IL CAPITALE

LIBRO II

SEZIONE II

LA ROTAZIONE DEL CAPITALE

CAPITOLO 11

TEORIE SUL CAPITALE FISSO E CIRCOLANTE. RICARDO

Ricardo distingue tra capitale fisso e circolante soltanto per rappresentare le eccezioni alla regola del valore, cioè quei casi nei quali il saggio del salario agisce sui prezzi. Di ciò parleremo soltanto nel III Libro.

La mancanza originaria di chiarezza si mostra però già dal principio nella indifferente giustapposizione: «Questa differenza nel grado della durata del capitale fisso e questo mutamento delle proporzioni nelle quali possono essere combinate le due specie di capitale»[25] .

Se ora chiediamo quali siano le due specie di capitale, ci sentiamo rispondere: «Parimenti le proporzioni in cui il capitale che deve mantenere il lavoro e il capitale che è sborsato in strumenti, macchinario e edifici, possono essere variamente combinate»[26]. Dunque capitale fisso = mezzi di lavoro e capitale circolante = capitale che è sborsato in lavoro. Capitale che deve mantenere il lavoro è già un’espressione insulsa, derivante da Smith. Da un lato il capitale circolante viene qui messo in un sol fascio con il capitale variabile, cioè con la parte del capitale produttivo sborsata in lavoro. D’altro lato, però, poichè la contrapposizione non è attinta dal processo di valorizzazione — capitale costante e capitale variabile — ma dal processo di circolazione (la vecchia confusione di Smith), ne derivano definizioni doppiamente false.

Primo: le differenze nel grado di durata del capitale fisso e le variazioni nella composizione del capitale formato da capitale costante e capitale variabile, vengono concepite come equivalenti. Ma quest’ultima differenza determina la differenza nella produzione del plusvalore; la prima, invece, in quanto si tratta del processo di valorizzazione, si riferisce soltanto al modo con cui un dato valore viene trasferito dal mezzo di produzione al prodotto; in quanto si tratta del processo di circolazione, essa concerne soltanto il periodo del rinnovo del capitale sborsato, o, considerato diversamente, il tempo per il quale esso è anticipato. Se, anzichè penetrare il meccanismo interno del processo capitalistico di produzione, ci si pone dal punto di vista dei fenomeni compiuti, di fatto queste differenze coincidono. Nella ripartizione del plusvalore sociale tra i capitali investiti nelle diverse branche, le differenze tra i diversi spazi di tempo per i quali viene anticipato capitale (cioè, ad esempio, le diverse durate del capitale fisso) e le differenti composizioni organiche del capitale (dunque anche la differente circolazione di capitale costante e variabile) operano in ugual misura nel livellamento del saggio generale di profitto e nella trasformazione dei valori in prezzi di produzione.

Secondo: dal punto dì vista del processo di circolazione, da una parte stanno i mezzi di lavoro: capitale fisso; dall’altra, materiale di lavoro e salario: capitale circolante. Viceversa, dal punto di vista del processo lavorativo e di valorizzazione, da una parte sta il mezzo di produzione (mezzo di lavoro e materiale di lavoro), capitale costante; dall’altra, la forza-lavoro, capitale variabile. Per la composizione organica del capitale (Libro I, cap. XXIII, 2) è del tutto indifferente che la stessa quantità di valore di capitale costante consti di molti mezzi di lavoro, e di poco materiale di lavoro, oppure di molto materiale di lavoro e di pochi mezzi di lavoro, mentre tutto dipende dal rapporto tra il capitale sborsato in mezzi di produzione e quello sborsato in forza-lavoro. Inversamente: dal punto di vista del processo di circolazione, della distinzione tra capitale fisso e circolante, e altrettanto indifferente in quali proporzioni una determinata quantità di valore di capitale circolante si divida in materiale di lavoro e salario. Dal primo punto di vista, il materiale di lavoro si colloca nella stessa categoria dei mezzi di lavoro, in contrapposizione al valore-capitale sborsato in forza-lavoro. Dall’altro punto di vista, la parte di capitale sborsata in forza-lavoro si colloca insieme con quella sborsata in materiale di lavoro, in contrapposizione alla parte di capitale sborsata in mezzi di lavoro.

