APPENDICE LETTERE SUL Il LIBRO DEL CAPITALE Marx-Engels
Marx a Engels[1] Considera con un po’ di attenzione, se ti è possibile con questo caldo, il «Tableau économique» qui accluso, che pongo in luogo di quello del Quesnay e mandami su di esso le tue eventuali obiezioni. Esso abbraccia tutto il processo di riproduzione. Tu sai che A. Smith compone il «natural» o «necessary price» di salario, profitto (interesse), rendita, quindi lo risolve completamente nel reddito. Questo assurdo è passato in Ricardo, quantunque escluda dal catalogo la rendita, in quanto puramente accidentale. Quasi tutti gli economisti hanno accettato la cosa da A. Smith e quelli che la combattono cadono in altre assurdità. Smith stesso intuisce l’assurdo di risolvere il prodotto complessivo per la società in reddito puro (che può venir consumato annualmente), mentre egli per ogni singolo ramo della produzione risolve il prezzo in capitale (materie prime, macchinari, ecc.) e reddito (salario, profitto, rendita). Dato ciò, la società dovrebbe ricominciare ogni anno de novo, senza capitale. Per quanto concerne la mia tabella, che figura come riassunto in uno degli ultimi capitoli del mio scritto, sono necessari alla sua comprensione i cenni seguenti: 1. I numeri significano indifferentemente milioni. 2. Sotto il termine mezzi di sussistenza si deve qui intendere tutto quello che annualmente entra nel fondo di consumo (o che, senza accumulazione, esclusa dalla tabella, potrebbe entrare nel fondo di Consumo). Nella classe Il (mezzi di sussistenza) l’intero prodotto (700) consiste di mezzi di sussistenza, che dunque per loro natura non entrano nel capitale costante (materie prime e macchinario, fabbricati, ecc.). Allo stesso modo, nella classe I l’intero prodotto consiste di merci, che formano il capitale costante, vale a dire che entrano nuovamente nel processo di riproduzione come materie prime e macchine. 3. Dove le linee salgono è punteggiato, dove scendono è linea retta. 4. Capitale costante è la parte del capitale che consiste di materie prime e macchine. Capitale variabile, quella che si scambia contro lavoro. 5. Ad esempio, nell’agricoltura, ecc. una parte dello stesso prodotto (ad es. frumento) costituisce mezzi di sussistenza, mentre un’altra parte (frumento ad es.) entra nuovamente secondo la sua forma naturale nella riproduzione come materia prima (quale semente ad es.). Ciò non muta nulla alle cose. Poiché tali branche della produzione figurano, a seconda dell’una qualità nella classe I, a seconda dell’altra nella II. 6. Il succo di tutta la storia è dunque: [ tabella I] Categoria II. Mezzi di sussistenza. Materiale di lavoro e macchine (cioè la parte delle stesse, che entra come dechet (logorio) nel prodotto annuale; la parte non consumata del macchinario ecc. non appare assolutamente nella tabella) = ad esempio, a 400 sterline. Il capitale variabile scambiato con lavoro = 100, si riproduce come 300, sostituendo 100 il salario nel prodotto, 200 rappresentando il plusvalore (plus lavoro non pagato). Il prodotto uguale a 700, di cui 400 rappresentano il valore del capitale costante, che però si è interamente trasferito nel prodotto, dunque deve venir sostituito. In questo rapporto fra capitale variabile e plusvalore è supposto che l’operaio lavora 1/3 della giornata lavorativa per sè, 2/3 per his natural superiors. 100 (capitale variabile) viene dunque, come è indicato dalla linea punteggiata, pagato in denaro quale salario; l’operaio compra con queste 100 (indicate dalla linea discendente) il prodotto di questa classe, cioè mezzi di sussistenza per 100. Il denaro rifluisce così ai capitalisti della classe II. Il plusvalore di 200 nella sua forma generale = profitto, che però si divide in profitto industriale (commerciale incluso), inoltre in interessi, che il capitalista industriale paga in denaro, e in rendita, che egli paga parimenti in denaro. Questo denaro pagato per il profitto industriale, interesse, rendita, rifluisce (indicato con le linee discendenti) in quanto con esso viene comprato il prodotto della classe Il. Tutto il denaro sborsato entro la classe Il dal capitalista industriale rifluisce dunque a lui, mentre 300 del prodotto 700 vengono consumate