IL CAPITALE

LIBRO I

SEZIONE I

MERCE E DENARO

CAPITOLO 3

IL DENARO OSSIA LA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI

1. MISURA DEI VALORI.

In questo scritto presuppongo sempre, per semplicità, che l'oro sia la merce denaro.

La prima funzione dell'oro consiste nel fornire al mondo delle merci il materiale della sua espressione di valore ossia nel rappresentare i valori delle merci come grandezze omonime, qualitativamente identiche e quantitativamente comparabili. Così esso funziona come misura generale dei valori: e solo in virtù di questa funzione l'oro, che è la merce equivalente specifica, diventa, in primo luogo, denaro.

Le merci non diventano commensurabili per mezzo del denaro. Viceversa, poiché tutte le merci come valori sono lavoro umano oggettivato, quindi sono commensurabili in sé e per sé, possono misurare i loro valori in comune in una stessa merce speciale, ossia in denaro. Il denaro come misura di valore è la forma fenomenica necessaria della misura immanente di valore delle merci, del tempo di lavoro[50].

L'espressione di valore d'una merce in oro - x merce A = y merce denaro - è la sua forma di denaro, ossia il suo prezzo. Ora, un'equazione isolata come: 1 tonnellata di ferro =  2 grammi d'oro, è sufficiente per rappresentare il valore del ferro in maniera valida socialmente. Non c'è più bisogno ormai li far marciare questa equazione in fila con le equazioni di valore delle altre merci, perché la merce equivalente, l'oro, possiede già il carattere di denaro. La forma generale relativa delle merci torna quindi ad avere, ora, la figura della sua forma relativa di valore originaria, semplice o singola. D'altra parte, l'espressione relativa dispiegata di valore, ossia la serie infinita di espressioni relative di valore diventa forma specificamente relativa della merce denaro. Ma questa serie, ora, è già data, socialmente, nei prezzi delle merci. Si leggano a rovescio le quotazioni d'un listino dei prezzi correnti e si troverà la grandezza di valore del denaro, rappresentata in tutte le merci possibili. Invece il denaro non ha prezzo. Per partecipare a questa forma di valore unitaria delle altre merci, il denaro dovrebbe esser riferito a se stesso come proprio equivalente.

Il prezzo, ossia la forma di denaro delle merci è, come loro forma di valore in generale, una forma distinta dalla loro forma corporea tangibilmente reale, quindi è solo forma ideale ossia rappresentata. Il valore del ferro, della tela, del grano, ecc., esiste, sebbene invisibile, proprio in queste cose; viene rappresentato mediante la loro eguaglianza con l'oro: relazione con l'oro, che, per così dire, s'aggira fantasmagoricamente solo nelle teste delle merci. Quindi il tutore delle merci deve ficcar la propria lingua nella loro testa, ossia attaccar loro cartellini, per comunicare al mondo esterno i loro prezzi[51]. Poiché l'espressione dei valori delle merci in oro è ideale, per questa operazione è usabile anche soltanto oro rappresentato ossia ideale. Ogni tutore di merci sa che ci manca ancor molto dall'avere fatte oro le sue merci quando dà al loro valore la forma di prezzo o la forma rappresentata dell'oro, e che non ha bisogno di nemmeno un grammo d'oro reale, per valutare in oro milioni di valori di merci. Quindi nella sua funzione di misura del valore il denaro serve come denaro semplicemente rappresentato ossia ideale. Questa circostanza ha provocato le teorie più pazzesche[52]. Benché solo il denaro ideale serva alla funzione di misura del valore, il prezzo dipende in tutto e per tutto dal materiale reale del denaro. Il valore, cioè la quantità di lavoro umano che per esempio. è contenuta in una tonnellata di ferro, viene espresso in una quantità ideale della merce denaro, la quale contiene altrettanto lavoro. Dunque, il valore della tonnellata di ferro riceve differentissime espressioni di prezzo a seconda che come misura di valore servono l'oro, l'argento o il rame, ossia il valore viene rappresentato in differentissime quantità d'oro, d'argento o di rame.

Ma se due merci differenti, per esempio, oro e argento, servono da misura di valore contemporaneamente, tutte le merci possiedono espressioni di prezzo differenti e di due tipi, prezzi in oro e prezzi in argento, che corrono tranquillamente l'uno accanto all'altro, finché il rapporto di valore dell'argento con l'oro rimane invariato, per esempio, è = 1 : 15. Ma ogni mutamento di questo rapporto di valore turba il rapporto fra i prezzi in oro e i prezzi in argento delle merci, e dimostra così di fatto che lo sdoppiamento della misura di valore contraddice alla sua funzione[53].

Le merci definite nel prezzo si rappresentano tutte nella forma: a merce A = x oro; b merce B = z oro; e merce C = y oro, ecc., dove a, b, e, rappresentano masse determinate dei generi di merci A, B, C, e x, y, z determinate masse d'oro. Quindi i valori delle merci sono trasformabili in quantità rappresentate d'oro, di differente grandezza, e quindi, malgrado la variopinta confusione dei corpi delle merci, in grandezze omonime, in grandezze auree. Ed esse si confrontano e si misurano l'una con l'altra quali quantità d'oro differenti, e così si sviluppa tecnicamente la necessità di riferirle a una quantità d'oro fissata, come loro unità di misura. Tale unità di misura, a sua volta, viene ulteriormente sviluppata a scala, mediante la sua suddivisione in parti aliquote. Oro, argento, rame, posseggono tali scale già prima di divenir denaro, nei loro pesi di metallo, cosicché per esempio. un chilogrammo serve come unità di misura, e da una parte viene suddivisa in grammi, ecc., dall'altra viene sommata in quintali, ecc.[54]. Quindi in ogni circolazione metallica i nomi preesistenti della scala dei pesi costituiscono anche i nomi originari della scala del denaro o della scala dei prezzi.

Come misura dei valori e come scala dei prezzi il denaro adempie a due funzioni del tutto diverse. A misura dei valori, quale incarnazione sociale del lavoro umano; è scala dei prezzi quale peso stabilito di un metallo. Come misura di valore, serve a trasformare i valori delle merci varie e multicolori in prezzi, in quantità ideali di oro; come scala dei prezzi esso misura quelle quantità d'oro. Sulla misura dei valori si misurano le merci come valori, invece la scala dei prezzi misura quantità d'oro su una quantità d'oro, non il valore d'una quantità d'oro sul peso delle altre. Per la scala dei prezzi occorre fissare un determinato peso d'oro come unità di misura. Qui, come in tutte le altre determinazioni di misura di grandezze omonime, la stabilità dei rapporti di misura è decisiva. La scala dei prezzi adempie dunque la sua funzione tanto meglio quanto più invariabilmente una unica e medesima quantità di oro serve come unità di misura. L'oro può servire come misura dei valori soltanto perché anch'esso è prodotto di lavoro, quindi, virtualmente, un valore variabile[55].

E’, evidente anzitutto che una variazione di valore dell'oro non pregiudica in nessun modo la sua funzione di scala dei prezzi. In qualunque maniera cambi il valore dell'oro, differenti quantità d'oro rimangono sempre nell'identico rapporto fra di loro. Se il valore dell'oro cadesse del 1000 %, dodici grammi d'oro avrebbero sempre, prima o poi, dodici volte più valore d'un grammo d'oro; e nei prezzi si tratta soltanto del rapporto reciproco di differenti quantità d'oro. Ma siccome, d'altra parte, un grammo d'oro non varia affatto il suo peso con la caduta o con il rialzo del suo valore, non si muta neppure il peso delle sue aliquote, e così l'oro come scala fissa dei prezzi fa sempre lo stesso servizio, quali si siano le variazioni del suo valore.

La variazione di valore dell'oro non impedisce neppure la sua funzione di misura di valore. Essa colpisce contemporaneamente tutte le merci, quindi, caeteris paribus, lascia immutati i loro valori relativi reciproci, sebbene ora essi si esprimano, tutti, in prezzi aurei più alti o più bassi di prima.

Come nella rappresentazione del valore di una merce in valore d'uso di una qualsiasi altra merce, anche nella valutazione in oro delle merci, si presuppone soltanto che in un dato periodo la produzione di una determinata quantità d'oro costi una quantità data di lavoro. Riguardo al movimento dei prezzi delle merci in genere, sono valide le leggi dell'espressione semplice relativa di valore che abbiamo svolte più sopra.

Un aumento generale dei prezzi delle merci si può avere soltanto, restando identico il valore del denaro, se aumentano i valori delle merci; restando identici i valori delle merci, se cade il valore del denaro. E viceversa. Si può avere una caduta generale dei prezzi delle merci, restando identico il valore del denaro, se cadono i valori delle merci; restando identici i valori delle merci, se aumenta il valore del denaro. Da ciò non consegue affatto che il rialzo del valore del denaro porti con sé una caduta proporzionale dei prezzi delle merci e che la caduta del valore del denaro implichi un rialzo proporzionale dei prezzi delle merci. Questo vale solo per merci di valore immutato; per esempio. quelle merci il cui valore aumenti contemporaneamente e proporzionalmente con il valore del denaro, conservano gli stessi prezzi. Se il loro valore sale più lentamente o più rapidamente del valore del denaro, il ribasso o il rialzo dei loro prezzi è determinato dalla differenza fra il movimento del loro valore e il movimento del valore del denaro, ecc.

Torniamo ora a considerare la forma di prezzo.

I nomi di moneta dei pesi metallici si separano man mano dai loro originari nomi di peso per varie ragioni, fra le quali storicamente sono decisive:

1. L'introduzione di denaro straniero presso popoli meno evoluti, come per esempio. nell'antica Roma le monete d'oro e d'argento circolarono da principio come merci straniere. I nomi di questo denaro straniero sono differenti dai nomi indigeni dei pesi.

2. Con lo sviluppo della ricchezza il metallo meno nobile viene scacciato dal più nobile dalla funzione di misura di valore: il rame viene scacciato dall'argento, l'argento dall'oro, per quanto questa successione possa contraddire ad ogni cronologia poetica[56]. Per esempio. libbra era il nome di moneta di una vera libbra d'argento. Appena l'oro scaccia l'argento come misura di valore, lo stesso nome si unisce a forse un quindicesimo ecc. di libbra d'oro, a seconda del rapporto di valore fra oro ed argento. Ora libbra come nome di moneta e come nome abituale di peso dell'oro sono separati[57].

3. La falsificazione della moneta da parte dei principi, continuata di secolo in secolo, e che del peso originario del denaro monetato ci ha lasciato di fatto il nome soltanto[58].

Questi processi storici rendono abitudine popolare la separazione del nome di moneta dei pesi metallici dai loro nomi usuali di pesi. Poiché la scala del denaro da una parte è puramente convenzionale, dall'altra parte ha bisogno di validità universale, alla fine essa viene regolata per legge. Una parte determinata di peso del metallo nobile, per esempio, un’oncia d'oro, viene ripartita ufficialmente in parti aliquote, che ricevono nomi di battesimo legali, come libbra, tallero ecc. Questa parte aliquota, che poi vale come unità di misura vera e propria del denaro, viene suddivisa in altre parti aliquote con nomi di battesimo legali, come scellino, penny, ecc.[59]. Tanto prima che dopo, determinati pesi di metallo rimangono scala di misura del denaro metallico. Quel che si è mutato, sono la ripartizione e la nomenclatura.

Dunque i prezzi o quantità d'oro nei quali si sono idealmente trasformati i valori delle merci, vengono espressi, ora, nei nomi di moneta, cioè nei nomi di conto della scala oro validi per legge. Quindi, invece di dire che il quarter di grano è eguale a un’ oncia d'oro, in Inghilterra si dirà che esso è eguale a 3 lire sterline, dieci scellini e dieci pence e mezzo. Così le merci si dicono quel che valgono coi loro nomi di denaro, e il denaro serve come moneta di conto tutte le volte che importa fissare una cosa come valore, quindi fissarla in forma di denaro[60].

Il nome d'una cosa è per sua natura del tutto esteriore. Se so che un uomo si chiama Jacopo, non so nulla sull'uomo. Così nei nomi di denaro, lira sterlina, tallero, franco, ducato, scompare ogni traccia del rapporto di valore. La confusione a proposito del significato arcano di questi segni cabalistici è tanto più grande per il fatto che i nomi di denaro esprimono insieme il valore delle merci e anche parti aliquote d'un peso di metallo, della scala denaro[61]. Dall'altra parte, è necessario che il valore si evolva, a differenza dei variopinti corpi del mondo delle merci, fino a raggiungere tale forma non concettuale e materiale, ma anche semplicemente sociale[62].

Il prezzo è il nome di denaro del lavoro oggettivato nella merce. L'equivalenza della merce e della quantità di denaro il cui nome costituisce il prezzo della merce, è quindi una tautologia[63], come, in genere, l'espressione relativa di valore di una merce è sempre l'espressione dell'equivalenza di due merci. Ma se il prezzo, come esponente della grandezza di valore della merce, è esponente del suo rapporto di scambio col denaro, non ne segue l’inverso, che l'esponente del suo rapporto di scambio col denaro sia di necessità l'esponente della sua grandezza di valore.

Sia rappresentato in 1 qle di grano e in 240 Euro un lavoro socialmente necessario di identica grandezza. I 240 Euro sono espressione in denaro della grandezza di valore del quintale di grano, ossia il suo prezzo. Se ora le circostanze permettono di valutarlo a 720 Euro, o costringono a valutarlo a 240 Euro, allora 240 Euro e 720 Euro, come espressioni della grandezza di valore del grano sono troppo piccole o troppo grandi, ma pure sono prezzi del grano, poiché in primo luogo sono la sua forma di valore, denaro, e in secondo luogo sono esponenti del suo rapporto di scambio con il denaro. Costanti restando le condizioni di produzione ossia costante restando la forza produttiva del lavoro, tanto prima che poi si deve spendere per la riproduzione del quintale di grano l'identica quantità di tempo sociale di lavoro. Questa circostanza non dipende dalla volontà né del produttore del grano né dagli altri possessori di merci. Dunque la grandezza di valore della merce esprime un rapporto necessario, immanente al suo processo di formazione, con il tempo sociale di lavoro. Con la trasformazione della grandezza di valore in prezzo, questo rapporto necessario si presenta come rapporto di scambio di una merce con la merce denaro esistente fuori di essa. Però, in questo rapporto può trovare espressione tanto la grandezza di valore della merce, quanto il più o il meno, nel quale essa è alienabile in date circostanze. La possibilità di un'incongruenza quantitativa fra prezzo e grandezza di valore, sta dunque nella forma stessa di prezzo. E questo non è un difetto di tale forma, anzi al contrario ne fa la forma adeguata d'un modo di produzione, nel quale la regola si può far valere soltanto come legge della media della sregolatezza, operante alla cieca.

La forma di prezzo, tuttavia, non ammette soltanto la possibilità d'una incongruenza relativa fra grandezza di valore e prezzo, cioè fra la grandezza di valore e la sua espressione in denaro, ma può accogliere una contraddizione qualitativa, cosicché il prezzo, in genere, cessi d'essere espressione di valore, benché il denaro sia soltanto la forma di valore delle merci. Cose che in sé e per sé non sono merci, per esempio., coscienza, onore, ecc., dai loro possessori possono essere considerate in vendita per denaro e così ricevere la forma di merce, mediante il prezzo dato loro. Quindi formalmente una cosa può avere un prezzo, senza avere un valore. Qui l'espressione di prezzo diventa immaginaria, come certe grandezze della matematica. D'altra parte, anche la forma di prezzo immaginaria. come per esempio. il prezzo del terreno incolto, che non ha nessun valore, perché in esso non è oggettivato lavoro umano, può celare un rapporto reale di valore, o una relazione da tale rapporto derivata.

Come la forma relativa di valore in genere, il prezzo esprime il valore di una merce, per esempio. di una tonnellata di ferro, per il fatto che una determinata quantità di equivalente, per esempio. 20 grammi d'oro, è scambiabile immediatamente con ferro, ma. in nessun modo, per il fatto inverso, che il ferro sia da parte sua scambiabile immediatamente con oro. Quindi, per esercitare praticamente l'azione di un valore di scambio, la merce deve spogliarsi del suo corpo naturale, trasformarsi da oro soltanto rappresentato in oro reale, benché questa transustanziazione le possa riuscire più "aspra" di quanto riesca al  "concetto" hegeliano la transizione dalla necessità alla libertà o ad una aragosta il far saltare il proprio guscio o al padre della Chiesa Girolamo lo spogliarsi del vecchio Adamo[64]. Accanto alla sua forma reale, per esempio. ferro, la merce può avere nel prezzo forma ideale di valore, ossia forma rappresentata d'oro, ma non può essere insieme realmente ferro e realmente oro. Per darle un prezzo basta equipararle oro rappresentato. Con l'oro, la si deve sostituire affinché essa fornisca al suo possessore il servizio d'un equivalente generale. Se il possessore del ferro, per esempio. si presentasse al possessore d'una merce mondana, e lo richiamasse al prezzo del ferro che è forma di denaro, il mondano gli risponderebbe come San Pietro rispose in paradiso a Dante che gli aveva recitato la formula del credo:

"Assai bene è trascorsa
D'esta moneta già la lega e 'l peso,
Ma dimmi se tu l'hai nella tua borsa
"

La forma di prezzo implica l'alienabilità delle merci contro denaro e la necessità di tale alienazione. D'altra parte, l'oro funziona come misura di valore ideale soltanto perché si muove come merce denaro già nel processo di scambio. Nella misura ideale dei valori sta dunque in agguato la dura moneta.

2. MEZZO DI CIRCOLAZIONE.

a) La metamorfosi delle merci.

S'è visto che il processo di scambio delle merci implica relazioni contraddittorie, che si escludono a vicenda. Lo svolgimento della merce non supera tali contraddizioni, ma crea la forma entro la quale esse si possono muovere. Questo è, in genere, il metodo col quale si risolvono le contraddizioni reali. Per esempio, è una contraddizione che un corpo cada costantemente su di un altro e ne sfugga via con altrettanta costanza. L'ellisse è una delle forme del moto nelle quali quella contraddizione si realizza e insieme si risolve.

