossia la merce non è venduta contro denaro, ma contro la promessa scritta di pagare a un termine prestabilito. Noi possiamo, per amor di brevità, raggruppare queste promesse di pagamento nella categoria generale delle cambiali. Fino al giorno della loro scadenza e del loro pagamento queste cambiali circolano, a loro volta, come mezzo di pagamento; ed esse costituiscono il vero e proprio denaro del commercio. In quanto si annullano, compensando definitivamente debito e credito, esse funzionano integralmente come denaro, poiché in questo caso non ha luogo alla fine alcuna trasformazione in denaro. Precisamente come questi anticipi reciproci dei produttori e dei commercianti costituiscono la base reale del credito, così il loro strumento di circolazione, la cambiale, costituisce la base della effettiva moneta di credito, delle banconote, ecc. Queste non si fondano sulla circolazione monetaria, sia essa moneta metallica o moneta cartacea statale, ma sulla circolazione delle cambiali.

W. LEATHAM (banchiere nel Yorkshire) Letters on the Currency, Il ediz., Londra, 1840:

«Io trovo che l’ammontare complessivo delle cambiali per tutto l’anno 1839 fu di 528.493.842 Lst.» (egli stima che le cambiali straniere ammontassero a circa 1/6 dell’intera somma) «e l’ammontare delle cambiali simultaneamente in circolazione nello stesso anno fu di 132.123.460 Lst.» (p. 56).

«Le cambiali sono una parte integrante della circolazione di entità superiore a tutto il resto»  (p. 3 [4]) «Questa enorme sovrastruttura di cambiali poggia (!) su una base costituita dall’ammontare delle banconote e dell’oro; e se nel corso degli avvenimenti questa base si restringe troppo, la sua solidità e la sua esistenza stessa si trovano in pericolo» (p. 2). «Calcolando l’intera circolazione» (egli intende le banconote [F.E.] «e l’ammontare degli impegni di tutte le banche, di cui può essere richiesto l’immediato pagamento in contanti, trovo una somma di 153 milioni per cui può essere legalmente richiesto il cambio in oro. Come faccio a trovare l’importo in oro per soddisfare questa richiesta? Cinque milioni in oro, secondo i calcoli, sono in circolazione in Inghilterra e nel Galles — poiché in Irlanda e in Iscozia sono in circolazione banconote di 1 sterlina — e circa quattro milioni nelle casseforti della Banca: un totale di nove milioni per soddisfare la richiesta di 148 milioni!» (p. 11). «Le cambiali non possono essere poste sotto controllo a meno che non si impedisca l’eccedenza di denaro [.....] o il basso saggio di interesse o di sconto, che le provoca in parte, incoraggiando questa larga e pericolosa espansione. È impossibile precisare in quale misura queste cambiali provengano da transazioni reali, ossia da vendite e da acquisti effettivi, e in quale misura esse siano create artificialmente (fictitious) e non siano altro che cambiali di comodo; ciò accade quando si emette una cambiale per ritrarne una in corso prima della scadenza e creare così il capitale fittizio mediante l’emissione di puri e semplici mezzi di circolazione. Io so che in periodi in cui il denaro è abbondante e a buon mercato, ciò si verifica in misura elevatissima» (p. 43, 44).

J. W. BOSANQUET, Metallic, Paper and Credit Currency, Londra, 1842:

«L’ammontare medio dei pagamenti effettuati giornalmente nel Clearing House» (dove i banchieri di Londra si cambiano reciprocamente gli assegni pagati e gli effetti scaduti [F.E] «sorpassa i 3 milioni di Lst., e la riserva di denaro giornalmente necessaria a questo scopo è poco più di 200.000 Lst.» (p. 86). (Nell’anno 1889 la rotazione complessiva del Clearing House ammontò a 7618 3/4 milioni di Lst., ossia, su circa 300 giornate in cui si svolgono gli affari, in media a 25 milioni e mezzo al giorno. F.E.). «Le cambiali sono indubbiamente un mezzo di circolazione (currency) indipendente dal danaro, in quanto che esse trasmettono la proprietà di mano in mano in virtù della girata» (p. 92 [93]) «Si deve ammettere che in media ogni cambiale in circolazione è girata due volte e che quindi ogni cambiale effettua due pagamenti prima della sua scadenza. Sembra che, solamente con la girata, le cambiali abbiano reso possibile nel corso dell’anno 1839 un trasferimento di proprietà per un valore di due volte 528 milioni, ossia 1056 milioni di sterline, vale a dire più di tre milioni di sterline al giorno. È quindi certo che le cambiali e i depositi insieme, trasmettendo senza la cooperazione del denaro la proprietà di mano in mano, adempiono le funzioni del denaro per un ammontare giornaliero di almeno 18 milioni di sterline» (p. 93).

TOOKE dice quanto segue a proposito del credito in generale:

«Riportato alla sua espressione più semplice, il credito è la fiducia, bene o male fondata, che porta qualcuno ad affidare ad un altro un certo ammontare di capitale in denaro o in merci stimate per un determinato valore monetario, ammontare che è pagabile sempre a un termine fissato. Quando il capitale è prestato in denaro, ossia in biglietti di banca, oppure in contanti, o con una tratta su un corrispondente, viene fatto un aumento di un tanto per cento per l’uso del capitale sull’ammontare che deve essere rimborsato. Per le merci il cui valore è fissato in denaro di comune accordo fra le parti, e il cui trasferimento costituisce una vendita, la somma determinata che deve essere pagata comprende una indennità per l’uso del capitale e per il rischio corso fino al giorno della scadenza. Per crediti di tale natura vengono solitamente emesse delle obbligazioni di pagamento scritte, che determinano il giorno della scadenza. E queste obbligazioni o promesse trasferibili costituiscono il mezzo con cui coloro che hanno dato a prestito, quando si presenta loro l’occasione di utilizzare il loro capitale, sia nella forma di denaro che in quella di merci, prima della scadenza della cambiale, sono per lo più in condizione di prendere a prestito o di acquistare più a buon mercato, perché il loro credito è rinforzato dal secondo nome che figura sulla cambiale» (Inquiry into the Currency Principle, p. 87).