dagli operai, entrepreneurs, monied men e landlords (imprenditori,capitalisti e proprietari fondiari). Nella classe II rimane un’eccedenza di prodotto (in mezzi di sussistenza) di 400 e un deficit di capitale costante di 400. Categoria I. Macchine e materie prime. Poichè tutto il prodotto di questa categoria, non soltanto la parte del prodotto che sostituisce il capitale costante, ma anche quella che rappresenta l’equivalente del salario e il plusvalore, consiste di materie prime e di macchinario, la rendita di questa categoria non può venir realizzata nel suo proprio prodotto, ma invece solamente nel prodotto della categoria II. Lasciando da parte l’accumulazione, come appunto qui accade, però la categoria II può comprare dalla categoria I solo quel tanto di cui essa abbisogna per la sostituzione del suo capitale costante, mentre la categoria I può spendere nel prodotto della categoria Il solo quella parte del suo prodotto che rappresenta il salario e il plusvalore (revenue). Gli operai della categoria I impiegano dunque il loro denaro = 133 1/3 nel prodotto della categoria Il. Lo stesso avviene col plusvalore della categoria I, che, come sub 1, si scinde in profitto industriale, interesse e rendita. Fluiscono dunque 400 in denaro all’industriale capitalista della categoria Il dalla categoria I; che in compenso cede a questa il suo resto del prodotto = 400. Con queste 400 di denaro la classe II compra dalla categoria I il necessario per la sostituzione del suo capitale costante, = 400, alla quale dunque per tal modo rifluisce nuovamente il denaro speso in salari e consumo (degli stessi capitalisti industriali, dei monied men, dei landlords). Del suo prodotto complessivo rimane perciò alla categoria Il 533 1/3, con cui essa sostituisce il suo proprio capi tale costante impiegato.
Tabella I Tabella del processo di riproduzione (rappresentato senza circolazione monetaria e a scala invariata della riproduzione)
Tabella II Tableau economique del processo complessivo di riproduzione (rappresentato senza circolazione monetaria e a scala invariata della riproduzione; senza parte costitutiva fissa del capitale)
Il movimento, in parte entro la categoria II, in parte fra le categorie II e I, dimostra allo stesso tempo come il denaro rifluisca ai rispettivi capitalisti industriali di ambedue le categorie, con cui essi di nuovo pagano salario, interesse e rendita fondiaria. Categoria III [ tabella II]. Rappresenta la riproduzione complessiva. Il prodotto complessivo della categoria I appare qui come capitale costante di tutta la società e il prodotto complessivo della categoria Il come la parte del prodotto che sostituisce il capitale variabile (il fondo salari) e i redditi delle classi che si ripartiscono il plusvalore.
Marx a Engels Alla chiusa del Il Libro (Processo di circolazione) che scrivo adesso, debbo nuovamente chiederti di un punto come molti anni fa! Il capitale fisso si può reintegrare in natura, ad esempio, solo dopo 10 anni. Nel frattempo il suo valore si ricostituisce parzialmente e gradatim con la vendita delle merci con esso prodotte. Questo progressive return del capital fixe è necessario alla sua sostituzione (prescindendo da repairs e simili) solo nel momento in cui è morto nella sua forma materiale, ad esempio, come macchina. Nel frattempo però il capitalista ha in mano questi successivi returns. Molti anni fa ti scrissi che mi sembrava che si formi così un fondo di accumulazione, poichè infatti il capitalista impiega nel frattempo il denaro così rifluito, prima di sostituire con esso il capital fixe. In una lettera tu ti esprimesti somewhat superficially (un poco superficialmente) in modo contrario. Più tardi trovai che MacCulloch rappresenta questo sink ing fund (fondo d’ammortamento) come fondo d’accumulazione. Nella convinzione che MacCulloch non potesse mai pensare qualche cosa di giusto, lasciai cadere la cosa. Il suo intento apologetico è stato già confutato dai malthusiani, ma anch’essi ammettono il fact. Tu, come fabbricante, devi ora sapere quello che fate coi returns per il capital fixe, prima del tempo in cui esso sia da sostituire in natura. E devi rispondermi su questo punto (senza teoria, soltanto praticamente).