Finché il processo di scambio fa passare merci dalla mano nella quale sono valori non d'uso alla mano nella quale sono valori d'uso, esso è ricambio organico sociale. Il prodotto d'un modo di lavoro utile sostituisce il prodotto d'un altro modo di lavoro utile. Una volta giunta al luogo dove serve come valore d'uso, la merce cade dalla sfera dello scambio di merci nella sfera del consumo. Qui c’interessa solo la prima. Dunque dobbiamo considerare tutto il processo dal lato della forma, cioè soltanto il cambiamento di forma ossia la metamorfosi delle merci, che funge da mediatrice nel ricambio organico sociale.

L'imperfettissima comprensione di tale mutamento di forma, a parte la poca chiarezza a proposito dello stesso concetto di valore, è dovuta alla circostanza che ogni metamorfosi di una sola merce si compie nello scambio fra due merci, una merce generale e la merce denaro. Se si tiene fermo soltanto a questo momento materiale, allo scambio di merce con oro, non si osserva proprio quel che si deve osservare, cioè quello che succede alla forma. Non si osserva che l'oro come pura e semplice merce non è denaro, e che le altre merci riferiscono se stesse, nei loro prezzi, all'oro come loro propria figura di denaro.

In un primo tempo le merci entrano nel processo di scambio non dorate, non inzuccherate, così come sono. Il processo di scambio produce uno sdoppiamento della merce in merce e in denaro, opposizione esterna nella quale esse rappresentano la loro opposizione immanente di valore d'uso e di valore. In questa opposizione le merci come valori di uso si oppongono al denaro come valore di scambio. D'altra parte, tutte e due le parti dell'opposizione sono merci, quindi unità di valore d'uso e valore. Ma questa unità di cose differenti presenta se stessa in ognuno dei due poli inversamente all'altro, e con ciò rappresenta simultaneamente anche il loro rapporto reciproco. La merce è realmente valore d'uso, il suo essere valore appare solo idealmente nel prezzo, il quale la riferisce all'oro che le sta di fronte, come a sua reale figura di valore. Viceversa, il materiale oro vale soltanto come materializzazione di valore, denaro. Realmente, quindi, è valore di scambio. Il suo valore d'uso appare ormai soltanto idealmente nella serie delle espressioni di valore relative, nelle quali esso si riferisce alle merci che gli stanno di fronte come all'orbita delle sue figure reali d'uso. Queste forme opposte delle merci sono le forme reali di movimento del loro processo di scambio.

Accompagniamo ora un qualsiasi possessore di merci, per esempio. il tessitore di lino, nostra vecchia conoscenza, sulla scena del processo di scambio, il mercato delle merci. La sua merce, 20 metri di tela, è definita nel prezzo. Il suo prezzo è di 10 €. La scambia con 10 €, e, uomo d'antico stampo com'è, torna a scambiare i 10 € con una Bibbia di famiglia dello stesso prezzo. La tela, che per lui è soltanto merce, depositaria di valore, viene alienata in cambio d'oro, che è la figura di valore di essa, e da questa figura viene retroalienata in cambio d'un'altra merce, la Bibbia, che però deve andarsene come oggetto d'uso nella casa del tessitore e soddisfare quivi bisogni di edificazione. Dunque il processo di scambio si compie in due metamorfosi opposte e integrantisi reciprocamente: trasformazione della merce in denaro e retrotrasformazione del denaro in merce[65]. I momenti della metamorfosi delle merci sono insieme atti commerciali del possessore di merci: vendita, scambio della merce con denaro; compera, scambio del denaro con merce, e unità dei due atti: vendere per comprare.

Se il tessitore esamina il risultato finale dell'affare, egli possiede una Bibbia invece della tela, possiede invece della sua merce originaria un'altra merce dello stesso valore, ma di utilità differente. Allo stesso modo egli si procura i suoi altri mezzi di sostentamento e di produzione. Dal suo punto di vista l'intero processo procura soltanto lo scambio del prodotto del suo lavoro con prodotto di lavoro altrui, lo scambio dei prodotti.

Il processo di scambio della merce si compie dunque nei seguenti mutamenti di forme:

Merce — Danaro — Merce

M — D — M

Quanto al contenuto materiale il movimento è M-M, scambio di merce con merce, ricambio organico del lavoro sociale, nel cui risultato si estingue il processo stesso.

M-D. Prima metamorfosi della merce, ossia vendita. Il salto del valore della merce dal corpo della merce nel corpo dell'oro è il "salto mortale" della merce, come l'ho definito in altro luogo. Certo, se non riesce, non è alla merce che va male, ma al possessore della merce. La divisione sociale del lavoro rende il suo lavoro tanto unilaterale quanto ha reso molteplici i suoi bisogni. E proprio per questo il suo prodotto gli serve solo come valore di scambio. Ma esso riceve solo nel denaro la forma generale di equivalente socialmente valida; e il denaro si trova nelle tasche altrui. Per tirarlo fuori di lì, la merce deve essere anzitutto valore d’uso, per il possessore di denaro, e quindi il lavoro speso in essa dev'essere speso in forma socialmente utile, cioè far buona prova come articolazione della divisione sociale del lavoro. Ma la divisione del lavoro è un organismo spontaneo di produzione, le cui fila si sono tessute e continuano a tessersi alle spalle dei produttori di merci. Può darsi che la merce sia prodotto di un nuovo modo di lavoro che pretenda di soddisfare un bisogno sopravvenuto di recente, o che debba provocare per la prima volta, di sua iniziativa, un bisogno. Un particolare atto lavorativo che ancor ieri era una funzione fra le molte funzioni di un medesimo produttore di merci, oggi forse si strappa via da questo nesso, si fa indipendente, e proprio per questo manda al mercato il proprio prodotto parziale come merce autonoma. Le circostanze possono essere mature o immature per tale processo di scissione. Il prodotto soddisfa oggi un bisogno sociale. Domani forse sarà cacciato dal suo posto, del tutto o parzialmente, da una specie simile di prodotto. Anche se il lavoro, come quello del nostro tessitore di lino, è membro patentato della divisione sociale del lavoro, con ciò non è ancora garantito affatto il valore d’uso proprio dei suoi venti metri di tela. Se il bisogno sociale di tela, che ha la sua misura come tutto il resto, è soddisfatto già da tessitori rivali, il prodotto del nostro amico diventa sovrabbondante, superfluo e con ciò inutile. A caval donato non si guarda in bocca, ma il tessitore non si reca al mercato per fare regali. Ma poniamo che il valore d’uso del suo prodotto faccia buona prova, e che quindi dalla merce si tragga denaro. Ora si domanda: quanto denaro? Certo, la risposta è anticipata nel prezzo della merce, esponente della sua grandezza di valore. Prescindiamo da eventuali errori soggettivi di calcolo del possessore di merce, che vengono subito corretti oggettivamente sul mercato; ed abbia il possessore di merce speso nel suo prodotto soltanto la media socialmente necessaria di tempo di lavoro. Quindi il prezzo della merce è soltanto nome di denaro della quantità di lavoro sociale oggettivata in essa. Ma le nostre antiche e patentate condizioni di produzione della tessitura sono entrate in fermento, senza permesso e all'insaputa del nostro tessitore. Quel che ieri era, senza possibilità di dubbio, tempo di lavoro socialmente necessario alla produzione d'un metro di tela, oggi ha cessato di esser tale, come il possessore di denaro dimostra zelantemente con le quotazioni dei prezzi di vari rivali del nostro amico. Per sua disgrazia ci sono molti tessitori al mondo. Poniamo infine che ogni pezza di tela disponibile sul mercato contenga soltanto tempo di lavoro socialmente necessario. Tuttavia, la somma complessiva di queste pezze può contenere tempo di lavoro speso in modo superfluo. Se lo stomaco del mercato non è in grado di assorbire la quantità complessiva di tela al prezzo normale di 2 € al metro, ciò prova che è stata spesa in forma di tessitura una parte troppo grande del tempo complessivo sociale di lavoro. L'effetto è lo stesso che se ogni singolo tessitore avesse impiegato nel suo prodotto individuale più del tempo di lavoro socialmente necessario. Qui vale il detto: "Presi insieme, insieme impiccati". Tutta la tela sul mercato vale soltanto come un solo articolo di commercio, ogni pezza vale soltanto come parte aliquota di esso. E di fatto il valore di ogni metro di tela individuale è insomma soltanto la materializzazione della stessa quantità socialmente determinata di lavoro umano dello stesso genere (in una lettera del 28 novembre 1878 a N. F. Danielson, il traduttore russo del Capitale, Marx cambia quest'ultimo periodo come segue: "E di fatto il valore di ogni braccio individuale di tela è insomma soltanto la materializzazione d'una parte della quantità di lavoro sociale spesa nella quantità complessiva delle metri" ).

Ecco: la merce ama il denaro, ma the course of true love never does run smooth (Le vie del vero amor non son mai piane). Altrettanto casuale e spontanea della articolazione qualitativa, è l'articolazione quantitativa dell'organismo sociale di produzione, il quale rappresenta le sue membra disjecta nel sistema della divisione del lavoro. I nostri possessori di merci scoprono quindi che quella stessa divisione del lavoro che li aveva resi produttori privati indipendenti, rende poi indipendente anche proprio da loro il processo sociale di produzione e i loro rapporti entro questo processo, e che l'indipendenza delle persone l'una dall'altra s'integra in un sistema di dipendenza onnilaterale e imposta dalle cose.

La divisione del lavoro trasforma il prodotto del lavoro in merce e così rende necessaria la trasformazione di esso in denaro: e allo stesso tempo rende casuale che tale transustanziazione riesca o meno. Ad ogni modo qui il fenomeno va considerato puro, cioè si deve presupporre che esso proceda normalmente. Del resto, basta che esso avvenga, in una maniera o nell'altra, e che quindi la merce non sia invendibile, perché abbia luogo il cambiamento di forma della merce stessa, anche qualora in tale cambiamento di forma si abbia una perdita anormale o una aggiunta anormale di sostanza, cioè di grandezza di valore.

Per un possessore di merci la sua merce è sostituita da oro, e per un altro il suo oro è sostituito da merce. Il fenomeno sensibile è il cambiamento di mano o di luogo di merce e oro, di 20 metri di tela e di 10 Euro: cioè, il loro scambio. Ma con che cosa si scambia la merce? Con la sua propria figura generale di valore. E con che cosa si scambia l'oro? Con una figura particolare del suo valore d'uso. Perché l'oro si presenta di fronte alla tela come denaro? Perché il suo prezzo di 10 Euro, ossia il suo nome di denaro, riferisce già la tela all'oro come denaro. L'atto di spogliarsi della forma originaria di merce si compie mediante l'alienazione della merce, cioè avviene nel momento nel quale il suo valore d'uso attira veramente l'oro che nel suo prezzo era soltanto rappresentato. La realizzazione del prezzo, ossia della forma di valore solo ideale della merce, è quindi, viceversa, e contemporaneamente, realizzazione del valore d'uso solo ideale del denaro, la trasformazione della merce in denaro è contemporaneamente trasformazione del denaro in merce. Il processo unico è processo bilaterale: dal polo del possessore di merci è vendita, dal polo opposto del possessore di denaro è compera. Ossia: vendita è compera, M-D è anche D-M[66].

Fino a questo punto noi non conosciamo altro rapporto economico fra gli uomini all'infuori di quello fra possessori di merci: rapporto per il quale essi si appropriano prodotto di lavoro altrui soltanto alienando il proprio. Quindi un possessore di merci si può presentare ad un altro soltanto come possessore di denaro, o perché il suo prodotto di lavoro possiede per natura la forma di denaro, e dunque è materiale di denaro, oro, ecc.; oppure perché la sua merce ha già fatto la muta e s'è spogliata della sua forma d'uso originaria. Per funzionare come denaro, l'oro deve, naturalmente, entrare nel mercato delle merci, in un qualche punto. Questo punto sta alla sua fonte di produzione, dove esso si scambia come prodotto immediato di lavoro, con un altro prodotto di lavoro dello stesso valore. Da questo momento in poi, però, esso rappresenta costantemente prezzi realizzati di merci[67]. Astrazione fatta dallo scambio dell'oro con merce alla sua fonte di produzione, l'oro in mano di ogni possessore di merci è la forma mutata della sua merce alienata, prodotto della vendita ossia della prima metamorfosi della merce M-D[68]. L'oro è diventato moneta ideale ossia misura di valore perché tutte le altre merci hanno misurato in oro i propri valori, e ne hanno così fatto l'antitesi rappresentata della loro figura d'uso, la loro figura di valore. L'oro diventa poi moneta reale, perché le merci, con la loro generale alienazione, ne fanno la loro figura d'uso realmente spogliata, ossia trasformata, e quindi la loro reale figura di valore. Nella sua figura di valore, la merce si spoglia di ogni traccia del suo valore d'uso naturale ed originario, e del lavoro utile particolare al quale deve la sua nascita, per abbozzolarsi nella materializzazione sociale uniforme del lavoro umano indifferenziato. Quindi nel denaro non si vede di che stampo è la merce in esso trasformata. Una merce, nella sua forma di moneta, ha l'identico aspetto dell'altra. Quindi il denaro può essere sterco, benché lo sterco non sia denaro. Ammettiamo che i 10 Euro contro i quali il nostro tessitore ha ceduto la sua merce siano la figura trasformata di 1 qle di grano. La vendita della tela, M-D, è simultaneamente la sua compera, D-M. Ma come vendita della tela questo processo inizia un movimento che termina con il proprio opposto, con la compera della Bibbia; come compera della tela, il processo conclude un movimento che è cominciato con il proprio opposto, con la vendita del grano. M-D (tela-denaro), prima fase di M-D-M (tela-denaro-Bibbia) è simultaneamente D-M (denaro-tela), ultima fase d'un altro movimento M-D-M (grano-denaro-tela). La prima metamorfosi d'una merce, la sua trasformazione in denaro dalla forma di merce è sempre simultaneamente seconda metamorfosi opposta d'un'altra merce, la sua ritrasformazione in merce dalla forma di denaro[69].

D-M. Seconda metamorfosi ossia metamorfosi conclusiva della merce: compera. Poiché il denaro è la figura trasmutata di tutte le altre merci, ossia il prodotto della loro alienazione generale, esso è la merce assolutamente alienabile. Esso legge tutti i prezzi a rovescio e così si rispecchia in tutti i corpi di merci che gli si offrono come materiale del suo stesso farsi merce. Allo stesso tempo i prezzi che sono gli occhi amorosi coi quali le merci gli ammiccano, mostrano il limite della sua capacità di trasformazione: cioè la sua propria quantità. Poiché la merce scompare nel suo farsi denaro, dall'aspetto del denaro non si vede come esso arrivi nelle mani del suo possessore, o che cosa si sia trasformato in denaro. Non olet, quale che sia la sua origine. Da una parte rappresenta merce venduta, dall'altra merci acquistabili[70].

D-M, la compera, è allo stesso tempo vendita, M-D; l'ultima metamorfosi d'una merce è quindi allo stesso tempo la prima metamorfosi di un'altra merce. Per il nostro tessitore, la carriera della sua merce si conclude con la Bibbia nella quale ha riconvertito i 10 Euro. Ma il venditore della Bibbia cambia i 10 Euro pagati dal tessitore in acquavite di grano. D-M, fase conclusiva di M-D-M (tela-denaro-Bibbia) è simultaneamente M-D, prima fase di M-D-M (Bibbia-denaro-acquavite di grano). Poiché il produttore fornisce solo un prodotto unilaterale, lo vende spesso in quantità piuttosto grandi, mentre i suoi molteplici bisogni lo costringono a frantumare in numerose compere il prezzo realizzato ossia la somma di denaro pagatagli. Una vendita sbocca quindi in molti acquisti di merci differenti. La metamorfosi conclusiva d'una sola merce costituisce quindi una somma di prime metamorfosi di altre merci.

Consideriamo ora la metamorfosi complessiva d'una merce, per esempio. della tela: in primo luogo vediamo che essa consiste di due movimenti opposti che si integrano a vicenda, M-D, D-M. Queste due trasformazioni opposte della merce si compiono in due procedimenti sociali opposti del possessore di merci, e si riflettono in due suoi caratteri economici opposti. Come agente della vendita diventa venditore, come agente della compera diventa compratore. Ma come in ogni trasformazione della merce esistono simultaneamente le sue due forme, forma di merce e forma di denaro, quantunque a poli opposti, lo stesso possessore di merci ha di contro a sé come venditore un altro compratore e come compratore un altro venditore. Come la stessa merce percorre successivamente le due trasformazioni reciproche, e da merce diviene denaro, da denaro merce, così lo stesso possessore di merci cambia successivamente le parti di venditore e compratore. Dunque questi non sono caratteri fissi, anzi sono caratteri che variano continuamente di persona all'interno della circolazione delle merci.

La metamorfosi complessiva di una merce suppone, nella sua forma più semplice, quattro estremi e tre personae dramatis. Nel primo momento si fa incontro alla merce, come sua figura-valore, il denaro, il quale al di là, nella tasca altrui, possiede una dura realtà di cosa. Così incontro al possessore di merce si fa un possessore di denaro. Ma appena la merce è trasmutata in denaro, quest'ultimo diviene sua forma dileguantesi di equivalente, il cui valore d'uso o contenuto esiste al di qua, in altri corpi di merci. Come punto finale della prima trasformazione delle merci, il denaro è simultaneamente punto dì partenza della seconda trasformazione. Così il venditore del primo atto diventa compratore al secondo, nel quale un terzo possessore di merci gli si fa incontro come venditore[71].

Le due fasi inverse del movimento della metamorfosi delle merci costituiscono un ciclo: forma di merce, spogliazione della forma di merce, ritorno alla forma di merce. La merce stessa, certo, qui è determinata per opposizione. Al punto di partenza essa è per il suo possessore un non-valore d'uso, al punto di arrivo è invece valore d'uso. Così il denaro si presenta prima come il solido cristallo di valore, nel quale si trasforma la merce, per disciogliersi poi come sua semplice forma di equivalente.

Le due metamorfosi che costituiscono la circolazione di una sola merce costituiscono allo stesso tempo le metamorfosi parziali e invertite di due altre merci. La stessa merce (tela) apre la serie delle proprie metamorfosi e conclude le metamorfosi complessive di un'altra merce (grano). Durante il suo primo cambiamento, la vendita, essa rappresenta queste due parti in persona propria. Invece, come crisalide aurea, nella quale anch'essa fa la fine di ogni creatura, pone simultaneamente fine alla prima metamorfosi d'una terza merce. Il ciclo percorso dalla serie di metamorfosi di ogni merce s'intreccia così inestricabilmente con i cicli d'altre merci. Il processo complessivo si rappresenta come circolazione delle merci.

