IL CAPITALE LIBRO II SEZIONE II LA ROTAZIONE DEL CAPITALE CAPITOLO 8 CAPITALE FISSO E CAPITALE CIRCOLANTE I. LE DIFFERENZE DI FORMA. Si è visto, nel Libro I, cap. VI: che una parte del capitale costante mantiene la determinata forma d’uso con la quale entra nel processo di produzione, di fronte ai prodotti alla cui formazione contribuisce. Per un periodo più o meno lungo, dunque, in processi sempre ripetuti essa compie sempre di nuovo le stesse funzioni. Così ad esempio, stabilimenti, macchine ecc., in breve tutto ciò che riassumiamo sotto la denominazione di mezzi di lavoro. Questa parte del capitale costante cede valore al prodotto nella proporzione in cui perde, assieme al proprio valore d’uso, il proprio valore di scambio. Questa cessione di valore o questo trasferirsi del valore di tale mezzo di produzione nel prodotto alla cui formazione esso coopera, viene determinata mediante un calcolo di media; essa viene cioè misurata secondo la durata media della sua funzione, dall’istante in cui il mezzo di produzione entra nel processo di produzione, fino all’istante in cui esso è interamente consumato, estinto, e deve essere sostituito o riprodotto con un nuovo esemplare della stessa specie. La peculiarità di questa parte del capitale costante — dei veri e propri mezzi di lavoro — è dunque questa: Una parte del capitale è stata anticipata nella forma di capitale costante, cioè di mezzi di produzione, che operano ora come fattori del processo lavorativo finché perdura la forma d’uso autonoma con la quale essi entrano nel processo stesso. Il prodotto finito, dunque anche gli elementi formatori del prodotto in quanto sono stati trasformati in prodotto, viene espulso dal processo di produzione per passare come merce dalla sfera della produzione alla sfera della circolazione. Invece i mezzi di lavoro non abbandonano mai la sfera della produzione, una volta che siano entrati in essa. La loro funzione li lega strettamente ad essa. Una parte del valore-capitale anticipato è fissata in questa forma, determinata dalla funzione dei mezzi di lavoro nel processo produttivo. Con la funzione, e perciò con il consumo del mezzo di lavoro, una parte del suo valore trapassa nel prodotto, un’altra resta fissata nel mezzo di lavoro e per ciò nel processo di produzione. Il valore così fissato decresce costantemente fino a che il mezzo di lavoro è esaurito, e perciò anche il suo valore in un periodo più o meno lungo si è suddiviso in una massa di prodotti che provengono da una serie di processi lavorativi costantemente ripetuti. Ma finchè è ancora efficiente come mezzo di lavoro, e non deve cioè essere sostituito da un nuovo esemplare della stessa specie, rimane sempre fissato in esso valore-capitale costante, mentre un’altra parte del valore in esso originariamente fissato passa nel prodotto, e perciò circola come parte costitutiva della scorta di merce. Quanto più a lungo dura il mezzo di lavoro, quanto più lentamente si logora, tanto più a lungo il valore-capitale costante rimane fissato in questa forma d’uso. Ma qualunque sia il grado della sua durevolezza, la proporzione in cui esso cede valore sta sempre in rapporto inverso al suo tempo totale di funzione. Se di due macchine di pari valore una si logora in cinque anni, l’altra in dieci, la prima nello stesso spazio di tempo cede il doppio di valore della seconda. Questa parte del valore-capitale fissata nel mezzo di lavoro circola come ogni altra. Abbiamo visto in generale che l’intero valore-capitale si trova in una circolazione costante e perciò in questo senso ogni capitale è capitale circolante. Ma la circolazione della parte di capitale qui considerata è particolare. In primo luogo, essa non circola nella sua forma d’uso, ma soltanto il suo valore circola, e ciò fa gradatamente, un po’ alla volta, nella misura in cui da essa passa nel prodotto che circola come merce. Durante l’intera sua durata di funzione, una parte del suo valore rimane sempre fissata in essa, autonoma rispetto alle merci che essa serve a produrre. Per questa peculiarità questa parte del capitale costante acquista la forma di capitale fisso. Al contrario, tutte le altre parti costitutive materiali del capitale anticipato nel processo di produzione, in opposizione ad essa costituiscono: capitale circolante o fluido. Una parte dei mezzi di produzione — cioè quelle materie ausiliarie che vengono consumate dai mezzi di lavoro stessi durante la loro funzione, come il carbone dalla macchina a vapore; o che semplicemente contribuiscono al processo, come il gas illuminante ecc. — non entrano materialmente nel prodotto. Soltanto il loro valore costituisce una parte del valore del prodotto. Nella sua propria circolazione il prodotto fa circolare il loro valore. Questo essi hanno in comune con il capitale fisso. Ma in ogni processo lavorativo in cui entrano vengono consumati interamente e devono perciò essere interamente sostituiti, per ogni nuovo processo lavorativo, da nuovi esemplari della stessa specie. Nella loro funzione non conservano la loro forma d’uso autonoma. Durante la loro funzione neppure una parte del valore-capitale rimane fissata nella loro antica figura d’uso, nella loro forma naturale. La circostanza per cui questa parte delle materie ausiliarie non entra materialmente nel prodotto, ma entra soltanto, in base al suo valore, come parte di valore nel valore del prodotto, e il fatto ad essa connesso che la funzione di queste materie è strettamente legata entro la sfera della produzione, ha indotto erroneamente economisti come Ramsay (che insieme scambiano capitale fisso e capitale costante) ad applicare ad esse la categoria del capitale fisso. La parte dei mezzi di produzione che entra materialmente nel prodotto, cioè materie prime ecc., in tal modo acquista in parte forme con cui in seguito può entrare come bene di consumo nel consumo individuale. I veri e propri mezzi di lavoro, i depositari materiali del capitale fisso, vengono consumati solo produttivamente e non possono entrare nel consumo individuale perchè non entrano nel prodotto o nel valore d’uso che concorrono a formare, ma invece di fronte ad esso conservano la loro figura autonoma fino al loro completo logorio. Costituiscono un’eccezione i mezzi di trasporto. L’effetto utile cui essi danno origine durante la loro funzione produttiva, cioè durante la loro permanenza nella sfera della produzione, il cambiamento di luogo, entra contemporaneamente nel consumo individuale, ad esempio del viaggiatore. Egli paga quindi anche l’uso, come paga l’uso di altri mezzi di consumo. Si è visto che, ad esempio, nella fabbricazione chimica materie prime e materie ausiliarie si confondono le une con le altre. Così anche mezzi di lavoro e materie ausiliarie e materie prime. Così, ad esempio, nell’agricoltura, le materie aggiunte per le migliorie del suolo entrano in parte come parti costitutive del prodotto nel prodotto pianta. D’altra parte, il loro effetto è suddiviso per un periodo più lungo, ad esempio 4 o 5 anni. Una parte di esse entra perciò materialmente nel prodotto e insieme trasferisce il suo valore nel prodotto, mentre un’altra parte nella sua antica forma d’uso fissa anche il suo valore. Essa continua a esistere come mezzo di produzione e acquista perciò la forma di capitale fisso. Come bestiame da lavoro un bue è capitale fisso. Se viene mangiato non opera come mezzo di lavoro, quindi neppure come capitale fisso. L’elemento determinante che dà a una parte del valore-capitale sborsato in mezzi di produzione il carattere del capitale fisso, sta unicamente nel modo particolare con cui questo valore circola. Questo modo particolare della circolazione nasce dal modo particolare con cui il mezzo di lavoro cede il suo valore al prodotto, ossia si comporta da formatore di valore durante il processo di produzione. E questo stesso modo, a sua volta, nasce dalla specie particolare della funzione dei mezzi di lavoro nel processo lavorativo. Si sa che lo stesso valore d’uso, che come prodotto proviene da un processo lavorativo, entra nell’altro come mezzo di produzione. Soltanto la funzione di un prodotto come mezzo di lavoro nel processo di produzione fa di questo prodotto capitale fisso. Al contrario, in quanto esso stesso proviene da un processo, non è per nulla capitale fisso. Ad esempio, una macchina in quanto prodotto, rispettivamente merce del fabbricante di macchine, appartiene al suo capitale-merce. Capitale fisso essa diventa soltanto nelle mani