IL CAPITALE LIBRO II SEZIONE II LA ROTAZIONE DEL CAPITALE CAPITOLO 12 IL PERIODO DI LAVORO Prendiamo due branche, nelle quali la giornata lavorativa abbia la stessa grandezza, poniamo un processo lavorativo di dieci ore, ad esempio filatura di cotone e fabbricazione di locomotive. Nell’un ramo, viene fornita giornalmente, settimanalmente una determinata quantità di prodotto finito, filo di cotone; nell’altro, il processo lavorativo dev’essere ripetuto forse per tre mesi, per fabbricare un prodotto finito, una locomotiva. Nell’un caso, il prodotto è di natura discontinua, e lo stesso lavoro ricomincia quotidianamente o settimanalmente. Nell’altro caso, il processo lavorativo è continuo, si estende per una più lunga serie di processi lavorativi giornalieri, che nel loro collegamento, nella continuità del loro operare, forniscono un prodotto finito soltanto dopo un lungo spazio di tempo. Sebbene la durata del processo lavorativo giornaliero sia qui la stessa, c’è una differenza assai importante nella durata dell’atto di produzione, cioè nella durata dei ripetuti processi lavorativi che sono richiesti per fornire il prodotto finito, inviarlo come merce sul mercato, vale a dire per trasformarlo da capitale produttivo in capitale-merce. La differenza tra capitale fisso e circolante non ha nulla a che vedere con questo. La differenza indicata sussisterebbe anche se in ambedue le branche venissero adottate esattamente le stesse proporzioni fra capitale fisso e circolante. Queste differenze nella durata dell’atto di produzione si verificano non soltanto tra diverse sfere di produzione ma anche entro la stessa sfera di produzione, secondo la grandezza del prodotto da fornire. Una comune casa d’abitazione viene costruita in minor tempo di una fabbrica di una certa grandezza e perciò richiede un numero minore di processi lavorativi continui. Se per la costruzione di una locomotiva si impiegano tre mesi, per quella di una corazzata si impiegano uno o parecchi anni. La produzione dei cereali richiede quasi un anno, la produzione di bestiame cornuto parecchi anni, la silvicoltura può abbracciare da 12 a 100 anni; una strada carrozzabile può essere costruita forse in alcuni mesi, mentre una strada ferrata esige degli anni; un tappeto comune forse una settimana, gli arazzi degli anni, ecc. Le differenze nella durata dell’atto di produzione sono dunque infinitamente varie. La differenza nella durata dell’atto di produzione deve manifestamente generare, a pari esborso di capitale, una differenza nella velocità della rotazione, cioè negli spazi di tempo per i quali un dato capitale è anticipato. Poniamo che la filanda meccanica e la fabbrica di locomotive impieghino un capitale pari, la ripartizione tra capitale costante e variabile sia la stessa e anche quella tra parti costitutive fisse e circolanti del capitale, infine la giornata lavorativa abbia la stessa grandezza e la ripartizione tra lavoro necessario e pluslavoro sia la stessa. Inoltre, per eliminare tutte le circostanze che scaturiscono dal processo di circolazione e che sono estranee a questo caso, poniamo che ambedue, filo e locomotiva, siano fabbricati su ordinazione e vengano pagati alla consegna del prodotto finito. Alla fine della settimana, alla consegna del filo prodotto, il filandiere riottiene (prescindiamo qui dal plusvalore) il capitale circolante sborsato e altresì il logorio del capitale fisso contenuto nel valore del filo. Egli può quindi con lo stesso capitale ripetere di nuovo lo stesso ciclo. Il capitale ha portato a termine la sua rotazione. Il fabbricante di locomotive invece, durante i tre mesi, settimana per settimana, deve sborsare sempre nuovo capitale in salario e materie prime, e soltanto dopo tre mesi, dopo la consegna della locomotiva, il capitale circolante via via sborsato durante questo tempo in un solo e medesimo atto di produzione, per la fabbricazione di una sola e medesima merce, si ritrova in una forma in cui può nuovamente incominciare il suo ciclo; allo stesso modo, soltanto ora gli viene risarcito il logorio del macchinario verificatosi in questi tre mesi. L’esborso dell’uno è per una sola settimana, quello dell’altro è l’e sborso di una settimana moltiplicato per 12. Supposte uguali tutte le altre circostanze, l’uno deve avere a disposizione un capitale circolante dodici volte più grande di quello dell’altro. Il fatto che i capitali anticipati settimanalmente siano uguali, è qui