CH. COQUELIN, Du Crédit et des Banques dans l’Industrie, in Revue des deux Mondes, 1842, voI. 31:

«In ogni paese il maggior numero delle operazioni di credito si compiono nella stessa cerchia delle relazioni industriali......, il produttore delle materie prime le anticipa al fabbricante che le mette in lavorazione e riceve da lui una promessa di pagamento a scadenza fissa. Il fabbricante, dopo aver eseguito la sua parte di lavoro, anticipa a sua volta, e ad analoghe condizioni, il suo prodotto a un altro fabbricante, che lo deve ulteriormente elaborare, e così il credito si estende sempre di più, dall’uno all’altro fino al consumatore. Il commerciante all’ingrosso fa degli anticipi di merci al commerciante al dettaglio, dopo averne ricevuto lui stesso dal fabbricante o dal commissionario. Ognuno prende a prestito con una mano e dà a prestito con l’altra, qualche volta del denaro ma molto più sovente dei prodotti. Si effettua così, nelle relazioni industriali, uno scambio continuo di anticipi che si combinano e si incrociano in tutte le direzioni. Proprio nella moltiplicazione e nell’accrescimento di questi reciproci anticipi consiste lo sviluppo del credito e qui è l’effettiva sede del suo potere».

L’altro aspetto della natura del credito si riallaccia allo sviluppo del commercio di denaro, che nella produzione capitalistica va naturalmente di pari passo con lo sviluppo del commercio di merci. Noi abbiamo visto nella sezione precedente (cap. XIX) come la custodia dei fondi di riserva dei commercianti, le operazioni tecniche di incasso e di pagamento del denaro, i pagamenti internazionali, e per conseguenza il commercio dei lingotti, si concentrino nelle mani dei commercianti di denaro. In seguito a questo commercio di denaro si sviluppa l’altro aspetto della natura del credito, l’amministrazione del capitale produttivo d’interesse o del capitale monetario, come funzione particolare dei commercianti di denaro. Il prendere a prestito e il dare a prestito denaro costituisce il loro affare particolare. Essi servono da intermediari fra chi effettivamente prende a prestito e chi effettivamente dà a prestito capitale monetario. Espressa in termini generali, l’attività del banchiere sotto questo aspetto consiste nel concentrare nelle sue mani e in grandi masse il capitale monetario disponibile per il prestito, così che di fronte ai capitalisti industriali e commerciali, in luogo del singolo individuo che dà denaro a prestito, si trovano i banchieri, come rappresentanti di tutti coloro che danno denaro a prestito. Essi diventano gli amministratori generali del capitale monetario. D’altro lato essi rappresentano, di fronte a tutti coloro che danno a prestito, la figura di chi prende a prestito, poiché essi prendono a prestito per tutto quanto il mondo commerciale. Una banca rappresenta da un lato la concentrazione del capitale monetario, cioè di coloro che danno a prestito, d’altro lato la concentrazione di quelli che prendono a prestito. Il suo profitto consiste generalmente nel fatto che essa prende a prestito a un tasso meno elevato di quello con cui dà a prestito.

Il capitale di cui le banche dispongono per il prestito affluisce loro in modi diversi. Innanzi tutto si concentra in mano loro, poiché esse sono i cassieri dei capitalisti industriali, il capitale monetario che ogni produttore e ogni commerciante tiene come fondo di riserva o che gli affluisce come pagamento. Questi fondi si trasformano così in capitale monetario che può essere dato in prestito. In conseguenza di ciò il fondo di riserva del mondo commerciale, poiché si concentra come fondo comune, è ridotto al minimo necessario, e una parte del capitale monetario, che sarebbe altrimenti rimasto inoperoso come fondo di riserva, è dato a prestito, funziona come capitale produttivo d’interesse. In secondo luogo, il capitale prestabile delle banche è costituito dai depositi dei capitalisti monetari che trasferiscono ad esse il compito di darli in prestito. Con lo sviluppo del sistema bancario, e soprattutto non appena le banche pagano un interesse per i depositi, vengono depositati presso di esse i risparmi in denaro e il denaro momentaneamente non impiegato di tutte le classi. Piccole somme, insufficienti per operare isolatamente come capitale monetario, sono riunite in grandi masse e costituiscono così una potenza monetaria. Questa azione di metter insieme piccole somme deve essere distinta come azione specifica del sistema bancario, da quella d’intermediario tra i capitalisti monetari veri e propri e coloro che prendono a prestito. Infine vengono depositate presso le banche anche quelle rendite che devono essere consumate solo a poco a poco.

Il prestito (noi ci occupiamo qui unicamente del credito commerciale vero e proprio) si attua mediante lo sconto delle cambiali — conversione delle stesse in denaro prima della data della loro scadenza — e mediante anticipi sotto forme diverse: anticipi diretti su credito personale, anticipi su pegni, titoli fruttiferi, titoli di Stato, azioni di qualsiasi natura, ma specialmente anticipi su polizze di carico, dockwarrants (fedi di deposito) ed altri titoli autenticati di proprietà di merci mediante aperture di credito in eccedenza sui depositi e così via.

Ora il credito che il banchiere concede può essere dato sotto forme diverse, ad esempio, mediante cambiali su altre banche, o assegni su queste, aperture di credito della stessa natura, infine presso le banche con diritto di emissione mediante biglietti di banca di proprietà della banca. Il biglietto di banca non è altro che una cambiale sul banchiere, pagabile in qualsiasi tempo al portatore e che il banchiere sostituisce alle cambiali private. Questa ultima forma del credito appare al profano particolarmente evidente e importante, innanzitutto perché questo tipo di moneta di credito esce dalla pura e semplice circolazione commerciale per entrare nella circolazione generale nella quale ha la funzione di denaro; anche perché nella maggior parte dei paesi le banche principali, aventi diritto di emissione, per il loro carattere particolare ed ibrido fra la banca nazionale e la banca privata, hanno di fatto dietro di loro il credito nazionale e i loro biglietti costituiscono dei mezzi di pagamento più o meno legali; perché è qui evidente che ciò con cui il banchiere commercia è il credito stesso, il biglietto di banca rappresentando unicamente un titolo di credito circolante. Ma il banchiere fa commercio di credito anche in tutte le altre forme, anche quando egli anticipa in contanti denaro depositato presso di lui. In realtà il biglietto di banca non è altro che la moneta del commercio all’ingrosso, ed è il deposito che costituisce l’elemento fondamentale nelle banche. Il miglior esempio è fornito dalle banche scozzesi.