Engels a Marx Accluse due dimostrazioni intorno al macchinario, le quali ti renderanno la cosa completamente chiara. La regola è questa, si detrae ogni anno dall’importo originario, abitualmente il 7,5%, però per la semplicità del calcolo mi sono attenuto al 10%, che per molte macchine non è poi troppo. Dunque ad esempio:
e così di seguito Ora, nella dimostrazione n. 1, suppongo che il fabbricante, per poter compiere la detrazione, ponga il suo [denaro] ad interesse; nel giorno in cui deve rinnovare il macchinario vecchio, egli ha, invece di Lst. 1.000, Lst. 1.252,11. La dimostrazione n. 2 presuppone che subito, ogni anno, egli impieghi il denaro in nuovo macchinario. Come dimostra l’ultima colonna, dove è il valore di tutti gli acquisti quale appare l’ultimo giorno dei 10 anni, egli certamente non ha un valore superiore alle Lst. 1.000 di macchinario (e non può avere di più, poiché infatti ha impiegato proprio soltanto il valore consumato, e il valore complessivo del macchinario non può dunque crescere col processo di lavorazione), però egli ha di anno in anno esteso la sua fabbrica e nella media degli 11 anni ha lavorato con macchinario che gli è costato Lst. 1.449 d’impianto, e dunque ha prodotto e guadagnato notevolmente di più che con le Lst. 1.000 originarie. Poniamo che egli sia un filandiere e che ogni sterlina rappresenti un fuso oltre alla macchina per filare, così in media ha filato con 1.449 fusi invece che con 1.000, e, dopo il logoramento dei 1.000 fusi originari, egli inizia, il 1 gennaio 1886, il nuovo periodo con i 1.357 fusi acquistati nel frattempo, a cui si aggiungono, dalla detrazione per il 1865, altri 236, dunque con 1.593. Mediante l’anticipo della detrazione, egli è stato dunque messo in grado, dal vecchio macchinario e senza immettere nel nuovo un farthing del suo vero e proprio profitto, di aumentare il macchinario del 60%. In ambedue le dimostrazioni non si è tenuto conto delle riparazioni. Col 10% di detrazione la macchina dovrebbe coprire il proprio costo di riparazione, cioè questo dovrebbe esser compreso in quella. Esso non cambia nulla alle cose, poiché o è compreso nel 10%, oppure prolunga corrispondentemente la durata del macchinario, il che finisce per esser lo stesso. Spero che la dimostrazione n. 2 ti riuscirà abbastanza chiara, altrimenti scrivi, ne ho qui una copia. I. Il fabbricante colloca il fondo di reintegrazione all’interesse del 5%.
Risultato alla fine dei 10 anni o al 1. genn. 1866, invece delle Lst. 1.000 in macchinario logorato, Lst. 1.252,11 in denaro contante. II. Ogni anno il fondo di reintegrazione viene nuovamente impiegato in macchinario.