tuttavia senza importanza. Qualunque sia la grandezza del capitale anticipato, nell’un caso, esso è anticipato soltanto per una settimana, nell’altro, per dodici settimane, prima che con esso si possa di nuovo operare, ripetere la medesima operazione o incominciarne una di altra specie. La differenza nella velocità della rotazione o nella durata dal tempo per il quale il singolo capitale dev’essere anticipato, prime che questo stesso valore capitale possa servire nuovamente ad un nuovo processo lavorativo o di valorizzazione, scaturisce qui da quanto segue. Poniamo che la costruzione di una locomotiva o di qualunque altra macchina costi 100 giornate lavorative. Rispetto ai lavoratori occupati nella filatura o nella costruzione di macchine, le 100 giornate lavorative costituiscono tutte una grandezza discontinua (discreta), che, secondo l’ipotesi, consta di 100 successivi processi lavorativi separati, di dieci ore. Ma rispetto al prodotto — la macchina.— le 100 giornate lavorative costituiscono una grandezza continua, una giornata lavorativa di 1000 ore di lavoro, un unico, connesso atto di produzione. Una tale giornata lavorativa, che è formata dal susseguirsi di più o meno numerose giornate lavorative formanti un tutto unico, la chiamo periodo di lavoro. Se parliamo di giornata lavorativa, intendiamo la durata del tempo di lavoro, durante il quale il lavoratore deve quotidianamente spendere la sua forza- lavoro, quotidianamente lavorare. Se invece parliamo del periodo di lavoro, ci riferiamo al numero delle giornate lavorative connesse, che è richiesto in una determinata branca per fornire un prodotto finito. li prodotto di ogni giornata lavorativa è qui soltanto un prodotto parziale, che dev’essere portato avanti giorno per giorno, e che soltanto alla fine del periodo più o meno lungo del tempo di lavoro riceve la sua figura finita, è un valore d’uso finito. Interruzioni, perturbazioni del processo sociale di produzione, ad esempio in seguito a crisi, agiscono perciò molto differentemente sui prodotti del lavoro che sono di natura discontinua e su quelli che per la loro produzione esigono un periodo formante un tutto unico piuttosto lungo. All’odierna produzione di una determinata massa di filo, carbone ecc., non segue domani, nel primo caso, una nuova produzione di filo, carbone ecc. Diversamente avviene invece per navi, edifici, strade ferrate ecc. Non viene soltanto interrotto il lavoro, viene interrotto un atto di produzione connesso. Se l’opera non viene proseguita, i mezzi di produzione e il lavoro già consumati nella sua produzione sono spesi infruttuosamente. Anche se essa viene nuovamente ripresa, nel frattempo si è sempre avuto un deterioramento. Per tutta la durata del periodo di lavoro, la parte di valore che il capitale fisso cede quotidianamente al prodotto fino al suo compi mento si ammucchia a strati. E qui si mostra contemporaneamente nella sua importanza pratica la differenza fra capitale fisso e circolante. Il capitale fisso è anticipato al processo di produzione per un più lungo periodo di tempo, non ha bisogno di essere rinnovato prima del trascorrere di questo spazio di tempo, che magari è di parecchi anni. La circostanza per cui la macchina a vapore giornalmente cede gradualmente il proprio valore al filo, prodotto di un processo lavorativo discontinuo, o nel corso di tre mesi ad una locomotiva, prodotto di un atto di produzione continuo, non muta proprio nulla all’esborso del capitale necessario per l’acquisto della macchina a vapore. Nell’un caso, il suo valore rifluisce in piccole dosi, ad esempio settimanalmente; nell’altro, in masse più grandi, ad esempio, trimestralmente. Ma in ambedue i casi, il rinnovo della macchina a vapore avviene forse solo dopo vent’anni. Fino a che ogni singolo periodo, entro il quale il suo valore rifluisce gradualmente mediante la vendita del prodotto, è più breve del suo periodo di esistenza, la stessa macchina a vapore continua a operare nel processo di produzione durante parecchi periodi di lavoro. Diversamente avviene invece con le parti costitutive circolanti del capitale anticipato. La forza-lavoro comprata per questa settimana è spesa durante questa settimana, e si è oggettivata nel prodotto. Essa dev’essere pagata alla fine di questa settimana. E questo esborso di capitale in forza-lavoro si ripete settimanalmente durante i tre mesi, senza che la spesa di questa parte di capitale in una settimana