La circolazione delle merci differisce dallo scambio immediato dei prodotti, essenzialmente, e non soltanto formalmente. Basta dare uno sguardo retrospettivo al processo. Il tessitore ha certo scambiato tela con Bibbia, merce propria con merce altrui. Ma questo fenomeno è vero solo per lui. Il rivenditore di Bibbie, che preferisce il caldo al freddo, non pensava di scambiare tela con Bibbia, mentre il tessitore non sa nulla del fatto che contro la sua tela è stato scambiato grano, ecc. La merce di B sostituisce la tela di A, ma A e B non scambiano reciprocamente le loro merci. Di fatto può accadere che A e B comprino vicendevolmente l'uno dall'altro, ma tale relazione particolare non ha affatto la sua condizione nei rapporti generali della circolazione delle merci. Da una parte si vede qui come lo scambio di merci spezzi i limiti individuali e locali dello scambio immediato di prodotti e sviluppi il ricambio organico del lavoro umano. Dall'altra parte si sviluppa tutta una sfera di nessi sociali naturali incontrollabili dalle persone che agiscono. Il tessitore può vendere soltanto tela, perché il contadino può vendere solo grano; testa calda può vendere solo la Bibbia, perché il tessitore può vendere solo tela; il distillatore può vendere solo acqua arzente perché l'altro ha già venduto l'acqua della vita eterna, e così via.

Il processo di circolazione non si estingue perciò, come lo scambio immediato di prodotti, col cambiamento di luogo e di mano dei valori d'uso. Il denaro non scompare per il fatto che alla fine cade fuori della serie di metamorfosi di una merce. Esso torna sempre a precipitare su un punto della circolazione sgombrato dalle merci. Per esempio. nella metamorfosi complessiva della tela: tela-denaro-Bibbia, la prima a cadere fuori della circolazione è la tela; il denaro le subentra; poi cade dalla circolazione la Bibbia; il denaro le subentra. La sostituzione di merce con merce lascia contemporaneamente il denaro attaccato alla mano di un terzo[72]. La circolazione trasuda continuamente denaro.

Non ci può esser nulla di più sciocco del dogma che la circolazione delle merci implichi la necessità d'un equilibrio delle vendite e delle compere, poiché ogni vendita è compera, e viceversa. Se ciò significa che il numero delle vendite realmente Compiute è identico allo stesso numero di compere, avremmo una banale tautologia. Ma ciò dovrebbe dimostrare che il venditore porta al mercato il suo proprio compratore. Vendita e compera sono un atto identico come relazione reciproca fra due persone polarmente opposte, possessore di merce e possessore di denaro. Come azioni della stessa persona, costituiscono due atti polarmente opposti. L'identità di. vendita e compera implica quindi che la merce diventi inutile quando, gettata nell'alambicco alchimistico della circolazione, non ne esce come denaro, non è venduta dal possessore di merci, e quindi non è comprata dal possessore di denaro. Quella identità contiene inoltre l'affermazione che il processo, quando riesce, costituisce un punto fermo, un periodo di vita della merce che può durare più o meno a lungo. Poiché la prima metamorfosi della merce è insieme vendita e compera, questo processo parziale è anche processo autonomo. Il compratore ha la merce, il venditore ha il denaro, cioè una merce che conserva una forma atta alla circolazione, sia che essa riappaia presto sul mercato sia che vi riappaia più tardi. Nessuno può vendere senza che un altro compri. Ma nessuno ha bisogno di comprare subito, per il solo fatto di aver venduto. La circolazione spezza i limiti cronologici, spaziali e individuali dello scambio di prodotti proprio perché nell'opposizione di vendita e compera scinde l'identità immediata presente nel dare in cambio il prodotto del proprio lavoro e nel prendere in cambio il prodotto del lavoro altrui. Che i processi contrapponentisi indipendentemente l'uno dall'altro costituiscano una unità interna, significa però anche che la loro unità interna si muove in opposizioni esterne. Se il farsi esteriormente indipendenti dei due momenti, che internamente non sono indipendenti perché s'integrano reciprocamente, prosegue fino ad un certo punto, l'unità si fa valere con la violenza, attraverso ad una crisi. L'opposizione immanente alla merce, di valore d'uso e valore, di lavoro privato che si deve allo stesso tempo presentare come lavoro immediatamente sociale, di lavoro concreto particolare che allo stesso tempo vale solo come lavoro astrattamente generale, di personificazione dell'oggetto e oggettivazione della persona, questa contraddizione immanente riceve le sue forme sviluppate di movimento nelle opposizioni della metamorfosi delle merci. Quindi queste forme includono la possibilità, ma soltanto la possibilità delle crisi. Lo sviluppo di tale possibilità a realtà esige tutto un ambito di rapporti che dal punto di vista della circolazione semplice delle merci non esistono ancora[73].

Il denaro, come mediatore della circolazione delle merci, riceve la funzione di mezzo della circolazione.

b) La circolazione del denaro.

Il cambiamento di forma nel quale si compie il ricambio organico dei prodotti del lavoro, M-D-M, porta con sé che il medesimo valore costituisca, come merce, il punto di partenza del processo, ritornando poi come merce allo stesso punto. Dunque questo movimento delle merci è un ciclo. D'altra parte la stessa forma esclude il ciclo del denaro. Il suo risultato è un costante allontanamento del denaro dal suo punto di partenza, non un ritorno ad esso. Finché il venditore tiene ferma la figura trasformata della sua merce, cioè il denaro, la merce si trova nello stadio della prima metamorfosi; ossia ha percorso soltanto la prima metà della circolazione. Quando il processo, vendere per comprare, è compiuto, anche il denaro torna ad essere allontanato dalla mano del suo primo possessore. Certo, quando il tessitore, dopo aver comprato la Bibbia, torna a vendere di nuovo tela, anche il denaro ritorna in sua mano. Ma non ritorna mediante la circolazione delle prime venti metri di tela; anzi, questa l'ha allontanato dalle mani del tessitore portandolo in quelle del venditore di Bibbie. Il denaro ritorna soltanto mediante il rinnovamento o la ripetizione dello stesso processo di circolazione per merce nuova, e qui finisce con lo stesso risultato di prima. La forma di movimento immediatamente conferita al denaro dalla circolazione delle merci, è dunque: allontanamento costante del denaro dal punto di partenza, sua corsa dalla mano d'un possessore di merci nella mano dell'altro, ossia suo corso (currency, cours de la monnaie).

Il corso della moneta mostra una costante e monotona ripetizione del medesimo processo. La merce sta sempre dalla parte del venditore, il denaro sempre dalla parte del compratore, come mezzo di compera. Funziona come mezzo di compera in quanto realizza il prezzo della merce. Con ciò, il denaro trasporta la merce dalla mano del venditore in quella del compratore, allontanandosi contemporaneamente dalla mano del compratore per quella del venditore, per poi ricominciare lo stesso procedimento con un'altra merce. Che questa forma unilaterale del movimento del denaro sorga dalla forma bilaterale del movimento della merce, rimane nascosto. La natura stessa della circolazione delle merci genera l'apparenza opposta. La prima metamorfosi della merce non è visibile soltanto come movimento del denaro, ma anche come proprio movimento della merce stessa; ma la sua seconda metamorfosi è visibile solo come movimento del denaro. Nella prima metà della sua circolazione la merce cambia di posto con il denaro; e con ciò la sua figura di consumo, simultaneamente, cade dalla circolazione nel consumo[74]. Al suo posto subentra la sua figura di valore, o crisalide monetaria. La merce non percorre più nella sua pelle naturale la seconda metà della circolazione, ma nella sua pelle d'oro. La continuità del movimento viene così a stare tutta dalla parte del denaro, e quello stesso movimento che per la merce include due processi contrapposti, come movimento proprio del denaro include invece sempre lo stesso processo, il cambiamento di posto con merci sempre nuove. Il risultato della circolazione delle merci, che è la sostituzione di merce con altra merce, non appare quindi mediato dal cambiamento di forma delle merci, ma dalla funzione del denaro come mezzo di circolazione, che fa circolare le merci, le quali in sé e per sé sono immobili, che le trasporta dalla mano nella quale sono non-valori d'uso, nella mano in cui sono valori d'uso, e sempre in direzione opposta al suo proprio corso. Il denaro allontana continuamente le merci dalla sfera della circolazione subentrando costantemente nel loro punto di circolazione, e allontanandosi così dal suo punto di partenza. Quindi, benché il movimento del denaro sia solo espressione della circolazione delle merci, la circolazione appare viceversa solo come risultato del movimento del denaro[75].

D'altra parte, al denaro la funzione di mezzo di circolazione spetta soltanto perché esso è il valore delle merci, divenuto indipendente. Il suo movimento come mezzo di circolazione è quindi, di fatto, soltanto il movimento di forma proprio delle merci, il quale dunque si deve rispecchiare anche in maniera sensibile nel corso del denaro. Così, per esempio., la tela in un primo momento trasforma la propria forma di merce nella propria forma di denaro. L'ultima estremità della sua prima metamorfosi M-D, la forma di denaro, diventa allora la prima estremità della sua ultima metamorfosi D-M, della sua riconversione nella Bibbia. Ma ognuno di questi due cambiamenti di forma si compie mediante uno scambio fra merce e denaro, mediante il reciproco cambiamento di posto di merce e denaro. Le stesse monete, come figura trasmutata di merce, arrivano nella mano del venditore, e poi la lasciano come forma assolutamente alienabile della merce. Esse cambiano posto due volte. La prima metamorfosi della tela porta quelle monete nella tasca del tessitore, la seconda le ritira fuori di nuovo. I due cambiamenti opposti di forma della stessa merce si rispecchiano quindi nel duplice spostamento del denaro in direzioni opposte.

Se invece hanno luogo soltanto metamorfosi unilaterali delle merci, semplici vendite o semplici compere, a volontà, il medesimo denaro cambia di posto, anch'esso, una volta, sola. Il suo secondo cambiamento di posto esprime sempre la seconda metamorfosi della merce, la sua riconversione dal denaro. Nella frequente ripetizione del cambiamento di posto delle stesse monete non si rispecchia soltanto la serie di metamorfosi d'una singola merce, ma anche l'intrecciarsi, in genere, delle innumerevoli metamorfosi del mondo delle merci. Del resto è assolutamente ovvio che tutto ciò vale soltanto per la forma qui considerata della circolazione semplice delle merci.

Ogni merce, al suo primo passo nella circolazione, al suo primo cambiamento di forma, cade fuori della circolazione, nella quale poi entra sempre merce nuova. Invece il denaro, come mezzo di circolazione, abita continuamente nella sfera della circolazione, e si aggira continuamente in essa. Sorge quindi il problema di quanto denaro assorba continuamente questa sfera.

In un paese avvengono ogni giorno innumerevoli metamorfosi unilaterali di merci ossia, in altre parole, semplici vendite da una parte, semplici compere dall'altra parte: esse sono contemporanee, e quindi avvengono l'una accanto all'altra nello spazio. Nei loro prezzi, le merci sono già identificate a determinate quantità ideali di denaro. Poiché dunque la forma di circolazione immediata che qui consideriamo, contrappone sempre corporeamente merce e denaro, quella al polo della vendita, questo al polo antitetico della compera, la massa di mezzi di circolazione richiesta per il processo di circolazione del mondo delle merci è già determinata dalla somma dei prezzi delle merci. Di fatto il denaro non fa che rappresentare realmente la somma d'oro già rappresentata idealmente nella somma dei prezzi delle merci. Quindi l'eguaglianza di queste somme è ovvia. Ma noi sappiamo che, eguali rimanendo i valori delle merci, i loro prezzi variano col valore dell'oro (materiale del denaro) stesso, e salgono proporzionalmente se quello cade, cadono se quello sale. Col salire e col cadere della somma dei prezzi delle merci, deve proporzionalmente salire o cadere la massa del denaro circolante. Certo, qui la variazione nella massa dei mezzi di circolazione sorge dallo stesso denaro, ma non dalla sua funzione di mezzo di circolazione, bensì dalla sua funzione di misura del valore. Il prezzo delle merci varia in primo luogo in ragione inversa del valore del denaro, e in seguito varia la massa dei mezzi di circolazione in ragione diretta del prezzo delle merci. Lo stesso identico fenomeno si verificherebbe se per esempio. non cadesse il valore dell'oro o non salisse il valore dell'argento, ma se l'argento sostituisse l'oro come misura del valore, o se non salisse il valore dell'argento, ma l'oro lo cacciasse dalla funzione di misura del valore. Nel primo caso, dovrebbe circolare più argento di quanto oro circolasse prima, nell'altro, dovrebbe circolare meno oro di quanto argento circolasse prima. In entrambi i casi sarebbe cambiato il valore del materiale del denaro, cioè della merce che funziona come misura dei valori, e quindi sarebbe cambiata l'espressione in prezzo dei valori delle merci, quindi la massa dei denaro circolante, che serve alla realizzazione di quel prezzo. S'è visto che la sfera della circolazione ha una apertura, attraverso la quale entra in essa, come merce di valore dato, l'oro (o l'argento; in breve, il materiale del denaro). Questo valore è presupposto nella funzione del denaro come misura del valore, quindi nella determinazione del prezzo. Ora, se cade, per esempio, il valore della misura stessa del valore, questo fatto si manifesterà in primo luogo nel cambiamento di prezzo delle merci che vengono scambiate come merci con i metalli nobili, immediatamente, alla fonte di produzione di questi ultimi. In ispecie, in stadi meno sviluppati della società civile, una gran parte delle altre merci verrà stimata ancora per un certo tempo nel valore, ormai divenuto illusorio, antiquato, della misura di valore. Intanto una merce infetterà l'altra mediante il suo rapporto di valore con essa, i prezzi dell'oro o dell'argento si conguaglieranno a poco per volta nelle proporzioni determinate dai loro stessi valori, finché in conclusione tutti i valori delle merci verranno stimati in corrispondenza al nuovo valore del metallo-denaro. Questo processo di conguaglio è accompagnato dall'aumento continuo dei metalli nobili, i quali affluiscono sostituendo le merci scambiate direttamente con essi. Quindi nella stessa misura che si generalizza la correzione della tariffa dei prezzi delle merci, ossia che i valori delle merci vengono stimati a norma del nuovo valore del metallo, caduto e che continua a cadere fino a un certo punto, è già presente la massa supplementare di esso necessaria alla realizzazione della correzione stessa. Un'osservazione unilaterale dei fatti che seguirono alla scoperta delle nuove fonti d'oro e d'argento, indusse nel secolo XVII e specialmente nel secolo XVIII all'erronea conclusione che i prezzi delle merci fossero saliti perché funzionavano come mezzo di circolazione più oro e più argento. In quanto segue, il valore dell'oro vien presupposto come dato, come di fatto è dato nel momento della stima dei prezzi.

Dunque, dato questo presupposto, la massa dei mezzi di circolazione è determinata dalla somma da realizzarsi dei prezzi delle merci. Poniamo inoltre come dato il prezzo di ogni genere di merci: in questo caso, la somma dei prezzi delle merci dipende evidentemente dalla massa di merci che si trova in circolazione. Non c'è bisogno di rompersi molto la testa per capire che se 1 quintale di grano costa 10 Euro, 100 quintali costeranno 1.000 Euro, 200 quintali 2.000 Euro, ecc., e quindi con la massa del grano deve crescere la massa del denaro che nella vendita cambia di posto con esso.

Presupposta come data la massa delle merci, la massa del denaro circolante fluttua in un senso e nell'altro con le oscillazioni di prezzo delle merci. Sale e cade per il fatto che la somma dei prezzi delle merci aumenta o decresce in seguito al loro cambiamento di prezzo. E non è affatto necessario, per questo, che i prezzi delle merci salgano o cadano contemporaneamente. Il rialzo di prezzo in un caso o il ribasso di prezzo nell'altro caso di un certo numero di articoli fondamentali, è sufficiente per far rialzare o ribassare la somma da realizzarsi dei prezzi di tutte le merci circolanti, e quindi anche per mettere in circolazione più o meno denaro. L'effetto sulla massa dei mezzi di circolazione è il medesimo, sia che la variazione di prezzo delle merci rispecchi reali variazioni di valore, o che rispecchi semplici oscillazioni dei prezzi di mercato.

Sia dato un certo numero di vendite, ossia metamorfosi parziali, non connesse fra di loro, contemporanee e quindi che si svolgono l'una accanto all'altra nello spazio, per esempio, di 1 quintale di grano, 20 metri di tela, 1 Bibbia, 5 litri di acquavite di grano. Se il prezzo di ogni articolo è di 10 Euro, e la somma dei prezzi che deve essere realizzata è dunque di 40 Euro, deve restare nella circolazione una massa di denaro di 40 Euro. Se invece le medesime merci costituiscono anelli della nota serie di metamorfosi: 1 quintale di grano – 10 Euro - 20 metri di tela - 10 Euro - 1 Bibbia - 10 Euro – 5 litri di acquavite di grano - 10 Euro, in questo caso i 10 Euro fanno circolare le varie merci secondo i loro turni, realizzando a turno i loro prezzi, e quindi anche la somma dei prezzi, 40 Euro, per riposare alla fine nelle mani del distillatore. I 10 Euro compiono quattro giri. Questo ripetuto cambiamento di posto delle stesse monete rappresenta il doppio cambiamento di forma della merce, il movimento di essa attraverso due stadi opposti della circolazione e l'intrecciarsi delle metamorfosi di differenti merci[76]. Le fasi, opposte e integrantisi a vicenda, attraverso le quali passa questo processo, non possono avvenire l'una accanto all'altra nello spazio, ma possono soltanto seguirsi temporalmente, l'una successivamente all'altra. Quindi la misura della durata di tale processo è costituita da periodi di tempo; ossia: il numero dei giri delle stesse monete in un tempo dato misura la velocità del corso del denaro. Duri, per esempio, il processo di circolazione di quelle quattro monete, un giorno. Allora la somma dei prezzi che deve essere realizzata ammonta a 40 Euro, il numero dei giri delle stesse monete durante il giorno ammonta a quattro, e la massa del denaro circolante ammonta a 10 Euro. Ossia, per un periodo dato del processo di circolazione, si ha:

Somma dei prezzi delle merci / Numero dei giri di monete di eguale nome = massa del denaro funzionante come mezzo di circolazione.

