IL CAPITALE

LIBRO III

SEZIONE I

TRASFORMAZIONE DEL PLUSVALORE IN PROFITTO
E DEL SAGGIO DEL
PLUSVALORE IN SAGGIO DEL PROFITTO

CAPITOLO 4

EFFETTI DELLA ROTAZIONE SUL SAGGIO DEL PROFITTO
(capitolo elaborato interamente da F.E.)

L’azione della rotazione sulla produzione del plusvalore e del profitto che è stata trattata nel libro secondo, in breve può essere così ricapitolata: per effetto dell’intervallo di tempo indispensabile per la rotazione:

·        l’intero capitale non può essere tutto contemporaneamente impiegato nella produzione; una sua parte si trova pertanto permanentemente in riposo, o nella forma di capitale monetario, di materie prime in magazzino,di capitale merce pronto ma ancora invenduto, oppure di titoli di credito non ancora scaduti;

·        il capitale operante nella produzione attiva, cioé nella produzione ed appropriazione del plusvalore, viene costantemente diminuito di questa parte e nella stessa proporzione viene costantemente ridotto il plusvalore prodotto ed acquisito.

Quanto più è breve il tempo di rotazione, tanto minore diventa tale quota inoperosa del capitale, in rapporto al totale e, restando invariate le altre circostanze, tanto maggiore il plusvalore acquisito.

Nel libro II si è pure dimostrato come la riduzione del tempo di rotazione, ovvero  di una delle due fasi, il tempo di produzione ed il tempo di circolazione, accresca la massa del plusvalore prodotto.

Poiché il saggio del profitto esprime soltanto il rapporto della massa del plusvalore prodotta rispetto al capitale complessivo impiegato in quella produzione, è evidente che ogni riduzione del genere accresce il saggio del profitto.

Le considerazioni svolte più addietro nella II sezione del libro II riguardo il plusvalore valgono pure per il profitto ed il saggio del profitto e non occorre pertanto ripeterle in questa parte. Insisteremo solo su alcuni aspetti fondamentali.

Il mezzo principale per abbreviare il tempo di produzione è l’accrescimento della produttività del lavoro, ciò che usualmente si chiama progresso dell’industria. Se tale progresso non determina contemporaneamente a seguito dell’introduzione di macchinari costosi ecc., un notevole incremento del capitale complessivo impiegato e quindi una caduta del saggio del profitto, il saggio del profitto deve salire.

E questo è decisamente il caso per molti dei più recenti progressi dell’industria metallurgica e dell’industria chimica. I procedimenti Bessemer, Siemens, Gilchrist Thomas ecc., di recente scoperti, per la produzione del ferro e dell’acciaio riducono a un minimo, con costi relativamente esigui, operazioni una volta enormemente lunghe. La preparazione dell’alizarina, materia colorante estratta dal catrame di carbone, dà in poche settimane e con le installazioni già in uso per gli altri colori estratti dal catrame di carbone, gli stessi risultati che prima richiedevano anni; alla robbia occorreva un anno per crescere e per parecchi altri anni bisognava farne maturare le radici prima di usarle come materie coloranti.

Il mezzo principale per la riduzione del tempo di circolazione sta nel perfezionamento delle comunicazioni.

In tale campo gli ultimi cinquanta anni hanno portato una rivoluzione paragonabile soltanto con la rivoluzione industriale della seconda metà del secolo passato. Per terra la strada lastricata è stata soppiantata dalla strada ferrata, per mare il veliero lento e irregolare dalla linea a vapore rapida e regolare e il globo intero viene avvolto di fili telegrafici. Il Canale di Suez ha veramente dischiuso per la prima volta al traffico a vapore l’Asia Orientale e l’Australia. Il tempo di circolazione per una spedizione di merci in Estremo Oriente, ancora di almeno dodici mesi nel 1847 , si trova ora ridotto pressappoco ad altrettante settimane. I due grandi focolai delle crisi commerciali del periodo 1825-1857, l’America e le Indie, grazie a questo rivolgimento nei mezzi di trasporto si sono ravvicinate del 70-90% ai paesi industriali europei e hanno così perduto una gran parte della loro forza esplosiva. Il tempo di rotazione dell’intero commercio mondiale si è abbreviato in ugual misura, e la capacità d’azione del capitale in esso impiegato si è accresciuta di più del doppio o del triplo.

Si comprende pertanto come tutto questo non sia rimasto ininfluente sul saggio del profitto.

Per rappresentare l’influenza della rotazione del capitale complessivo sul saggio del profitto, dobbiamo supporre che, per quanto riguarda i due capitali da mettere a confronto, tutti gli elementi siano identici.

Oltre al saggio del plusvalore e la giornata lavorativa, si suppone uguale anche la composizione percentuale del capitale.