Al fine dell’analisi che noi perseguiamo, non abbiamo bisogno di trattare ulteriormente i particolari istituti di credito, né le forme particolari delle banche.

«I banchieri hanno una duplice attività... 1) accumulare il capitale di coloro i quali non hanno da impiegarlo direttamente e ripartirlo e trasferirlo ad altri che ne possono far uso; 2) ricevere depositi dai redditi dei loro clienti, e restituire a loro l’ammontare, a misura che essi ne hanno bisogno per le loro spese di consumo. La prima di queste operazioni costituisce la circolazione di capitale, la seconda la circolazione di denaro (currency)». «Nel primo caso abbiamo la concentrazione del capitale da un lato e la ripartizione dello stesso da un altro lato; nel secondo l’amministrazione della circolazione per gli usi locali della zona». TOOKE, Inquiry into the Currency Principle pp. 36, 37.

Ritorneremo su questo passo nel Cap. XXVIII.

Reports of Committees. Vol. VIII. Commercial Distress. Volume II. Parte I, 1847-48. Minutes of Evidence (d’ora innanzi citato come: Commercial Distress, 1847-48). Fra il 1840 ed il 1850 le cambiali presentate allo sconto a Londra furono pagate in moltissimi casi non con biglietti di banca, ma con cambiali di una banca sull’altra, del corso di 21 giorni (deposizione di J. Pease, banchiere di provincia, nn. 4636 e 4645). Secondo questo rapporto i banchieri avevano l’abitudine, non appena il denaro si faceva raro, di dare regolarmente tali cambiali in pagamento ai loro clienti. Nel caso che chi le riceveva volesse dei biglietti di banca, egli doveva a sua volta scontare questa cambiale. Per le banche ciò equivaleva al privilegio di battere moneta. Jones Lloyd & Co. pagavano in tal modo da « tempo immemorabile », non appena il denaro si faceva scarso ed il saggio d’interesse superava il 5%. Il cliente era soddisfatto di ricevere tali bankers bills, perché egli poteva scontare le cambiali di Jones Lloyd & Co. più facilmente delle proprie; così queste cambiali passavano sovente per 20-30 mani (ivi, nn. 901-905, 992).

Tutte queste forme hanno per scopo di rendere trasferibili i titoli di credito. «Non esiste forma alcuna che il credito può assumere nella quale esso non abbia riversato in certi momenti la funzione di denaro; che questa forma sia il biglietto di banca, oppure una cambiale o un assegno, il processo è sostanzialmente lo stesso e il risultato sostanzialmente lo stesso». FULLARTON, On the Regulation of Currencies, 11 ediz., Londra; 1845, p. 38. «Le banconote sono la moneta spicciola del credito» (p. 51).

Quanto segue è tratto da J. W. GILBART, The History and Principles of Banking, Londra, 1834:

«Il capitale di una banca si compone di due parti, il capitale d’impianto (invested capital) ed il capitale di banca (banking capital) che è dato a prestito» (p. 117). «Il capitale di banca, o capitale dato a prestito, si forma in tre modi: 1) ricevendo dei depositi, 2) emettendo dei propri biglietti di banca, 3) traendo cambiali. Se qualcuno vuole prestarmi gratuitamente 100 Lst. ed io presto queste 100 Lst. a un altro al saggio del 4%, allora io alla fine dell’anno guadagnerò mediante questa operazione 4 Lst. Allo stesso modo se qualcuno vuole accettare la mia promessa di pagamento (I promise to pay  è la formula abituale dei biglietti di banca in Inghilterra) e rendermela alla fine dell’anno pagando in compenso il 4%, proprio come se io gli avessi dato in prestito 100 Lst., io guadagno mediante questa operazione 4 Lst.; e ancora se qualcuno in una città di provincia mi rimette 100 Lst. alla condizione che io paghi 21 giorni più tardi a una terza persona a Londra, quell’interesse che io potrò ottenere nel frattempo da questo denaro sarà il mio profitto. Questo è un riassunto preciso delle operazioni di una banca e dei mezzi con cui un capitale bancario viene creato, mediante depositi, biglietti di banca e cambiali» (p. 117). «I profitti di un banchiere sono, in generale, in rapporto all’ammontare del suo capitale preso in prestito o del suo capitale bancario. Per stabilire il pro fitto reale di una banca, si deve detrarre dal profitto lordo l’interesse del capitale d’impianto. La differenza costituisce il profitto della banca» (p. 118). «Gli anticipi di un banchiere ai suoi clienti sono fatti con il denaro degli altri» (p. 146). «I banchieri che non emettono banconote sono precisamente quelli che creano un capitale di banca mediante lo sconto di cambiali. Essi accrescono i loro depositi mediante le operazioni di sconto. I banchieri di Londra fanno operazioni di sconto unicamente a quelle ditte che hanno un conto corrente presso di essi» (p. 119). «una ditta che sconta delle cambiali presso la sua banca e ha pagato l’interesse per tutto quanto l’ammontare di queste cambiali, deve lasciare almeno una parte di questa somma in mano del banchiere senza ricevere in cambio degli interessi. In tal modo il banchiere riceve per il denaro che egli ha anticipato un saggio d’interesse più elevato di quello corrente e si costituisce un capitale di banca per mezzo del resto rimasto in mano sua» (p. 120).

Economia dei fondi di riserva, depositi, assegni: «Le banche di depositò mediante il trasferimento di crediti economizzano l’uso del medio circolante e sbrigano affari di grossa portata con una piccola somma di denaro effettivo. Il denaro in tal modo reso disponibile viene usato dal banchiere per concedere anticipi ai suoi clienti mediante operazioni di sconto ecc. In conseguenza il trasferimento dei crediti accresce l’efficacia del sistema dei depositi» (p. 123). «Il fatto che i clienti che sono reciprocamente in relazione di affari abbiano il loro conto presso il medesimo banchiere o presso banchieri diversi, non fa differenza alcuna, poiché i banchieri si scambiano reciprocamente i loro assegni nel Clearing House. Con il trasferimento dei crediti il sistema dei depositi potrebbe essere esteso a tal punto da soppiantare completamente l’uso della moneta metallica. Se ognuno avesse un conto-depositi alla banca e facesse tutti i suoi pagamenti mediante assegni, allora questi assegni diventerebbero l’esclusivo medio circolante. In questo caso dovrebbe essere sottinteso che i banchieri abbiano il denaro in mano loro, altrimenti gli assegni non avrebbero valore alcuno» (p. 124).