Questa legge ha validità generale.

Il processo di circolazione di un paese in un periodo dato comprende certo da una parte molte vendite (o compere) frammentarie, contemporanee e coincidenti nello spazio, ossia metamorfosi parziali, nelle quali le stesse monete cambiano solo una volta il loro posto, ossia compiono solo un giro; e dall'altra parte molte serie di metamorfosi, più o meno articolate, in parte parallele, in parte che si intrecciano l'una con l'altra, nelle quali le stesse monete fanno un numero maggiore o minore di giri. Il numero complessivo dei giri di tutte le monete di eguale conio che si trovano in circolazione dà tuttavia il numero medio dei giri della singola moneta, ossia la velocità media del corso del denaro. La massa di denaro che per esempio. viene gettata nel processo quotidiano di circolazione al suo inizio, è naturalmente determinata dalla somma dei prezzi delle merci circolanti contemporaneamente e giustapposte nello spazio. Ma all'interno del processo, una moneta vien fatta, per cosi dire, responsabile per l'altra. Se la prima aumenta la sua velocità di corso, quella dell'altra rimane paralizzata, oppure questa fugge completamente fuori dalla sfera della circolazione, poiché questa può assorbire soltanto una massa d'oro che, moltiplicata per il numero medio dei giri del suo singolo elemento, è eguale alla somma dei prezzi che deve essere realizzata. Se quindi cresce il numero dei giri delle monete, diminuisce la loro massa circolante. Se diminuisce il numero dei loro giri, cresce la loro massa. Poichè la massa del denaro che può funzionare come mezzo di circolazione è data quando sia data la velocità media, basta semplicemente per esempio. gettare nella circolazione una quantità determinata di biglietti di banca da una sterlina, per cacciarne fuori altrettante "sovrane" (sterline d’oro); trucco conosciutissimo da tutte le banche.

Come nel corso del denaro si presenta in genere soltanto il processo di circolazione delle merci, cioè la loro circolazione attraverso metamorfosi opposte; così nella velocità della circolazione del denaro si presenta la velocità delle loro trasformazioni, il continuo inserirsi l'una nell'altra delle serie di metamorfosi, lo incalzare del ricambio organico, il rapido scomparire delle merci dalla sfera della circolazione e la loro altrettanto rapida sostituzione con nuove merci. Nella velocità del corso del denaro appare dunque la unità fluida delle fasi opposte che si integrano a vicenda: trasformazione della figura di uso in figura di valore, e ritrasformazione della figura di valore in figura di uso, ossia dei due processi della vendita e della compera. Viceversa, nel rallentamento del corso del denaro appare la separazione e il farsi indipendenti e opposti di quei processi, il ristagno del cambiamento delle forme e quindi del ricambio materiale. Di dove venga tale ristagno non si può vedere naturalmente dall'aspetto della circolazione, la quale ci mostra soltanto il fenomeno. Alla intuizione popolare che vede il denaro apparire e scomparire meno spesso in tutti i punti periferici della circolazione quando si rallenti il corso del denaro, sembra ovvio interpretare il fenomeno come insufficienza della quantità dei mezzi di circolazione[77].

La quantità complessiva del denaro che in ciascun periodo Ai tempo funziona come mezzo di circolazione è dunque determinata, da una parte dalla somma dei prezzi del mondo delle merci circolanti, dall'altra parte dal flusso più lento o più veloce dei loro opposti processi di circolazione; da questo flusso dipende qual parte di quella somma dei prezzi possa venire realizzata mediante le medesime monete. Ma la somma dei prezzi delle merci dipende tanto dalla massa quanto dai prezzi di ogni genere di merci. Però i tre fattori: il movimento dei prezzi, la massa circolante delle merci e infine la velocità di corso della moneta, possono variare in direzione differente e in rapporti differenti; e la somma dei prezzi che va realizzata, e quindi la massa dei mezzi di circolazione ch'essa richiede, può passare anch'essa per numerosissime combinazioni. Qui enumeriamo quelle più importanti nella storia dei prezzi delle merci.

Eguali rimanendo i prezzi delle merci, la massa dei mezzi di circolazione può aumentare perchè s'accresce la massa delle merci circolanti oppure perchè diminuisce la velocità di corso del denaro, o quando cooperano l'uno e l'altro fenomeno. La massa dei mezzi di circolazione può viceversa diminuire col diminuire della massa delle merci o col crescere della velocità di circolazione.

A prezzi delle merci generalmente crescenti, la massa dei mezzi di circolazione può rimanere eguale, se la massa delle merci circolanti diminuisce nella stessa proporzione dell'aumento del suo prezzo, oppure se la velocità di corso del denaro s'accresce altrettanto rapidamente del rialzo dei prezzi, mentre la massa circolante di merci rimane costante. La massa dei mezzi di circolazione può cadere, per il fatto che la massa delle merci diminuisce, oppure perchè la rapidità del corso s'accresce più rapidamente dei prezzi.

A prezzi delle merci generalmente calanti, la massa dei mezzi di circolazione può rimanere eguale, a patto che la massa delle merci cresca nella stessa proporzione della caduta del loro prezzo, oppure che la velocità del corso del denaro decresca nella stessa proporzione dei prezzi. Essa può crescere quando la massa delle merci cresca più rapidamente oppure la velocità di circolazione diminuisca più rapidamente di quanto cadano i prezzi delle merci.

Le variazioni dei diversi fattori si possono compensare reciprocamente, cosicché, nonostante la sua continua instabilità, la somma complessiva da realizzare dei prezzi, delle merci rimanga costante, come anche la massa circolante di denaro. Si ha quindi, in ispecie, considerando periodi di una certa durata, un livello medio della massa di denaro circolante in ogni paese ben più costante di quanto a prima vista ci si potrebbe aspettare; e, eccezione fatta di gravi perturbazioni che sorgono periodicamente dalle crisi di produzione e dalle crisi commerciali, e più di rado da una variazione del solo valore del denaro, si hanno deviazioni da quel livello medio ben minori di quanto ci si potrebbe aspettare a prima vista.

La legge, che la quantità dei mezzi di circolazione è determinata dalla somma dei prezzi delle merci circolanti e dalla velocità media del corso del denaro[78], può anche essere espressa così: data la somma di valore delle merci e data la velocità media delle loro metamorfosi, la quantità del denaro ossia del materiale monetario in corso, dipende dal suo proprio valore. L'illusione che i prezzi delle merci, viceversa, siano determinati dalla massa dei mezzi di circolazione, e questa massa sia determinata a sua volta dalla massa del materiale monetario che si trova in un dato pace[79], ha la sua radice, nei suoi primi sostenitori, nell'ipotesi assurda che entrino merci senza prezzo e denaro senza valore nel processo della circolazione, dove poi una parte aliquota del pastone di merci si scambierebbe con una parte aliquota del mucchio di metallo[80].

c) La moneta. Il segno del valore.

Dalla funzione del denaro come mezzo di circolazione sorge la sua figura di moneta. La parte di peso d'oro rappresentata nel prezzo ossia nel nome in denaro delle merci, deve presentarsi di contro ad esse, nella circolazione, come pezzo d'oro di identico nome, ossia moneta. Come già la definizione della scala di misura dei prezzi, la monetazione è affare che spetta allo Stato. Nelle differenti uniformi nazionali che oro e argento portano quando sono moneta, ma che poi tornano a svestire sul mercato mondiale, si fa luce la distinzione fra le sfere interne o nazionali della circolazione delle merci e la loro sfera generale, il mercato mondiale.

Dunque, moneta aurea e oro in verghe si distinguono per nascita soltanto per la loro figura, e l'oro può costantemente trasmutarsi da una forma nell'altra[81]. La strada per uscire dalla moneta, però, è la stessa che conduce al crogiuolo di fusione. Infatti le monete auree, nel loro corso, si consumano a poco a poco, una più, l'altra meno. Titolo aureo e sostanza aurea, contenuto nominale e contenuto reale cominciano il loro processo di separazione. Monete d'oro dello stesso nome diventano di valore diseguale, perchè sono di peso diseguale. L'oro come mezzo di circolazione si allontana dall'oro come scala di misura dei prezzi, cessando, quindi, anche d'essere equivalente reale delle merci i cui prezzi esso realizza. La storia di questi disordini, costituisce la storia della monetazione del Medioevo e dell'età moderna fino al secolo XVIII. La tendenza naturale del processo della circolazione, a trasformare in apparenza d'oro l'essere d'oro della moneta, ossia la tendenza a trasformare la moneta in un simbolo del suo contenuto metallico ufficiale, è riconosciuta perfino dalle leggi più recenti sul grado di perdita di metallo che può mettere fuori corso ossia demonetizzare una moneta d'oro.

Se lo stesso corso del denaro separa il contenuto reale dal contenuto nominale della moneta, ossia separa la sua esistenza di metallo dalla sua esistenza funzionale, questo significa che in esso è latente la possibilità di sostituire il denaro metallico, nella sua funzione di moneta, con marche di altro materiale, ossia con simboli. Le difficoltà tecniche della monetazione di parti di peso estremamente minuscole d'oro o d'argento, e la circostanza che originariamente servono come misura di valore metalli meno pregiati invece dei più pregiati, argento invece d'oro, rame invece d'argento, e quindi sono essi a circolare come denaro nel momento che il metallo più nobile li detronizza, spiegano storicamente la funzione delle marche di argento e di rame come sostituti della moneta aurea. Essi sostituiscono l'oro in quei cieli della circolazione delle merci, dove la moneta circola più rapidamente e quindi si logora più rapidamente, cioè dove le vendite e le compere su scala minima si rinnovano incessantemente. Per impedire che questi satelliti si stabiliscano al posto dell'oro, vengono stabilite per legge le bassissime proporzioni nelle quali esclusivamente essi debbono essere accettati in luogo di pagamento al posto dell'oro. I vari cicli nei quali hanno corso le varie specie di moneta s'intersecano naturalmente a vicenda. La moneta divisionale appare accanto all'oro per il pagamento di frazioni della moneta d'oro minima; l'oro entra costantemente nella circolazione di dettaglio, ma ne viene con altrettanta costanza messo fuori mediante il cambio con moneta divisionale[82].

Il contenuto metallico delle marche d'argento o di rame è determinato arbitrariamente dalla legge. Durante il loro corso, esse si logorano anche più rapidamente della moneta d'oro. La loro funzione di moneta diviene quindi, in realtà, completamente indipendente dal loro peso, cioè da ogni valore. L'esistenza di moneta dell'oro si separa completamente dalla sua sostanza di valore. Quindi cose che sono, relativamente, senza valore, cedole di carta, possono funzionare in vece sua come moneta. Nelle marche metalliche di denaro il carattere puramente simbolico è ancora in certo modo latente. Nella carta moneta esso salta agli occhi. E’ proprio vero: " Ce n'est que le premier pas qui coute ".

Qui si tratta solo della carta moneta statale a corso forzoso. Essa nasce direttamente dalla circolazione metallica. La moneta di credito è sottoposta invece a rapporti che ancora ci sono completamente sconosciuti, dal punto di vista della circolazione semplice delle merci. Notiamo tuttavia, di passaggio, che come la carta moneta vera e propria sorge dalla funzione del denaro come mezzo di circolazione, la moneta di credito ha la sua radice naturale nella funzione del denaro come mezzo di pagamento[83].

Lo Stato getta nel processo della circolazione, dal di fuori, cedole di carta sulle quali sono stampati nomi di denaro, come 5 Euro, 10 Euro, ecc. Finché esse circolano realmente al posto della somma di oro dello stesso peso, nel loro movimento si rispecchiano soltanto le leggi del corso dei denaro. Una legge specifica della circolazione cartacea può sorgere soltanto dal suo rapporto con l'oro, in quanto essa è rappresentante di quest'ultimo. Tale legge è semplicemente questa: l'emissione di carta moneta dev'essere limitata alla quantità nella quale dovrebbe realmente circolare l'oro (o l'argento) da essa simbolicamente rappresentato. Ora, è vero che la quantità d'oro che può essere assorbita dalla sfera della circolazione oscilla costantemente al di sopra o al di sotto di un certo livello medio; tuttavia la massa del mezzo circolante noti cala mai, in un dato paese, al di sotto di un certo minimo stabilito in base all'esperienza. Che questa massa minima rinnovi costantemente gli elementi che la costituiscono, che cioè essa consista di monete d'oro sempre nuove, non cambia naturalmente nulla al suo volume né al suo costante aggirarsi nella sfera della circolazione. Quindi essa può essere sostituita con simboli cartacei. Ma se oggi tutti i canali della circolazione vengono riempiti di carta moneta al pieno limite della loro capacità d'assorbimento di denaro, domani essi potranno essere sovrappieni, in conseguenza delle oscillazioni della circolazione delle merci. Ogni misura è perduta. Ma se la carta sorpassa la sua misura, cioè la quantità di moneta d'oro della medesima denominazione che potrebbe circolare, essa rappresenta entro il mondo delle merci, e astrazione fatta dal pericolo d'un discredito generale, ormai soltanto la quantità di oro determinata dalle sue leggi immanenti, e quindi anche l'unica che possa rappresentare. Se la massa di cedole rappresenta, per esempio, per ogni cedola due grammi d'oro invece di uno, di fatto un Euro, diremo per esempio, diventa la denominazione in denaro di un ottavo di grammo, invece che di un quarto di grammo. L'effetto è lo stesso che se si fosse alterato l'oro, nella sua funzione di misura dei prezzi. Gli stessi valori quindi che prima si esprimevano nel prezzo di un Euro, si esprimono ora nel prezzo di due Euro.

La carta moneta è segno d'oro, cioè segno di denaro. Il suo rapporto coi valori delle merci sta solo nel fatto che questi vengono espressi idealmente con le medesime quantità d'oro che sono rappresentate simbolicamente e visibilmente dalla carta. La carta moneta è segno di valore solo in quanto rappresenta quantità d'oro che sono anche quantità di valori, come tutte le altre quantità di merci[84].

Si domanda, infine, perchè l'oro possa essere sostituito con semplici segni di se stesso, senza alcun valore proprio. Ma, come s'è visto, esso è sostituibile a questo -nodo solo in quanto viene isolato o reso indipendente nella sua funzione di moneta o mezzo di circolazione. Ora, il fatto che questa funzione diventi indipendente, non ha luogo, è vero, per le singole monete d'oro, benché esso si presenti quando monete d'oro logorate continuano a circolare; le monete d'oro sono semplici monete o mezzi di circolazione esattamente soltanto finché, circolano realmente. Tuttavia, quel che non vale per la singola moneta d'oro, vale per la massa minima d'oro sostituibile con la carta moneta. Questa abita costantemente nella sfera della circolazione, funziona continuamente come mezzo di circolazione, ed esiste quindi soltanto come depositaria di questa funzione. Dunque il suo movimento rappresenta soltanto il continuo trasformarsi l'uno nell'altro dei processi opposti della metamorfosi delle merci M-D-M: nel quale fenomeno, la figura di valore della merce si presenta di contro alla merce solo per tornare a scomparire immediatamente. La rappresentazione indipendente del valore di scambio della merce è qui solo un momento fuggevole. Quindi, in un processo che fa passare costantemente il denaro da una mano all'altra, è sufficiente anche la sua esistenza puramente simbolica. Per così dire, la sua esistenza funzionale assorbe la sua esistenza materiale. Riflesso dileguante oggettivato dei prezzi delle merci, esso funziona ormai soltanto come segno di se stesso, e quindi può esser sostituito con segni[85]. Solo che il segno del denaro ha bisogno di una sua propria validità oggettivamente sociale: e il simbolo cartaceo ottiene tale validità mediante il corso forzoso. Questa coercizione dello Stato è valida solo all'interno di una sfera di circolazione circoscritta dai confini di una comunità, ossia interna; ma del resto, solo in essa il denaro si risolve completamente nella propria funzione di mezzo di circolazione o moneta, e può quindi ricevere nella carta moneta un genere di esistenza esternamente separato dalla sua sostanza metallica e puramente funzionale.

3. DENARO.

La merce che funziona come misura del valore e quindi anche, di persona o per rappresentante, come mezzo di circolazione, è denaro. L'oro (o l'argento) è quindi denaro. Come denaro esso funziona, da una parte, quando è costretto a presentarsi nella sua aurea (o argentea) corporeità personale, quindi come merce denaro: dunque né solo idealmente, come nella misura del valore, né capace di essere rappresentato, come nel mezzo di circolazione; dall'altra parte, quando la sua funzione, tanto se esso la compie in persona propria o per mezzo di rappresentante, lo fissa, di contro a tutte le altre merci come puri valori d'uso, quale unica figura di valore o unica esistenza adeguata del valore di scambio.

a) Tesaurizzazione.

Il movimento ciclico continuativo delle due metamorfosi opposte delle merci, ossia il fluido capovolgersi di vendita in compra e di compra in vendita si presenta nell'incessante corso del denaro ossia nella funzione del denaro, di perpetuum mobile della circolazione. Esso viene immobilizzato; cioè, come dice il Boisguillebert, da meuble diventa immeuble, da moneta diventa denaro, appena la serie delle metamorfosi viene interrotta, e la vendita non è integrata da una compera successiva.

Col primo svilupparsi della stessa circolazione delle merci si sviluppa la necessità e la passione di fissare il prodotto della prima metamorfosi, la figura trasformata della merce, ossia la sua crisalide d'oro[86]. Si vende merce non per comprar merce, ma per sostituire forma di merce con forma di denaro. Questo cambiamento di forma diventa, da semplice intermediario del ricambio organico, fine a se stesso. Alla forma alienata della merce s'impedisce di funzionare come forma assolutamente alienabile della merce stessa, ossia come forma di denaro che non ha altro che da scomparire. Così il denaro si pietrifica in tesoro e il venditore di merci diventa tesaurizzatore.