Dati dunque due capitali A e B aventi la seguente composizione percentuale:

 

c

v

C

pv

Valore della merce prodotta
Per 1 rotazione

pv’%

A

80

20

100

20

120

100

B

160

40

200

20

220

100

in cui il capitale A effettua 2 rotazioni all’anno, mentre quello B 1 sola.

Il prodotto annuo sarà quindi:

 

c

v

C

pv

Valore della merce prodotta
annualmente

pv’%

Numero rotazioni annue

A

160

40

200

40

240

100

2

B

160

40

200

20

220

100

1

Il saggio del profitto, nel caso A dovrà essere determinato rapportando la massa di plusvalore prodotta annualmente a seguito delle due rotazioni (pv = 40) al capitale anticipato C che non è di 200 bensì di 100. Il saggio del profitto del capitale A è dunque:

p’A = 40 :100 =  40%

Nel caso del capitale B, che effettua 1 sola rotazione all’anno, per determinare il saggio del profitto si dovrà commisurare il saggio del plusvalore pari a 40  al capitale anticipato C= 200. Il saggio del profitto del capitale B sarà dunque:

p’B = 40 : 200 = 20%

Il capitale B determina dunque un saggio del profitto che è la metà di A.

Conclusione: dati capitali di identica composizione percentuale, con identico saggio del plusvalore ed uguale giornata lavorativa, i saggi del profitto dei due capitali stanno fra loro in proporzione inversa ai rispettivi tempi di rotazione.

Se i due casi raffrontati non presentano identità per quanto riguarda la composizione o il saggio del plusvalore o alla giornata lavorativa o al salario, si determineranno sicuramente ulteriori differenze anche per il saggio del profitto, differenze che peraltro sono indipendenti dalla rotazione e quindi non hanno per noi alcun interesse in questa sede; esse sono già state esaminate nel cap. III.

L’azione diretta che sulla produzione del plusvalore e di conseguenza sul profitto, esercita una riduzione del tempo di rotazione è imputabile all’incremento di efficienza che viene conferito alla parte variabile del capitale: su questo punto va consultato il Libro II, cap XVI: la rotazione del capitale variabile.

Nel libro II è stato dimostrato, prendendo ad esempio un capitale variabile di 500 che compie 10 rotazioni all’anno, acquisisce in questo intervallo di tempo una massa di plusvalore pari a quella prodotta da un capitale variabile di 5.000 il quale,essendo uguali il saggio del plusvalore ed il salario, compia 1 sola rotazione all’anno.

Si prenda come esempio un capitale I costituito per 10.000 da capitale fisso, il cui logorio annuo ammonti al 10% = 1.000, per 500 da capitale circolante costante e per 500 da capitale variabile e che compia 10 rotazioni annue. Il saggio del plusvalore è posto pari al 100%. Il logorio per ogni rotazione sarà dunque pari a 1.000 : 10 = 100.

Per maggiore semplicità, in tutti i casi seguenti si suppone che il capitale circolante costante abbia lo stesso tempo di rotazione del capitale cariabile, ciò che , con una certa approssimazione, accade  in genere anche nella pratica.

Il prodotto  nel caso 1 rotazione e delle 10 rotazioni annue sarà rispettivamente:

Numero rotazioni

c
logorio

c

v

C

pv

Valore della merce prodotta

pv’%

1

100

500

500

1.100

500

1.600

100

10

1.000

5.000

5.000

11.000

5.000

16.000

100

il saggio del profitto dell’intero anno (10 rotazioni) sarà:

p’I = 5.000 : 11.000 = 45,45%

Si prenda ora un capitale II costituito per 9.000 da capitale fisso, il cui logorio annuo ammonti a 1.000, per 1.000 da capitale circolante costante e per 1.000 da capitale variabile e che compia 5 rotazioni annue. Il saggio del plusvalore è posto pari al 100%. Il logorio per ogni rotazione sarà dunque pari a 1.000 : 50 = 200

Il prodotto  nel caso 1  e 5 rotazioni sarà rispettivamente:

Numero rotazioni

c
logorio

c

v

C

pv

Valore della merce prodotta

pv’%

1

200

1.000

1.000

2.200

1.000

3.200

100

10

1.000

5.000

5.000

11.000

5.000

16.000

100

il saggio del profitto dell’intero anno sarà:

p’II = 5.000 : 11.000 = 45,45%

Si prenda infine un capitale III che non comprenda capitale fisso ma si componga invece di capitale circolante costante per 6.000 e per 5.000 da capitale variabile e che compia 1 sola rotazione annua. Il saggio del plusvalore è posto pari al 100%.