Perciò in Ricardo la parte di valore del capitale sborsata in materiale di lavoro (materie prime ed ausiliarie) non compare da nessuna parte. Scompare interamente. Infatti non può stare dalla parte del capitale fisso, perchè nel suo modo di circolazione coincide intera mente con la parte di capitale sborsata nella forza-lavoro. E, d’altro lato, non può essere collocata dalla parte del capitale circolante perchè in tal modo l’equiparazione tramandata da Smith e tacitamente accettata della contrapposizione: capitale fisso e circolante, alla contrapposizione: capitale costante e variabile, si sopprimerebbe da sè. Ricardo ha troppo istinto logico per non sentirlo, e perciò questa parte di capitale per lui scompare del tutto.

È da osservare qui che il capitalista anticipa il capitale sborsato in salario in differenti termini, secondo il modo d’esprimersi dell’economia politica, secondo che paga questo salario ad esempio settimanalmente, mensilmente o trimestralmente. Di fatto, avviene il contrario. Il lavoratore anticipa al capitalista il suo lavoro per una settimana, un mese, tre mesi, secondo che viene pagato settimanalmente, mensilmente o trimestralmente. Se il capitalista acquistasse la forza-lavoro anzichè pagarla, se dunque pagasse in anticipo al lavoratore il salario per giornata, settimana, mese o trimestre, allora si potrebbe parlare di un anticipo per questi termini. Ma poichè paga dopo che il lavoro è durato giornate, settimane, mesi, anzichè acquistarlo e pagarlo per il termine in cui deve durare, tutto questo non è che un quid pro quo capitalistico, e l’anticipo, che dal lavoratore viene dato in lavoro al capitalista, viene trasformato in un anticipo che il capitalista dà in denaro al lavoratore. Nè cambia nulla alla cosa il fatto che il capitalista riottenga dalla circolazione o realizzi il prodotto stesso o il suo valore (insieme al plusvalore in esso incorporato) soltanto in termini più o meno lunghi, secondo la differente durata di tempo che la sua fabbricazione esige, o anche la differente durata di tempo richiesta per la sua circolazione. L’uso che il compratore di una merce intende fare di essa è del tutto indifferente per il venditore Il capitalista non ottiene più a buon mercato Una macchina per il fatto che deve anticiparne tutto in una volta l’intero valore, mentre lo stesso valore rifluisce a lui dalla circolazione solo gradatamente e pezzo per pezzo, ne egli paga più caro il cotone per il fatto che il suo valore entra interamente nel valore del prodotto con esso fabbricato, e perciò viene sostituito per intero e in una sola Volta mediante la vendita del prodotto.

Ritorniamo a Ricardo.