del suo compratore, del capitalista che la impiega produttivamente. Poste uguali tutte le altre circostanze, il grado di fissità del mezzo di lavoro cresce con la sua durata. Da questa capacità di durata dipende infatti la grandezza della differenza tra il valore- capitale fissato in mezzi di lavoro e la parte di questa grandezza di valore che esso cede al prodotto in ripetuti processi lavorativi. Quanto più lentamente avviene questa cessione di valore — e ad ogni ripetizione dello stesso processo lavorativo dal mezzo di lavoro viene ceduto valore — tanto più grande il capitale fissato, tanto più grande la differenza tra il capitale impiegato nel processo di produzione e quello in esso consumato. Quando questa differenza è scomparsa, il mezzo dl lavoro ha finito di vivere, e con il suo valore d’uso ha perduto il suo valore. Esso ha cessato di essere depositario di valore. Poichè il mezzo di lavoro, come ogni altro depositario materiale di capitale costante, cede valore al prodotto solo nella misura in cui insieme al suo valore d’uso perde il suo valore, è chiaro che quanto più lentamente va perduto il suo valore d’uso, quanto più a lungo esso perdura nel processo di produzione, tanto più lungo è il periodo in cui esso rimane fissato valore-capitale costante. Se un mezzo di produzione che non sia mezzo di lavoro in senso vero e proprio, ad esempio materie ausiliarie, materie prime, semilavorati ecc., quanto alla cessione di valore, e perciò al modo di circolazione del suo valore, si comporta come i mezzi di lavoro, è parimenti depositano materiale, forma di esistenza di capitale fisso. Ciò avviene per quelle già menzionate migliorie del terreno, che aggiungono al terreno parti costitutive chimiche il cui effetto si prolunga per parecchi periodi di produzione o anni. Qui una parte del valore continua ancora ad esistere accanto al prodotto nella sua figura autonoma, o in figura di capitale fisso, mentre un’altra parte di valore è ceduta al prodotto e perciò circola con esso. In questo caso entra nel prodotto non soltanto una parte di valore del capitale fisso, ma anche il valore d’uso, la sostanza in cui questa parte di valore esiste. Prescindendo dall’errore fondamentale — scambio delle categorie: capitale fisso e circolante, con le categorie: capitale costante e variabile — presso gli economisti la confusione nella definizione data sin qui poggia anzitutto sui seguenti punti. Determinate proprietà, che appartengono materialmente ai mezzi di lavoro, vengono direttamente attribuite al capitale fisso, ad esempio la immobilità fisica, poniamo, di una casa. Ma è sempre facile dimostrare che altri mezzi di lavoro, che in quanto tali sono anche capitale fisso, hanno l’opposta proprietà, ad esempio, la mobilità fisica, poniamo, di una nave. Ovvero, si scambia la determinazione economica di forma, che deriva dalla circolazione del valore, con una proprietà oggettiva; come se oggetti che in sè non sono affatto capitale ma lo diventano soltanto in determinati rapporti sociali potessero già in sè e per natura essere capitale in una forma determinata, fissa o circolante. Abbiamo visto, Libro I, cap. V, che in ogni processo lavorativo, quali che siano le condizioni sociali in cui esso avviene, i mezzi di produzione si dividono in mezzi di lavoro e oggetto di lavoro. Ma soltanto entro il modo capitalistico di produzione ambedue diventano capitale, e cioè «capitale produttivo» quale è definito nella sezione precedente. Con ciò la differenza tra mezzi di lavoro e oggetto di lavoro, fondata sulla natura del processo lavorativo, si rispecchia nella nuova forma della differenza tra capitale fisso e capitale circolante. Solo così una cosa che opera come mezzo di lavoro diviene capitale fisso. Se, per le sue proprietà materiali, può servire anche in altre funzioni oltre quelle di mezzo di lavoro, è capitale fisso o no a seconda della diversità della sua funzione. Il bestiame è capitale fisso in quanto bestiame da lavoro; in quanto bestiame da ingrasso, è materia prima che infine entra come prodotto nella circolazione, quindi non capitale fisso ma circolante. Il semplice prolungato fissarsi di un mezzo di produzione in ripetuti processi lavorativi, i quali siano però in connessione continua, e costituiscano perciò un periodo di produzione — cioè il tempo complessivo di produzione che è necessario per ultimare il prodotto — esige, esattamente come il capitale fisso, un anticipo più o meno lungo per il capitalista, ma non fa del suo capitale un capitale fisso. Ad esempio la semenza non è capitale fisso ma soltanto materia prima, che è fissata nel processo di produzione per circa un anno. Ogni capitale fino a che opera come capitale produttivo è fissato nel processo di produzione, quindi sono fissati nel processo di produzione anche tutti gli elementi del capitale produttivo, qualunque sia la loro figura materiale, la loro funzione e il modo di circolazione del loro valore. La durata maggiore o minore, dipendente dal tipo del processo di produzione o dall’effetto utile perseguito, di questo fissarsi, non produce la differenza tra capitale fisso e circolante[20] . Una parte dei mezzi di lavoro, in cui sono incluse le condizioni generali di lavoro, o viene fermata localmente non appena entra come mezzo di lavoro nel processo di produzione, rispettivamente viene approntata per la funzione produttiva, come ad esempio macchine; ovvero, viene prodotta fin dal principio in questa forma statica, vincolata al luogo, come ad esempio migliorie del suolo, edifici per fabbriche, altiforni, canali, strade ferrate, ecc. Il permanente esser vincolato del mezzo di lavoro al processo di produzione dentro il quale deve operare, è qui determinato insieme dal suo modo sensibile di esistenza. D’altra parte, un mezzo di lavoro può di continuo mutare fisicamente di luogo, muoversi, e nondimeno trovarsi di continuo nel processo di produzione, come una locomotiva, una nave, bestiame da lavoro, ecc. Ma né, nell’un caso, l’immobilità gli dà il carattere di capitale fisso, né, nell’altro, la mobilità gli toglie questo carattere. Tuttavia, la circostanza per cui mezzi di lavoro sono fissati localmente e con le loro radici sono attaccati saldamente al la terra e al suolo, conferisce a questa parte del capitale fisso una funzione propria nell’economia delle nazioni. Essi non possono essere spediti all’estero, non possono circolare come merci sul mercato mondiale. I titoli di proprietà su questo capitale fisso possono cambiare, esso può essere comprato o venduto, e, in questo senso, circolare idealmente. Questi titoli di proprietà possono perfino circolare su mercati esteri, ad esempio nella forma di azioni. Ma, per il cambiamento delle persone che sono i proprietari di questa specie di capitale fisso, non cambia il rapporto della parte statica della ricchezza fissata materialmente in un paese, con la parte mobile della stessa ricchezza[21]. La particolare circolazione del capitale fisso produce una rotazione particolare. La parte di valore che esso perde nella sua forma naturale a causa del logorio, circola come parte di valore del prodotto. Con la sua circolazione, il prodotto si trasforma da merce in denaro, e così pure la parte di valore del mezzo di lavoro fatta circolare dal prodotto; e precisamente il suo valore gocciola come denaro dal processo di produzione, nella stessa proporzione in cui questo mezzo di lavoro, nel processo di produzione, cessa di essere depositano di valori. Il suo valore acquista dunque ora una doppia esistenza. Una parte di esso resta vincolata alla sua forma d’uso o forma naturale appartenente al processo di produzione, un’altra parte si separa da questa come denaro. Nel corso della sua funzione, la parte di valore del mezzo di lavoro esistente nella forma naturale decresce costantemente, mentre la sua parte di valore convertita in forma di denaro cresce costantemente, fino a che esso cessa di vivere e tutto il suo valore, separato dal suo cadavere, è trasformato in denaro. Qui si mostra la particolarità della rotazione di questo elemento del capitale produttivo. La trasformazione in denaro del suo valore procede di pari passo con l’incrisalidarsi in denaro della merce che è sua depositaria di valore. Ma la sua ritrasformazione della forma di denaro in forma d’uso si separa dalla ritrasformazione della merce nei suoi altri elementi di produzione, ed è determinata piuttosto dal suo proprio periodo di riproduzione, cioè dal tempo durante