Numero rotazioni

c
logorio

c

v

C

pv

Valore della merce prodotta

pv’%

1

0

6.000

5.000

11.000

5.000

16.000

100

il saggio del profitto sarà:

p’III = 5.000 : 11.000 = 45,45%

Come si nota in tutti e tre i casi si ha la stessa massa annua di plusvalore (5.000) e poiché il capitale complessivo è uguale (11.000), si ha lo stesso saggio del profitto ( 45,45%)

Le cose sarebbero diverse se invece, nell’ipotesi del caso I,  le rotazioni annue della parte variabile fossero 5 invece di 10.

Infatti  si avrebbe

Numero rotazioni

c
logorio

c

v

C

pv

Valore della merce prodotta 

pv’%

1

200

500

500

1.200

500

1.700

100

5

1.000

2.500

2.500

6.000

2.500

8.500

100

da cui si ricava un saggio del profitto pari a:

p’ = 2.500 : 11.000 = 22,72%

Il saggio del profitto è caduto a metà dato che il tempo di rotazione è raddoppiato.

La massa del plusvalore acquisita nel corso dell’anno (PV) è dunque uguale alla massa del plusvalore (pv) acquisita in un periodo di rotazione del capitale variabile moltiplicata per il numero (n) delle rotazioni compiute nell’anno, ossia:

PV = pv ∙ n          (1)

Il saggio del plusvalore sarà di conseguenza pari a:

PV’ = pv’ ∙ n          (2)

La formula del saggio del profitto

p’ =  pv’ ∙ (v : C) = pv’ ∙ [v : (c + v)]

è valida solo se il (v )del numeratore è identico a quello del denominatore.

Nel denominatore (v) esprime l’intera parte del capitale complessivo usato in media, come capitale variabile per il pagamento dei salari.

Si ricorda che il (v) del denominatore genera un plusvalore di (pv) ed è il loro rapporto (v/pv)  che determina  il saggio del plusvalore (pv’). Solo così infatti si è potuto trasformare l’eguaglianza

p’ = pv : (c + v)

in

p’ =  pv’ ∙ [v : (c + v)]

Il (v)  del numeratore viene ora determinato con maggior precisione considerando che esso deve essere eguale al (v) dei denominatore, cioè all’intera parte variabile del capitale C.

In altri termini, l’eguaglianza  p’ = pv : C  si può, senza timor d’errore, convertire nell’altra

 p’ =  pv’ ∙ [v : (c + v)] soltanto se (pv) indica il plusvalore prodotto in un solo periodo di rotazione del capitale variabile. Se (pv) comprende solo una parte di tale plusvalore, l’eguaglianza pv = pv’.v è sì esatta, ma il (v)  in essa contenuto è qui minore del (v)  di       C = c + v, in quanto si è anticipato in salari meno dell’intero capitale variabile. Se invece (pv ) rappresenta più del plusvalore di una rotazione di (v), una parte di questo (v), o anche l’intero (v), opera due volte, innanzitutto nella prima rotazione, quindi nella seconda e eventualmente nelle successive; il (v) che produce il plusvalore e che rappresenta la somma di tutti i salari pagati, è dunque maggiore del (v)  di (c + v) , tant’è che il calcolo diventa inesatto.

Perché la formula del saggio annuo del profitto possa essere esatta, dobbiamo sostituire al saggio semplice del plusvalore, il suo saggio annuo ossia

PV’ = pv’ ∙ n

L’equazione del saggio annuo del profitto è allora:

p’ =  pv’ ∙ n ∙ (v : C)          (3)

Nella maggioranza dei casi il capitalista non sa quale sia la grandezza del capitale variabile della sua impresa. Si è visto nell’ottavo capitolo del Libro II e si constaterà ancora più oltre che l’unica differenza in seno al suo capitale che si imponga come essenziale per il capitalista è la distinzione tra capitale fisso e capitale circolante. Dalla cassa che contiene la quota del capitale circolante posseduta in forma monetaria, quando essa non sia depositata in banca, il capitalista trae il contante per i salari, nonché il danaro per le materie prime ed ausiliarie, e registra ambedue le somme a credito di un unico e identico conto-cassa. Seppure egli dovesse tenere un conto speciale per i salari pagati, questo porrebbe invero in evidenza a chiusura d’anno la somma spesa allo scopo, cioè (v.n), ma non il capitale variabile (v) per se stesso. Per accertare quest’ultimo, il capitalista dovrebbe impostare un conteggio particolare, di cui vogliamo offrire qui un esempio.

Si supponga una filanda di cotone da 10.000 fusi.

Il capitale fisso incorporato nel macchinario ammonti a 2.400.000 €.