1) La caratteristica del capitale variabile è che una parte di capitale determinata, data (dunque, in quanto tale, costante), una data somma di valore (assunta come uguale al valore della forza lavoro, sebbene qui sia indifferente che il salario sia pari, maggiore o minore del valore della forza-lavoro) viene scambiata contro una forza che si valorizza, che crea valore, la forza—lavoro, la quale non soltanto riproduce il suo valore pagato dal capitalista, ma insieme produce anche un plusvalore, un valore non presente prima e non acquistato attraverso un equivalente. Questa proprietà caratteristica della parte di capitale sborsata in salario, che la distingue toto coelo (sotto ogni aspetto) dal capitale costante come capitale variabile, scompare quando la parte di capitale sborsata in salario viene considerata puramente dal punto di vista del processo di circolazione e appare così come capitale circolante di fronte al capitale fisso sborsato in mezzi di lavoro. Ciò risulta già dal fatto che essa viene posta allora in una categoria — quella del capitale circolante — insieme ad una parte costitutiva del capitale costante, quella sborsata in materiale di lavoro, in contrapposizione ad un’altra parte costitutiva del capitale costante, quella sborsata in mezzi di lavoro. Qui si prescinde completamente dal plusvalore, cioè appunto dalla circostanza che trasforma in capitale la somma di valore sborsata. Si prescinde altresì dal fatto che la parte di valore che il capitale sborsato in forza-lavoro aggiunge al prodotto, è prodotta ex novo (dunque è anche realmente riprodotta), mentre la parte di valore che la materia prima aggiunge al prodotto non viene prodotta ex novo, non realmente riprodotta, ma unicamente mantenuta nel valore del prodotto, conservata, e perciò riappare soltanto come parte costitutiva del valore del prodotto. La differenza, quale si presenta ora dal punto di vista della contrapposizione di capitale circolante e capitale fisso, consiste soltanto in ciò: il valore dei mezzi di lavoro impiegati per la produzione di una merce entra soltanto in parte nel valore della merce, é perciò viene anche sostituito soltanto in parte con la vendita della merce, perciò in generale viene sostituito soltanto pezzo per pezzo e gradualmente. D’altro lato, il valore della forza-lavoro e degli oggetti di lavoro (materie prime ecc.) spesi per la produzione di una merce entra interamente nella merce e perciò viene interamente sostituito con la vendita della merce. In questo senso, rispetto al processo di circolazione, una parte del capitale si presenta come fissa, l’altra come fluida o circolante. Si tratta, in ambedue i casi, di un trasferimento nel prodotto di valori dati, anticipati, e della loro sostituzione mediante la vendita del prodotto. La differenza consiste ora soltanto in ciò, se il trasferimento del valore, e perciò la sostituzione del valore, avviene gradualmente e pezzo per pezzo, oppure in una sola volta. Così viene eliminata la distinzione assolutamente decisiva tra capitale variabile e capitale costante, cioè tutto il segreto della formazione del plusvalore e della produzione capitalistica, vengono eliminate le circostanze che trasformano determinati valori, e le cose in cui essi si presentano, in capitale. Tutte le parti costitutive del capitale si distinguono ormai soltanto per il modo di circolazione (e la circolazione della merce ha, naturalmente, a che fare soltanto con valori dati, già presenti); e un modo particolare di circolazione è comune al capitale sborsato in salario e alla parte di capitale sborsata in materie prime, semi-lavorati, materie ausiliarie, in contrapposizione alla parte di capitale sborsata in mezzi di lavoro.

Si comprende perciò perchè l’economia politica borghese per istinto si attenesse strettamente alla confusione di Smith tra le categorie «capitale costante e variabile» e le categorie «capitale fisso e circolante», e per un secolo, di generazione in generazione, la ripetesse pappagallescamente e in modo acritico. Per essa, la parte di capitale sborsata in salario non si distingue più dalla parte di capitale sborsata in materia prima, e si distingue solo formalmente dal capitale costante, sia che esso venga fatto circolare pezzo per pezzo o interamente, attraverso il prodotto. Con ciò è seppellito d’un colpo il fondamento per la comprensione del movimento reale della produzione capitalistica, e perciò dello sfruttamento capitalistico. Si tratta soltanto della ricomparsa di valori anticipati.

In Ricardo l’accettazione acritica della confusione di A. Smith è più fastidiosa non soltanto di quanto non lo sia nei posteriori apologeti, nei quali la confusione dei concetti è piuttosto la cosa meno fastidiosa, ma di quanto non lo sia nello stesso A. Smith, perchè, al contrario di questo, Ricardo tratta più coerentemente e acutamente valore e plusvalore, e di fatto sostiene l’Adam Smith esoterico contro l’Adam Smith essoterico.

Nei fisiocratici non si trova traccia di questa confusione. La distinzione tra avances annuelles e avances primitives si riferisce soltanto ai differenti periodi di riproduzione delle diverse parti costitutive del capitale, in special modo del capitale agricolo; mentre le loro vedute sulla produzione del plusvalore costituiscono una parte della loro teoria indipendente da queste distinzioni, e cioè quel che essi mettono in risalto come il nucleo della teoria. La formazione del plusvalore non viene spiegata dal capitale in quanto tale, ma rivendicata soltanto ad una determinata sfera di produzione del capitale, l’agricoltura.

