LA FINANZA INTERNAZIONALE: ISTITUZIONI E MERCATI[1] 1 - LA FINANZA INTERNAZIONALE NELL'EPOCA DELLA GLOBALIZZAZIONE Negli ultimi 15-20 anni, i movimenti dei capitali tra un paese e l'altro e fra tutti i continenti della terra si sono enormemente intensificati e accelerati rispetto a un passato non lontano. Questo fenomeno, noto come 'globalizzazione finanziaria' è l'espressione più evidente e più convincente dei processi di complessiva globalizzazione[2] dell'economia contemporanea. E' l'esito, da un lato, delle decisioni delle autorità di governo in tema di deregolamentazione[3] e liberalizzazione[4] dei movimenti di capitali e valute e, dall'altro, delle rilevanti innovazioni intervenute nelle tecnologie dell'informazione. Le reti telematiche hanno infatti modificato radicalmente i tempi e le quantità di scambio e trasmissione delle informazioni a contenuto finanziario: sui vari mercati finanziari statunitensi, europei e asiatici le contrattazioni avvengono ormai senza interruzione, ventiquattro ore su ventiquattro. 2 - MERCANTI, BANCHIERE, BORSE E BANCHE CENTRALI: LE ISTITUZIONI DELLA FINANZA Le prime forme di stabile organizzazione collettiva degli scambi internazionali furono le fiere medioevali, moltiplicatesi a partire dalla ' rivoluzione commerciale ' duecentesca. La graduale formazione di un gruppo di mercanti-banchieri cosmopoliti permise di coordinare gli scambi di merci a livello internazionale. La nascita di un complesso mercato europeo delle lettere di cambio fu l'alternativa all'offerta, rigida e poco elastica, di moneta metallica dei prìncipi, non adatta a regolare la domanda connessa alle transazioni a distanza e all'ingrosso. La creazione delle Borse[5] di Anversa, Amsterdam e Londra durante il cinquecento fu la trasformazione delle fiere in mercati organizzati stabili - non più periodici - in cui la comunità mercantile potesse negoziare durante tutto l'anno merci, monete, metalli e titoli di credito. Nella seconda metà del settecento, in seguito all'industrializzazione inglese e all'aumentata spesa - soprattutto a causa delle guerre di successione - degli stati nazionali, si determinò un'inedita domanda di mezzi monetari che fu all'origine di nuove istituzioni e strumenti finanziari. Si diffusero tra il XVII e il XIX le banche di emissione[6] e la moneta cartacea fiduciaria, la banconota[7]. Le banche di emissione diventarono gradualmente banche centrali[8], vale a dire le 'banche delle banche”, lungo l'ottocento. In quella fase, l'esito e i tempi di evoluzione delle banche centrali e dei sistemi monetari dipesero da un complesso insieme di fattori istituzionali e politici. L'intervento regolativo delle autorità politiche e il diverso grado di fiducia esistente nei mercati creditizi ne furono i fattori più importanti. 3 - L'EPOCA DEL LAISSEZ-FAIRE E IL GOLD STANDARD Intorno alla metà dell'ottocento, con l'industrializzazione, emerse a poco a poco un insieme di regole di comportamento e un sistema monetario internazionale, il gold standard[9], fortemente dipendente dalla capacità della Banca d'Inghilterra di gestire i meccanismi di pagamento interni e internazionali: all'efficacia e alla stabilità di lungo periodo del gold standard venne attribuita la ragione della grande espansione dei commerci mondiali in regime di libero scambio dalla metà dell'ottocento alla prima guerra mondiale. Gli imponenti flussi migratori di uomini - contadini e operai comuni ma anche tecnici qualificati e imprenditori - dall'Europa verso le Americhe modificarono il paesaggio di quel continente: la migrazione umana andava di pari passo con l'esportazione di tecnologie e di capitali garantiti dalla stabilità offerta dal gold standard. L'esportazione di capitali dall'Europa - un fenomeno che interessò tutti quei paesi che a mano a mano si andavano industrializzando - prese due forme: la forma degli investimenti esteri diretti con i quali si realizzavano soprattutto ferrovie, impianti elettrici, fabbriche; la forma degli investimenti di portafoglio consistenti nell'acquisto di titoli di imprese e governi esteri. Con la creazione di impianti di produzione all'estero - per superare vincoli fiscali e legali o per conseguire vantaggi competitivi rispetto ai concorrenti - nacquero le prime società multinazionali[10], dotate cioè di unità produttive e/o commerciali in diversi paesi. Tra il 1870 e il 1914 l'economia mondiale si presentava come un'economia caratterizzata da forti interdipendenze, la prima 'economia globale'. Nonostante l'attuazione di politiche doganali di stampo protezionistico a partire dagli anni ottanta (in Germania, in Italia e in Francia), la libera circolazione