il quale il mezzo di lavoro si consuma e deve essere sostituito da un altro esemplare della stessa specie. Se la durata di funzione di una macchina del valore, supponiamo, di 2.400.000 €, ammonta ad esempio a 10 anni, il tempo di rotazione del valore originariamente in essa anticipato ammonta a 10 anni. Prima che sia trascorso questo tempo, essa non è da rinnovare ma continua ad operare nella sua forma naturale. Il suo valore circola intanto a frammenti come parte di valore delle merci, alla cui continuativa produzione essa serve, e così gradatamente viene convertito in denaro, finchè al termine dei 10 anni è stato infine trasformato interamente in denaro e da denaro ritrasformato in una macchina, dunque ha compiuto la sua rotazione. Fino al sopravvenire di questo momento di riproduzione, il suo valore viene dapprima accumulato gradatamente nella forma di un fondo monetario di riserva. I restanti elementi del capitale produttivo consistono parte negli elementi del capitale costante esistenti in materie ausiliarie e materie prime, e parte in capitale variabile sborsato in forza-lavoro. L’analisi del processo lavorativo e di valorizzazione (Libro I, cap. V) ha mostrato che questi differenti elementi si comportano in modo del tutto differente come formatori di prodotti e come formatori di valore. Il valore della parte del capitale costante che consiste in materie ausiliarie e materie prime — proprio come il valore della sua parte che consiste in mezzi di lavoro — riappare nel valore del prodotto come valore soltanto trasferito, mentre la forza-lavoro mediante il processo lavorativo aggiunge al prodotto un equivalente del proprio valore, ossia riproduce realmente il proprio valore. In oltre: una parte delle materie ausiliarie, carbone combustibile, gas illuminante ecc., viene consumata nel processo lavorativo senza entrare materialmente nel prodotto, mentre un’altra parte di esse entra fisicamente nel prodotto e costituisce il materiale della sua sostanza. Tutte queste differenze sono però irrilevanti per la circolazione e perciò per il modo di rotazione. Materie ausiliarie e materie prime, in quanto vengono consumate per intero nella formazione del loro prodotto, trasferiscono l’intero loro valore nel prodotto. Questo valore, perciò, viene anche fatto circolare interamente con il prodotto, si trasforma in denaro e da denaro si ritrasforma negli elementi di produzione della merce. La sua rotazione non viene interrotta come quella del capitale fisso, ma percorre permanentemente l’intero ciclo delle sue forme, cosicchè questi elementi del capitale produttivo vengono costantemente rinnovati in natura. Quanto alla parte costitutiva variabile del capitale produttivo sborsata in forza-lavoro: la forza-lavoro viene comperata per un determinato lasso di tempo. Quando il capitalista l’ha comperata e incorporata nel processo di produzione, essa forma una parte costitutiva del suo capitale, e precisamente la sua parte costitutiva variabile. Essa opera quotidianamente durante uno spazio di tempo nel quale aggiunge al prodotto non soltanto l’intero suo valore giornaliero ma ancora un plusvalore eccedente, di cui qui, per ora, non teniamo conto. Dopo che la forza-lavoro è stata comperata ed ha operato, ad esempio per una settimana, l’acquisto dev’essere costantemente rinnovato nei termini consueti. L’equivalente del suo valore, che la forza-lavoro aggiunge al prodotto durante la sua funzione e che con la circolazione del prodotto viene trasformato in denaro, deve costantemente essere ritrasformato da denaro in forza-lavoro, ossia descrivere costantemente il ciclo completo delle sue forme, cioè ruotare, affinchè il ciclo della produzione continuativa non venga interrotto. La parte di valore del capitale produttivo anticipata in forza-lavoro passa dunque interamente nel prodotto (continuiamo a prescindere qui dal plusvalore), compie con esso ambedue le metamorfosi appartenenti alla sfera della circolazione e mediante questo costante rinnovo rimane sempre incorporata nel processo di produzione. Sebbene per il resto, dunque, la forza-lavoro si comporti, nella formazione di valore, diversamente dalle parti costitutive del capitale costante che non costituiscono capitale fisso, ha in comune con esse questo modo della rotazione del suo valore, contrariamente al capitale fisso. Queste parti costitutive. del capitale produttivo — le sue parti di valore sborsate in forza-lavoro e in mezzi di produzione che non costituiscono capitale fisso — per questo loro carattere comune della rotazione stanno dunque di fronte al capitale fisso come capitale circolante o fluido. Come si è visto in precedenza, il denaro che il capitalista paga al lavoratore per l’uso della forza-lavoro è, di fatto, soltanto la forma generale di equivalente per i mezzi di sussistenza necessari al lavoratore. In questo senso, il capitale variabile consta materialmente di mezzi di sussistenza. Ma qui, considerando la rotazione, si tratta della forma. Ciò che il capitalista compra non sono i mezzi di sussistenza del lavoratore, ma la sua stessa forza-lavoro. Ciò che costituisce la parte variabile del suo capitale non sono i mezzi di sussistenza del lavoratore, ma la sua forza-lavoro in azione. Ciò che il capitalista consuma produttivamente nel processo lavorativo è la stessa forza-lavoro e non i mezzi di sussistenza del lavoratore. È il lavoratore stesso a convertire in mezzi di sussistenza il denaro ricevuto per la sua forza-lavoro, per ritrasformarli in forza-lavoro, per mantenersi in vita, proprio come, ad esempio, il capitalista converte in mezzi di sussistenza per se stesso una parte del plusvalore della merce che egli vende per denaro, senza che si possa per ciò dire che il compratore della sua merce lo paghi in mezzi di sussistenza. Anche se al lavoratore una parte del suo salario viene pagata in mezzi di sussistenza, in natura, questa è oggigiorno una seconda operazione. Egli vende la sua forza-lavoro per un determinato prezzo, e al riguardo ci si accorda che egli riceva una parte di questo prezzo in mezzi di sussistenza. Ciò muta soltanto la forma del pagamento, ma non il fatto che ciò che egli vende realmente è la sua forza-lavoro. E una seconda operazione che avviene non più tra lavoratore e capitalista, ma tra il lavoratore come compratore di merce e il capitalista come venditore di merce; mentre nella prima operazione il lavoratore è venditore di merce (la sua forza-lavoro) e il capitalista ne è il compratore. È proprio come se il capitalista facesse sostituire la sua merce con merce, ad esempio, se facesse sostituire con ferro la macchina che egli vende alla ferriera. Non sono dunque i mezzi di sussistenza del lavoratore ad acquistare la caratteristica di capitale circolante in opposizione a capitale fisso. Non lo è neppure la sua forza-lavoro, ma è la parte di valore del capitale produttivo in essa sborsato, la quale per la forma della sua rotazione acquista questo carattere in comune con alcune, e in opposizione con altre parti costitutive della parte costante di capitale. Il valore del capitale circolante — in forza-lavoro e mezzi di produzione — è anticipato soltanto per il tempo durante il quale il prodotto viene ultimato, a seconda della scala della produzione che è determinata dal volume del capitale fisso. Questo valore entra per intero nel prodotto, quindi mediante la vendita del prodotto ritorna per intero dalla circolazione e può essere nuovamente anticipato. La forza-lavoro e i mezzi di produzione, nei quali consiste la parte costitutiva circolante del capitale, vengono sottratti alla circolazione nella misura che è necessaria per la formazione e la vendita del prodotto finito, ma devono costantemente, mediante la ricompera, mediante la ritrasformazione dalla forma di denaro negli elementi della produzione, essere sostituiti e rinnovati. Essi vengono sottratti d’un colpo al mercato in masse più piccole che non gli elementi del capitale fisso, ma devono tanto più di frequente essergli nuovamente sottratti, e l’anticipo del capitale in essi sborsato si rinnova in periodi più brevi. Questo rinnovo costante è mediato dal costante scambio del prodotto, che fa circolare il loro valore totale. Essi descrivono infine permanentemente l’intero ciclo delle metamorfosi, non soltanto secondo il loro valore ma anche nella loro forma materiale; vengono costantemente ritrasformati da merce negli elementi di produzione della stessa merce. Insieme al suo proprio