2) L’essenziale per la determinazione del capitale variabile — e perciò per la trasformazione in capitale di una qualsivoglia somma di valore — è che il capitalista scambia una determinata grandezza di valore data (e, in questo senso, costante) [contro forza lavoro; egli scambia valore] contro forza creatrice di valore; una grandezza di valore contro produzione di valore, autovalorizzazione. Che il capitalista paghi il lavoratore in denaro o in mezzi di sussistenza, non cambia nulla a questa determinazione essenziale. Cambia soltanto il modo di esistenza del valore da lui anticipato, che una volta esiste nella forma del denaro con cui il lavoratore compera per sè sul mercato i suoi mezzi di sussistenza, un’altra volta nella forma di mezzi di sussistenza che consuma direttamente. La produzione capitalistica sviluppata presuppone di fatto che il lavoratore venga pagato in denaro, come in generale presuppone il processo di produzione mediato dal processo di circolazione, dunque la economia monetaria. Ma la creazione del plusvalore — cioè la capitalizzazione della somma di valore anticipata — non scaturisce nè dalla forma di denaro nè dalla forma naturale del salario o del capitale sborsato nell’acquisto di forza-lavoro. Essa scaturisce dallo scambio di valore contro forza creatrice di valore, dalla conversione di una grandezza costante in una variabile.

La fissità più o meno grande dei mezzi di lavoro dipende dal grado della loro durata, dunque da una proprietà fisica. Secondo il grado della loro durata, in circostanze per il resto costanti, essi vengono logorati più o meno rapidamente, dunque hanno più o meno a lungo funzione di capitale fisso. Ma certo non semplicemente per questa proprietà fisica della durata essi hanno funzione di capitale fisso. Nelle fabbriche metallurgiche, la materia prima è altrettanto durevole quanto le macchine con cui viene fabbricata, e più durevole di alcune parti costitutive di queste stesse macchine, cuoio, legname ecc. Ciò non di meno, il metallo che serve da materia prima costituisce una parte del capitale circolante, e il mezzo di lavoro in funzione, fabbricato magari con lo stesso metallo, una parte del capitale fisso. Non è dunque per la natura fisica materiale, non per la sua maggiore o minore deperibilità che lo stesso metallo viene classificato una volta nella categoria del capitale fisso e un’altra volta nella categoria del capitale circolante. Questa distinzione scaturisce invece dalla funzione che esso ha nel processo di produzione, una volta come oggetto di lavoro, l’altra come mezzo di lavoro.

La funzione del mezzo di lavoro nel processo di produzione esige in generale che esso serva sempre di nuovo, per un periodo più o meno lungo, in ripetuti processi lavorativi. La sua funzione perciò prescrive una durata più o meno grande della sua materia. Ma la durata della materia da cui esso viene composto, in sè e per sè, non ne fa un capitale fisso. La stessa materia, se è materiale grezzo, diviene capitale circolante, e negli economisti che confondono la distinzione tra capitale-merce e capitale-produttivo con la distinzione tra capitale circolante e capitale fisso, la stessa materia, la stessa macchina in quanto prodotto è capitale circolante e, in quanto mezzo di lavoro, è capitale fisso.

Sebbene quindi non sia la materia durevole di cui è composto il mezzo di lavoro a farne un capitale fisso, pure la sua funzione di mezzo di lavoro esige che esso consti di una materia relativamente durevole. La durata della sua materia, è dunque una condizione della sua funzione di mezzo di lavoro, perciò anche un fondamento materiale del modo di circolazione che ne fa un capitale fisso. In circostanze per il resto invariate, la maggiore o minore deperibilità della sua materia gli imprime in minore o maggiore grado il marchio della fissità, quindi è unita insieme in modo davvero essenziale con la sua qualità di capitale fisso.

Se quindi la parte di capitale sborsata in forza-lavoro viene considerata esclusivamente dal punto di vista del capitale circolante, cioè in contrapposizione al capitale fisso; se perciò anche le distinzioni tra capitale costante e capitale variabile vengono messe in un sol fascio con le distinzioni tra capitale fisso e circolante, è naturale, poichè la realtà materiale del mezzo di lavoro costituisce un fondamento essenziale del suo carattere di capitale fisso, che, in contrapposizione a quest’ultimo, si faccia derivare dalla realtà materiale del capitale sborsato in forza-lavoro il suo carattere di capitale circolante, e poi si determini il capitale circolante a sua volta dalla realtà materiale del capitale variabile.