valore nominale del nuovo macchinario Lst. 1.593 valore reale del nuovo macchinario Lst. 1.000 A Lst 1 per fuso egli ha lavorato non fusi
ed incomincia nel 1866 con 1.357 + 236 = 1.593 fusi
Marx a Danielson Anzitutto mi sento in dovere di dirLe (in via del tutto confidenziale) che dalla Germania ho ricevuto la notizia secondo cui il mio secondo volume non può essere pubblicato fino a quando il regime esistente persiste nel suo attuale rigore. Considerata la situazione, questa notizia non mi sorprende e, devo confessarlo, non mi dispiace affatto, e ciò per i seguenti motivi: Primo: Non pubblicherei in nessun caso il secondo volume prima che la presente crisi industriale inglese abbia raggiunto il suo culmine. Questa volta i fenomeni non sono quelli abituali; sotto molti aspetti essi sono differenti da ciò che sono stati nel passato, e questo — prescindendo del tutto da altre circostanze modificatrici — si spiega facilmente con il fatto che la crisi inglese mai prima d’ora era stata preceduta da crisi terribili, che durano ormai da 5 anni, negli Stati Uniti, nell’America del Sud, in Germania, in Australia ecc. Bisogna perciò osservare gli sviluppi della situazione attuale fino alla sua maturazione, prima di poterla «consumare produttivamente», intendo dire «teoricamente». Uno dei fenomeni più singolari della situazione attuale è il seguente: come Lei sa, si sono verificati dei crack bancari in Scozia e in alcune province inglesi, soprattutto in quelle occidentali (Corno vaglia e Galles). Ma il vero centro del mercato monetario — non solo del Regno Unito, ma del mondo —, Londra, finora ne ha risentito poco. Al contrario, con qualche eccezione, le gigantesche banche azionarie, come la Banca d’Inghilterra, finora non hanno fatto altro che trarre profitto dal generale rilassamento. E considerato che i filistei inglesi del commercio e dell’industria disperano assolutamente di vivere ancora giorni migliori, Lei si può immaginare quanto sia grande questo rilassamento! Non ho mai visto nulla di analogo, non sono mai stato testimone di una simile depressione, pur essendo stato a Londra negli anni 1857 e 1866! È indubbio che una delle circostanze favorevoli al mercato monetario londinese è la situazione della Banca di Francia che dopo gli ultimi sviluppi delle relazioni tra i due paesi è diventata una filiale della Banca d’Inghilterra. La Banca di Francia conserva ingenti scorte di metalli preziosi, non essendo ancora stata ripristinata la convertibilità delle sue banconote, e non appena si manifesta qualche inquietudine nella Borsa di Londra, il denaro francese affluisce al fine di acquistare garanzie momentaneamente svalorizzate. Se nel l’autunno scorso il denaro francese fosse stato improvvisamente ritirato, la Banca d’Inghilterra in caso estremo sarebbe certo ricorsa all’ultimo mezzo, alla sospensione della legge bancaria e avremmo avuto il crack monetario. D’altro lato, il modo tranquillo in cui si è attuato il ripristino del pagamento in contanti negli Stati Uniti ha eliminato ogni pressione che da quella parte veniva esercitata sulle riserve della Banca d’Inghilterra. Ma ciò che ha impedito finora un’esplosione sul mercato monetario londinese, è soprattutto la situazione apparentemente tranquilla delle banche del Lancashire e delle altre regioni industriali (ad eccezione delle regioni minerarie occidentali), sebbene sia sicuro e accertato con precisione che queste banche non soltanto hanno immobilizzato gran parte dei loro mezzi finanziari nello sconto di cambiali e in anticipi per transazioni svantaggiose dei fabbricanti, ma hanno anche, come per esempio ad Oldham, investito una parte considerevole del loro capitale nell’impianto di nuove fabbriche. Contemporaneamente si accumulano giorno per giorno le scorte, specialmente di prodotti di cotone, non solo in Asia (soprattutto l’India), dove vengono spediti a commissionari, ma anche a Manchester ecc., ecc. È difficile prevedere come questo stato di cose possa essere superato senza un crack generale tra i fabbricanti e di conseguenza tra le banche locali, crack che si ripercuoterebbe immediatamente sul mercato londinese. Nel frattempo scoppiano dappertutto scioperi e disordini. Osservo per inciso che nell’anno passato, sebbene in tutte le altre branche le cose andassero malissimo, le ferrovie hanno prosperato, ma ciò era dovuto esclusivamente a circostanze straordinarie, come l’esposizione di Parigi ecc. In realtà le ferrovie mantengono l’apparenza di un buon andamento degli affari, accumulando debiti che accrescono giorno per giorno il loro conto capitale. Quali che siano gli sviluppi di questa crisi — sebbene per chi indaga la produzione capitalistica e per il teorico di professione sia importantissimo osservarla in tutti i suoi particolari — essa passerà come le precedenti dando inizio ad un nuovo «ciclo industriale» «con tutte le sue varie fasi di prosperità ecc». Ma sotto il manto di questa società inglese «in apparenza» solida sta in agguato un’altra crisi, la crisi agraria, che lascerà dietro di sè grandi e seri cambiamenti nella sua struttura sociale. Tornerò su questo argomento in un’altra occasione. Ora mi porterebbe troppo lontano. Secondo: La massa di materiale che ho ricevuto non solo dalla Russia, ma anche dagli Stati Uniti ecc. mi fornisce fortunatamente un «pretesto» per continuare i miei studi, anzichè concluderli definitivamente per il pubblico. Terzo: Il medico mi ha esortato a ridurre considerevolmente la mia «giornata lavorativa», se non voglio ricadere nuovamente nello stato in cui mi trovavo nel 1874 e negli anni seguenti, quando dopo qualche ora di lavoro serio venivo colto da capogiro e non riuscivo a proseguire.