valore, la forza-lavoro aggiunge costantemente al prodotto plusvalore, incarnazione di lavoro non pagato. Questo dunque viene fatto circolare dal prodotto finito e trasformato in denaro altrettanto costantemente quanto gli altri elementi del suo valore. Nondimeno qui, dove si tratta per il momento della rotazione del valore-capitale e non del plusvalore che ruota con temporaneamente ad esso, si prescinderà per ora da quest’ultimo. Da quanto precede, risulta: 1. Le determinazioni di forma di capitale fisso e circolante scaturiscono soltanto dalla differente rotazione del valore-capitale che opera nel processo di produzione, ossia del capitale produttivo. Questa differenza della rotazione scaturisce a sua volta dal differente modo con cui le differenti parti costitutive del capitale produttivo trasferiscono il loro valore nel prodotto, ma non dalla loro differente partecipazione alla produzione del valore del prodotto o dal loro caratteristico comportamento nel processo di valorizzazione. La differenza nella cessione del valore al prodotto, infine — e perciò anche il differente modo con cui questo valore vien fatto circolare per mezzo del prodotto, e, mediante le metamorfosi di questo, viene rinnovato nella sua originaria forma naturale — scaturisce dalla differenza delle forme materiali nelle quali esiste il capitale produttivo, e di cui una parte viene consumata per intero durar la formazione del singolo prodotto, un’altra viene consumata solo gradatamente. Soltanto il capitale produttivo, quindi, può scindersi in capitale fisso e circolante. Invece questa contrapposizione non esiste per ambedue gli altri modi di essere del capitale industriale, non esiste cioè né per il capitale-merce né per il capitale monetario, né come Contrapposizione fra questi due e il capitale produttivo. Essa esiste soltanto per il capitale produttivo e all’interno dello stesso. Per quanto capitale monetario e capitale-merce operino come capitale, e per quanto circolino fluidamente, possono diventare capitale circolante in contrapposizione con quello fisso soltanto quando si siano trasformati in parti costitutive circolanti del capitale produttivo. Ma Poichè ambedue queste forme del capitale dimorano nella sfera della circolazione, fin da A. Smith, come vedremo, l’economia si è lasciata fuorviare fino a metterle in un sol fascio con la parte circolante del capitale produttivo, sotto la categoria di capitale circolante. Di fatto, essi sono capitale di circolazione, in contrapposizione a capitale produttivo, ma non sono capitale circolante in contrapposizione a capitale fisso. 2. La rotazione della parte costitutiva fissa del capitale, dunque anche il tempo di rotazione a ciò necessario, abbraccia parecchie rotazioni delle parti costitutive circolanti del capitale. Nello stesso tempo in cui il capitale fisso compie una rotazione, il capitale circolante ne compie parecchie. Quella parte costitutiva di valore del capitale produttivo acquista la determinazione di forma di capitale fisso solo in quanto il mezzo di produzione nel quale essa esiste non viene consumato nello spazio di tempo in cui il prodotto viene ultimato e espulso come merce dal processo di produzione. Una parte del suo valore deve rimanere vincolata alla vecchia perdurante, forma d’uso, mentre un’altra viene fatta circolare dal prodotto finito, la cui circolazione, a sua volta, fa circolare contemporaneamente il valore complessivo delle parti costitutive circolanti del capitale. 3. La parte di valore del capitale produttivo sborsata in capitale fisso è stata interamente anticipata in una sola volta, per l’intera durata di funzione di quella parte dei mezzi di produzione in cui consiste il capitale fisso. Questo valore viene dunque gettato dal capitalista nella circolazione in una sola volta; ma viene nuovamente sottratto alla circolazione solo a poco a poco e gradatamente, mediante il realizzo delle parti di valore che il capitale fisso aggiunge poco a poco alle merci. D’altra parte: gli stessi mezzi di produzione nei quali viene fissata una parte costitutiva del capitale produttivo, vengono sottratti alla circolazione in una sola volta per essere incorporati nel processo di produzione per la loro intera durata di funzione, ma per questo stesso tempo essi non hanno bisogno di essere sostituiti da nuovi esemplari della stessa specie, non hanno bisogno della riproduzione. Per un tempo più o meno lungo essi continuano a contribuire alla formazione delle merci gettate nella circolazione, senza sottrarre essi stessi alla circolazione gli elementi del loro proprio rinnovo. Durante questo tempo, dunque, a loro volta, essi non esigono neppure il rinnovo dell’anticipo da parte del capitalista. Infine: il valore-capitale sborsato in capitale fisso percorre il ciclo delle sue forme, durante il tempo di funzione dei mezzi di produzione nei quali esso esiste, non materialmente ma soltanto con il suo valore, e anche questo solo in parte e gradatamente. Cioè, una parte del suo valore viene fatta permanentemente circolare come parte di valore della merce e trasformata in denaro, senza ritrasformarsi da denaro nella sua originaria forma naturale. Questa ritrasformazione del denaro nella forma naturale del mezzo di produzione avviene soltanto alla fine del suo periodo di funzione, quando il mezzo di produzione è completamente consumato. 4. Gli elementi del capitale circolante sono fissati nel processo di produzione — affinché questo sia continuo — altrettanto costantemente che gli elementi del capitale fisso. Ma gli elementi così fissati del primo vengono costantemente rinnovati in natura (i mezzi di produzione mediante nuovi esemplari della stessa specie, la forza-lavoro mediante un acquisto sempre rinnovato); mentre, quanto agli elementi del capitale fisso, durante il tempo della loro durata né essi stessi vengono rinnovati né è da rinnovare il loro acquisto. Nel processo di produzione si trovano costantemente materie prime e materie ausiliarie, ma sempre nuovi esemplari della stessa specie, dopo che i vecchi sono stati consumati nella formazione del prodotto finito. Nel processo di produzione si trova altrettanto costantemente forza-lavoro, ma solo per mezzo di un costante rinnovo del suo acquisto, e spesso con cambio delle persone. Invece, gli stessi identici fabbricati, macchine ecc. continuano a adempiere la loro funzione negli stessi ripetuti processi di produzione, durante ripetute rotazioni del capitale circolante. II. ELEMENTI, SOSTITUZIONE, RIPARAZIONE, ACCUMULAZIONE DEL CAPITALE FISSO. Nello stesso investimento di capitale i singoli elementi del capitale fisso hanno differente durata, perciò hanno anche differenti tempi di rotazione. In una ferrovia, ad esempio, rotaie, traverse, lavori di sterro, edifici di stazioni, ponti, tunnel, locomotive e vagoni hanno differente durata di funzione e tempo di riproduzione, perciò anche il capitale anticipato in essi ha differenti tempi di rotazione. Per una lunga serie di anni, gli edifici, marciapiedi, serbatoi d’acqua, viadotti, tunnel, lavori di scavo e argini, insomma tutto ciò che nelle ferrovie inglesi è definito works of art (opere d’arte), non hanno bisogno di rinnovamento. Soggetti al logorio sono soprattutto i binari e il materiale da trasporto (rolling stock). In origine, alla fondazione delle moderne ferrovie, era opinione predominante, alimentata dai più eccellenti ingegneri pratici, che la durata di una ferrovia sarebbe stata secolare e il logorio delle rotaie talmente trascurabile da non doverlo prendere in considerazione a tutti i fini finanziari e pratici; 100 -150 anni furono considerati il tempo di vita di buone rotaie. Ma presto risultò che la durata di una rotaia, che naturalmente dipende dalla velocità delle locomotive, dal peso e dal numero dei treni, dallo spessore delle rotaie stesse e da una massa di altre circostanze accessorie, non oltrepassava in media i 20 anni. In singole stazioni, centri di grande traffico, le rotaie si logorano perfino ogni anno. Verso il 1867 si incominciò ad introdurre rotaie d’acciaio, che costavano circa il doppio delle rotaie di ferro ma in compenso duravano più del doppio. La durata delle traverse di legno era di 12-15 anni. Quanto al materiale rotabile, risultò un logorio notevolmente maggiore per i carri merci che non per i vagoni per viaggiatori. La durata di una locomotiva venne calcolata, nel 1867, a 10-12 anni. Il logorio è dovuto in primo luogo all’uso stesso. In generale, le