Ai veri e propri inizi della circolazione delle merci soltanto l'eccedenza di valori d'uso si cambia in denaro. Oro e argento diventano così di per se stessi espressioni sociali della sovrabbondanza ossia della ricchezza. Questa forma ingenua di tesaurizzazione si perpetua fra i popoli presso i quali una cerchia saldamente conchiusa di esigenze corrisponde al modo di produzione tradizionale e diretto a soddisfare i bisogni personali. Così avviene fra i popoli asiatici, e in ispecie fra gli indiani. Il Vanderlint, il quale suppone che i prezzi delle merci vengano determinati dalla massa dell'oro o dell'argento che si trova in un paese, si chiede: perchè le merci indiane sono a così buon mercato? Risposta: perchè gli indiani seppelliscono il denaro. Ed osserva: dal 1602 al 1734 essi hanno seppellito centocinquanta milioni di sterline in argento, che originariamente erano venuti dall'America in Europa[87]. Dal 1856 al 1866, cioè in dieci anni, l'Inghilterra ha esportato in India e in Cina (il metallo esportato in Cina riaffluisce per la massima parte in India) centoventi milioni di lire sterline in argento, che era stato prima scambiato con oro australiano.

Con lo svilupparsi ulteriore della produzione di merci, nessun produttore di merci può fare a meno di assicurarsi il nervus rerum, il "pegno sociale"[88]. 1 suoi bisogni si rinnovano incessantemente e impongono un incessante acquisto di merce altrui, mentre invece la produzione e la vendita della sua merce costano tempo e dipendono da circostanze casuali. Per comprare senza vendere egli deve avere in precedenza venduto senza comprare. Questa operazione, eseguita su scala generale, sembra intrinsecamente contraddittoria. Tuttavia, i metalli nobili, alla loro fonte di produzione, vengono scambiati direttamente con altre merci. Qui ha luogo una vendita (da parte del possessore di merci) senza compra (da parte del possessore d'oro o di argento)[89]. E le ulteriori vendite senza compere che le seguono procurano semplicemente l'ulteriore distribuzione dei metalli nobili fra tutti possessori di merci. Così, su tutti i punti del traffico sorgono tesori d'oro e tesori d'argento, di volume differentissimo. Con la possibilità di tener ferma la merce come valore di scambio, o il valore di scambio come merce, si sveglia la brama dell'oro. Con l'estensione della circolazione delle merci cresce il potere del denaro, della forma sempre pronta, assolutamente sociale, della ricchezza. "Mirabile cosa è l'oro! Chi lo possiede, è padrone di tutto ciò che desidera. Con l'oro si possono perfino far pervenire le anime in paradiso!" (Colombo, Lettera dalla Giamaica, 1503). Poichè non si può vedere dall'aspetto del denaro che cosa sia trasformato in esso, tutto, merce o no. si trasforma in denaro. Tutto diventa vendibile o acquistabile. La circolazione diventa il grande alambicco sociale dove tutto affluisce per tornare a uscirne come cristallo di denaro. A questa alchimia non resistono neppure le ossa dei santi e meno ancora altre meno rozze res sacrosanctae, extra commercium hominuni[90]. Come nel denaro è cancellata ogni distinzione qualitativa delle merci, il denaro cancella per parte sua, leveller radicale, tutte le distinzioni[91]. Ma anche il denaro è merce, una cosa esterna, che può diventare proprietà privata di ognuno. Così la potenza sociale diventa potenza privata della persona privata. Perciò la società antica lo denuncia come moneta dissolvitrice del suo ordinamento economico e politico[92].

La società moderna che già dalla sua prima infanzia ha preso Plutone pei capelli, e lo va traendo fuori dalle viscere della terra[93], saluta nell'aureo Gral la splendente incarnazione del suo principio di vita più proprio.

La merce come valore d'uso soddisfa un bisogno particolare e costituisce un elemento particolare della ricchezza materiale. Ma il valore della merce misura il grado della sua forza d'attrazione su tutti gli elementi della ricchezza materiale, quindi sulla ricchezza sociale del suo possessore. Per il possessore di merci barbaro e semplice, o anche per un contadino dell'Europa occidentale, il valore è inseparabile dalla forma di valore, e quindi per lui l'accrescimento del tesoro aureo e argenteo è accrescimento di valore. E certo, il valore del denaro è variabile, sia in conseguenza delle proprie variazioni di valore, sia in conseguenza delle variazioni di valore delle merci: ma questo non impedisce, da una parte, che duecento grammi d'oro contengano, prima o poi, più valore di cento, trecento più di duecento, ecc., né, dall'altra parte, che la forma metallica naturale di questa cosa rimanga la forma generale di equivalente di tutte le merci, l'incarnazione, immediatamente sociale, di tutto il lavoro umano. L'impulso alla tesaurizzazione è per natura senza misura. Il denaro è, qualitativamente ossia secondo la sua forma senza limiti; cioè è rappresentante generale della ricchezza materiale, perchè è immediatamente convertibile in ogni merce. Ma allo stesso tempo ogni somma reale di denaro è limitata quantitativamente, e quindi è anche soltanto mezzo d'acquisto di efficacia limitata. Questa contraddizione fra il limite quantitativo e l'illimitatezza qualitativa del denaro risospinge sempre il tesaurizzatore al lavoro di Sisifo dell'accumulazione. Al tesaurizzatore succede come al conquistatore del mondo: la conquista di un nuovo paese è solo la conquista di un nuovo confine.

Per tener fermo l'oro come denaro e quindi come elemento della tesaurizzazione, gli si deve impedire di circolare, ossia di risolversi come mezzo di acquisto in mezzo di consumo. Quindi il tesaurizzatore sacrifica i suoi piaceri carnali al feticcio oro. Egli prende sul serio il vangelo della rinuncia. D’altra parte, egli può sottrarre in denaro alla circolazione solo quel che le dà in merci. Tanto più produce, tanto più può vendere. Quindi le sue virtù cardinali sono: laboriosità, risparmio e avarizia. poiché la somma della sua economia politica è: vender molto, comprar poco[94].

Accanto alla forma immediata della tesaurizzazione c'è quella estetica, il possesso di mercanzie d'oro e d'argento, che cresce con la ricchezza della società civile: Soyons riches ou paraissons riches (Diderot). Così si forma, in parte, un mercato sempre più esteso per l'oro e l'argento, indipendentemente dalle loro funzioni come denaro, in parte, una fonte latente d'afflusso del denaro, la quale scorre specialmente in periodi di tempeste sociali.

La tesaurizzazione adempie a diverse funzioni nell'economia della circolazione metallica. La prima sorge dalle condizioni del corso della moneta aurea o argentea. S'è visto come la massa del denaro in corso sia incessantemente in flusso e riflusso a seconda delle costanti oscillazioni di volume, di prezzi e di velocità della circolazione delle merci; essa dev'essere quindi suscettibile di contrazione e di espansione. Ora si deve attrarre nella circolazione denaro, nella sua qualità di moneta; ora se ne deve respingere moneta, nella sua qualità di denaro. Affinché la massa di denaro che è realmente in corso corrisponda sempre al grado di saturazione della sfera della circolazione, la quantità di oro o di argento presente in un paese deve essere maggiore di quella impegnata nella funzione di moneta. A questa condizione adempie la forma di tesoro del denaro. Le riserve dei tesori servono assieme come canali di deflusso e di afflusso del denaro circolante, il quale quindi non fa mai straboccare i suoi canali circolatori[95].

b) Mezzo di pagamento.

Nella forma immediata della circolazione delle merci che finora abbiamo considerato, la medesima grandezza di valore è sempre stata presente due volte: merce a un polo, denaro al polo opposto. Quindi i possessori di merci entravano in contatto soltanto come rappresentanti di equivalenti già esistenti e reciproci. Però, con lo sviluppo della circolazione delle merci, si sviluppano situazioni per le quali la cessione della merce viene separata nel tempo dalla realizzazione del suo prezzo. Qui basta accennare le più semplici di tali situazioni. Un genere di merce esige per la sua produzione una durata maggiore, un altro una durata minore. La produzione di differenti merci è connessa a stagioni differenti. Una merce nasce sul suo mercato, l'altra deve viaggiare verso un mercato lontano. Quindi un possessore di merci può presentarsi come venditore, prima che l'altro possa presentarsi come compratore. Quando si abbia un continuo ritorno delle stesse transazioni fra le stesse persone, le condizioni di vendita delle merci si regolano secondo le loro condizioni di produzione. D'altra parte l'uso di alcuni generi di merci, per esempio d'una casa, viene venduto per un periodo di tempo determinato. Il compratore ha ricevuto realmente il valore d'uso della merce solo alla scadenza del periodo di affitto. Quindi la compra prima di pagarla. Un possessore di merci vende merce esistente, l'altro compra come puro e semplice rappresentante di denaro o come rappresentante di denaro futuro. Il venditore diventa creditore, il compratore diventa debitore. Poichè qui muta la metamorfosi della merce ossia lo sviluppo della sua forma di valore, anche al denaro è assegnata un'altra funzione. Esso diventa mezzo di pagamento[96].

Il carattere di creditore o quello di debitore sorge qui dalla circolazione semplice delle merci. La variazione delle forme di essa impone questa nuova impronta al venditore e al compratore. In un primo momento dunque si tratta di funzioni fugaci e alternativamente esercitate dagli stessi agenti della circolazione, altrettanto che quelle del venditore e del compratore. Però ora l'opposizione ha già per sua natura un aspetto meno alla buona, ed è capace di maggiore cristallizzazione[97]. Ma gli stessi caratteri possono presentarsi anche in maniera indipendente dalla circolazione delle merci. La lotta delle classi nel mondo antico, per esempio., si muove principalmente nella forma di una lotta fra creditore e debitore, e in Roma finisce con la disfatta del debitore plebeo, che viene sostituito dallo schiavo. Nel Medioevo la lotta finisce con la disfatta del debitore feudale, che ci rimette, con la base economica, la sua potenza politica. Tuttavia qui la forma di denaro - e il rapporto di creditore e debitore ha la forma d'un rapporto di denaro - rispecchia solo l'antagonismo di più profonde condizioni economiche di vita.

Ritorniamo alla sfera della circolazione delle merci. E’ cessata la comparsa simultanea degli equivalenti merce e denaro ai due poli del processo di vendita. Ora il denaro funziona, in primo luogo, come misura di valore nella determinazione del prezzo della merce venduta. Il prezzo di questa, come contrattualmente stabilito, misura l'obbligazione del compratore, cioè la somma di denaro ch'egli deve dare a una scadenza determinata. In secondo luogo funziona come mezzo ideale di compera. Benché esista solo nella promessa di denaro del compratore, ha per effetto il cambiamento di mano delle merci. Solo alla scadenza del termine di pagamento il mezzo di pagamento entra realmente in circolazione, cioè passa dalla mano del compratore in quella del venditore. Il mezzo di circolazione s'era trasformato in tesoro, perchè il processo di circolazione s'era interrotto con la prima fase, ossia perchè la figura trasformata della merce era stata sottratta alla circolazione. Il mezzo di pagamento entra nella circolazione, ma dopo che la merce ne è già uscita. Non è più il denaro a mediare il processo. Lo conclude, in maniera indipendente, come esistenza assoluta del valore di scambio o merce universale. Il venditore aveva trasformato merce in denaro per soddisfare mediante il denaro un bisogno; il tesaurizzatore, per conservare la merce in forma di denaro; il compratore debitore, per poter pagare. Se non paga, hanno luogo vendite forzate dei suoi averi. Quindi, la figura di valore della merce, il denaro. diventa ora fine a se stesso della vendita, per una necessità sociale che sgorga dalle condizioni stesse del processo di produzione.

Il compratore riconverte il denaro in merce prima di avere trasformato merce in denaro, cioè compie la seconda metamorfosi della merce anteriormente alla prima. La merce del venditore circola, ma realizza il suo prezzo soltanto in un titolo di diritto privato sul denaro. Si trasforma in valore d'uso, prima di essersi trasformata in denaro. La prima metamorfosi si compie solo più tardi[98].

In ogni periodo determinato del processo di circolazione le obbligazioni venute a scadenza rappresentano la somma dei prezzi delle merci, la vendita delle quali ha provocato quelle obbligazioni. La massa di denaro necessaria alla realizzazione di questa somma dei prezzi dipende, in primo luogo, dalla velocità del corso dei mezzi di pagamento. Essa risulta da due circostanze: la concatenazione dei rapporti fra creditore e debitore, cosicchè A, il quale riceve denaro dal suo debitore B, lo versa a sua volta al proprio creditore C; e l'intervallo di tempo fra i differenti termini di pagamento. Il processo a catena di pagamenti o prime metamorfosi ritardate si distingue in maniera essenziale dall'intreccio delle serie di metamorfosi sopra considerato. Nel corso del mezzo di circolazione la connessione fra venditori e compratori trova ben più che una semplice espressione. E’ proprio la connessione stessa che sorge nel corso del denaro e con esso. Invece, il movimento dei mezzi di pagamento esprime un nesso sociale già esistente e completo prima del movimento stesso.

La contemporaneità e la contiguità delle vendite limitano la sostituzione della massa di monete con la velocità della circolazione. Esse costituiscono d'altra parte una nuova leva nell'economia dei mezzi di pagamento. Con la concentrazione dei pagamenti nello stesso luogo si sviluppano per forza naturale istituzioni adatte e metodi per la compensazione dei pagamenti. Così, per esempio, i virements nella Lione medievale. Basta confrontare i crediti di A verso B, di B verso C, di C verso A, ecc. perché essi si eliminino reciprocamente come grandezze positive e grandezze negative, fino a un certo ammontare. Così rimane da saldare solo un bilancio di dare e avere. Quanto maggiore la massa concentrata dei pagamenti, tanto più piccolo, relativamente, il bilancio e quindi la massa dei mezzi di pagamento in circolazione.

La funzione del denaro come mezzo di pagamento implica una contraddizione immediata. Finché i pagamenti si compensano, il denaro funziona solo idealmente, come denaro di conto ossia misura dei valori. Appena si debbono compiere pagamenti reali, il denaro non si presenta come mezzo di circolazione, come forma del ricambio organico destinata solo a far da mediatrice e a scomparire, ma si presenta come incarnazione individuale del lavoro sociale, esistenza autonoma del valore di scambio, merce assoluta. Questa contraddizione erompe in quel momento delle crisi di produzione e delle crisi commerciali che si chiama crisi monetaria[99]. Essa avviene soltanto dove sono sviluppati pienamente il processo a catena continua dei pagamenti e un sistema artificiale per la loro compensazione. Quando si verificano turbamenti generali di questo meccanismo, e quale che sia l'origine di essi, il denaro si cambia improvvisamente e senza transizioni, e, da figura solo ideale della moneta di conto, eccolo denaro contante. Non è più sostituibile con merci profane. Il valore d'uso della merce è senza valore e il suo valore scompare dinanzi alla propria forma di valore. Il borghese aveva appena finito di dichiarare, con la presunzione illuministica derivata dall'ebbrezza della prosperità, che il denaro è vuota illusione. Solo la merce è denaro. E ora sul mercato mondiale rintrona il grido: " Solo il denaro è merce! ". Come il cervo mugghia in cerca d'acqua corrente, così la sua anima invoca denaro, l'unica ricchezza[100]. Nella crisi, l'opposizione fra la merce e la sua figura di valore, il denaro, viene fatta salire fino alla contraddizione assoluta. Perciò qui è indifferente anche la forma fenomenica del denaro. La carestia di denaro rimane la stessa sia che i pagamenti debbano esser fatti in oro o moneta di credito, per esempio. banconote[101].

Consideriamo ora il totale complessivo del denaro circolante in un periodo determinato: data la velocità dei corso dei mezzi di circolazione e di pagamento, quel totale complessivo è eguale alla somma del totale dei prezzi delle merci che devono essere realizzati, e del totale dei pagamenti venuti a scadenza, detratti i pagamenti che si compensano reciprocamente, e detratto infine quel certo numero di circuiti nei quali la stessa moneta funziona ora come mezzo di circolazione ora come mezzo di pagamento. Per esempio. il contadino vende il suo grano per 10 Euro, che così servono come mezzo di circolazione. Il giorno della scadenza egli paga con esse la tela che gli ha fornito il tessitore. I medesimi  10 Euro funzionano ora come mezzo di pagamento. Ora il tessitore acquista, per contanti, una Bibbia – i 10 Euro funzionano di nuovo come mezzo di pagamento - e così via. Quindi anche essendo dati prezzi, velocità del corso del denaro ed economia dei pagamenti, la massa di denaro corrente durante un periodo, per esempio. un giorno, e la massa circolante delle merci, non coincidono più oltre. C'è in corso del denaro che rappresenta merci da tempo sottratte alla circolazione. Circolano merci, il cui equivalente in denaro apparirà solo in futuro. D'altra parte, i pagamenti contratti ogni giorno e quelli venuti a scadenza lo stesso giorno sono grandezze completamente incommensurabili[102].

La moneta di credito proviene immediatamente dalla funzione del denaro come mezzo di pagamento, in quanto anche certificati di debito per le merci vendute riprendono a circolare, per la trasmissione dei crediti. D'altra parte, con l'estendersi del credito si estende la funzione del denaro come mezzo di pagamento. Come tale, esso riceve forme proprie di esistenza, con le quali si colloca nella sfera delle grandi transazioni commerciali; mentre la moneta d'oro o d'argento viene respinta soprattutto nella sfera del piccolo commercio[103].

A un certo grado di intensità e di ampiezza della produzione delle merci la funzione del denaro come mezzo di pagamento oltrepassa la sfera della circolazione delle merci. Il denaro diventa la merce generale dei contratti[104]. Rendite, imposte, ecc. si trasformano, da versamenti in natura, in pagamenti in denaro. Quanto tale trasformazione sia un portato della figura complessiva del processo di produzione, è dimostrato per esempio. dal tentativo dell'Impero romano, due volte fallito, di esigere tutti i tributi in denaro. L'enorme miseria della popolazione agricola francese sotto Luigi XIV, denunciata con tanta eloquenza dal Boisguillebert, dal maresciallo Vauban, ecc. non era dovuta soltanto all'altezza delle imposte, ma anche alla trasformazione dell'imposta in natura in imposta in denaro[105]. D'altra parte, se la forma naturale della rendita fondiaria, che in Asia costituisce anche l'elemento principale dell'imposta governativa, poggia colà su rapporti di produzione che si riproducono con la inalterabilità dei fenomeni naturali, questo modo di pagamento tende a conservare, a sua volta, per riflesso, l'antica forma di produzione; esso poi costituisce uno degli arcani dell'Impero turco per la propria conservazione. Se il commercio estero che l'Europa s'è degnata imporre al Giappone trarrà seco la trasformazione della rendita in natura in rendita in denaro, sarà finita per l'esemplare agricoltura di quel paese. Le ristrette condizioni economiche di esistenza che la rendono possibile si dissolveranno.