consenta al capitalista di far fronte all’acquisto del lavoro nella settimana successiva. Settimanalmente nuovo capitale addizionale dev’essere speso nel pagamento di forza-lavoro e, se prescindiamo da tutti i rapporti di credito, il capitalista dev’essere in grado di sborsare il salario per il tempo di tre mesi, sebbene lo paghi soltanto in dosi settimanali. Lo stesso avviene con l’altra parte del capitale circolante, le materie prime ed ausiliarie. Uno strato dopo l’altro di lavoro si deposita sul prodotto. Durante il processo lavorativo, non soltanto il valore della forza-lavoro spesa, ma anche plusvalore viene costantemente trasferito nel prodotto, ma in un prodotto non finito, che non ha ancora la figura della merce finita, dunque non è ancora capace di circolare. Lo stesso vale per il valore-capitale in materie prime ed ausiliarie, trasferito a strati nel prodotto. Secondo la durata più o meno lunga del periodo di lavoro che la natura specifica del prodotto o dell’effetto utile da raggiungere esige per la sua fabbricazione, è richiesta una costante spesa addizionale di capitale circolante (salario, materie prime ed ausiliarie), di cui nessuna parte si trova in una forma capace di circolare e perciò non potrebbe servire a rinnovare la stessa operazione; ciascuna parte piuttosto, in quanto parte costitutiva del prodotto in fieri, è successivamente ancorata nella sfera della produzione, vincolata in forma di capitale produttivo. Ma il tempo di rotazione è uguale alla somma del tempo di produzione e del tempo di circolazione del capitale. Un prolungamento del tempo di produzione diminuisce dunque la velocità di rotazione, tanto quanto un prolungamento del tempo di circolazione. Nel caso in questione, però, ci sono da osservare due cose: Primo: la prolungata permanenza nella sfera della produzione. Il capitale anticipato, ad esempio nella prima settimana, in lavoro, materie prime ecc., così come le parti di valore cedute dal capitale fisso al prodotto, per l’intero termine di tre mesi rimangono vincolate nella sfera della produzione e non possono, incorporate ad un prodotto appena in fieri, ancora non finito, entrare come merce nella circolazione. Secondo: poichè il periodo di lavoro necessario per l’atto della produzione dura tre mesi, e di fatto costituisce soltanto un processo lavorativo formante un tutto unico, ogni settimana dev’essere costantemente aggiunta alle precedenti una nuova dose di capitale circolante. La massa del capitale addizionale via via anticipato cresce dunque con la durata del periodo di lavoro. Abbiamo supposto che nella filatura e nella fabbricazione di macchine siano impiegati capitali di pari grandezza, che questi capitali siano suddivisi in proporzioni di pari grandezza tra capitale costante e variabile, parimenti tra fisso e circolante, che le giornate di lavoro abbiano pari durata, insomma, che tutte le circostanze siano le stesse, tranne la durata del periodo di lavoro. Nella prima settimana, l’esborso ha pari grandezza per ambedue, ma il prodotto del filandiere può essere venduto e con il ricavato possono essere comprate nuova forza-lavoro e nuove materie prime, ecc., insomma, la produzione può essere proseguita sulla stessa scala. Il fabbricante di macchine invece, soltanto dopo tre mesi, dopo che il suo prodotto è finito, può ritrasformare in denaro il capitale circolante speso nella prima settimana, e con esso operare di nuovo. Vi è dunque, in primo luogo, una differenza nel riflusso della stessa quantità di capitale sborsata. In secondo luogo, poi: durante i tre mesi è stato impiegato nella filatura e nella costruzione di macchine un capitale produttivo di pari grandezza, ma la grandezza dell’esborso di capitale è del tutto differente per il filandiere e per il costruttore di macchine, perchè, nell’un caso, lo stesso capitale si rinnova rapidamente, e perciò può ripetere di nuovo la stessa operazione; nell’altro, si rinnova con relativa lentezza, e perciò fino al termine del suo rinnovo devono essere costantemente aggiunte alle vecchie nuove quantità di capitale. È dunque differente tanto la durata del tempo in cui determinate porzioni del capitale si rinnovano, ossia la durata del tempo di anticipo, quanto anche la massa del capitale (sebbene il capitale impiegato giornalmente o settimanalmente sia lo stesso) che dev’essere anticipata secondo la durata del processo di lavoro. La circostanza è da tenere presente, perchè la durata