rotaie si logorano in proporzione al numero dei treni. (R. C. n. 17.645)[22]. A velocità accresciuta il logorio è aumentato in proporzione superiore al quadrato della velocità; cioè, a velocità raddoppiata dei treni il logorio è cresciuto più del quadruplo. (R. C. n. 17.046). Un ulteriore logorio interviene per l’azione di forze naturali. Così le traverse non patiscono soltanto per il logorio vero e proprio, ma anche per l’imputridimento. «Le spese di manutenzione della ferrovia non dipendono tanto dal logorio che il traffico ferroviario porta con sè, quanto dalla qualità del legno, del ferro e delle opere in muratura, che sono esposti all’azione dell’atmosfera. Un solo mese invernale rigido farà più danno all’impianto ferroviario che non un anno intero di traffico ferroviario». (R. P. WILLIAMS, On the Maintenance of Permanent Way, Conferenza all’Institute of Civil Engineers, autunno 1867). Infine, come dappertutto nella grande industria, anche qui il logorio morale ha la sua parte: trascorsi 10 anni, di solito si può acquistare per 30.000 Lst. la stessa quantità di vagoni e locomotive che prima ne costava 40.000. Si deve calcolare così per questo materiale un deprezzamento del 25% del prezzo di mercato, anche se non avviene nessun deprezzamento del valore d’uso. (LARDNER, Railway Economy). «I ponti tubolari non saranno rinnovati nella loro forma attuale». (Perchè oggi per questi ponti si hanno forme migliori). «Le consuete riparazioni, asportazione e sostituzione di singoli pezzi non debbono esservi effettuate». (W. P. ADAMS, Roads and Rails, Londra, 1862). I mezzi di lavoro in gran parte vengono costantemente rivoluzionati dal progresso dell’industria. Perciò non vengono sostituiti nella loro forma originaria ma nella forma rivoluzionata. Da un lato, la massa del capitale fisso, che è investita in una determinata forma naturale e sotto questa forma deve avere una determinata durata media, costituisce un motivo per cui solo gradatamente vengono introdotte nuove macchine, ecc., e perciò un ostacolo contro la rapida introduzione generale dei mezzi di lavoro perfezionati. D’altro lato, la lotta di concorrenza, specialmente nel caso di rivoluzioni decisive, costringe a sostituire con i nuovi i vecchi mezzi di lavoro, prima della loro estinzione naturale. Sono principalmente catastrofi, crisi a imporre tale rinnovo dell’attrezzatura su larga scala sociale. Il logorio (prescindendo da quello morale) è la parte di valore che il capitale fisso, mediante il suo consumo, cede gradatamente al prodotto, nella misura media con cui perde il suo valore d’uso. In parte questo consumo è tale che il capitale fisso ha una certa durata media; esso viene per questo anticipato interamente; trascorso tale tempo, dev’essere interamente sostituito. Per i mezzi di lavoro viventi, ad esempio cavalli, il tempo di riproduzione è prescritto dalla natura stessa. Il loro tempo medio di vita come mezzi di lavoro è determinato da leggi di natura. Trascorso questo termine, gli esemplari logorati devono essere sostituiti da nuovi. Un cavallo non può essere sostituito pezzo per pezzo, ma solo da un altro cavallo. Altri elementi del capitale fisso consentono un rinnovo periodico o parziale. Qui la sostituzione parziale o periodica è da distinguere dal graduale ampliamento dell’impresa. Il capitale fisso consta, in parte di elementi omogenei, che però non hanno uguale durata ma devono essere rinnovati pezzo per pezzo, in differenti spazi di tempo. Così le rotaie nelle stazioni, che devono essere sostituite più spesso che non nel restante impianto ferroviario. Parimenti le traverse, delle quali, secondo Lardner, nelle ferrovie belghe veniva rinnovato annualmente l’8%, così che nel corso di 12 anni (Lardner dice: circa l’8%; per l’8% esatto, si dovrebbe dire qui: 12 anni e 1/2.) veniva rinnovata la totalità delle traverse. Le cose stanno qui dunque nei seguenti termini: una somma viene anticipata ad esempio per 10 anni in una determinata specie di capitale fisso. Questo esborso viene fatto in una sola volta. Ma una determinata parte di questo capitale fisso, il cui valore è entrato nel valore del prodotto e con questo è stato convertito in denaro, viene sostituita ogni anno in natura, mentre l’altra parte continua ad esistere nella sua originaria forma naturale. L’esborso fatto in una sola volta e la riproduzione in forma naturale compiuta solo a poco a poco distinguono questo capitale come fisso dal capitale circolante. Altre parti del capitale fisso constano di elementi disuguali, che si consumano, e perciò debbono essere sostituiti, in spazi di tempo disuguali. Ciò avviene specialmente nelle macchine. Ciò che abbiamo or ora osservato rispetto alla diversa durata delle diverse parti costitutive di un capitale fisso, vale qui rispetto alla durata di differenti parti costitutive di una stessa macchina, che figura come una parte di questo capitale fisso. Quanto al graduale ampliamento dell’impresa nel corso del rinnovo parziale, osserviamo quanto segue. Sebbene, come abbiamo visto, il capitale fisso continui ad operare in natura nel processo di produzione, una parte del suo valore, a seconda del logorio medio, ha circolato insieme al prodotto, è stata trasformata in denaro, costituisce elemento del fondo monetario di riserva destinato alla sostituzione del capitale alla scadenza del termine della sua riproduzione in natura. Questa parte del capitale fisso così trasformata in denaro può servire ad ampliare l’impresa o ad apportare alle macchine miglioramenti che aumentino la loro efficienza. In periodi più o meno lunghi si compie così una riproduzione, e precisamente — considerata dal punto di vista della società — una riproduzione su scala allargata; estensivamente, se è ampliato il campo di produzione, intensivamente, se viene reso più efficiente il mezzo di produzione. Questa riproduzione su scala allargata non scaturisce da accumulazione — trasformazione di plusvalore in capitale — ma da ritrasformazione del valore che si è separato, staccato in forma di denaro dal corpo del capitale fisso, in nuovo capitale fisso della stessa specie, sia addizionale sia più efficiente. Naturalmente, dipende in parte dalla specifica natura dell’impresa quanto ed in quali dimensioni essa sia capace di tale graduale accrescimento, quindi anche in quali dimensioni debba essere raccolto un fondo di riserva per poter essere nuovamente investito in questo modo, ed in quali spazi di tempo ciò possa avvenire. D’altra parte, in qual misura debbano essere apportati al macchinario presente miglioramenti di dettaglio, dipende naturalmente dalla natura dei miglioramenti e dalla costruzione della macchina stessa. Ma quanto questo punto venga tenuto presente fin dal principio, ad esempio negli impianti ferroviari, Io di mostra Adams: «Tutta la costruzione dovrebbe essere regolata secondo il principio che domina nell’alveare: capacità di ampliamento illimitato. Tutte le strutture ultrasolide e fin dal principio simmetriche sono un danno, in caso di ampliamento devono essere abbattute» (p. 123). Ciò dipende in gran parte dallo spazio disponibile. In alcuni edifici si possono aggiungere piani in altezza, in altri è necessario un ampliamento laterale, dunque più terreno. Entro la produzione capitalistica, da un lato vengono sprecati molti mezzi, d’altro lato nel graduale ampliamento dell’impresa avviene spesso un siffatto ampliamento collaterale inopportuno (in parte, con danno della forza-lavoro), perchè nulla avviene secondo un piano sociale, ma dipende dalle circostanze e mezzi infinitamente differenti ecc., con cui il capitalista agisce. Da ciò deriva un grande spreco delle forze produttive. Questo reinvestimento frazionato del fondo monetario di riserva (cioè della parte del capitale fisso ritrasformata in denaro) è soprattutto facile nell’agricoltura. Un campo di produzione di un dato spazio è capace qui del più grande assorbimento graduale di capitale. Lo stesso avviene là dove c’è riproduzione naturale, come nell’allevamento del bestiame. Il capitale fisso causa particolari costi di conservazione. Una parte della conservazione viene effettuata attraverso lo stesso processo lavorativo; il capitale fisso si deteriora se non opera nel processo di lavoro. (Vedi Libro I, cap. VI, p. 215 e cap. XIII, p. 424: usura della macchina, che deriva dal rimanere non adoperata). Perciò la legge inglese considera espressamente come danneggiamento (waste) il fatto che appezzamenti di terreno