La centralizzazione delle transazioni locali nelle banche si attua:

1)    mediante banche succursali. Le banche provinciali hanno delle filiali nelle piccole città del loro dipartimento; le banche di Londra nei diversi quartieri londinesi.

2)     Mediante agenzie.

«Ogni banca di provincia ha un agente a Londra, per pagare qui i suoi biglietti o cambiali e ricevere il denaro che è pagato dagli abitanti di Londra in conto di gente che abita in provincia» (p. 127).

«Ogni banchiere accoglie i biglietti dell’altro, non li mette più in giro. Ma in ogni grande città essi si riuniscono una o due volte alla settimana e si scambiano i loro biglietti. Il saldo viene pagato con rimessa su Londra» (p. 134). «Lo scopo delle banche è di facilitare gli affari. Tutto ciò che facilita gli affari facilita anche la speculazione. Affari e speculazione sono in molti casi così strettamente collegati che è difficile dire dove finisce l’affare e dove comincia la speculazione... Dovunque esistono banche, si ottiene il capitale con più facilità a minor prezzo. Il buon prezzo del capitale favorisce la speculazione, allo stesso modo che il buon prezzo della carne e della birra favorisce l’ingordigia e l’ubriachezza» (p. 137, 138). «Poiché le banche le quali emettono i propri biglietti di banca pagano sempre con questi biglietti può sembrare che le loro operazioni di sconto siano fatte esclusivamente con il capitale costituito da questi biglietti, ma non è questo il caso. Un banchiere può, è vero, pagare con i propri biglietti tutte le cambiali da lui scontate e tuttavia i 9/10 delle cambiali che si trovano in suo possesso possono rappresentare capitale effettivo. Perché il fatto che egli ha dato per queste cambiali la carta moneta di propria emissione, non significa che questa debba rimanere in circolazione fino alla scadenza delle cambiali. Le cambiali possono avere un corso di tre mesi; mentre i biglietti possono rientrare in tre giorni» (p. 172). «La copertura del conto da parte dei clienti è un affare commerciale regolato. Essa è in realtà il motivo per cui è garantito un credito in contanti... I crediti in contanti sono garantiti non solo da una garanzia personale ma dal deposito di titoli» (p. 174, 175). «Il capitale anticipato su garanzia di merci ha lo stesso effetto che se fosse stato anticipato per lo sconto di cambiali. Se qualcuno prende a prestito 100 Lst. dando in garanzia le sue merci, è precisamente come se egli le avesse vendute contro una cambiale di 100 Lst. e facesse scontare questa cambiale dal banchiere. Ma l’anticipo gli permette di conservare le sue merci fino a quando il mercato diventa più favorevole e di evitare dei sacrifici che in caso contrario avrebbe dovuto affrontare al fine di trovare del denaro per motivi inderogabili» (p. 180, 181).

The Currency Theory Reviewed ecc. p. 62, 63:

«È incontestabile che le 1.000 Lst. che io deposito oggi presso A, saranno spese domani e formeranno un deposito presso B. Dopodomani esse potranno di nuovo essere spese da B, costituire un deposito presso C, e così di seguito fino all’infinito. Queste medesime 1.000 Lst. in denaro possono dunque, mediante una serie di trasferimenti, moltiplicarsi in una somma di depositi assolutamente indeterminabile. È quindi possibile che i nove decimi di tutti i depositi in Inghilterra non esistano se non nelle partite registrate nei libri dei banchieri, che ne sono responsabili ognuno per la sua parte... così accade in Iscozia dove la moneta in circolazione (per di più quasi esclusivamente carta moneta!) non sorpassa mai i 3 milioni di Lst., mentre i depositi si elevano a 27 milioni. Così fino a che non si produce una domanda generale ed improvvisa di restituzione dei depositi (a run on the banks- una corsa agli sportelli), queste stesse 1.000 Lst., ritornando sui loro passi, potranno con la stessa facilità saldare una somma parimenti indeterminabile. Poiché le stesse 1.000 Lst. con cui io oggi pago il mio debito a un commerciante, possono domani pagare il debito di questo verso un altro commerciante e dopodomani saldare ciò che quest’ultimo deve alla banca, e così all’infinito; così le stesse 1.000 Lst. possono passare di mano in mano e di banca in banca e compensare qualsiasi immaginabile somma di depositi».

Noi abbiamo visto che già nel 1834 Gilbart sapeva che «tutto ciò che facilita gli affari, facilita anche la speculazione, le due cose essendo spesso così intimamente connesse che è difficile dire dove cessa l’affare e dove comincia la speculazione». Quanto più è facile ottenere anticipi su merci non vendute, tanto più tali anticipi vengono rilasciati e tanto maggiore è la tentazione di fabbricare delle merci o di lanciare quelle già fabbricate su mercati lontani, al solo fine di ottenere in primo luogo anticipi di denaro su tali merci. La storia del commercio inglese del 1845-1847 ci offre un esempio chiaro di come l’intero mondo degli affari di un paese può essere preso da una simile vertigine e di come poi le cose vadano a finire. Qui vediamo ciò che il credito è capace di fare. Per chiarire gli esempi che seguono sono necessarie solo alcune brevi osservazioni preliminari.