La materia reale del capitale sborsato in salario è il lavoro stesso, la forza-lavoro che si attiva, che crea valore, il lavoro vivente che il capitalista ha barattato contro lavoro morto, oggettivato, ed ha incorporato nel suo capitale, per cui soltanto il valore che si trova nelle sue mani si è trasformato in un valore che si autovalorizza. Ma il capitalista non vende questa forza di autovalorizzazione. Essa e sempre soltanto una parte costitutiva del suo capitale produttivo, come i suoi mezzi di lavoro; mai del suo capitale-merce, come ad esempio il prodotto finito che egli vende. Entro il processo di produzione, come parti costitutive del capitale produttivo, i mezzi di lavoro non stanno di fronte alla forza-lavoro come capitale fisso, così come materie di lavoro e materie ausiliarie in quanto capitale circolante non coincidono con essa; la forza-lavoro sta di fronte ad ambedue come un fattore personale, mentre quelli sono i fattori oggettivi; ciò, dal punto di vista del processo lavorativo. Ambedue stanno di fronte alla forza-lavoro, al capitale variabile, come capitale costante; ciò, dal punto di vista del processo di valorizzazione. Ovvero, se si deve parlare di una differenza materiale, in quanto operante sul processo di circolazione, essa è soltanto questa: dalla natura del valore, che non è altro che lavoro oggettivato, e dalla natura della forza-lavoro che si attiva, che non è altro che lavoro che si oggettiva, consegue che la forza-lavoro durante la sua durata di funzione crea costantemente valore e plusvalore; che ciò che dalla sua parte si rappresenta come movimento, come creazione di valore, dalla parte del suo prodotto si rappresenta in forma statica, come valore creato. Se la forza-lavoro ha operato, il capitale non consta più oltre di forza- lavoro da un lato, di mezzi di produzione dall’altro. Il valore-capitale che era sborsato in forza-lavoro è ora valore (+ plusvalore) che è stato aggiunto al prodotto. Per ripetere il processo il prodotto deve essere venduto e con il denaro da esso ricavato dev’essere costantemente riacquistata e incorporata nel capitale produttivo la forza- lavoro. Ciò dà poi alla parte di capitale sborsata in forza-lavoro, così come a quella sborsata in materie di lavoro ecc., il carattere di capitale circolante in contrapposizione al capitale che rimane fissato nei mezzi di lavoro.

Se, invece, la determinazione secondaria del capitale circolante, comune ad essa e ad una parte del capitale costante (materie prime ed ausiliarie), diventa la determinazione essenziale della parte di capitale sborsata in forza-lavoro — cioè il fatto che il valore in essa sborsato si trasferisce interamente nel prodotto nella cui produzione viene consumato e non gradualmente e pezzo per pezzo, come per il capitale fisso, cosicchè esso debba anche essere interamente sostituito attraverso la vendita del prodotto — anche la parte di capitale sborsata in salario deve consistere materialmente non di forza-lavoro in azione, ma degli elementi materiali che il lavoratore acquista con il suo salario, dunque della parte del capitale-merce sociale che entra nel consumo del lavoratore, di mezzi di sussistenza. Il capitale fisso consta allora dei mezzi di lavoro che si deteriorano più lentamente e perciò sono da sostituire più lentamente, il capitale sborsato in forza-lavoro consta dei mezzi di sussistenza [che hanno una durata minore e sono perciò] da sostituire più rapidamente.

I confini tra la maggiore o minore deperibilità, tuttavia, si cancellano.

«Il nutrimento e il vestiario che il lavoratore consuma, l’edificio in cui lavora, gli strumenti che cooperano al suo lavoro, sono tutti di natura caduca. Ma sussiste una grande differenza nella durata di questi differenti capitali; una macchina a vapore durerà più a lungo di una nave, una nave più a lungo del vestiario del lavoratore, il vestiario del lavoratore, a sua volta, più a lungo del nutrimento che egli consuma»[27]

Tra quelle cose Ricardo dimentica la casa in cui il lavoratore abita, i suoi mobili, i suoi strumenti di consumo come coltelli, forchette, recipienti ecc., i quali possiedono tutti lo stesso carattere di durata dei mezzi di lavoro. Le medesime cose, le medesime classi di cose, compaiono qui come mezzi di consumo, là come mezzi di lavoro.

La distinzione, quale la esprime Ricardo, è la seguente: «Secondo che il capitale è rapidamente deperibile e ha bisogno di essere riprodotto spesso, ovvero che viene consumato lentamente, lo si classifica sotto la voce di capitale circolante o di capitale fisso»[28] .