presi in affitto non vengano coltivati secondo l’uso del paese. (W. A. HOLDSWORTH, Barrister at Law (legale), The Law of Landiord and Tenant, Londra, 1857, p. 96). Questa conservazione che proviene dall’uso nel processo lavorativo è un gratuito dono naturale del lavoro vivente. E precisamente, la capacità conservatrice del lavoro è di duplice specie. Da un lato, essa conserva il valore dei materiali di lavoro, trasferendolo nel prodotto, dall’altro, conserva il valore dei mezzi di lavoro, conservando il loro valore d’uso con la sua azione nel processo di produzione, nella misura in cui non trasferisce anche quei valore nel prodotto. Ma il capitale fisso esige anche un dispendio reale di lavoro per la sua manutenzione. Di tempo in tempo, il macchinario dev’essere pulito. Si tratta qui di lavoro addizionale, senza il quale esso non è più usabile; di semplice difesa contro dannosi influssi naturali, che sono inseparabili dal processo di produzione, cioè di conservazione in stato di efficienza, nel senso più letterale. La durata normale del capitale fisso è calcolata naturalmente nell’ipotesi che vengano adempiute le condizioni nelle quali esso durante questo tempo può essere normalmente in funzione, così come si presuppone che se un uomo vive in media 30 anni egli debba anche lavarsi. Qui non si tratta neppure della sostituzione del lavoro contenuto nella macchina, ma di lavoro addizionale costante, che il suo uso rende necessario. Non si tratta di lavoro che la macchina compie ma che su di essa viene compiuto, nel quale essa non è agente di produzione ma materia prima. Il capitale sborsato in questo lavoro, sebbene non entri nel vero e proprio processo lavorativo cui il prodotto deve la sua origine, appartiene al capitale circolante. Questo lavoro dev’essere speso costantemente nella produzione, quindi anche il suo valore dev’essere costantemente sostituito mediante il valore del prodotto. Il capitale in esso sborsato appartiene alla parte del capitale circolante che deve coprire le spese generali, ed è da ripartire sul prodotto-valore secondo un computo medio annuo. Abbiamo visto che nell’industria vera e propria questo lavoro di pulizia è fornito gratuitamente dagli operai nelle pause del lavoro, e appunto per questo avviene spesso anche durante il processo di produzione, dove diventa la fonte della maggior parte degli infortuni. Questo lavoro non conta nel prezzo del prodotto. Perciò il consumatore lo riceve gratuitamente. D’altro lato, il capitalista risparmia così le spese di conservazione della sua macchina. L’operaio paga di persona, e questo è uno dei misteri dell’autoconservazione del capitale, che costituiscono realmente un diritto giuridico dell’operaio sul macchinario, e, perfino dal punto di vista borghese del diritto, fanno dell’operaio un comproprietario del macchinario. Tuttavia in diversi rami di produzione, nei quali il macchinario per la pulitura dev’essere allontanato dal processo di produzione e perciò la pulitura non può avvenire sul posto, come ad esempio per le locomotive, questo lavoro di conservazione è annoverato tra le spese correnti, quindi come elemento del capitale circolante. Una locomotiva dopo un lavoro di tre giorni al massimo dev’essere portata nella rimessa e là pulita; la caldaia deve prima raffreddarsi, per poter essere lavata senza danno (R. C., n. 17.823). Le vere e proprie riparazioni, grandi o piccole, esigono dispendio di capitale e lavoro, che non sono compresi nel capitale originariamente anticipato, quindi non possono essere sostituiti e coperti, comunque non sempre, con la graduale sostituzione di valore del capitale fisso. Se, ad esempio, il valore del capitale fisso pari a 2.400.000 € e la sua durata complessiva pari a 10 anni, questi 2.400.000 €, dopo 10 anni interamente trasformati in denaro, sostituiscono soltanto il valore dell’originario capitale d’investimento, ma non sostituiscono il capitale, rispettivamente lavoro, ulteriormente aggiunto nel frattempo in riparazioni. È questa una parte costitutiva addizionale di valore che anch’essa non viene anticipata in una sola volta ma secondo il bisogno, e i cui differenti tempi di anticipo sono casuali per loro natura. Ogni capitale fisso esige tale ulteriore, addizionale dispendio in dosi di capitale, per mezzi di lavoro e forza lavoro. I danni ai quali sono esposte singole parti del macchinario ecc. sono casuali per loro natura; e tali sono perciò anche le riparazioni da essi rese necessarie. Ma da questa massa si staccano due specie di lavori di riparazione, che hanno un carattere più o meno stabile e cadono in differenti periodi del tempo di vita del capitale fisso, i malanni dell’età infantile ed i malanni, molto più numerosi, dell’età che supera la metà del tempo di vita. Ad esempio, una macchina può anche entrare nel processo di produzione con una costruzione assolutamente perfetta; con l’uso reale si mostrano difetti che devono essere corretti mediante un lavoro supplementare. D’altra parte: quanto più essa oltrepassa la metà del suo tempo di vita, quanto più, dunque, si è accumulato il logorio normale e si è consumato e indebolito per l’età il materiale di cui è composta, tanto più numerosi e importanti diventano i lavori di riparazione, necessari per mantenere attiva la macchina fino al termine del suo periodo medio di vita; così come un vecchio per non morire prima del tempo ha più spese mediche che non un giovane forte. Nonostante il loro carattere casuale, i lavori di riparazione si ripartiscono dunque in masse disuguali tra i differenti periodi di vita del capitale fisso. Da ciò, come dal carattere del resto casuale dei lavori di ripa razione della macchina, consegue: Da un lato, la spesa reale in forza-lavoro e mezzi di lavoro per lavori di riparazione è casuale, come le circostanze stesse che rendono necessarie queste riparazioni; il volume delle riparazioni necessarie è ripartito differentemente sui differenti periodi di vita del capitale fisso. D’altro lato, nella stima dei periodi medi di vita del capitale fisso si presuppone che esso sia mantenuto costantemente in stato di efficienza, parte per mezzo della pulitura (a cui appartiene anche la pulizia dei locali), parte per mezzo di riparazioni ogniqualvolta siano richieste. Il trasferimento del valore mediante il logorio del capitale fisso è calcolato sul suo periodo medio di vita, ma questo stesso periodo medio di vita è calcolato nell’ipotesi che venga anticipato permanentemente il capitale addizionale richiesto per il mantenimento. D’altro lato, è altrettanto chiaro che il valore aggiunto mediante questa spesa addizionale di capitale e di lavoro non può entrare nel prezzo delle merci nel momento in cui avviene la spesa reale. Un filandiere, ad esempio, non può questa settimana vendere il suo filo più caro che non nella settimana precedente, perchè questa settimana gli si è rotta una ruota o lacerata una cinghia. I costi generali della filatura non si sono affatto mutati per questo incidente in una singola fabbrica. Qui, come in ogni altra determinazione di valore, è la media a decidere. L’esperienza indica l’entità media di questi incidenti e dei necessari lavori di conservazione e di riparazione durante il periodo medio di vita del capitale fisso investito in una determinata branca. Questa spesa media viene ripartita sul periodo medio di vita e aggiunta al prezzo del prodotto in corrispondenti parti aliquote e perciò sostituita mediante la vendita di quest’ultimo. Il capitale addizionale che viene così sostituito appartiene al capitale circolante, sebbene la natura della spesa sia irregolare. Poiché è della massima importanza curare subito ogni malanno del macchinario, presso ogni fabbrica abbastanza grande si trova del personale, ingegneri, falegnami, meccanici, fabbri, ecc., aggregato ai veri e propri operai della fabbrica. Il salario di questi fa parte del capitale variabile, e il valore del loro lavoro si ripartisce sul prodotto. D’altra parte, le spese richieste in mezzi di produzione vengono determinate secondo quella media, e secondo questo calcolo costituiscono permanentemente una parte di valore del prodotto, sebbene di fatto siano anticipate in periodi irregolari e anche in periodi irregolari entrino quindi nel prodotto, rispettivamente nel capitale fisso. Questo capitale sborsato per vere e proprie riparazioni costituisce per molti aspetti un capitale di tipo particolare, che non si può catalogare sotto il capitale circolante né