Alla fine del 1842 cominciò a diminuire la depressione che dal 1837 aveva pesato quasi ininterrottamente sulla industria inglese. Nei due anni seguenti la domanda dei prodotti dell’industria inglese da parte dell’estero si accresceva ulteriormente: il 1845-46 segnava il periodo della massima prosperità. Nel 1843 la guerra dell’oppio aveva aperto la Cina al commercio inglese. Il nuovo mercato offriva un ulteriore nuovo pretesto all’espansione già in pieno sviluppo dell’industria, soprattutto dell’industria del cotone. «Come potrà mai esser troppo ciò che produciamo? Noi abbiamo 3.000 milioni di uomini da vestire», diceva allora all’autore di questo libro un fabbricante di Manchester. Ma tutte le fabbriche di nuova costruzione, le macchine a vapore, le filatrici e i telai non erano sufficienti ad assorbire il torrente di plusvalore che affluiva dal Lancashire. Con la stessa passione con cui si accresceva la produzione ci si buttò sulla costruzione delle ferrovie; qui il fervore speculativo dei fabbricanti e dei commercianti fu finalmente soddisfatto e precisamente a partire dall’estate 1844. Si sottoscrivevano delle azioni, quante si poteva, ossia nella misura in cui il denaro bastava per coprire i primi versamenti; il resto si sarebbe accomodato con il tempo! Quando venne in seguito il momento degli ulteriori versamenti, — secondo Commercial Distress, 1848-57, n. 1059, il capitale investito nelle ferrovie nel 1846-1847 ammontò a 75 milioni di Lst. — si dovette fare ricorso al credito e l’effettiva attività delle ditte dovette per lo più soffrirne anch’essa.

E inoltre questa attività effettiva era nella maggioranza dei casi già oberata. La prospettiva di profitti elevati aveva spinto ad operazioni di gran lunga più estese di quanto non lo giustificassero i mezzi liquidi disponibili. Ma il credito era là, facile ad ottenere e per di più a buon mercato. Lo sconto bancario era basso: 1 3/4-2 3/4% nel 1844, sotto il 3% fino all’ottobre 1845, poi un breve periodo di aumento fino al 5% (febbraio 1846), per cadere di nuovo al 3 1/4% nel dicembre 1846. La banca aveva nei suoi sotterranei una riserva d’oro di un ammontare inaudito. Tutti i valori interni di borsa avevano raggiunto un’altezza come mai prima di allora. Perché dunque lasciarsi sfuggire questa bella occasione, perché non entrare spensieratamente nella danza? Perché non spedire ai mercati stranieri, che sospiravano i prodotti inglesi, tutte le merci che si potevano produrre? E perché il fabbricante non avrebbe dovuto intascare egli stesso il duplice guadagno proveniente dalla vendita dei filati e dei tessuti nell’Estremo Oriente e dalla vendita in Inghilterra del carico ricevuto in cambio?

Così si sviluppava il sistema delle spedizioni in massa di merci contro anticipo verso le Indie e la Cina, che molto presto degenerava in un sistema di spedizioni fatte unicamente al fine di ottenere degli anticipi, come viene descritto nei particolari nelle note seguenti e che necessariamente doveva finire nella completa saturazione dei mercati e nella crisi.

Questa crisi scoppiò in seguito al cattivo raccolto del 1846. L’Inghilterra e particolarmente l’Irlanda ebbero bisogno di importare quantità enormi di prodotti alimentari, soprattutto di grano e di patate. Ma i paesi che fornivano queste derrate potevano essere pagati solo in minima parte in prodotti della industria inglese: si dovette dare in pagamento metallo prezioso; almeno nove milioni d’oro andarono all’estero. Di questo oro, 7 milioni e mezzo provenivano dalla riserva metallica della Banca d’Inghilterra, la cui libertà di movimento sul mercato interno fu, in conseguenza di ciò, sensibilmente paralizzata; le altre banche le cui riserve sono depositate alla Banca d’Inghilterra e si identificano in realtà con la riserva di questa banca, dovettero parimenti ridurre il loro movimento monetario; il flusso dei pagamenti, che fino a questo momento scorreva rapidamente e facilmente, cominciò ad arrestarsi dapprima qua e là, poi dappertutto. Lo sconto bancario, che era ancora 3-3 1/2% nel gennaio 1847, salì al 7% in aprile, quando si manifestarono i primi sintomi del panico; poi in estate si ebbe ancora una volta un piccolo alleggerimento di breve durata (6,5-6%), ma il panico scoppiò di nuovo e più violento quando anche il nuovo raccolto fu cattivo. Lo sconto ufficiale minimo della banca salì, in ottobre, al 7, in novembre al 10%, ossia la più gran parte delle cambiali non era più scontabile che a saggi di usura spaventosi o non era scontabile affatto; il generale arresto dei pagamenti portò una serie di ditte di primo piano e molte altre medie e piccole alla bancarotta; la Banca stessa correva il rischio di fallire in conseguenza delle restrizioni che le erano imposte dal diabolico Bank Act del 1844, allorché il governo, sotto la pressione dell’opinione pubblica, sospendeva il 25 ottobre il Bank Act e faceva così cadere gli assurdi intralci giuridici imposti alla Banca. A partire da questo momento essa poteva mettere liberamente in circolazione il suo tesoro in. banconote; poiché il credito di queste banconote era di fatto garantito dal credito della nazione, quindi era sicuro, immediatamente si ebbe il decisivo alleggerimento delle difficoltà monetarie; naturalmente falliva ancora un grande numero di ditte, grandi e piccole, rimaste bloccate senza speranza, ma la fase culminante della crisi era superata, lo sconto bancario nel dicembre cadde di nuovo al 5%, e già nel corso del 1848 si preparava quella rinnovata attività affaristica che nel 1849 spezzò lo slancio dei movimenti rivoluzionari dei continente e portò, anni dopo il 1850, dapprima a una prosperità industriale fino allora sconosciuta, ma poi anche alla crisi del 1857. F.E.).

I. Un documento pubblicato dalla Camera dei Lords nel 1848 offre degli schiarimenti sul colossale deprezzamento che subirono i valori di Stato e le azioni durante la crisi del 1847. Secondo questo documento, il deprezzamento dei valori al 23 ottobre 1847, rispetto al livello del febbraio dello stesso anno, ammontava:

Sui valori di Stato inglesi 93.824.217 Lst.
Sulle azioni di docks e di canali 1.358.288 Lst.
Sulle azioni delle ferrovie 19.579.820 Lst
Totale 114.762.325 Lst.

II. A proposito della speculazione che si praticava negli affari con le Indie Orientali, dove non si emettevano più cambiali perché erano state acquistate delle merci, ma si acquistavano delle merci per poter emettere cambiali da scontare e trasformare in denaro, il Manchester Guardian del 24 novembre 1847 precisa: A di Londra fa comperare da B al fabbricante C di Manchester delle merci da spedire a D nelle Indie Orientali. B paga C con una cambiale a sei mesi, emessa da C su B.