Engels a Danielson Non dubito che il secondo volume Le darà lo stesso piacere che ha dato a me. Le dimostrazioni che esso contiene pongono in verità allo studioso esigenze così elevate che il lettore comune non si darà la briga di afferrarle e di seguirle fino in fondo. Così avviene presentemente in Germania, dove ogni scienza storica, compresa l’economia politica, è scesa tanto in basso che difficilmente potrà scendere ancora. I nostri socialisti della cattedra dal punto di vista teorico non sono mai stati molto di più che grami e filantropici economisti volgari ed ora sono caduti al livello di semplici difensori del socialismo di Stato di Bismarck. Per essi il secondo volume resterà sempre un libro pieno di mistero. Ecco un buon esempio di quello che Hegel chiama l’ironia della storia: per il fatto che la Germania è stata elevata al rango di prima potenza dell’Europa, la scienza storica tedesca è nuovamente ricaduta in quello stato miserando in cui l’aveva portata la più profonda degradazione politica della Germania dopo la guerra dei Trent’anni. Ma così è in realtà. E perciò la «scienza» tedesca fissa lo sguardo su questo nuovo volume, senza essere in grado di capirlo; solo un salutare timore delle conseguenze la trattiene dal criticarlo pubblicamente, e così la letteratura economica ufficiale mantiene un cauto silenzio riguardo a questo volume. Ma il terzo volume la costringerà a pronunziarsi.
Engels a Viktor Adler Siccome hai intenzione di sgobbare in prigione sul Capitale Il e III voglio darti qualche indicazione che ti faciliterà la cosa. Libro Il, sezione I. Leggi con attenzione il capitolo 1, potrai poi prendere più alla leggera i capitoli 2 e 3. Il capitolo 4, come riassunto, di nuovo con maggior cura. 5 e 6 sono facili e 6 in particolare tratta di cose secondarie. Sezione II, capitoli dal 7 al 9 importanti, particolarmente importanti 10 e 11. Parimenti 12, 13, 14. Invece per 15, 16, 17 in un primo momento solo una lettura rapida. La sezione III è un’eccellente esposizione del ciclo complessivo di merce e denaro nella società capitalistica trattato qui per la prima volta dopo i fisiocratici — eccellente per il contenuto, ma terribilmente pesante per la forma, in primo luogo perchè rappezzata da due stesure che seguono due metodi diversi e in secondo luogo perché la stesura n. 2 è stata portata a termine forzatamente in uno stato di malattia, mentre il cervello soffriva d’insonnia cronica. Ma la terrei in serbo proprio fino all’ultimo, dopo una prima lettura del volume III. Per il momento non è nemmeno necessaria al tuo lavoro. Se, sulla base di queste indicazioni, studierai a fondo le cose principali e in un primo momento solo superficialmente quelle meno importanti (preferibilmente, rileggendo prima le cose principali del volume I), ti farai un quadro dell’insieme e assimilerai poi più facilmente anche i passi trascurati. NOTE [1] Si unisce a questa lettera due tabelle trovate nel quaderno XXII del manoscritto di Marx del 1862-63 Per la critica dell’economia politica. Le fotocopie di questo manoscritto si trovano nell’Archivio dell’Istituto Marx-Engels-Lenin. Nel manoscritto e nella lettera la prima parte (Produzione dei mezzi di consumo) porta il numero I, la seconda (Produzione dei mezzi di produzione) il numero II. Qui i numeri sono stati scambiati come Marx stesso ha fatto nel II Libro del Capitale, per non creare al lettore difficoltà nella comprensione delle tabelle. La prima tabella descrive gli scambi tra le due parti, mentre la seconda rappresenta il processo complessivo di riproduzione. In questa tabella, sotto III, è mostrato come si divide il prodotto complessivo. (Red. IMEL). |