Qui egli annota: «Una suddivisione non essenziale nella quale non si può neppure tracciare con esattezza la linea di separazione»[29] .

Così siamo felicemente ritornati ai fisiocratici, per i quali la distinzione tra avances annuelles e avances primitives era una distinzione nel tempo del consumo e perciò anche nei differenti tempi di riproduzione del capitale impiegato. Ma ciò che per essi esprime un fenomeno importante per la produzione sociale e nel Tableau économique e rappresentato anche in connessione con il processo di circolazione, diviene qui una distinzione soggettiva e, come dice lo stesso Ricardo, superflua

Quando la parte di capitale sborsata in lavoro si distingue dalla parte di capitale sborsata in mezzi di lavoro soltanto per il suo periodo di riproduzione e perciò per i suoi termini di circolazione, quando una parte consta di mezzi di sussistenza, e l’altra di mezzi di lavoro, cosicchè gli uni si distinguono dagli altri soltanto per una più rapida deperibilità, senza contare che anche i primi hanno gradi differenti di deperibilità, si cancella naturalmente ogni differentia specifica tra il capitale sborsato in forza-lavoro e quello sborsato in mezzi di produzione.

Ciò contraddice totalmente alla dottrina del valore di Ricardo; così come alla sua teoria del profitto, che, di fatto, è teoria del plusvalore. Egli esamina in generale la distinzione tra capitale fisso e circolante solo in quanto proporzioni differenti di essi, in capitali di pari grandezza, in differenti branche, influenzano la legge del valore, e precisamente esamina in quale misura un rialzo o una diminuzione del salario, a causa di queste circostanze, si riflette sui prezzi. Ma anche entro questa ristretta ricerca, in conseguenza della confusione tra capitale fisso e circolante e capitale costante e variabile egli incorre negli errori più gravi, e di fatto muove per l’indagine da una base interamente falsa. Dunque,

1) in quanto la parte di valore del capitale sborsata in forza-lavoro è da riportare nella categoria del capitale circolante, vengono sviluppate in maniera errata le determinazioni del capitale circolante stesso, e specialmente le circostanze che riportano in questa categoria la parte di capitale sborsata in lavoro.

2) Avviene una confusione tra la determinazione secondo la quale la parte di capitale sborsata in lavoro è variabile, e quella secondo la quale essa è circolante, in contrapposizione al capitale fisso.

É chiaro fin dal principio che la determinazione del capitale sborsato in forza-lavoro come circolante o fluido è una determinazione secondaria, in cui è cancellata la sua differentia specifica nel processo di produzione; perchè in questa determinazione, da un lato, i capitali sborsati in lavoro e quelli in materie prime sono equivalenti; una categoria che identifica una parte del capitale costante con il capitale variabile non ha nulla a che fare con la differentia specifica del capitale variabile in contrapposizione a quello costante. D’altro lato, le parti di capitale sborsate in lavoro e in mezzi di lavoro vengono bensì contrapposte l’una all’altra, ma senza alcun riferimento al fatto che entrano in modo del tutto differente nella produzione del valore, bensì con riferimento al fatto che da ambedue il valore dato viene trasferito nel prodotto, però in differenti spazi di tempo.

In tutti questi casi, si tratta del modo in cui un dato valore, che viene sborsato nel processo di produzione della merce, sia salario, prezzo della materia prima o prezzo del mezzo di lavoro, viene trasferito nel prodotto, perciò fatto circolare attraverso il prodotto e, attraverso la sua vendita, riportato al suo punto di partenza o sostituito. L’unica differenza consiste qui nel «come», nel modo particolare del trasferimento, perciò anche della circolazione di questo valore.