B si copre parimenti con una cambiale a sei mesi su A. Non appena le merci sono imbarcate, A spicca a sua volta, contro la polizza di carico trasmessa, delle cambiali a sei mesi su D.

«Compratore e speditore sono entrambi in possesso di fondi molti mesi prima di pagare effettivamente le merci; e molto spesso queste cambiali sono state rinnovate alla scadenza, con il pretesto di dar tempo per il ritorno del denaro in un “affare di così lungo respiro “. Ma purtroppo le perdite in operazioni di tal genere, in luogo di portare ad una loro limitazione, ne stimolavano addirittura l’estensione. Quanto più poveri diventavano coloro che vi prendevano parte, tanto maggiore si faceva il loro bisogno di comperare, al fine di compensare con i nuovi anticipi il capitale perduto nelle speculazioni precedenti. Gli acquisti non erano più determinati dalla domanda e dall’offerta, essi diventavano la parte più importante delle operazioni finanziarie di una ditta così bloccata. Ma ciò non è che un aspetto della faccenda. Ciò che accadeva qui con l’esportazione dei prodotti manufatti, trovava il suo parallelo dall’altra parte con l’acquisto e la spedizione dei prodotti indiani. Ditte commerciali in India, che godevano di un credito sufficiente per poter scontare le loro cambiali, comperavano zucchero, indaco, seta o cotone, non perché il prezzo di acquisto confrontato agli ultimi corsi di Londra promettesse un profitto, ma perché antiche tratte sulla ditta di Londra si avvicinavano rapidamente alla scadenza e bisognava coprirle. Cosa vi era di più semplice che acquistare un carico di zucchero, pagarlo con cambiali a dieci mesi sulla ditta di Londra e inviare a Londra le polizze di carico con la valigia delle Indie? Meno di due mesi dopo, le polizze di carico delle merci appena imbarcate, e in conseguenza le merci stesse, erano date in pegno in Lombard Street e la ditta di Londra riceveva il denaro otto mesi prima della scadenza delle cambiali emesse in contropartita. E tutto ciò andò regolarmente, senza interruzione e difficoltà, per tutto il tempo in cui gli istituti di sconto ebbero del denaro in abbondanza per anticiparlo su polizze di carico e dock warrants, e scontare, qualsiasi ne fosse l’importo; le cambiali di ditte indiane su ditte “buone” di Mincing Lane» (La Borsa londinese del caffè e del tè). (Questo sistema di speculazione rimase in voga per tutto il tempo che le merci dirette alle e provenienti dalle Indie dovevano circumnavigare il Capo. Da quando passano per il canale di Suez e con navi a vapore, questo metodo di fabbricare capitale fittizio ha perduto la sua base, la lunghezza del viaggio delle merci. E da quando il telegrafo fa conoscere nello stesso giorno all’uomo di affari inglese la situazione del mercato indiano e al commerciante indiano la situazione del mercato inglese, questo metodo è divenuto assolutamente impossibile. F.E.).

III. Quanto segue è tratto dalla già citata relazione Gommercial Distress, 1847-48:

«Durante l’ultima settimana dell’aprile 1847 la Banca d’Inghilterra informava la Royal Bank of Liverpool che d’ora innanzi essa avrebbe ridotto della metà l’ammontare delle sue operazioni di sconto con quest’ultima. Questa comunicazione ebbe un pessimo effetto perché già da qualche tempo i pagamenti a Liverpool si effettuavano molto di più in cambiali che in contanti; e perché i commercianti che abitualmente portavano alla Banca molto denaro contante per pagare le loro accettazioni, negli ultimi tempi potevano portare soltanto delle cambiali che essi stessi avevano ricevuto in cambio del loro cotone o di altri prodotti. Questo stato di cose aveva preso largamente piede e con esso era aumentata la difficoltà delle operazioni. Le accettazioni che la banca doveva pagare per i commercianti erano per la maggior parte emesse all’estero ed erano state fino allora per lo più estinte col denaro ricevuto in pagamento per i prodotti. Le cambiali che i commercianti ora portavano in luogo del denaro in contanti che prima versavano, erano cambiali aventi una scadenza diversa e di natura diversa, un numero considerevole erano cambiali bancarie a tre mesi data, la grande massa erano cambiali emesse centro cotone. Queste cambiali erano accettate, se cambiali bancarie, dai banchieri di Londra, altrimenti da mercanti di qualsiasi tipo, che commerciavano col Brasile, l’America, il Canada, le Indie Occidentali, ecc... I commercianti non spiccavano le cambiali gli uni sugli altri, ma i clienti del paese, che avevano acquistato dei prodotti a Liverpool, rimettevano loro cambiali su banche di Londra o su altre ditte commerciali di Londra o su chiunque altro. La decisione della Banca d’Inghilterra ebbe come conseguenza che la scadenza, che precedentemente superava in generale i tre mesi, dovette essere ridotta per le cambiali date in pagamento di prodotti stranieri» (pp. 26, 27).

Il periodo di prosperità che l’Inghilterra ebbe dal 1844 al 1847 era connesso, come si è già precedentemente messo in rilievo, con la prima grande speculazione sulle ferrovie. Il rapporto che abbiamo sopra citato afferma quanto segue sull’effetto che tale speculazione ebbe sugli affari in generale: «Nell’aprile 1847 quasi tutte le ditte commerciali avevano cominciato a far languire più o meno i loro affari (to starve their business) investendo una parte del loro capitale commerciale nelle ferrovie» (pp. 41, 42). «I singoli, le banche, le società di assicurazioni concedevano prestiti ad un saggio molto elevato, fino all’8%, sulle azioni delle ferrovie)» (pp. 66, 67). «Questi anticipi considerevoli fatti dalle ditte commerciali alle ferrovie facevano sì che esse a loro volta prendessero in prestito presso le banche, scontando cambiali, una quantità eccessiva di capitale per continuare con questo i loro affari» (p. 67).

(Domanda): «Lei Vorrebbe dire che i versamenti fatti sulle azioni ferroviarie contribuirono in gran parte alla depressione che regnò (sul mercato monetario) in aprile e in ottobre (1847)?».