di uomini, merci e capitali non venne impedita nella sostanza. La fiducia dei mercati nella cooperazione tra le grandi banche centrali venne meno con la prima guerra mondiale, quando il gold standard fu di fatto sospeso e con quell'atto si concluse una intera epoca, quella che aveva visto regolare le transazioni internazionali e l'offerta di moneta a mezzo dell'oro. 4 - LA CRISI INTERNAZIONALE TRA LE DUE GUERRE La prima guerra mondiale mise termine a quel complesso sistema di regole e convenzioni - fondato sul gold standard che aveva reso possibile l'emergere della prima economia globale, caratterizzata da forti interdipendenze[11] tra le varie economie. Dopo la guerra banchieri, economisti, politici ritennero che il ritorno all'oro[12] fosse la necessaria premessa della ripresa della crescita economica. Tra il 1926 e il 1927 la Francia, il Belgio e l'Italia aderirono così a un meccanismo di riserva ibrido, il gold exchange standard[13]. Il risultato della politica monetaria restrittiva indispensabile per ritornare all'oro produsse un effetto negativo indesiderato: la deflazione[14]. La limitazione dell'offerta di moneta aveva infatti ridotto i crediti, gli investimenti, i redditi e i consumi, generando un ciclo negativo. L'inizio dello spostamento del baricentro finanziario internazionale da Londra e dalla sterlina a New York e al dollaro creò una specie di vuoto nei meccanismi di governo e compensazione internazionali che aggravò l'effetto dei fattori di instabilità all'origine della grande crisi[15], del 1929, un periodo di catastrofica contrazione economica dai grandi e traumatici costi umani. Come sostenne l'economista inglese John M. Keynes[16] - allora una cassandra inascoltata - occorreva abbandonare il tallone aureo - una 'eredità barbarica' - e avviare politiche attive di sostegno dei redditi, degli investimenti e dei consumi. Quei paesi che lasciarono l'oro e avviarono politiche di sostegno della domanda uscirono prima dalla crisi e ne sentirono gli effetti meno intensamente. La fine della crisi venne comunque raggiunta solo con la ripresa degli investimenti in vista della seconda guerra mondiale. Negli anni trenta l'intervento pubblico assunse spesso carattere protezionistico[17]. Lo Stato divenne 'industriale e banchiere' in molti paesi, in particolare in Italia e Germania. Cessarono gli scambi multilaterali, si formarono aree monetarie separate (coincidenti commercialmente), furono introdotti strumenti amministrativi di controllo dei capitali e dei cambi valutari. Solo dopo gli accordi di Bretton Woods furono poste le basi per la riapertura delle frontiere commerciali. 5 - IL SISTEMA DI BRETTON WOODS, 1944-73 Già nel corso della seconda guerra mondiale gli alleati pensarono a istituzioni e regole che permettessero di ricreare le condizioni essenziali per la riapertura delle frontiere commerciali e per la progressiva liberalizzazione dei movimenti di capitali in un sistema monetario internazionale stabile di cambi fissi o semifissi. Nell'estate del 1944 si giunse alla sigla degli accordi di Bretton Woods[18] tra i paesi alleati. Lo schema di Bretton Woods, che mirava a ripristinare un sistema di cambi fissi, prevedeva due istituzioni internazionali: il Fondo Monetario Internazionale[19] e la Banca Mondiale (World Bank)[20]. Le parità furono fissate in parte in termini aurei e in altra parte in rapporto a valute convertibili in oro, prevedendo aggiustamenti in presenza di particolari condizioni di squilibrio della bilancia dei pagamenti. Lo schema originario di Bretton Woods si modificò alla fine degli anni cinquanta in un sistema di valute chiave dominate dalla centralità del dollaro: di fatto si creò un gold dollar standard[21]. Le incertezze aumentarono in seguito allo sviluppo del mercato degli eurodollari a Londra, e cioè un mercato specializzato in prestiti in dollari attraverso i depositi detenuti al di fuori degli Stati Uniti. Dal 1967 si rese evidente la crisi del sistema monetario internazionale a cambi fissi, in seguito alle gravi difficoltà della sterlina e alla decisione della Francia di De Gaulle di convertire in oro le riserve accumulate in dollari. Nell'agosto 1971 il presidente statunitense Richard Nixon - sotto i colpi della speculazione e della crisi della bilancia dei pagamenti - fu infine convinto da Milton Friedman[22] a sospendere la convertibilità del dollaro in oro, portando il sistema monetario internazionale a un regime di cambi fluttuanti con evidenti problemi di governo dei pagamenti esteri. Nel 1973 il sistema di Bretton Woods fu definitivamente e ufficialmente abbandonato. Nello stesso anno la crisi petrolifera mise fine al lungo periodo di prosperità che aveva fatto dei quasi trent'anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale il periodo più stabile della storia del capitalismo. 