sotto quello fisso, ma, in quanto appartiene alle spese correnti, fa piuttosto parte del primo. Il modo della contabilità, naturalmente, non cambia nulla alla connessione reale delle cose di cui viene tenuta la contabilità. Ma è importante osservare come in molte branche industriali sia consuetudine sommare le spese di riparazione insieme con il logorio reale del capitale fisso, nel modo seguente. Il capitale fisso anticipato sia 2.400.00’ €, il suo periodo di vita 15 anni; il logorio annuo è perciò 160.000 €. Ora, il logorio viene calcolato soltanto su 10 anni, cioè al prezzo delle merci prodotte vengono aggiunte annualmente per il consumo del capitale fisso 240.000 € anziché 160.000 €; cioè vengono riservati 80.000 € per lavori di riparazione ecc. (i numeri 10 e 15 sono presi solo a titolo di esemplificazione). Tanto dunque è stato speso in media in riparazioni, affinché il capitale fisso duri 15 anni. Tale calcolo naturalmente non impedisce che il capitale fisso e il capitale addizionale sborsato nelle riparazioni costituiscano categorie differenti. Sulla base di questo modo di calcolare, si è stabilito, ad esempio, per la conservazione e la sostituzione di navi a vapore il preventivo minimo annuale del 15%, quindi il tempo di riproduzione pari a 6 anni e 2/3. Negli anni dopo il ‘60 il governo inglese ha versato per questo alla Penjnsular and Oriental Company un indennizzo annuo del 16%, ciò che equivale a un tempo di riproduzione di 6 anni e 1/4. Nelle ferrovie la durata media di una locomotiva è di 10 anni, ma calcolando anche le riparazioni viene presupposto un logorio del 12,5 %, ciò che riduce la durata a 8 anni. Per i vagoni, passeggeri e merci, si calcola il 9%; dunque si prende come base una durata di 11,5 anni. La legislazione di tutti i paesi ha riconosciuto, nei contratti di locazione di case e di altri beni che per i loro proprietari sono capitale fisso e come tale vengono dati in affitto, le differenze tra il logorio normale, che viene apportato dal tempo, dall’azione degli elementi e dal consumo normale stesso, e le riparazioni occasionali che sono richieste di tanto in tanto per la manutenzione durante la normale durata della casa e il suo normale uso. Di regola, il primo ricade sul proprietario, le seconde sul locatario. Le riparazioni si distinguono inoltre in usuali e sostanziali. Le ultime sono parzialmente un rinnovo del capitale fisso nella sua forma naturale e ricadono parimenti sul proprietario, ove il contratto non dica espressamente il contrario. Così, ad esempio, secondo il diritto inglese: «Un locatario di anno in anno è tenuto soltanto a mantenere le costruzioni impenetrabili al vento e all’acqua, fino a che ciò può avvenire senza riparazioni sostanziali; e, in generale, a effettuare solo quelle riparazioni che possono venir designate come usuali. E, anche in questo senso, si deve tener presente l’età e lo stato generale della parte in causa dell’edificio, al tempo in cui il locatario ne prese possesso, perché egli non è tenuto a sostituire con materiale nuovo quello vecchio e logorato, né a compensare la inevitabile svalorizzazione derivante dal trascorrere del tempo e dell’uso regolare» (HOLDSWORTH, Law of Landlord and Tenant, pp. 90, 91). Del tutto differente sia dalla sostituzione del logorio sia dai lavori di conservazione e riparazione è l’assicurazione che si riferisce a danni dovuti a eventi straordinari di natura, incendi, allagamenti ecc.; questa deve essere compensata col plusvalore, e costituisce una sottrazione dallo stesso. Ovvero, considerando la cosa dal punto di vista dell’intera società, deve aver luogo una costante sovrapproduzione, cioè una produzione su scala più vasta di quanto non sarebbe necessario per la semplice sostituzione e riproduzione della ricchezza esistente — prescindendo interamente dall’accrescimento della popolazione — al fine di avere a disposizione i mezzi di produzione per compensare i danni straordinari, che incidenti e forze naturali arrecano. Di fatto, solo una minima parte del capitale necessario alla sostituzione consiste nel fondo monetario di riserva. La parte più importante consiste nell’ampliamento della scala stessa di produzione, che, in parte, è un allargamento reale, in parte appartiene al volume normale dei rami di produzione che producono il capitale fisso. Così, ad esempio, una fabbrica di macchine è organizzata tenendo conto sia che annualmente le fabbriche dei suoi clienti saranno allargate, sia anche che una parte di esse ha costantemente bisogno di riproduzione totale o parziale. Nella determinazione del logorIo come dei costi di riparazione secondo una media sociale, risultano necessariamente grandi disuguaglianze, anche per investimenti di capitale nello stesso ramo di produzione, che siano di pari grandezza e si trovino per il resto nelle stesse circostanze. In pratica, per un capitalista la macchina ecc. ecc. dura oltre il periodo medio, per un altro non lo raggiunge. Le spese di riparazione dell’uno sono sopra la media, quelle dell’altro sotto, e così via. Ma l’aggiunta al prezzo della merce, determinata dal logorio come dalle spese di riparazione, è la stessa e viene determinata dalla media. L’uno, dunque, mediante questa aggiunta al prezzo, riceve più di quanto non aggiunga realmente; l’altro riceve di meno. Ciò, come tutte le altre circostanze che, a pari sfruttamento della forza-lavoro, rendono differente il guadagno dei differenti capitalisti nello stesso ramo d’affari, contribuisce a rendere più difficile la comprensione della vera natura del valore. Il confine tra vera e propria riparazione e sostituzione, tra spese di conservazione e spese di rinnovo, è un confine più o meno fluttuante. Da ciò l’eterna controversia, ad esempio nelle ferrovie, se certe spese siano riparazione o sostituzione, se debbano essere fronteggiate dalla spesa corrente o dal capitale-base. La trascrizione delle spese di riparazione sul conto-capitale anziché sul conto-reddito è il noto mezzo con cui le direzioni delle ferrovie fanno artificiosamente salire i loro dividendi. Tuttavia, anche a questo riguardo l’esperienza ha già fornito i punti d’appoggio essenziali. I lavori supplementari durante il primo periodo di esistenza della ferrovia, ad esempio, non sono «riparazioni, ma devono essere riguardati come elemento essenziale della costruzione della ferrovia e sono dunque da addebitare al conto- capitale e non al conto-reddito, perché non derivano dal logorio o dall’effetto normale del traffico ma sono da imputarsi alla originaria e inevitabile imperfezione della costruzione ferroviaria». (LARDNER, Railway Economy, p. 40). «Invece il solo metodo giusto è quello di addebitare ogni anno al reddito la svalorizzazione, che è necessariamente intervenuta affinché questo reddito potesse essere guadagnato, sia che la somma sia stata realmente spesa o no» (Captain FITZMAURICE, Committee of Inquiry on Caledonian Railway, stampato in Money Market Review, 1868). Praticamente impossibile e senza scopo diviene il separare sostituzione e conservazione del capitale fisso nell’agricoltura, almeno là dove non si lavora ancora a vapore. «Essendo completa, e tuttavia non esageratamente abbondante, la dotazione di attrezzi (fabbisogno di attrezzi di ogni specie per l’agricoltura e per ogni altro lavoro ed attività) si suole stimare nella media all’ingrosso il logorio annuo e la manutenzione della dotazione di attrezzi utensili, secondo la differenza delle condizioni esistenti, dal 15 fino al 25% del capitale d’acquisto». (KIRCHHOF, Handbuch der landwirtschaftlichen Betriebslehre, Dessau, 1852, p. 137). Nel materiale rotabile di una ferrovia, riparazione e sostituzione sono assolutamente inseparabili. «Noi conserviamo numericamente il nostro materiale rotabile. Qualunque sia il numero di locomotive che abbiamo, conserviamo questo numero. Se col passare del tempo una diviene inservibile, cosicché sarebbe più vantaggioso costruirne una nuova, la costruiamo a spese del reddito, accreditando, naturalmente, al reddito il valore dei materiali rimanenti dalla macchina vecchia... Ne rimane sempre abbastanza.. Le ruote, gli assi, la caldaia ecc., insomma una buona parte della locomotiva vecchia rimane» (T. GOOCH, Chairman of Great Western Railway Co. - presidente della Grande Compagnia ferroviaria dell’Ovest - R. C. n. 17.327-29). «Riparare significa rinnovare; per me la parola “ sostituzione” non esiste; .. .quando una compagnia ferroviaria ha comprato un vagone