Il capitale circolante in 600.000 €

Il prodotto settimanale, in termini di valore risulti:

c
logorio

c anticipazione settimanale
di capitale costante circolante

v anticipazione settimanale di capitale variabile

pv

Valore settimanale della merce prodotta

pv’

%

4.800

85.920

12.480

19.200

122.400

153,84

in cui il capitale settimanale circolante di 85.920 € è dato a sua volta da:

1.440 € per il pagamento dell’affitto

82.080 € per cotone

2.400 € per carbone, gas, olio

L’anticipazione settimanale di capitale circolante era dunque di

85.920c + 12.480v = 98.400 €

La composizione percentuale del capitale anticipato é

c = (85.920 : 98.400) ∙ 100 = 87,3 %

v = (12.480 : 98.400) ∙100 = 12,7 %

Effettuando il calcolo rispetto all’intero capitale circolante pari a 600.000 €, si otterrebbe

c = (87,3 :100) ∙ 600.000 = 523.680 €

v = (12,7 : 100) ∙ 600.000 = 76.320 €

Poiché la spesa complessiva in salari nel corso d’anno è di

spesa in salari all’anno = 52 x 12.480 = 648.960 €

Ne deriva che il capitale variabile di 76.320 € compiva nell’anno un numero di rotazioni pari a:

n = 648.960 : 76.320 =  8,5.

Il saggio del plusvalore era  del  (19.200 : 12.480) ∙ 100 = 153,84 %.

Il saggio del profitto calcolato invece come indicato in (3) sarà:

p’ =  153,84 ∙ 8,5 ∙ (76.320 : 3.000.000)  = 33,27 %

Si faccia la riprova del calcolo ricorrendo alla formula semplice p’ = pv : C.

Il plusvalore complessivo o profitto dell’anno ammonta a 19.200 x 52 € = 998.400 €; dividendo quest’ultima cifra per il capitale complessivo di 3.000.000 € risulta una percentuale di 33,28 pressoché identica alla precedente: saggio del profitto anormalmente elevato, che si spiega solo per le condizioni di congiuntura straordinariamente favorevoli (prezzi del cotone molto miti accanto a prezzi del filo assai alti) e che in realtà non si è certo mantenuto per tutto l’anno.

Come si è detto, nella formula p’ =  pv’ ∙ n ∙ (v : C) ,  (pv’. n)  è ciò che nel II Libro si è designato come saggio annuo del plusvalore.

Esso ammonta nel caso suesposto a 153,84% x 8,5 , ossia, esattamente calcolato, a 1.307,69 %. Seppure qualche ingenuo si è messo le mani tra i capelli di fronte all’enormità prospettata in un esempio del II Libro di un saggio annuo del plusvalore pari al 1.000%, forse lo riporterà alla calma questo esempio tratto dalla viva prassi di Manchester, in cui compare un saggio annuo del plusvalore di oltre il 1.300%. In tempi di altissima prosperità, quali in verità non sperimentiamo già da tempo, saggi del genere non sono affatto rari.

Incidentalmente si ha qui un esempio dell’effettiva composizione del capitale in seno alla grande industria moderna. Il capitale complessivo si suddivide in 2.923.680 € di capitale costante e in 76.320 € di capitale variabile: in totale 3.000.000 €, ossia percentualmente:        97,5 c + 2,5v = 100 C.

A fronteggiare la spesa dei salari serve soltanto la quarantesima parte del totale, peraltro con più di otto rotazioni all’anno.

Poiché certo a ben pochi capitalisti viene in mente di impostare simili calcoli sulla propria impresa, la statistica serba un silenzio quasi assoluto in ordine al rapporto che corre tra la parte costante e quella variabile del capitale complessivo sociale. Soltanto le statistiche americane forniscono quanto è possibile nelle attuali circostanze: cioè la somma dei salari pagati in ciascun ramo di attività, nonché quella dei profitti realizzati. Per quanto sospetti possano essere simili dati, esclusivamente basati su incontrollate dichiarazioni degli industriali stessi, essi sono pur sempre altamente preziosi e costituiscono l’unica fonte a nostra disposizione sull’argomento. In Europa siamo troppo delicati per pretendere simili rivelazioni dai nostri grandi capitalisti. FE).

 

AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del III libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche:

1 – non sono state riportate le note che Marx ed Engels richiamano nel testo (fatte salve alcune eccezioni);

2 – sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda gli esempi numerici in cui, per facilitare la lettura;

a – sono state cambiate le unità di misura e le grandezze;

b – diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle;

c – in alcuni esempi numerici le cifre decimali sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata con un apice (‘).

Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha  travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale  e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio.

In altre parti si sono invece mantenute le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione o per ragioni di fedeltà storica.

Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro, laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”.

Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti  avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza  della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue.

Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:

  • Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione integrale - I mammut – Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:

http://www.marxists.org/xlang/marx.htm