dell’anticipo può crescere come nei casi da considerarsi nel capitolo seguente, senza che perciò cresca la massa del capitale da anticipare in rapporto a questo spazio di tempo. Il capitale dev’essere anticipato più a lungo, ed una più grande quantità di capitale è vincolata nella forma di capitale produttivo. Nei gradi meno sviluppati della produzione capitalistica, imprese che esigono un lungo periodo di lavoro, quindi un grande esborso di capitale per un tempo piuttosto lungo, soprattutto se attuabili soltanto su vasta scala, o non vengono affatto compiute capitalisticamente, come ad esempio strade, canali ecc. a spese dei comuni o dello Stato (in tempi più antichi, per lo più per mezzo di lavoro forzato per quanto riguarda la forza-lavoro). Oppure, tali prodotti, la cui produzione esige un più lungo periodo di lavoro, vengono, fabbricati soltanto in minima parte con le sostanze del capitalista stesso. Ad esempio nell’edilizia, il privato per il quale la casa viene costruita paga volta per volta anticipi all’imprenditore edile. Perciò, di fatto, egli paga la casa, pezzo per pezzo, nella misura in cui avanza il processo di produzione di quest’ultima. Invece nell’era capitalistica sviluppata, in cui, da un lato, capitali in massa sono concentrati nelle mani di singoli, dall’altro, accanto al capitalista singolo interviene il capitalista associato (società per azioni), e nello stesso tempo è sviluppato il sistema creditizio, un imprenditore edile capitalistico ormai solo eccezionalmente costruisce su ordinazione per singoli privati. Egli fa affari costruendo per il mercato file di case e quartieri di città, come singoli capitalisti fanno affari fabbricando ferrovie come appaltatori. Come la produzione capitalistica abbia rivoluzionato l’edilizia a Londra, ce lo dicono le dichiarazioni di un imprenditore edile dinanzi al comitato bancario del 1857. Nella sua giovinezza, egli dice, le case venivano costruite per lo più su ordinazione, e l’ammontare veniva pagato a rate all’imprenditore durante la costruzione, al compimento di determinati stadi della costruzione. Per speculazione si costruiva soltanto poco; gli imprenditori vi si acconciavano principalmente soltanto per tenere regolarmente occupati i loro operai e quindi per tenerli insieme. Negli ultimi 40 anni tutto ciò è cambiato. Su ordinazione ormai si costruisce molto poco. Chi ha bisogno di una nuova casa, se ne cerca una di quelle che sono state costruite, o sono ancora in via di costruzione, per speculazione. L’imprenditore non lavora più per il cliente, ma per il mercato; proprio come ogni altro industriale, egli è costretto ad avere sul mercato merce finita. Mentre prima un imprenditore aveva in costruzione per speculazione forse tre o quattro case contemporaneamente, ora deve comprare un vasto terreno (cioè, secondo la formula continentale, prendere in affitto per lo più per 99 anni) erigervi fino a 100, 200 case e così impegnarsi in un’impresa che oltrepassa le sue sostanze da venti a cinquanta volte. I fondi vengono procurati contraendo ipoteche, e il denaro viene posto a disposizione dell’imprenditore nella misura in cui progredisce la costruzione delle singole case. Se sopravviene una crisi che reca un’interruzione nel pagamento delle rate di anticipazione, allora di solito l’intera impresa naufraga; nel migliore dei casi, le case restano incompiute fino a tempi migliori, nel peggiore, vengono messe all’incantò e vendute a metà prezzo. Senza costruzione per speculazione, e su grande scala, nessun imprenditore oggi può più tirare avanti. Il profitto stesso della costruzione è estremamente piccolo; il suo guadagno principale consiste nel rialzo della rendita fondiaria, in un’abile scelta ed utilizzazione del terreno da costruzione. Su questa strada della speculazione che anticipa la domanda di case, sono state costruite quasi per intero Belgravia e Tyburnia, e le innumerevoli migliaia di ville intorno a Londra. (Riduzione da Report from the Select Committee on Bank Acts, Parte I, 1857, Evidence. Domande 5413-18, 5435-36). L’esecuzione di opere dal periodo di lavoro considerevolmente lungo e su grande scala, spetta completamente alla produzione capitalistica solo se la concentrazione del capitale è già molto notevole e se, d’altra parte, lo sviluppo del sistema creditizio offre al capitalista il comodo espediente di anticipare e perciò anche di rischiare capitale estraneo anzichè il proprio. Tuttavia