Che il prezzo della forza-lavoro, in ogni caso determinato in precedenza per contratto, venga pagato in denaro o in mezzi di sussistenza, non muta nulla al suo carattere, di essere un determinato prezzo dato. Ma nel salario pagato in denaro è evidente che non il denaro stesso entra nel processo di produzione, alla stessa maniera in cui non solo il valore ma anche la materia dei mezzi di produzione entra nel processo di produzione. Se invece i mezzi di sussistenza che il lavoratore acquista con il suo salario vengono collocati direttamente come figura materiale del capitale circolante in una sola categoria insieme con le materie prime ecc., e in contrapposizione ai mezzi di lavoro, ciò dà alla cosa tutto un altro aspetto. Se il valore di queste cose, dei mezzi di produzione, nel processo di lavoro viene trasferito nel prodotto, il valore di quelle altre cose, dei mezzi di sussistenza, ricompare nella forza-lavoro che li consuma, e attraverso l’attivarsi di essa viene parimenti trasferito nel prodotto. In tutto questo, si tratta ugualmente dei puro e semplice ricomparire nel prodotto dei valori anticipati durante la produzione. (I fisiocratici prendevano questo sul serio, e negavano perciò che il lavoro industriale produca plusvalore). Così nei passi già citati di Wayland: «In qualsiasi forma ricompaia il capitale... le differenti specie del nutrimento, del vestiario e dell’abitazione che sono necessarie per l’esistenza e il benessere dell’uomo, vengono anch’esse mutate. Esse vengono consumate nel corso del tempo, ed il loro valore ricompare, ecc.». (Elements of Political Economy, pp. 31, 32). I valori capitali anticipati alla produzione sotto forma di mezzi di produzione e di mezzi di sussistenza ricompaiono qui allo stesso modo nel valore del prodotto. Con ciò, quindi, è felicemente compiuta la trasformazione del processo capitalistico di produzione in un completo mistero, ed è interamente sottratta alla vista l’origine del plusvalore esistente nel prodotto.

Così si perfeziona inoltre il feticismo proprio dell’economia politica, che trasforma il carattere sociale, economico che viene impresso alle cose nel processo sociale di produzione, in un carattere naturale, che scaturisce dalla natura materiale di queste cose.

Ad esempio, mezzi di lavoro sono capitale fisso: una definizione scolastica che conduce a contraddizioni e confusione. Proprio come è stato dimostrato per il processo lavorativo (Libro I, cap. V) , che dipende interamente dalla parte che gli elementi oggettivi assolvono ogni volta in un determinato processo lavorativo, dalla loro funzione, se essi operino come mezzi di lavoro, come materiale di lavoro o come prodotto, esattamente allo stesso modo i mezzi di lavoro sorto capitale fisso soltanto là dove il processo di produzione è in generale processo capitalistico di produzione, e perciò i mezzi di produzione sono capitale in generale, possiedono la determinatezza economica, il carattere sociale di capitale; e, secondo, essi sono capitale fisso soltanto se trasferiscono in un modo particolare il loro valore nel prodotto. Diversamente, essi rimangono mezzi di lavoro, senza essere capitale fisso. Parimenti le materie ausiliarie, come il concime, se cedono valore nello stesso particolare modo della maggior parte dei mezzi di lavoro divengono capitale fisso, sebbene non siano mezzi di lavoro. Non si tratta qui di definizioni con le quali le cose vengono classificate. Si tratta di funzioni determinate, che vengono espresse in determinate categorie.

Se si considera proprietà spettante in ogni circostanza ai mezzi di sussistenza in sè e per sè l’essere capitale sborsato in salario, diviene carattere di questo capitale «circolante» anche «il mantenere il lavoro», «to support labour» (RICARDO, Principles ecc., p. 25). Se i mezzi di sussistenza non fossero «capitale», non manterrebbero dunque la forza-lavoro; mentre il loro carattere di capitale dà ad essi proprio la proprietà di mantenere il capitale per mezzo di lavoro estraneo.

Se i mezzi di sussistenza sono di per sè capitale circolante — dopo che questo è trasformato in salario — ne deriva inoltre che la grandezza del salario dipende dal rapporto tra il numero dei lavoratori e la massa data del capitale circolante — un prediletto assioma economico — mentre, di fatto, la massa dei mezzi di sussistenza che il lavoratore sottrae al mercato e la massa dei mezzi di sussistenza di cui il capitalista dispone per il proprio consumo dipendono dal rapporto tra il plusvalore e il prezzo del lavoro.

Ricardo come Barton29a scambia dovunque il rapporto tra il capitale variabile e quello costante con il rapporto tra il capitale circolante e quello fisso. Vedremo più tardi come ciò falsi la sua indagine sul saggio di profitto.