(Risposta): «Credo che essi non contribuirono per nulla alla depressione in aprile. Secondo il mio punto di vista essi avevano fino all’aprile e forse fino all’estate avanzata rafforzato piuttosto che indebolito i banchieri. Poiché l’effettivo impiego del denaro non aveva luogo così rapidamente come i pagamenti; in conseguenza di ciò, la maggior parte delle banche avevano in mano loro, all’inizio dell’anno, un ammontare piuttosto considerevole dei fondi delle ferrovie». (Ciò è confermato da numerose testimonianze di banchieri in Commercial Distress 1848-57 [F.E] «Questo ammontare si liquefece nell’estate a poco a poco, e al 31 dicembre era ridotto considerevolmente. La causa della depressione in ottobre fu la graduale diminuzione dei fondi delle ferrovie in mano dei banchieri; fra il 22 aprile ed il 31 dicembre i fondi delle ferrovie in mano nostra si ridussero di un terzo. I pagamenti ferroviari esercitarono questo effetto in tutta quanta l’Inghilterra; essi hanno a poco a poco salassato i depositi delle banche» (pp. 43, 44).

Lo stesso dice anche Samuel Gurney (capo della famigerata ditta Overend Gurncy & Co.):

«Nel 1846 vi fu una domanda di capitale per le ferrovie notevolmente maggiore, ma che non fece salire il saggio dell’interesse. Molte piccole somme furono condensate in grandi masse, e queste grandi masse vennero usate sul nostro mercato; così che nell’insieme l’effetto fu più quello di gettare denaro sul mercato monetario della City anziché di ritirarne» (p. 159).

A. Hodgson, direttore della Liverpool Joint Stock Bank, dimostra fino a qual punto le cambiali possono costituire la riserva per i banchieri. «Era nostra abitudine di conservare nel nostro portafoglio in cambiali che scadevano di giorno in giorno per lo meno 9/10 di tutti i nostri depositi e tutto il denaro che ricevevamo da altre persone... così che durante il periodo della crisi l’ammontare delle cambiali che giornalmente venivano a scadenza corrispondeva press’a poco all’ammontare delle richieste di pagamento che ci venivano fatte giornalmente» (p. 53).

Cambiali di speculazione.

«n. 5092. Da chi in particolare erano accettate le cambiali (contro cotone venduto)?» (R. Gardner, il fabbricante cotoniero più citato in questo scritto [ «Dai sensali di merci; un Commerciante compera del cotone, lo rimette a un sensale, spicca una cambiale su questo sensale e la fa scontare» « n. 5094. E queste cambiali arrivano alle banche di Liverpool e vengono là scontate? Certamente ed anche altrove... Se non fosse esistito questo accomodamento, che è stato particolarmente concesso dalle banche di Liverpool l’anno scorso, la libbra di cotone sarebbe costata, a mio avviso, da 1 1/2 a 2 pence di meno».

«n. 600. Lei diceva che era in circolazione una ingente quantità di cambiali emesse da speculatori su sensali di cotone a Liverpool; ciò vale anche per i loro anticipi su cambiali emesse in cambio di altri prodotti coloniali, oltre che per il cotone?» (A. Hodgson, banchiere in Liverpool:) «Ciò si riferisce a tutti i tipi di prodotti coloniali, ma particolarmente al cotone».

«n. 601 . Lei, come banchiere, cerca di non ricevere questo tipo di cambiali? Per nessun motivo; noi le consideriamo cambiali assolutamente regolari, purchè si mantengano entro certi limiti... Cambiali di questo tipo vengono spesso prorogate».

Speculazione sul mercato delle Indie Orientali e della Cina nei 1847. Charles Turner (direttore di una delle prime ditte di Liverpool che commerciava con le Indie Orientali): «Noi tutti conosciamo quanto è accaduto a proposito dell’affare con le isole Mauritius e di altri affari del genere. I sensali avevano preso l’abitudine di fare anticipi su merci, non solamente dopo il loro arrivo, per coprire le cambiali emesse su queste merci, il che è del tutto regolare, e anticipi su polizze di carico.., ma essi hanno fatto anticipi su prodotti prima che essi fossero imbarcati e in alcuni casi prima che essi fossero fabbricati. Io, per es.; avevo in un caso particolare acquistato a Calcutta delle cambiali per 6-7.000 Lst.; la somma ricavata per queste cambiali fu inviata a Mauritius per essere investita nelle piantagioni di zucchero; le cambiali arrivarono in Inghilterra e più della metà di esse furono protestate; poi, quando finalmente arrivarono i carichi di zucchero, che dovevano servire al pagamento di queste cambiali, si trovò che questo zucchero era già stato dato in pegno a tre persone, prima di essere imbarcato, in realtà già quasi prima di essere raffinato» (p. 78). «Le merci destinate alle Indie Orientali devono ora essere pagate in contanti al fabbricante; ma ciò non ha molta importanza perché, se il compratore gode di qualche credito a Londra, egli emette su Londra e sconta la cambiale a Londra, dove il tasso di sconto è ora basso; egli paga il fabbricante con il denaro così ricevuto.., occorrono almeno dodici mesi perché colui che imbarca delle merci per le Indie possa ricevere di là il suo denaro di ritorno.., colui che entra in affari con le Indie con 10 o 15.000 Lst., si farebbe aprire un credito considerevole da una banca di Londra; pagherebbe a questa banca l’l% e spiccherebbe tratte su di essa, a condizione che il ricavato delle merci spedite in India venga inviato a questa banca; ma sarebbe tacitamente inteso fra le due parti che la casa di Londra non farà alcun reale anticipo in contanti; ossia le cambiali saranno prorogate fino all’arrivo del denaro. Queste cambiali venivano scontate a Liverpool, Londra; alcune di esse sono in possesso di banche scozzesi» (p. 79).