è di per sè evidente che il fatto che il capitale anticipato alla produzione appartenga o no a colui che lo impiega, non ha alcuna influenza sulla velocità di rotazione e sul tempo di rotazione. Le circostanze che ingrandiscono il prodotto della singola giornata lavorativa, come cooperazione, divisione del lavoro, impiego del macchinario, abbreviano contemporaneamente i periodi di lavoro per atti di produzione formanti un tutto unico. Così il macchinario abbrevia il tempo di costruzione di case, ponti, ecc.; le mietitrici e trebbiatrici, ecc. abbreviano il periodo di lavoro richiesto per trasformare il grano maturo in merce finita. La migliorata costruzione navale per l’aumentata velocità abbrevia il tempo di rotazione del capitale sborsato nella navigazione. Questi miglioramenti che abbreviano il periodo di lavoro e perciò il tempo per il quale dev’essere anticipato capitale circolante, sono tuttavia per lo più legati all’aumentato esborso di capitale fisso. D’altra parte, il periodo di lavoro in determinati rami può essere abbreviato mediante un puro e semplice ampliamento della cooperazione; il compimento di una ferrovia viene abbreviato se vengono mobilitate grandi squadre di operai, e l’opera viene affrontata perciò da diversi punti. Il tempo di rotazione viene qui abbreviato mediante l’accrescersi del capitale anticipato. Sotto il comando del capitalista devono essere riuniti più mezzi di produzione e più forza-lavoro. Se perciò l’abbreviarsi del periodo di lavoro è per lo più legato all’ingrandirsi del capitale anticipato per il tempo più breve, cosicchè, nella misura in cui si abbrevia il tempo di anticipazione si ingrandisce la massa in cui viene anticipato il capitale, è qui da ricordare che, prescindendo dalla massa esistente del capitale sociale, ciò che importa è il grado in cui i mezzi di produzione e di sussistenza, rispettivamente la disponibilità di essi, sono frazionati o riuniti nelle mani di capitalisti individuali, cioè l’estensione che ha già raggiunto la concentrazione dei capitali. In quanto il credito media, accelera e aumenta la concentrazione del capitale in una sola mano, esso contribuisce ad abbreviare il periodo di lavoro e quindi il tempo di rotazione. In rami di produzione in cui il periodo di lavoro, sia esso continuativo o interrotto, viene prescritto da determinate condizioni naturali, non può verificarsi alcuna abbreviazione mediante i mezzi sopra citati. «L’espressione: rotazione più rapida, non può essere impiegata per il raccolto del grano, poichè in un anno è possibile soltanto una rotazione. Per quanto riguarda il bestiame, vogliamo semplicemente chiedere: come è possibile accelerare la rotazione di pecore di due e tre anni, e di buoi di quattro e cinque?» (W. WALTER GOOD, Political, Agricultural, and Commercial Failacies, Londra, 1866, p. 325). La necessità di avere prima denaro liquido (ad esempio per pagare prestazioni fisse, come tasse, rendita fondiaria, ecc.) risolve tale interrogativo a questo modo, che, ad esempio, viene venduto e macellato bestiame prima che abbia raggiunto l’età economica normale, con grande danno dell’agricoltura; ciò provoca anche, da ultimo, un rialzo dei prezzi della carne. «Coloro che prima allevavano bestiame principalmente per approvvigionare i pascoli delle Midland counties (contee dell’interno) in estate e le stalle delle contee orientali in inverno.., per le oscillazioni e le cadute dei prezzi del grano sono stati così rovinati da esser felici di poter trarre vantaggio dagli alti prezzi del burro e del formaggio; il primo lo portano settimanalmente sul mercato, per coprire le spese correnti; per il secondo, prendono anticipi da un fattore, che ritira il formaggio non appena questo può essere trasportato e che naturalmente fa il suo proprio prezzo. Per questo motivo, e poichè l’agricoltura viene retta dai principi dell’economia politica, i vitelli che prima dalle contrade produttrici di latte scendevano al sud per l’allevamento, oggi vengono sacrificati in massa, spesso quando hanno appena da otto a dieci giorni, nei macelli di Birmingham, Manchester, Liverpool e altre grandi città vicine. Se invece il malto fosse esente da tasse, non solo i fittavoli avrebbero tratto maggiore profitto e avrebbero potuto così conservare il loro bestiame giovane finchè fosse più vecchio e più pesante, ma il malto avrebbe anche potuto servire in luogo del latte per l’allevamento di vitelli presso coloro