Ricardo mette poi sullo stesso piano le differenze, che scaturiscono nella rotazione da altri motivi che non dalla differenza tra capitale fisso e circolante, e quest’ultima differenza: «E’ da osservare inoltre che il capitale circolante può circolare o rifluire a colui che lo ha investito in spazi di tempo molto disuguali. Il grano acquistato da un fittavolo per la semina è un capitale fisso paragonato con il grano che un fornaio acquista per trasformarlo in pane. L’uno lo lascia nel terreno e soltanto dopo un anno può averne il riflusso, l’altro può ridurlo in farina e venderlo come pane ai suoi clienti, cosicchè entro una settimana ha nuovamente libero il suo capitale e può con esso ricominciare la stessa operazione o un’altra qualunque»[30]

Qui è caratteristico come il grano, sebbene in quanto grano da semina non serva da mezzo di sussistenza ma da materia prima, sia in primo luogo capitale circolante, perchè in sè è un mezzo di sussistenza, e in secondo luogo capitale fisso, perchè il suo riflusso dura oltre un anno. Ma non è soltanto il riflusso più lento o più veloce a far di un mezzo di produzione un capitale fisso, bensì il determinato modo di cessione del valore al prodotto.

La confusione causata da A. Smìth ha portato ai seguenti risultati:

1) La distinzione tra capitale fisso e circolante viene confusa con la distinzione tra capitale produttivo e capitale-merce. Così, ad esempio, la stessa macchina è capitale circolante se si trova sul mercato in quanto merce e capitale fisso se è incorporata nel processo d produzione. Qui non si comprende assolutamente per qual ragione una determinata specie di capitale debba essere più fissa o più circolante dell’altra.

2) Ogni capitale circolante viene identificato con il capitale sborsato o da sborsare in salario. Così, in J. St. Mill ed altri.

3) La distinzione tra capitale variabile e costante, che già in Barton, Ricardo ed altri viene confusa con quella tra circolante e fisso, viene infine ridotta interamente a quest’ultima, come ad esempio in Ramsay, per il quale tutti i mezzi di produzione, materie prime ecc., così come i mezzi di lavoro, sono capitale fisso, e soltanto il capitale sborsato in salario è capitale circolante. Ma poiché la riduzione avviene in questa forma, non si comprende la reale differenza tra capitale costante e capitale variabile.

Nei più recenti economisti inglesi, specialmente scozzesi, i quali considerano tutto dal punto di vista straordinariamente limitato del commesso di banca, come McLeod, Patterson e altri, la distinzione tra capitale fisso e circolante si trasforma in quella tra money at call e money not at call (denaro in deposito, che può essere ritirato senza preavviso, e denaro che può essere ritirato soltanto dopo preavviso).

NOTE


[25] «This difference in the degree of durability of fixed capital, and this variety in the proportions in which the two sorts of capital may be combined». RICARDO, Principles of Political Economy, p. 25.

[26] «The proportions, too, in which the capital that is to support labour, and the capital that is invested in tools, machinery, and buildings, may be varzously combined»j

[27] «The food and elothing consumed by the labourer, the buildings in which he Works the implements with which his labour is assisted, are all of a perishable nature. There is, however, a vast difference in the time for which these different capitals will endure; a steam-engine will last longer than a ship, a ship than the clothing of the labourer, and the clothing of the labourer longer than the food which he consumes». RICARDO, Principles ecc., p. 26.

[28] «According as capital i: rapidly perishable and requires to be frequently reproduced, or is of slow consumption, it is classed under the heads of circulating of fixed»

[29] «A division not essential, and in which the line of demarcation cannot be accurately drawn»,

29a Obgervation on the Circumstances which influence the Condition of the Labouring Classes of Society, Londra, 1817. Un passo che si riferisce a questo argomento è citato nel Libro I, p. 665, nota 79

[30] «It is also to be observed that the circulating capital may circulate, or be returned to its emploier, in very unequal time. The wheat bought by a farmer to sow is comparatively a fixed capital to the wheat purchased by a baker to make into loaves. The one leaves it in the ground, and can obtain no return for a year; the other can get it ground into flour, sell it as bread to his customer:, and have his capital free, to renew the same or commence any other empboyment in a week» (RICARDO, Prindples ecc., pp. 26-27).