In ogni paese vengono stabiliti certi termini generali pei pagamenti; questi termini poggiano in parte, prescindendo da altri cicli della riproduzione, sulle condizioni naturali della produzione, vincolate alla vicenda delle stagioni; e regolano anche pagamenti che non sorgono direttamente dalla circolazione delle merci, come imposte, rendite, ecc. La massa di denaro richiesta in certi giorni dell'anno per questi pagamenti sparpagliati su tutta la superficie della società, provoca perturbazioni periodiche ma del tutto superficiali nell'economia dei mezzi di pagamento[106]. Dalla legge sulla velocità del corso dei mezzi di pagamento segue che per tutti i pagamenti periodici, qualunque ne sia la fonte, la massa necessaria dei mezzi di pagamento sta in rapporto diretto * con la lunghezza dei periodi fra i pagamenti[107].

Lo sviluppo del denaro come mezzo di pagamento rende necessarie accumulazioni di denaro per i termini di scadenza delle somme dovute. Mentre la tesaurizzazione come forma autonoma di arricchimento scompare col progredire della società civile, essa cresce, viceversa, di pari passo con esso, nella forma di fondi di riserva dei mezzi di pagamento.

c) Moneta mondiale.

Con la sua uscita dalla sfera interna della circolazione, il denaro torna a spogliarsi delle forme locali, colà sbocciate, di scala di misura dei prezzi, moneta, moneta divisionale, e segno di valore, e ricade nella forma originaria di verghe di metalli nobili. Nel commercio mondiale le merci dispiegano universalmente il loro valore. Dunque, la loro forma autonoma di valore si presenta quivi di fronte ad esse, ovviamente, come moneta mondiale. Solo sul mercato mondiale il denaro funziona in pieno come quella merce la cui forma naturale è allo stesso tempo forma immediatamente sociale di realizzazione del lavoro umano in abstracto. Il suo modo di esistenza diventa adeguato al suo concetto.

Nella sfera interna della circolazione solo una merce può servire come misura di valore e quindi come denaro. Sul mercato mondiale regna una doppia misura di valore, l'oro e l'argento[108].

La moneta mondiale funziona come mezzo generale di pagamento, mezzo generale d'acquisto e come materializzazione assolutamente sociale della ricchezza in genere (universal wealth). Predomina la funzione di mezzo di pagamento, per la compensazione dei bilanci internazionali. Da ciò la parola d'ordine del sistema mercantilistico: bilancia commerciale![109]. L'oro e l'argento servono da mezzo di acquisto internazionale essenzialmente tutte le volte che viene perturbato all'improvviso l'equilibrio abituale del ricambio organico fra varie nazioni. Servono infine come materializzazione assolutamente sociale della ricchezza quando non si tratta né di compera né di vendita, ma di trasferimento della ricchezza da un paese all'altro, e quando tale trasferimento in forma di merci è escluso o dalla congiuntura del mercato delle merci, o dallo scopo stesso che si deve ottenere[110].

Come per la sua circolazione interna, ogni paese ha bisogno d'un fondo di riserva per la circolazione sul mercato mondiale. Le funzioni dei tesori sorgono dunque, in parte dalla funzione del denaro come mezzo interno di circolazione e di pagamento, in parte dalla sua funzione come moneta mondiale110a. Per questa ultima parte si esige sempre la merce denaro reale, oro e argento in persona, ragione per la quale James Steuart caratterizza espressamente l'oro e l'argento, a differenza dei loro luogotenenti puramente locali, come money of the world.

Il movimento della corrente dell'oro e dell'argento è duplice. Da una parte si riversa, partendo dalle sue fonti, per tutto il mercato mondiale, dove viene deviato, in volume differente, dalle varie sfere nazionali di circolazione, per penetrare nei loro canali interni di circolazione, sostituire monete d'oro e d'argento logorate, fornire il materiale per merci di lusso e irrigidirsi nei tesori[111]. Questo primo movimento è mediato dallo scambio diretto fra i lavori nazionali realizzati in merci, e il lavoro realizzato in metalli nobili dei paesi produttori d'oro e d'argento. Dall'altra parte, l'oro e l'argento scorrono continuamente qua e là fra le differenti sfere di circolazione nazionali, in un movimento che segue le incessanti oscillazioni del corso dei cambi[112].

I paesi a produzione borghese sviluppata limitano al minimo richiesto dalle loro specifiche funzioni i tesori concentrati in massa nei serbatoi delle banche[113]. Con qualche eccezione, il fatto che i serbatoi di tesori siano colmi in modo notevole al di sopra dei loro livello medio, indica un ristagno della circolazione delle merci o una interruzione nel flusso della metamorfosi delle merci[114].1

NOTE


[50] Il problema, perché il denaro non rappresenti immediatamente il tempo di lavoro stesso, cosicché per esempio. un biglietto di carta rappresenti x ore di lavoro, si riduce semplicissimamente al problema, " perché sulla base della produzione di merci i prodotti di lavoro non possano rappresentarsi come merci, dal momento che la rappresentazione della merce implica il suo sdoppiamento in merce e merce-denaro ". Ossia " perché il lavoro privato non può esser trattato come lavoro immediatamente sociale, cioè, come il proprio contrario ". Ho esaminato estesamente altrove il superficiale utopismo di un " denaro-lavoro " sulla base della produzione di merci (K. MARX, Zur Kritik cit., p. 61 sgg.). Qui osserviamo ancora che il " denaro-lavoro ", Per esempio. di Owen, è " denaro " tanto poco come è denaro per esempio. uno scontrino per il teatro. L'Owen presuppone un lavoro immediatamente socializzato, cioè una forma di produzione diametralmente opposta alla produzione delle merci. Il certificato di lavoro constata soltanto la partecipazione individuale del produttore al lavoro comune e il suo diritto individuale alla parte del prodotto comune destinata al consumo. Ma a Owen non viene certo in mente di presupporre la produzione delle merci e pur tuttavia di volere aggirare le condizioni necessarie di essa con acciarpature monetarie.

[51] Il selvaggio o il semiselvaggio adopra la lingua in altra maniera. Il capitano Parry osserva per esempio., a proposito degli abitanti della costa occidentale della baia di Baffin: " In questo caso [si riferisce al baratto] ... essi leccavano (ciò che veniva loro offerto) per due volte, con il che essi sembravano considerare l'affare soddisfacentemente concluso ". Così pure presso gli eschimesi orientali il permutante leccava l'articolo ogni volta, nell'atto di riceverlo. Se dunque la lingua conta nel Nord come organo di appropriazione, non c'è da meravigliarsi che nel Sud il ventre conti come organo della proprietà accumulata e che il cafro stimi la ricchezza d'un uomo dal grasso della pancia. 1 cafri sono gente assai giudiziosa; poiché, mentre il rapporto inglese ufficiale sull'igiene del 1864 lamenta che una gran parte della classe operaia manchi di sostanze adipogene, un certo dott. Harvey, che non è lo scopritore della circolazione del sangue, fece nello stesso anno la propria fortuna con ricette pubblicitarie che promettevano di liberare la borghesia e l'aristocrazia dal peso del grasso superfluo.

[52] Vedi K. Marx, Zur Kritik cit.: Teorie dell'unità di misura del denaro, p. 53 sgg

[53] Nota alla seconda edizione. " Dovunque l'oro e l'argento esistono legalmente l'uno accanto all'altro come denaro, cioè come misura di valore, è sempre stato fatto l'inutile tentativo di trattarli come una unica e medesima materia. Se supponiamo che lo stesso tempo di lavoro si debba oggettivare immutabilmente nella stessa proporzione di oro e di argento, di fatto supponiamo che oro e argento siano la stessa materia, e che una massa determinata del metallo meno prezioso, dell'argento, costituisca la frazione invariabile di una determinata massa d'oro. Dal governo di Edoardo III fino all'epoca di Giorgio Il la storia della moneta trascorre per una serie continua di perturbazioni provenienti dalla collisione fra la fissazione legale del rapporto di valore fra oro e argento e le loro reali oscillazioni di valore. Ora si stimava troppo alto l'oro, ora si stimava troppo alto l'argento. Il metallo stimato troppo basso veniva sottratto alla circolazione, rifuso. ed esportato. Allora il rapporto di valore dei due metalli tornava ad essere cambiato con una legge, ma il nuovo valore nominale veniva presto, a sua ( ##) volta, nello stesso conflitto che aveva avuto il precedente con il rapporto reale di valore. Nel nostro tempo, la caduta del valore dell'oro in confronto con quello dell'argento in seguito alla domanda indocinese d'argento, pur se leggerissima e transitoria, ha generato su grande scala, in Francia, lo stesso fenomeno: esportazione d'argento e sua cacciata dalla circolazione da parte dell'oro. Durante gli anni 1855, 1856, 1857 l'eccedenza dell'importazione sulla esportazione dell'oro, in Francia, ammontò a 41.580.000 lire sterline, mentre l'eccedenza dell'esportazione sull'importazione d'argento è ammontata a 14.704.000 lire sterline. Infatti, nei paesi dove entrambi i metalli sono misura legale di valore e quindi si è obbligati ad accettarli entrambi in pagamento, ma chiunque può pagare a sua discrezione in oro o in argento, il metallo che aumenta di valore porta un aggio, e, come ogni altra merce, misura il proprio prezzo nel metallo sopravvalutato, mentre soltanto quest'ultima serve come misura di valore. Tutta l'esperienza storica in questo campo si riduce semplicemente al fatto che, dove per legge due merci provvedono alla funzione di misura del valore, in realtà, sempre una sola delle due mantiene la posizione " (K. MARX, Zur Kritik cit., pp. 52, 53).

[54] Nota alla seconda edizione. Il caso particolare dell'oncia d'oro inglese, che è l'unità di misura dell'oro ma non è suddivisa in parti aliquote, si spiega come segue: " La nostra monetazione originariamente era adattata soltanto all'impiego dell'argento, quindi un'oncia d'argento può esser sempre divisa in un certo numero corrispondente di spezzati; ma siccome l'oro venne introdotto solo più tardi, in una monetazione adattata solo all'argento, un'oncia d'oro non può esser coniata in un corrispondente numero di monete " (MACLAREIN, History of the currency, Londra, 1858, p. 16).

[55] Nota alla seconda edizione. Negli scritti inglesi è indicibile la confusione fra misura dei valori (measure of value) e scala dei prezzi (standard of value). Le funzioni, e quindi i loro nomi, vengono continuamente scambiate.

[56] Del resto, neppure questa successione ha validità storica generale.

[57] Nota alla seconda edizione. "Le monete le quali oggi sono ideali, sono le più antiche di ogni nazione, e tutte furono un certo tempo reali, e perché erano reali, con esse si contava" ( GALIANI, Della moneta, p. l53).

[58] Nota alla seconda edizione. Così la lira sterlina inglese indica meno d'un terzo del suo peso originario, la lira sterlina scozzese prima della unione indicava ormai soltanto 1/36, la livre francese 1/74, il maravedi spagnolo meno di 1/1000, il reis portoghese una frazione ancor molto minore.

[59] Nota alla seconda edizione. Il signor David Urquhart nei suoi Familiar words fa la seguente osservazione, a proposito del fatto mostruoso(!) che oggi una lira (sterlina), l'unità della scala

inglese di misura, sia all'incirca eguale a un quarto d'oncia d'oro: " E’ falsificazione d'una misura e non fissazione di una scala ". E trova la mano falsificatrice dell'incivilimento in questa " falsa denominazione " del peso aureo, come in tutto il resto.

[60] Nota alla seconda edizione. " Quando fu domandato ad Anacarsi a che scopo gli ateniesi usassero il denaro, rispose - per contare " (ATHENAEUs, Deipnosophistai, libro IV, 49, vol. Il [p. 120], ed. Schweighiuse 1802).

[61] Nota alla seconda edizione. " Poiché il denaro come scala di misura dei prezzi si presenta sotto gli stessi nomi di conto dei prezzi delle merci, e quindi per esempio. un'oncia d'oro viene espressa con 3 sterline 17 scellini e 10 pence e mezzo, allo stesso modo che il valore di una tonnellata di ferro, si sono chiamati questi suoi nomi di conto il suo prezzo di zecca. Di qui è nata la stravagante idea che l'oro (oppure l'argento) venga stimato nella sua propria materia e riceva un prezzo fisso di Stato a differenza di tutte le altre merci. La fissazione di nomi di conto di determinati pesi d'oro è stata presa per fissazione del valore di tali pesi " (K. Marx, Zur Kritik cit., p. 52).

[62] Cfr. Teorie dell'unità di misura del denaro in Zur Kritik cit., p. 53 sgg. Le fantasie sul rialzo e sul ribasso del " prezzo di zecca ", che consistono nel trasferire da parte dello Stato i nomi legali del denaro per porzioni di peso d'oro o argento legalmente fissate, a porzioni di peso più grandi o più piccole, e quindi nel coniare da quel momento in poi anche per esempio. un quarto d'oncia d'oro in quaranta invece che in venti scellini, - tali fantasie, quando non siano goffe operazioni finanziarie contro creditori dello Stato o di privati, ma abbiano il fine di miracolose panacee economiche sono state trattate dal Petty nel suo Quantulumcunque concerning money. To the Lord Marquess of Halifax, 1682; e in maniera così completa che già i suoi successori immediati, Sir Dudley North e John Locke, per non parlare affatto dei posteriori, poterono solo renderlo banale. Fra l'altro egli dice: " Se la ricchezza di una nazione potesse venir decuplicata con un decreto, sarebbe strano che tali decreti non fossero già stati da gran tempo emessi dai nostri governi " (ivi, p. 36).

[63] "Oppure bisogna acconsentire a dire che un milione in denaro abbia più valore di un valore eguale in merci " (LE TROSNE, De l'intérét social cit., p. 922), cioè " che un valore valga più di altro valore eguale ".

[64] Girolamo, in gioventù, ebbe a sostenere grandi lotte con la carne materiale, come mostra la sua battaglia nel deserto con belle immagini femminili; ma in vecchiaia ebbe da lottare con la carne spirituale. Egli racconta, per esempio.: " Mi credevo portato in ispirito alla presenza di Cristo, nel giudizio universale. - "Chi sei? ", domandò una voce.- "Sono un cristiano". "Tu menti " , tuonò il giudice supremo, - "Sei solo un ciceroniano!".

[65] "[citazione in greco non trascrivibile] " (" Dal... fuoco, tutto diviene, disse Eraclito, e il fuoco diviene da tutte le cose, come dall'oro le ricchezze e dalle ricchezze l'oro " (F. LASSALLE, Die Philosophie Herakleitos des Dunkeln, Berlino, 1858, vol. I, p. 222). La nota del Lassalle a questo passo, p. 224, n. 3, spiega inesattamente che il denaro è un semplice segno di valore.

[66] "Ogni vendita è compera " (Da. QUESNAY, Dialogues sur le commerce et les travaux des artisans, Physiocrates, ediz. Daire, parte I, Parigi, 1846, p. 170), oppure, come dice il Quesnay nelle sue Maximes générales: " Vendere è comprare ".

[67] " Il prezzo d'una merce può esser pagato solo con il prezzo d'un'altra merce " (MERCIER DE LA RIVIèRE, L'ordre naturel et essentiel des sociétés politiques. Physiocrates, ediz. Daire, parte 11, p. 554).

[68] " Per avere questo denaro, bisogna aver venduto " (ivi, p. 543).

[69] Come s'è notato sopra, fa eccezione il produttore d'oro o d'argento, che scambia il suo prodotto senza averlo prima venduto.

[70] "Se il denaro rappresenta in nostra mano le cose che noi possiamo desiderare di comprare, vi rappresenta anche le cose che abbiamo venduto per avere questo denaro " (MERCIER DE LA RIVIèRE, L'ordre naturel cit., p. 586).

[71] "Cosicché ci sono... quattro termini (termes) e tre contraenti, uno dei quali interviene due volte " (Le TROSNE, De l'intérét social, p. 908).

[72] Nota alla seconda edizione. Benché questo fenomeno sia evidentissimo, tuttavia viene per lo più trascurato dagli economisti politici e specialmente dal liberoscambista vulgaris.

[73] Si confrontino le mie osservazioni su James Mill, in Zur Kritik cit., pp. 74-76. Due punti sono qui caratteristici del metodo dell'apologetica economicistica. In primo luogo l'identificazione di circolazione delle merci e scambio immediato dei prodotti, mediante un semplice fare astrazione dalle loro differenze. In secondo luogo, il tentativo di ignorare le contraddizioni del processo capitalistico di produzione, risolvendo i rapporti degli agenti di produzione di tale processo nelle relazioni semplici che sorgono dalla circolazione delle merci. Ma produzione delle merci e circolazione delle merci sono fenomeni che appartengono insieme a differentissimi modi di produzione, sia pure in mole e con portata differenti. Dunque, quando si conoscono soltanto le categorie astratte della circolazione delle merci, comuni a quei modi di produzione non si sa ancor niente della differentia specifica di ersi. In nessuna scienza domina il costume di darsi tanta importanza con luoghi comuni elementari come nella economia politica. Per esempio.: J. B. Say s'arroga di trinciar giudizi sulle crisi, per la buona ragione che sa che la merce è un prodotto.

[74] Anche quando la merce torna ad essere venduta a più riprese, - fenomeno che qui per noi ancora non esiste -, con l'ultima vendita d4finitiva essa cade dalla sfera della circolazione in quella dei consumo, per servire quivi come mezzo di sussistenza, o mezzo di produzione.

[75] "Esso (il denaro) non ha altro movimento all'infuori di quello che gli è impresso dai prodotti " (LE TROSNE, De l'intérét social cit., p. 885).

[76] " Sono i prodotti, quelli che lo (il denaro) mettono in movimento e lo fanno circolare... La

rapidità del suo movimento (cioè del movimento del denaro) supplisce alla quantità. Se necessario, esso non fa che scivolare da una mano all'altra, senza fermarsi neppure un istante " (LE TROSNE, ivi, pp. 915-916).