che non tengono mucche; e l’odierna terribile carenza di bestiame giovane... avrebbe potuto essere in gran parte evitata. Se oggi si raccomanda a questi produttori minuti di allevare i vitelli, essi dicono: sappiamo benissimo che l’allevamento a latte converrebbe, ma in primo luogo dovremmo sborsare denaro, e non lo possiamo, e in secondo luogo dovremmo attendere a lungo prima di riottenere il nostro denaro, mentre con la produzione del latte lo riotteniamo subito» (Ivi, pp. 12, 13). Se il prolungarsi della rotazione ha tali conseguenze già presso i piccoli fittavoli inglesi, è facile comprendere quali perturbamenti esso debba provocare presso i contadini piccoli proprietari del continente. Corrispondentemente alla durata del periodo di lavoro, dunque anche del periodo di tempo fino al compimento della merce capace di circolare, la parte di valore che il capitale fisso cede a strati al prodotto Si ammucchia, e il riflusso di questa parte di valore ritarda. Ma questo ritardo non cagiona un rinnovato esborso in capitale fisso. La macchina continua ad operare nel processo di produzione, indipendentemente dal maggiore o minor tempo in cui la sostituzione del suo logorio rifluisce in forma di denaro. Diversamente avviene per il capitale circolante. Non solo, in rapporto alla durata del periodo di lavoro, capitale dev’essere immobilizzato più per lungo tempo, ma deve anche costantemente essere anticipato nuovo capitale in salario, materie prime e materie ausiliarie. Il ritardato riflusso opera perciò in maniera diversa nell’uno e nell’altro. Il riflusso può essere più o meno rapido, il capitale fisso continua ad operare. Il capitale circolante, invece, col ritardo del riflusso diventa incapace di funzionare se giace nella forma di prodotto invenduto o non finito, non ancora vendibile, e se non esiste un capitale aggiuntivo per rinnovano in natura. «Mentre il contadino muore di fame, il suo bestiame prospera. Era piovuto abbastanza, e l’erba da foraggio era rigogliosa. Il contadino indiano morirà di fame accanto ad un bue grasso. Le prescrizioni della superstizione appaiono crudeli rispetto al singolo, ma conservano la società; la conservazione del bestiame da lavoro assicura la continuità dell’agricoltura, e con ciò le fonti di futuro sostentamento e ricchezza. Può suonare duro e triste, ma è così: in India è più facile sostituire un uomo che un bue» (Return, East India, Madras and Orissa Famine, n. 4, p. 4). Si paragoni a questo la frase del Manava-Dharma-Sastra, cap. X, § 62: «Sacrificio della vita senza ricompensa, per conservare un prete o una mucca... può assicurare la beatitudine di queste caste dall’umile nascita». È naturalmente impossibile fornire un animale di cinque anni prima della fine dei cinque anni. Ma ciò che entro certi limiti è possibile, è di far sì che il bestiame sia pronto per l’uso a cui è destinato in un tempo più breve, con un diverso trattamento. Ciò venne effettuato soprattutto da Bakewell. In precedenza, le pecore inglesi, come quelle francesi ancora nel 1855, prima del quarto o quinto anno non erano pronte per la macellazione. Secondo il sistema di Bakewell, una pecora di un anno può essere già ingrassata, e in ogni caso è completamente cresciuta prima del trascorrere del secondo anno. Mediante un’accurata selezione, Bakewell, affittuario di Dishley Grange, ridusse lo scheletro osseo della pecora al minimo necessario per la sua esistenza. Le sue pecore si chiamarono le New Leicesters. «L’allevatore può ora fornire al mercato tre pecore nello stesso tempo in cui prima ne approntava una sola, e con uno sviluppo più largo, rotondo e grande delle parti che più di tutte danno carne. Quasi tutto il loro peso è pura carne» (LAVERGNE, The Rural Economy of England, ecc., 1855, p. 22). I metodi che abbreviano il periodo di lavoro si ‘possono adottare solo in grado assai differente nei diversi rami d’industria e non compensano le differenze nella durata del tempo dei diversi periodi di lavoro. Per rimanere al nostro esempio, mediante l’impiego di nuove macchine utensili il periodo di lavoro necessario per la fabbricazione di una locomotiva può essere abbreviato in assoluto. Ma se, mediante migliorati processi nella filatura, il prodotto finito, giornalmente o settimanalmente fornito, viene aumentato con rapidità maggiore, la durata del periodo di lavoro nella fabbricazione di macchine è tuttavia relativamente aumentata, a paragone con la filatura. |