«n. 786. Ecco una ditta che or non è molto è fallita a Londra. Esaminando i libri, si scoprì quanto segue: vi è una ditta a Manchester e un’altra a Calcutta; esse aprirono un credito di 200.000 Lst. presso una banca di Londra; ossia i corrispondenti di questa ditta di Manchester che inviavano merci in consegna alla ditta di Calcutta da Glasgow e Manchester, emettevano sulla casa di Londra fino all’importo di 200.000 Lst.; era al tempo stesso con venuto che la ditta di Calcutta emettesse ugualmente 200.000 Lst. sulla ditta di Londra. Queste cambiali furono vendute a Calcutta; con il ricavato furono acquistate altre cambiali e queste furono spedite a Londra per permettere a quella ditta di pagare le prime cambiali emesse da Glasgow o da Manchester. Così con questo solo affare furono messe in circolazione cambiali per 600.000 Lst». [ 61] ( Nel resoconto citato è detto che l’affare non fu condotto completamente a termine. La ditta di Londra cessò i pagamenti ).

«n. 971. Attualmente quando una casa di Calcutta acquista un cargo» (destinato all’Inghilterra) «e lo paga con le proprie tratte emesse dal suo corrispondente di Londra, e le polizze di carico vengono spedite qui, queste polizze possono essere immediatamente utilizzate da essa per ottenere anticipi a Lombard Street; essa ha quindi otto mesi di tempo per utilizzare il denaro prima che i suoi corrispondenti debbano pagare le cambiali».

IV. Nell’anno 1848 una commissione della Camera Alta fu in caricata di condurre in segreto una inchiesta sulle cause della crisi del 1847. Le testimonianze raccolte da questo comitato furono però rese note solo nel 1857 (Minutes of Evidence, taken, before the Secret Committee of the H. of L. appointed to inquire into the Causes of Di stress ecc.; citato come: Commercial Distress, 1848-57). Così depose fra l’altro il signor Lister, dirigente della Union Bank of Liverpool:

«2444. Nella primavera 1847 si manifestò una espansione irrazionale del credito... perché i commercianti avevano trasferito il loro capitale dal commercio alle ferrovie e volevano ciò nonostante condurre i loro affari con la stessa ampiezza di prima. Tutti credevano probabilmente sulle prime di poter vendere le azioni bancarie con profitto e sostituire così il denaro negli affari. Ma essi trovarono forse che ciò non era possibile e dovettero così far ricorso al credito per la loro attività, mentre prima essi avevano pagato in contanti. Da ciò ebbe origine una espansione del credito».

«2500. Queste cambiali, su cui i banchieri che le avevano accettate soffrirono delle perdite, erano emesse principalmente contro grano o contro cotone ?... Esse erano emesse in cambio di prodotti di ogni specie, grano, cotone, zucchero e prodotti stranieri di ogni genere. Non vi fu allora quasi nessun prodotto, ad eccezione dell’olio, che non subisse una riduzione di prezzo».

«2506. Un mediatore che accetta una cambiale, non t’accetta senza essere sufficientemente coperto anche contro una caduta del prezzo della merce che serve da garanzia».

«2512. Due tipi di cambiale sono emesse in cambio di prodotti. Alla prima categoria appartiene la cambiale originaria che viene emessa dall’altro contraente sull’importatore... Le cambiali che vengono così emesse contro prodotti scadono spesso prima che i prodotti siano giunti a destinazione. Il commerciante deve perciò, quando la merce arriva ed egli non dispone di un capitale sufficiente, darla in pegno presso un mediatore, fino a che può venderla. Allora viene immediatamente emessa una cambiale del secondo tipo dal commerciante di Liverpool sul mediatore, garantita da quella merce... Sarà poi cura del banchiere assicurarsi se il mediatore è in possesso della merce e quanto egli ha anticipato su di essa. Egli deve accertarsi che il mediatore abbia una copertura sufficiente per rifarsi in caso di perdita».

«2516. Noi riceviamo anche cambiali dall’estero... Qualcuno compera oltremare una cambiale sull’Inghilterra e la spedisce ad una ditta in Inghilterra; noi non possiamo capire a colpo d’occhio se la cambiale è stata emessa assennatamente oppure no, se essa rappresenta prodotti o non rappresenta nulla».

«2533. Lei ha detto che prodotti stranieri quasi di ogni genere sono stati venduti con grave perdita. Crede Lei che la caduta fosse conseguenza di una speculazione ingiustificata su questi prodotti? La causa è stata che vi fu una importazione molto forte, mentre non vi fu un consumo corrispondente che potesse assorbirla. A quanto pare il consumo diminuì molto fortemente».

«2534. In ottobre... i prodotti erano pressoché invendibili».

Come si sviluppi un si salvi chi può generale durante la fase culminante della crisi, ce lo dice nello stesso rapporto un conoscitore di prim’ordine, il degno e astuto quacchero Samuel Gurney della Overend Gurney & Co.:

«1262. Quando c’è panico, l’uomo d’affari non si domanda a quale saggio egli può investire le sue banconote, nè se egli perderà l’1 o il 2% vendendo i suoi buoni del tesoro o quelli al tre per cento. Non appena si trova in preda al panico, non si preoccupa di perdere o di guadagnare; egli mette se stesso in salvo, il resto del mondo faccia quello che vuole».

V. A proposito della saturazione reciproca di due mercati, dice il signor Alexander, commerciante che svolge i suoi affari con le Indie Orientali, davanti alla commissione della Camera dei Comuni per i Bank Acts nel 1857 (citato come Bank Committee, 1857):

«4430. Se in questo momento io anticipo 6 sh. a Manchester, ricevo di ritorno 5 sh. nelle Indie: se anticipo 6 sh. nelle Indie, ricevo di ritorno 5 sh. da Londra».

Così che quindi il mercato indiano ed il mercato inglese sono diventati contemporaneamente saturi, l’uno per i prodotti che provengono dall’Inghilterra e l’altro per i prodotti che provengono dalle Indie. E questo succedeva precisamente nell’estate 1857, appena dieci anni dopo l’amara esperienza del 1847!

 

AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del III libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche:

1 – non sono state riportate le note che Marx ed Engels richiamano nel testo (fatte salve alcune eccezioni);

2 – sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda gli esempi numerici in cui, per facilitare la lettura;

a – sono state cambiate le unità di misura e le grandezze;

b – diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle;

c – in alcuni esempi numerici le cifre decimali sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata con un apice (‘).

Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha  travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale  e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio.

In altre parti si sono invece mantenute le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione o per ragioni di fedeltà storica.

Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro, laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”.

Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti  avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza  della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue.

Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:

  • Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione integrale - I mammut – Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:

http://www.marxists.org/xlang/marx.htm