[77] " Poichè il denaro... è la misura abituale per la compra e la vendita, chiunque abbia qualcosa da vendere, e non può trovare compratori, è subito pronto a pensare che la causa del fatto che le sue merci non trovino smercio sia mancanza di denaro nel regno o nel paese; quindi la lamentela comune è: "mancanza di denaro"; il che è un grande errore... Di che cosa ha bisogno questa gente, che invoca denaro?... Il fittavolo si lamenta,... pensa che se ci fosse più denaro nel paese, potrebbe ricevere un buon prezzo per i suoi prodotti... Dunque sembra che non sia denaro di cui abbisogna. ma di un buon prezzo per il suo grano e il suo bestiame che vorrebbe. e non può. vendere... E perchè non può ottenere un buon prezzo?... 1. 0 c'è troppo grano e troppo bestiame nel paese, cosicchè la maggior parte della gente che viene al mercato ha necessità di vendere come lui, mi non ha necessità di comprare; oppure, 2. Manca l'usuale vendita all'estero mediante il trasporto... oppure 3. Il consumo diminuisce, per esempio., se la gente per povertà non può più spendere come prima per la casa, cosicché non è l'aumento del denaro, specificamente, che potrebbe favorire la vendita dei beni del fittavolo, ma l'eliminazione di una di queste tre cause che son quelle che realmente tengono basso il mercato... Il mercante e il bottegaio hanno bisogno di denaro alla stessa maniera, cioè hanno bisogno della vendita dei beni che trattano, poiché i mercati ristagnano... A una nazione le cose non van mai tanto bene come quando le ricchezze passano sveltamente di mano in mano " (Sir DUDLEY N0RTH, Discourses upon trade, Londra, 1691, pp. 11-15 e sgg.). Gli imbrogli dello Herrenschwand si riducono tutti al dire che le contraddizioni derivanti dalla natura della merce e che quindi appaiono nella circolazione delle merci possono venire eliminate aumentando i mezzi di circolazione. Del resto, dall'illusione popolare che ascrive i ristagni del processo di produzione e circolazione ad una deficienza di mezzi di circolazione, non consegue affatto l'inverso, che una reale deficienza di mezzi di circolazione, per esempio. in seguito a truffe ufficiali con la regulation of currency, non possa provocare, per parte sua. dei ristagni.

[78] " C'è una certa misura e una certa proporzione del denaro, necessaria per mantenere in movimento il commercio di una nazione; qualcosa in più o in meno gli sarebbe di pregiudizio. Proprio come in un piccolo commercio al dettaglio è necessaria una certa quantità di spiccioli di rame per cambiare le monete d'argento e per saldare quei conti che non si potrebbero completare neppure con le più piccole monete d'argento... Ora, così come la proporzione numerica degli spiccioli di rame necessari al commercio va rilevata dal numero dei compratori, dalla frequenza dei loro acquisti e anche, e soprattutto, dal valore della moneta argentea minima, così analogamente la proporzione del denaro monetato (oro e argento) necessario per il nostro commercio è determinata dalla frequenza dei casi di scambio e dalla grandezza dei pagamenti " (WILLIAM PETTY, A treatise of taxes and contributions, Londra, 1667, p. 17). La teoria di Hume è stata difesa contro J. Steuart, fra gli altri, da A. YOUNG nella sua Political arithmetic, Londra, 1774, dove si ha un capitolo apposito, Prices depend on quantity of money. p. 112. In Zur Kritik cit_ p. 119, io osservo: " E! - gli ( A. Smith, elimina tacitamente il problema della quantità della moneta circolante. trattando il (##) denaro del tutto erroneamente come semplice merce ". Questo vale soltanto per i punti dove A. Smith tratta del denaro ex officio. Tuttavia, incidentalmente, per esempio. nella critica dei sistemi precedenti di economia politica, si esprime correttamente: "La quantità della moneta viene regolata in ciascun paese dal valore delle merci, della cui circolazione esso deve essere il mezzo... Il valore dei beni comprati e venduti annualmente in un paese esige una certa quantità di denaro per farli circolare e per distribuirli ai loro veri e propri consumatori, e non può dare impiego ad una quantità maggiore. Il canale della circolazione attira necessariamente la somma sufficiente per riempirlo; e non accoglie mai qualcosa di più". Wealth o/ nations, libro IV, pp. I) [Ed. Wakefield cit., III, pp. 87-881. Similmente, A. Smith apre la sua opera, ex officio, con l'apoteosi della divisione del lavoro. Ma dopo, nell'ultimo libro, a proposito delle fonti delle entrate dello Stato, riproduce incidentalmente la denuncia di A. Ferguson, il suo maestro, contro la divisione del lavoro.

[79] " I prezzi delle cose saliranno sicuramente in ogni nazione, a misura dell'aumentare della quantità d'oro e d'argento fra la gente: di conseguenza, se in una qualsiasi nazione diminuiscono l'oro e l'argento, dovranno cadere, proporzionalmente ente a una tale diminuzione dell'oro e dell'argento, i prezzi di tutte le cose " (JACOB VANDERLINT, Money answers all things, Londra. 1734, p. 5). Un confronto più accurato fra il Vanderlint e i Saggi dello Hume, non mi lascia il minimo dubbio che lo Hume conoscesse e utilizzasse lo scritto, del resto importante, del Vanderlint. L'opinione che la massa dei mezzi di circolazione determini i prezzi si trova anche presso il Barbon e scrittori anche molto più antichi. Il Vanderlint dice: < Nessun inconveniente può sorgere dal libero commercio, anzi grandissimo vantaggio... poiché, se la quantità di denaro contante delle nazioni ne viene diminuita che è quello che le misure di proibizione son dirette ad impedire, le nazioni alle quali arriva il denaro contante constateranno certamente che tutto salirà di prezzo a misura che cresce presso di esse il denaro contante. E... i nostri prodotti manufatti e tutto il resto diventeranno presto così a buon mercato che la bilancia commerciale inclinerà di nuovo a nostro favore. e di conseguenza richiamerà indietro il denaro" (ivi. p. 44).

[80] E’ cosa ovvia che ogni singolo genere di merci costituisca per il suo prezzo un elemento della somma dei prezzi di tutte le merci circolanti. Ma come mai valori d'uso fra loro incommensurabili debbano essere scambiati in massa con la massa d'oro e d'argento che si trova in un dato paese, è del  tutto incomprensibile Se si inventasse di trasformare il mondo delle merci in una unica merce complessiva, della quale ciascuna merce formasse solo una parte aliquota, ne verrebbe questo bell'esempio di calcolo: merce complessiva = x quintali d'oro; merce A = parte aliquota della merce complessiva = la stessa parte aliquota di x quintali d'oro. Questo vien fuori candidamente in Montesquieu: " Se si compara la massa dell'oro e dell'argento esistente nel mondo con la somma delle merci esistenti, è certo che si potrà confrontare ogni singola derrata o merce in particolare con una certa quantità della massa intera. Supponiamo che ci sia al mondo solo una singola derrata o una singola merce, o che ce ne sia una sola che si comperi, e che essa sia divisibile proprio come il denaro: una data parte di questa merce corrisponderà ad una parte della massa del denaro; la metà del totale dell'una corrisponderà alla metà del totale dell'altra... La determinazione dei prezzi delle cose dipende sempre fondamentalmente dal rapporto fra il totale delle cose e il totale dei segni monetari " MONTESQUIEU . Esprit des lois, Oeuvres, vol. III, pp. 12, 13). Sull'ulteriore sviluppo di questa teoria ad opera dei Ricardo, dei suoi scolari James Mill, Lord Overstone. ere.. cfr. Zur Kritik cit., pp. 140-146 e p. 150 sgg. Il signor J. St. Mill riesce con la logica eclettica che gli è abituale, ad essere dell'opinione di suo padre J. Mill. e contemporaneamente di quella opposta. Se si confronta il testo del suo compendio, Principles of political economy, con la prefazione (della prima edizione, dove si annuncia come l'Adam Smith del tempo presente. non si sa se ammirare più l'ingenuità dell'uomo o quella del pubblico che in piena buona fede l'ha accettato come Adam Smith: ed egli sta a questo come il generale Williams Kars di Kars al Duca di Wellington. Le ricerche del signor J. St. Mill nel campo dell'economia politica, che non sono né vaste né sostanziose si trovano tutte in parata nel suo scrittarello uscito nel 1844: Some unsettled question of political economy. Il Locke afferma senz'altro il nesso fra il non-valore dell'oro e dell'argento e la determinazione del loro valore mediante la quantità: " Poichè gli uomini si sono accordati per conferire all'oro e all'argento un valore immaginario... Il valore intrinseco che si scorge in questi metalli non è altro che la loro quantità " (Some considerations cit., 1691, Works, ed. 1777, vol. li, p. 15).

[81] Naturalmente è del tutto fuori dell'argomento del mio lavoro esaminare particolari come il signoraggio. Tuttavia, in risposta al sicofante romantico Adam Mueller, il quale ammira "la grandiosa liberalità " onde " il governo inglese conia moneta gratuitamente ", ricorderò il seguente giudizio di Sir Dudley North: " L'oro e l'argento hanno il loro flusso e riflusso come le altre merci. Quando ne arrivano quantità dalla Spagna... vengono portate nella Torre di Londra e monetate. Non molto dopo sorge una richiesta di verghe per l'esportazione. Ma se non ce ne sono di pronte, ma tutto è, per caso, monetato, che fare? Si rifonda tutto; non c'è perdita. perchè la coniazione non costa nulla al proprietario. Ma il danno lo porta la nazione che deve pagare per le trecce di paglia con cui foraggiare gli asini. Se il mercante (il North era personalmente uno dei più grandi mercanti dell'epoca di Carlo 11) dovesse pagare un prezzo per la coniazione, non manderebbe il suo argento nella Torre senza rifletterci; e allora il denaro coniato avrebbe sempre un valore superiore all'argento non coniato " (NORTH, Discourses cit., p. 18).

[82] " Se l'argento non eccede mai quanto è richiesto per i pagamenti minori, non può essere raccolto in quantità sufficienti per i pagamenti maggiori... L'uso delI'oro per grandi pagamenti implica di necessità anche il suo uso nel commercio al dettaglio; i possessori di monete d'oro le offrono per acquisti minori, e assieme alla merce acquistata, ricevono di ritorno il resto in argento; a questo modo il sovrappiù di argento, che altrimenti impaccerebbe il commerciante al dettaglio, gli viene sottratto e disperso Della circolazione generale. Ma se c'è tanto argento che i piccoli pagamenti possano essere eseguiti indipendentemente dall'oro, il commerciante al dettaglio deve ricevere argento per le piccole compere, e questo si deve accumulare necessariamente nelle sue mani. (DAVID BUCHANAN, Inquiry into the taxation and commercial policy of Great Britain, Edimburgo, 1844, pp. 248, 249).

[83] Il mandarino alle finanze Wan-Mao-in ardì un giorno di sottoporre al figlio dei cielo un progetto che tendeva nascostamente a trasformare gli assegnati imperiali cinesi in banconote convertibili. Nella relazione dell'aprile 1854 del comitato degli assegnati riceve una lavata di testa come, si deve. Non si comunica se ricevette anche il carico d'obbligo di colpi di bambù. A conclusione della relazione si dice: " il comitato ha attentamente ponderato il suo progetto, e trova che in esso tutto riesce a vantaggio dei commercianti e nulla v'è di vantaggioso per la corona" (Arbeiten der kaiserlichrussischen Gesandtschaft zu Peking ueber China. Aus dem Russischen von Dr. K. Abel und F. A. Mecklenburg, vol. I. Berlino. 1858 p. 47 sgg.). Un governatore della Banca d'Inghilterra, in qualità di teste davanti al House of Lords' Committee sui Bank acts dice: "Ogni anno una nuova classe di sovrane (non politicamente parlando; sovrana è il nome della lira sterlina) diventa troppo leggera. La classe che supera a pieno peso un anno, perde abbastanza, in seguito al logorio, per far pendere la bilancia contro di sé l'anno seguente " (House of Lords' Committee, 1848, n. 429).

[84] Nota alla seconda edizione. Come anche i migliori scrittori sulla moneta concepiscano poco chiaramente le diverse funzioni del denaro ci è mostrato per esempio. dal passo seguente del Fullarton: " Per quel che riguarda i nostri scambi all'interno, tutte le funzioni dei denaro che abitualmente vengono assolte da monete d'oro o d'argento. possono essere assolte con altrettanta efficacia da una circolazione di biglietti inconvertibili, che non avrebbero altro valore che quello artificiale e convenzionale derivato dalla legge. Questo è un fatto che, io penso. non può esser negato. Un valore di questo tipo potrebbe rispondere a tutti i fini di un valore intrinseco e rendere superflua addirittura anche la necessità di una scala di misura, purché la quantità delle sue emissioni venga tenuta nei limiti dovuti " (FULLARTON, Regulation of currencies, 2. ed., Londra, 1845, D. 21). Quindi, poiché la merce denaro può essere sostituita nella circolazione mediante puri e semplici segni di valore, essa è superflua come misura dei valori e scala dei prezzi!

[85] Dal fatto che l'oro e l'argento come monete, ossia nella esclusiva funzione di mezzo della circolazione, diventano segni di se stessi, Nicolas Barbon deduce il diritto dei governi " to raise money ", cioè, per esempio.. di dare ad una data quantità di argento, che si chiamava " grosso ". il nome di una quantità data d'argento, maggiore, come per esempio., tallero, in modo da restituire ai creditori grossi invece di talleri. "Il denaro si consuma e diventa più leggero per via dei molteplici versamenti... Quel che la gente considera nel trafficare è la denominazione e il corso, non la quantità dell'argento... E' l'autorità pubblica sul metallo, che ne fa moneta" . N. BARBON, A discourse concerning coining cit., pp. 29, 30, 25).

[86] " Una ricchezza in denaro è soltanto... ricchezza in prodotti convertiti in denaro " (MERCIER DE LA RIVIèR, L’ordre naturel cit., p. 557). " Une valeur en productions n'a fait que changer de forme " (ivi, p. 486).

[87] " Con queste pratiche essi mantengono tutti i loro beni e i loro manufatti a prezzi così bassi " (VANDERLINT, Money answers cit.. pp. 95, 96).

[88] " Il denaro... è un pegno " (JOHN BELLERS, Essav about the poor, manufactures, trade, plantations, and immorality, Londra. 1699. p. l3~.

[89] Infatti la compera, intesa in senso categorico. presuppone già l'oro o l'argento come figura trasformata della merce, ossia prodotto della vendita.

[90] Enrico III, cristianissimo re di Francia, ruba ai conventi, ecc. le loro reliquie per convertirle in denaro. E’ nota la parte che ha nella storia greca il saccheggio dei tesori del tempio di Delfi compiuto dai focesi. Si sa che presso gli antichi i templi servivano di dimora al dio delle merci. 1 templi erano "banche sacre". Per i fenici, popolo commerciale per eccellenza, il denaro era la trasfigurazione di tutte le cose. Quindi era nell'ordine delle cose che le vergini che si davano agli stranieri nelle feste della dea dell'amore offrissero in sacrificio ad essa la moneta ricevuta in compenso.

[91] "Oro? Giallo, luccicante, prezioso oro? Basterà un po' di questo per rendere nero il bianco, bello il brutto, dritto il torto, nobile il basso. giovane il vecchio, valoroso il codardo. Oh dèi, perchè questo? Che è mai, o dèi? Questo vi toglierà dal fianco i vostri preti e i vostri servi e strapperà l'origliere di sotto la testa dei malati ancora vigorosi. Questo schiavo giallo cucirà e romperà ogni fede, benedirà il maledetto e farà adorare la livida lebbra, collocherà in alto il ladro e gli darà titoli, genuflessioni ed encomio sul banco dei senatori; è desso che decide l'esausta vedova a sposarsi ancora. Colei che un ospedale di ulcerosi respingerebbe con nausea, l'oro la profuma e la imbalsama come un dì d'aprile. Orsù dunque, maledetta mota, comune bagascia del genere umano che metti a soqquadro la marmaglia dei popoli, io voglio darti il tuo vero posto nel mondo (SHAKESPEARE, Timone d’Atene, [Scena III, Atto IV, trad. E. Montale]).

[92] " In verità per l'uomo nulla ha poteri così tristi e larghi come il denaro, che città devasta, uomini strappa alle loro case; istrutte le menti pure a concepir il male, le perverte e le muta, e del delitto indica il passo e l'esperienza schiude d'ogni empietà" (SOFOCLE, Antigone [versi 295-301, trad. di G. Lombardo Radice].

[93] "Sperando l’avarizia di trarre Plutone stesso dalle viscere della terra" (ATENEO, Deipnosophistai.). [frase in greco non trascrivibile]

[94] "Accrescere quanto più si può il numero de' venditori di ogni merce, diminuire quanto più si può il numero dei compratori, questi sono i cardini sui quali si raggirano tutte le operazioni di economia politica " (VERRI, Meditazioni cit., p. 52).

[95] " Per mandare avanti il commercio di ogni nazione è richiesta una somma determinata di denaro in ispecie, che varia, e a volte è di più, a volte è di meno, come richiedono le circostanze nelle quali ci troviamo... Questi flussi e riflussi del denaro si regolano da soli senza nessun aiuto dei politici... Le secchie lavorano alternativamente: se il denaro è scarso, si coniano le verghe; se son scarse le verghe, si fondono le monete " (Sir D. NORTH, Discourses upon trade cit., p. 22). John Stuart Míll, che è stato per molto tempo funzionario della Compagnia delle Indie orientali, conferma che in India gli ornamenti dargento funzionano ancor oggi direttamente come tesoro. Gli " adornamenti d'argento vengono portati alla monetazione, quando c'è un saggio elevato d'interegge. ritornano a casa, quando il saggio d'interesse cade " (Deposizione di John Stuart Mill, in Reports on Bank acts, 1857, n. 2084). Secondo un documento parlamentare del 1864 sull'importa. zione e l'esportazione dell"oro e dell'argento in India, nel 1863 l'importazione di oro e di argento superò l'esportazione di 19.367.764 lire sterline. Negli otto anni precedenti il 1864 l’excess dell'importazione sull’esportazione dei metalli nobili ammontò a 109.652.917 lire sterline. Durante il secolo presente furono monetate in India molto più di 200.000.000 di lire sterline.