o una locomotiva dovrebbe ripararli in modo da poter essi proseguire in eterno (17.784). Per i costi delle locomotive noi calcoliamo 8 pence e 1/2 per miglio ferroviario inglese. Con questi 8 pence e 1/2 conserviamo le locomotive per sempre. Noi rinnoviamo le nostre macchine. Se voi volete acquistare una macchina nuova, spenderete più denaro di quanto non sia necessario... Nella macchina vecchia si trova sempre qualche ruota, un asse o comunque un pezzo utilizzabile, e questo aiuta a fabbricare più a buon mercato una locomotiva altrettanto buona quanto una completamente nuova (17.790). Io produco ora una locomotiva nuova ogni settimana, cioè che è come nuova, perché caldaia, cilindro o scheletro sono nuovi» (17.823. ARCHIBALD STURROCK, Locomotive Superintendent of Great Northern Railway , in R. C. 1867). Parimenti per i vagoni: «Nel corso del tempo, la scorta delle locomotive e dei vagoni viene costantemente rinnovata; una volta vengono messe nuove ruote, un’altra volta rifatto nuovo lo scheletro. Le parti su cui si fonda il movimento e che sono le più esposte al logorio vengono rinnovate gradualmente; le macchine e i vagoni possono essere poi sottoposti a una tale serie di riparazioni, che in molti di essi non resta più neppure una traccia del materiale vecchio... Anche quando diventa del tutto impossibile ripararli, pezzi dei vecchi vagoni o locomotive vengono riutilizzati e così non scompaiono mai del tutto dalla ferrovia. Il capitale mobile è perciò in permanente riproduzione; ciò che per l’impianto ferroviario deve avvenire tutto in una volta in un determinato tempo, quando viene rinnovata tutta la ferrovia, nel materiale rotabile avviene gradualmente di anno in anno. La sua esistenza si fa perenne, esso si trova in permanente ringiovanimento» (LARDNER, Railway Economy, p. 116). Questo processo, quale viene qui rappresentato da Lardner per la ferrovia, non si adatta ad una singola fabbrica ma si adatta invece come quadro della riproduzione costante, parziale del capitale fisso, intrecciantesi con la riparazione, entro un intero ramo d’industria o in generale entro la produzione complessiva, considerata su scala sociale. Ecco una prova di quanto siano ampi i confini entro i quali abili direzioni possono manipolare i concetti di riparazione e sostituzione al fine di ottenere dividendi. Secondo il rapporto sopra citato di R. P. Williams, diverse compagnie ferroviarie inglesi, nella inedia di una serie di anni, addebitarono ai conto-reddito per riparazioni e spese di manutenzione dell’intero impianto ferroviario e delle costruzioni la seguente somma (per miglio inglese di linea ferroviaria, annualmente):
Queste differenze sono determinate soltanto per un’infinitesima parte da differenze delle spese reali; esse derivano quasi esclusivamente da modi differenti di calcolo, secondo che le voci delle uscite vengano addebitate al conto-capitale o al conto-reddito. Williams dice senza ambagi: «Si sceglie l’addebito minore perché ciò è necessario per un buon dividendo, e l’addebito maggiore viene fatto perché esiste un reddito più forte che lo può sopportare». In certi casi il logorio, quindi anche la sua sostituzione, diventa una grandezza praticamente irrilevante, cosicché entrano nel conto soltanto i costi di riparazione. Ciò che Lardner dice qui appresso sulle works of art delle ferrovie, vale in generale per tutte le opere durevoli del genere, canali, docks, ponti in ferro e in pietra ecc. «Il logorio che interviene a seguito della lenta azione del tempo nelle opere solide, in periodi relativamente brevi opera quasi impercettibilmente; trascorso un più lungo periodo, ad esempio di secoli, esso deve tuttavia portare con sé il rinnovo totale o parziale, anche nelle costruzioni più solide. Questo logorio impercettibile, confrontato con quello più sensibile in altre parti della ferrovia, si può paragonare alle disuguaglianze secolari e periodiche nel movimento dei corpi celesti. L’azione del tempo anche sulle costruzioni più massicce di una ferrovia, ponti, tunnel, viadotti ecc., fornisce esempi di ciò che si può chiamare un logorio secolare. La svalorizzazione più rapida e più visibile, a cui in periodi più brevi si provvede mediante riparazione o sostituzione, è analoga alle disuguaglianze periodiche. Nei costi annui di riparazione viene compresa anche la sostituzione del danno casuale che la parte esterna delle costruzioni anche più durevoli patisce di tempo in tempo; ma anche indipendentemente da queste riparazioni, l’età non passa su di esse senza effetto, e per quanto sia lontano, deve venire il tempo in cui il loro stato rende necessaria una nuova costruzione. Sotto l’aspetto finanziario ed economico questo tempo può tuttavia essere troppo lontano per poterlo fare entrare nel calcolo pratico» (LARDNER, Railway Economy, pp. 38, 39). Ciò vale per tutte queste opere di durata secolare, nelle quali, quindi, non il capitale in esse anticipato dev’essere gradatamente sostituito, in corrispondenza al loro logorio, ma soltanto le spese annue medie dì riparazione e manutenzione sono da trasferire sul prezzo del prodotto. Sebbene, come abbiamo visto, una parte piuttosto grande del denaro, che rifluisce a sostituzione del logorio del capitale fisso, venga ritrasformata annualmente, oppure anche in periodi più brevi, nella sua forma naturale, tuttavia per ogni singolo capitalista è necessario un fondo di ammortamento per la parte del suo capitale fisso che soltanto dopo il trascorrere di anni giunge tutta in una volta al suo momento di riproduzione e deve quindi essere sostituita per intero. Una importante parte costitutiva del capitale fisso esclude, per la sua natura, la riproduzione pezzo per pezzo. Inoltre, dove la riproduzione avviene pezzo per pezzo, in modo che ad intervalli piuttosto brevi agli elementi svalorizzati vengono aggiunti elementi nuovi, è necessaria, secondo lo specifico carattere del ramo di produzione, una precedente accumulazione di denaro di maggiore o minore consistenza, prima che questa sostituzione possa avvenire. Non ogni somma a piacere è a ciò sufficiente, ma si richiede una somma di denaro di determinata consistenza. Se consideriamo ciò semplicemente presupponendo la circolazione semplice del denaro, senza tener conto del sistema creditizio che svolgeremo solo più tardi, il meccanismo del movimento è questo: nel primo Libro (cap. III, 3,a) è stato mostrato che se una parte del denaro esistente in una società giace sempre inattiva come tesoro, mentre un’altra opera come mezzo di circolazione, rispettivamente come fondo immediato di riserva del denaro direttamente circolante, muta costantemente la proporzione in cui la massa totale del denaro si ripartisce tra tesoro e mezzo di circolazione. Nel nostro caso, denaro che dev’essere accumulato come tesoro in una quantità piuttosto importante nelle mani di un capitalista piuttosto importante, all’acquisto del capitale fisso viene gettato in una sola volta nella circolazione. Esso stesso si suddivide a sua volta nella società in mezzo di circolazione e tesoro. Per mezzo del fondo di ammortamento, nel quale secondo la misura del logorio del capitale fisso il valore di questo rifluisce al suo punto di partenza, una parte del denaro circolante forma dì nuovo tesoro — per un tempo più o meno lungo — nelle mani dello stesso capitalista, il cui tesoro all’acquisto del capitale fisso si era trasformato in mezzo di circolazione e allontanato da lui. È una ripartizione, che varia costantemente, del tesoro esistente nella società, il quale opera alternativamente come mezzo di circolazione e poi di nuovo viene separato come tesoro dalla massa del denaro circolante. Con lo sviluppo del credito, che procede di necessità parallelamente allo sviluppo della grande industria e della produzione capitalistica, questo denaro non opera come tesoro ma come capitale, ma non nelle mani del suo proprietario bensì in quelle di altri capitalisti a disposizione dei quali è posto. NOTE [20] A causa delle difficoltà che la determinazione di capitale fisso e circolante presenta, il signor Lorenz Stein ritiene che questa distinzione serva soltanto per facilitare l’esposizione. [21] Fin qui, manoscritto IV; di qui innanzi manoscritto II. [22] Le citazioni designate con R. C. sono da: Royal Commission on Railways. Minutes of Evidence taken before the Commissioners. Presented to both Houses of Parliament. Londra, 1867. Le domande e risposte sono numerate ed i numeri qui riferiti. |