[96] Lutero distingue fra denaro come mezzo di acquisto e denaro come mezzo di pagamento: "Dell'usuraio, mi fai una coppia di gemelli ché qui non posso pagare e là non posso comprare " (MARTIN LUTERO, An die Pharrherrn, wider den Wucher zu predigen, Wittenberg, 1540).

[97] Sui rapporti dei debitori coi ereditari fra i commercianti inglesi al principio del XVIII secolo: " Fra i commercianti qui in Inghilterra regna uno spirito di crudeltà tale che non si può trovare in nessun'altra società di uomini, e in nessun altro reame della terra " (An essay on credit and the Bankrupt act, Londra, 1707, p. 2).

[98] Nota alla seconda edizione. Dalla seguente citazione, tratta dal mio scritto pubblicato nel 1859, si vedrà perchè nel testo non tengo nessun conto di una forma opposta. " Viceversa, nel processo D-M, il denaro può essere alienato come reale mezzo d'acquisto, e il prezzo della merce può così essere realizzato prima che il valore d'uso del denaro sia stato realizzato o prima che la merce sia stata ceduta. Questo avviene, per esempio., nella forma quotidiana della prenumerazione, ossia nella forma usata dal governo inglese per acquistare in India l'oppio dei ryots [contadini vincolati da prestazioni feudali]... Tuttavia a questo modo il denaro opera nella forma già nota di mezzo d'acquisto... Naturalmente, il capitale si anticipa anche in forma di denaro... Ma questo punto di vista non rientra nell'orizzonte della circolazione semplice " (KARL MARX, Zur Kritik, cit., pp. 119, 120).

[99] La crisi monetaria, come definita nel testo quale fase particolare di ogni crisi generale dì produzione e di commercio, deve essere distinta da quel genere speciale di crisi che viene chiamata anch'essa crisi monetaria, che può però presentarsi per conto proprio, in modo da operare solo di rimbalzo sull'industria e sul commercio. Queste sono crisi il cui centro di movimento è il capitale denaro; quindi la loro sfera immediata è costituita dalla banca, dalla Borsa, dalla finanza (Nota di Marx alla 3. edizione).

[100] " Questa riconversione improvvisa dal sistema di credito al sistema monetario sovrappone al panico pratico lo spavento teorico: e gli agenti della circolazione son presi da raccapriccio davanti all'impenetrabile arcano dei loro propri rapporti " (KARL MARX, Zur Kritik cit., p. 126). " 1 poveri non lavorano perchè i ricchi non hanno più denaro per dar loro occupazione, benché continuino a possedere gli stessi terreni e gli stessi operai di prima, per provvedere vettovaglie e vestiti;... le quali cose fanno la vera ricchezza d'una nazione, e non il denaro " (J0HN BELLERS, Proposal for raising a college of industry, Londra, 1696, p. 3).

[101] Ecco come questi momenti vengono sfruttati dagli " amis du commerce ". " Una volta (nel 1839) un vecchio e avaro banchiere (della City), nel suo ufficio privato, alzò il coperchio della scrivania alla quale sedeva, e sciorinò davanti a un suo amico rotoli di banconote; e con intenso compiacimento dichiarò che erano seicentomila lire sterline e che erano state tenute da parte per rendere scarso il denaro e che sarebbero state portate tutte nel traffico dopo le tre dello stesso giorno " (The theory of the exchanges. The Bank Charter act of 1844, Londra, 1864, p. 811. L'Observer, che è un giornale semiufficiale, osserva, il 24 aprile 1864: " Circolano alcune stranissime voci sui mezzi ai quali si ricorre nell'intenzione di provocare una scarsezza di banconote... Per quanto possa sembrare discutibile la supposizione che si applichino trucchi di questo genere, le notizie in proposito erano così generali che merita realmente farne cenno ".

[102] " L'ammontare delle compere e dei contratti conclusi durante un giorno dato non influirà sulla quantità di denaro circolante quel giorno particolare; ma, nella gran maggioranza dei casi, si risolverà in varie tratte sulla quantità di denaro che potrà trovarsi in circolazione a date seguenti, più o meno lontane... Le cambiali accettate oggi e i crediti aperti oggi non han bisogno di avere nessuna somiglianza, né per la quantità, né per l'ammontare complessivo, né per la durata, con quelle che sono state accettate e quelli aperti per domani o dopodomani; anzi, molte delle cambiali e molti dei crediti di oggi, coincidono, alla scadenza, con una massa di obbligazioni, le cui origini si distribuiscono su una serie di date precedenti, del tutto indeterminate; cambiali con dodici, sei, tre, o un mese di corso spesso si aggregano a ingrossare la massa dei pagamenti comuni di un giorno particolare " (The currency theory reviewed: in a letter to the Scottish people. By a banker in England, Edimburgo, 1845, pp. 29, 30 sgg.).

[103] Come esempio di quanto poca moneta reale entri nelle operazioni commerciali propriamente dette, facciamo seguire qui il prospetto di una delle maggiori case commerciali di Londra (Morrison, Dillon & Co.) sulle sue entrate e i suoi pagamenti annuali in denaro. Le transazioni della casa per l'anno 1856, che comprendono molti milioni di lire sterline, sono ridotte alla scala di un milione.

Entrate

Lst.

Uscite

Lst.

Tratte di banchieri e di Commercianti  pagabili a termine

533.596

Tratte a termine

302.674

Assegni di banchieri, ecc.,pagabili a vista .

357.715

Assegni su banchieri di Londra

663.672

Banconote di banche regionali

9.627

Banconote della Banca di Inghilterra

22.743

Banconote della Banca d'Inghilterra

68.554

Oro

9.427

Oro

28.089

Argento e rame

1.484

Argento e Rame

1.486

 

 

Post office orders

933

 

 

 

 

 

 

Somma totale

1.000.000

Somma totale

1.000.000

(Report from the select committee on the Bank acts, luglio 1853, p. LXXI).

[104] " Da quando il corso del commercio si è tanto trasformato, dallo scambio di beni con beni, ossia consegnare e ricevere, alla vendita a pagamento, di ora, tutti gli affari... sono ora messi sul piede d'un prezzo in denaro ". (An essay upon public credit, 3. edizione, Londra, 1710, p. 8).

[105]" L'argent... est devenu le bourreau de toutes choses ". La finanza è l'" alambic, qui fait évaporer une quantité effroyable de biens et de denrées pour faire ce fatal précis". "L'argent déclare la guerre a tout le genre humain ". (BOISGUILLEBERT, Dissertation sur la nature des richesses, de l'argent et des tributs, ediz. Daire, Economistes financiers, Parigi, 1843, vol. 1, pp. 413, 419, 417).

[106] " Il lunedì di pentecoste del 1824 ", dice Mr. Craig davanti al comitato parlamentare d'inchiesta del 1826, " ci fu una tale immensa domanda di banconote alle banche di Edimburgo che alle 1l non c'era una banconota lasciata in loro custodia. Mandarono a chiederne in prestito in giro a tutte le varie banche, ma non ne poterono avere; e molte transazioni poterono essere compiute solo con pezzetti dì carta. Ma alle tre pomeridiane tutte le banconote erano state riportate alle banche che le avevano emesse! Era stato un puro e semplice trasferimento di mano in mano ". Benché la circolazione media effettiva delle banconote in Scozia ammonti a meno di tre milioni di lire sterline, tuttavia, alla scadenza di vari termini di pagamento durante l'annata, ogni banconota che si trovi in possesso dei banchieri, viene chiamata in attività. In queste occasioni le banconote hanno da compiere una funzione sola e specifica, e appena l'han compiuta, ritornano alle rispettive banche dalle quali sono uscite (JOHN FULLARTON, Regulation of currencies, Londra, 1844, p. 85, nota). Occorre aggiungere, per miglior comprensione, che in Scozia, al tempo dello scritto dei Fullarton, sì usavano solo le banconote, non gli assegni, per i depositi.

[107] Al problema: " Se ci fosse occasione di raccogliere quaranta milioni all'anno, basterebbero gli stessi sei milioni (d’oro)... per quelle circolazioni ed evoluzioni di essi, che sono richieste dal commercio? ", il Petty risponde con la sua abituale maestria: " Per una spesa di quaranta milioni, se le circolazioni fossero di cicli brevi, per esempio. settimanali, come ne avvengono fra poveri artigiani e lavoratori, che ricevono e pagano ogni sabato, allora risponderebbero a quel fine i 40/52 di un milione di denaro; ma se i cicli sono trimestrali, in accordo col nostro costume nel pagare gli affitti e nel raccogliere le tasse, occorrerebbero dieci milioni. Quindi, supponendo che i pagamenti in generale siano di un ciclo intermedio fra una settimana e tredici settimane, aggiungasi dieci milioni ai quaranta cinquantaduesimi, la metà dei quali sarà 5 1/2, cosicché se abbiamo cinque milioni e mezzo, ne abbiamo abbastanza " (W1LLIAM PETTY, Political anatomy of Ireland, 1672, ediz. Londra, 1691, pp. 13, 14).

[108] Di qui l'assurdità di ogni legislazione che prescriva alle banche nazionali di tesaurizzare solo quel nobile metallo che funziona da denaro all'interno del paese. Sono noti per esempio. i " soavi impedimenti " che a questo modo la Banca d'Inghilterra si è procurata da sola. Sulle grandi epoche storiche delle variazioni relative di valore dell'oro e dell'argento, vedi KARL MARX, Zur Kritik cit., p. 136 sgg. - Aggiunta alla seconda edizione. Nel suo Bank Act del 1844, sir Robert Peel tentò di rimediare all'inconveniente, permettendo alla Banca d'Inghilterra di emettere banconote contro argento in verghe, ma in modo che la riserva d'argento non superasse quella d'oro mai più di un quarto. In questo caso il valore dell'argento viene stimato secondo il suo prezzo di mercato (in oro) sulla piazza di Londra. - Alla quarta edizione. Ci ritroviamo in un'epoca di forte variazione relativa di valore fra oro e argento. Circa venticinque anni or sono, il rapporto di valore fra oro e argento era eguale a 15 1/2 : 1, ora è all'incirca eguale a 22 : l; e l'argento continua a calare in confronto dell'oro. In Sostanza questo fatto è conseguenza d'una rivoluzione nel modo di produzione dei due metalli. Prima l'oro si otteneva quasi soltanto con il lavaggio di strati auriferi alluvionali, prodotti dalla disgregazione atmosferica di rocce aurifere. Ora questo metodo non è più sufficiente, ed è stato messo in secondo piano dalla lavorazione delle stesse ganghe di quarzo aurifero stesso, fino ad ora fatta solo in seconda linea, benché ben nota già agli antichi DIODORO SICULO, III, pp. 12.14). D'altra parte, non solo sono stati scoperti nuovi enormi giacimenti d'argento nella parte occidentale delle Montagne Rocciose in America, ma questi giacimenti e le cave messicane d'argento sono state rese accessibili da ferrovie, che hanno permesso l'importazione di macchine moderne e di combustibile, e con ciò han reso possibile di ottenere argento su scala maggiore e a costi minori. Ma c'è una gran differenza nel modo di presentarsi dei due metalli nei filoni rispettivi. L'oro è per lo più puro, ma in cambio disperso nel quarzo in minutissime quantità; quindi occorre macinare tutta la vena, ed ottenerne l'oro per lavaggio oppure estrarlo per mezzo del mercurio. E da 1.000.000 di grammi di quarzo vengono spesso appena da uno a tre, e assai di rado da trenta a sessanta grammi d'oro. L'argento si presenta raramente allo stato puro, ma per lo più in minerali propri, relativamente facili ad essere staccati dalla ganga, che contengono per lo più dal quaranta al novanta per cento d'argento; oppure è in piccole quantità, ma contenuto in minerali di rame, piombo ecc., che già per se stessi torna conto sottoporre a lavorazione. Già da questo deriva (##) che mentre il lavoro per la produzione dell'oro è piuttosto aumentato, quello dell'argento è decisamente diminuito, e che quindi la caduta del valore di quest'ultimo si spiega in maniera del tutto naturale. Questa caduta del valore si esprimerebbe in una caduta del prezzo ancor maggiore, se il prezzo dell'argento non fosse tenuto alto anche oggi con mezzi artificiali. Ma i depositi argentiferi americani sono stati resi accessibili appena in piccola parte, e così c'è ogni probabilità che il valore dell'argento rimanga sul ribasso ancora per parecchio tempo. A ciò non potrà non contribuire anche la diminuzione relativa del fabbisogno d'argento per articoli di uso e di lusso, la sostituzione dell'argento con articoli placcati, con alluminio, ecc. E su questa base si misuri l'utopismo dell'idea bimetallistica, che un corso forzoso internazionale potrebbe risospingere l'argento all'antico rapporto di valore di 1 : 15 1/2. Piuttosto, è probabile che l'argento perderà sempre più anche sul mercato mondiale la sua qualità di denaro. F. E.

[109] Gli avversari del sistema mercantilistico, che considera come fine del commercio mondiale il saldo in oro o in argento di una bilancia commerciale in eccedenza, hanno da parte loro misconosciuto completamente la funzione della moneta mondiale. Ho dimostrato particolareggiatamente sull'esempio del Ricardo (Zur Kritik cit., p. 150 sgg.), come la concezione erronea delle leggi che regolano la massa dei mezzi di circolazione, non faccia che rispecchiarsi nella concezione erronea del movimento internazionale dei metalli nobili. L'erroneo dogma del Ricardo: " Una bilancia commerciale sfavorevole non sorge mai da altro che da una ridondanza di circolante... L'esportazione della moneta è causata dal suo buon mercato, e non è l'effetto ma la causa di una bilancia sfavorevole " si trova quindi già nel Barbon: "La bilancia commerciale, se c'è, non è la causa del mandare il denaro fuori di una nazione; ma ciò proviene dalla differenza del valore del metallo nobile in verghe in ogni paese" (N. BARBON, A discourse concerning coining cit., pp. 59, 60). Il MacCulloch, in The literature of political economy. A classified catalogue, Londra, 1845, loda il Barbon per questa anticipazione, ma evita saggiamente anche solo di rammentare le forme ingenue sotto le quali appaiono ancora nel Barbon gli assurdi presupposti del " currency principle ". La mancanza di critica o anche la disonestà di quel catalogo culminano nelle sezioni sulla storia della teoria del denaro, perchè quivi il MacCulloch scodinzola da bravo sicofante di Lord Overstone (l'ex banchiere Lloyd,) ch'egli chiama " facile princeps argentariorum".

[110] Per esempio. nel caso di sussidi, prestiti in denaro per la condotta della guerra, o per la ripresa del pagamento in contanti delle banche, ecc., il valore può esser richiesto proprio in forma di denaro.

110a Nota alla seconda edizione. "Non desidererei, invero, testimonianza della possibilità che ha il meccanismo della tesaurizzazione, nei paesi che pagano in metalli, di compiere ogni necessaria funzione di compensazione internazionale, senza aiuto notevole dalla circolazione generale, più con vincente della facilità con la quale la Francia, che stava proprio appena riprendendosi dal colpo di una invasione straniera distruttrice, completò nello spazio di ventisette mesi il pagamento del contributo di quasi venti milioni alle potenze alleate, al quale era stata costretta, e versando una porzione considerevole della somma in metallo, senza percettibili contrazioni e perturbamenti del corso del denaro all'interno, e neppure fluttuazioni allarmanti dei suoi scambi " (FULLARTON, Regulation of currencies cit., p. 191). Alla quarta edizione. Abbiamo un esempio ancor più convincente nella facilità con la quale la stessa Francia, nel 1871-1873 fu in grado di estinguere in trenta mesi una indennità di guerra più che decupla, e anche questa in parte notevole in moneta metallica. F. E.

[111] "Il denaro si divide fra le nazioni realtivamente al bisogno che esse ne hanno... in quanto è sempre attirato dai prodotti." (LE TROSNE, De l'intérèt social cit. p. 916). "Le miniere che continuamente danno oro e argento, ne danno in sufficienza per fornire un tale equilibrio necessario ad ogni nazione" (J. VANDERLINT, Money answers cit. p. 40).

[112] " I cambi salgono e scendono ogni settimana, e in certi momenti particolari dell'anno salgono in alto a svantaggio di una nazione, e in altri momenti salgono altrettanto in senso contrario " (N. BARBON, A discourse concerning coining cit., p. 39).

[113] Queste differenti funzioni possono entrare in un conflitto pericoloso appena interviene la funzione di un fondo di conversione per banconote.

[114] " Quel denaro che è più che di necessità assoluta per il commercio interno, è capitale morto... e non porta profitto al paese nel quale esso è tenuto, a meno che non sia esportato e anche importato nel commercio [estero] " (JOHN BELLERS, Essays cit., p. 12). "E che cosa fare se abbiamo troppo denaro monetato? Possiamo fondere il più pesante, e trasformarlo nello splendore dei piatti, del vasellame o degli utensili d'oro e d’argento; o esportarlo come merce dove ce n'è bisogno o desiderio; oppure prestarlo a interesse, dove l'interesse è alto ". (W. PETTY, Quantulumcumque cit., p. 39). " Il denaro non è altro che il grasso del corpo politico, e il troppo ne impaccia l’agilità, come troppo poco lo fa ammalato... come il grasso lubrifica il movimento dei muscoli, nutre in mancanza di vettovaglie, riempie le cavità spiacevoli, e abbellisce il corpo, così il denaro nello Stato ne accelera l'azione, lo nutre dal di fuori in tempi di carestia in patria, conguaglia i conti... abbellisce il tutto, e più particolarmente le singole persone che ne hanno in abbondanza " (W. PETTY, Political anatomy of Ireland, p. 14).

 

 AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del I libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche:

1  negli esempi numerici, per facilitare la lettura, sono state cambiate le unità di misura e le grandezze;

2 –  diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle ed in grafici;

3 – in alcuni esempi numerici le cifre decimali indicate sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata ponendovi a fianco un apice ().

Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha  travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale  e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio. In altre parti si è invece mantenuto le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione e per ragioni di fedeltà storica.

Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro,laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”.

Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti  avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza  della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue.

Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:

  • Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Delio Cantimori;
  • Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Delio Cantimori;
  • Il capitale, Edizione integrale - I mammut – Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:

http://www.marxists.org/xlang/marx.htm