6 - DOPO BRETTON WOODS: IL TRATTATO DI MAASTRICHT E L'EURO La fine di Bretton Woods - e la conseguente affermazione del dollaro quale valuta di riserva e riferimento internazionale - poneva seri problemi di stabilità nei pagamenti internazionali. Fino alla metà degli anni ottanta la cooperazione tra le autorità monetarie centrali in materia di cambi fu limitata. Le tre maggiori aree valutarie - gli Stati Uniti, il Giappone e l'Europa - seguirono le proprie politiche senza mettere in atto meccanismi di concertazione: il dollaro si rafforzò, il Giappone si concentrò sulla competitività delle esportazioni, l'area europea tentò di stabilizzare[23] i rapporti di cambio interni. Solo con gli accordi dell'Hotel Plaza di New York del settembre 1985 tra i ministri finanziari e le banche centrali del G5 (allora i primi cinque grandi paesi industrializzati) si pose un freno alla crescita del dollaro, il cui rialzo metteva in difficoltà le esportazioni statunitensi. Con il Trattato di Maastricht del 1991 i paesi europei decisero di avviare il processo di unificazione monetaria con l'obiettivo di dare stabilità e massa critica ai produttori europei. La costituzione della Banca Centrale Europea e la nascita dell'euro nel 1998, finalizzati alla creazione di condizioni favorevoli alla crescita economica dell'intera area e alla riduzione dell'alta disoccupazione, tendono a ridurre l'instabilità dei cambi in un sistema monetario internazionale caratterizzato da un discreto grado di frammentazione e da fluttuazioni dipendenti dalla molteplicità delle fonti di creazione della liquidità[24]. Con l'euro le economie europee intendono acquisire la forza competitiva necessaria a affrontare con successo la globalizzazione. 7 - Glossario Ciclo economico La teoria economica è ancora divisa tra due grandi correnti di pensiero. Secondo gli economisti neoclassici il mercato, contraddistinto da concorrenza perfetta e da attori (imprenditori, consumatori, prestatori d'opera) capaci di possedere e valutare senza differenze le informazioni di prezzo, quantità e qualità, è in grado di regolarsi da sé, raggiungendo autonomamente l'equilibrio. Secondo un'altra tradizione di pensiero la concorrenza è quantomeno imperfetta. Esistono infatti evidenti asimmetrie, e cioè significative differenze, sulle informazioni di cui dispongono i vari attori e l'instabilità è connaturata alla produzione e alla distribuzione di ricchezza. L'economia è perciò per definizione instabile e il processo economico è cadenzato da cicli che le autorità monetarie devono cercare di attenuare e governare. Questa tradizione non studia improbabili 'leggi', ma intende piuttosto analizzare il comportamento degli attori economici, le cui scelte sono orientate da aspettative differenziate e mutevoli. Debito pubblico E' la somma degli obblighi finanziari che lo Stato contrae per procurarsi le entrate necessarie per le spese che deve sostenere. Nel settecento si assistette alla progressiva razionalizzazione della finanza pubblica, mediante il consolidamento dei debiti esistenti con la creazione dei titoli del debito pubblico, i cui interessi cessarono di dipendere da entrate particolari (come le imposte indirette specifiche sul sale e sui tabacchi). Nel 1696 in Gran Bretagna fu creato il buono dello Scacchiere (una obbligazione a breve scadenza sostituita nel 1877 dal buono del tesoro) e tra il 1749 e il 1757fu collocato un prestito irredimibile, e cioè del quale non si poteva avere rimborso, al 3% (i titoli divennero noti come consols). Domanda aggregata La domanda aggregata è la somma della domanda dei vari fattori economici e comprende i consumi e gli investimenti, pubblici e privati. Liquidità Nel linguaggio economico à la quantità dei mezzi di riserva liquidi, quali le monete metalliche e cartacee nonché altri mezzi di riserva di facile realizzo, quali, per esempio, i buoni del tesoro a breve scadenza. Mezzi di pagamento Per 'mezzi di pagamento' si intendono quegli strumenti che consentono di saldare i rapporti di debito e credito: dal denaro agli assegni, fino ai titoli pubblici e privati. PIL Il Prodotto interno lordo (Pil) è il valore monetario dei beni e dei servizi finali prodotti in un anno entro i confini nazionali al lordo degli ammortamenti. Sovranità monetaria E' il potere che consente a una banca centrale (o un'altra autorità monetaria centrale come potrebbe essere il Ministero del Tesoro) di esercitare in piena autonomia la regolazione dell'offerta monetaria e dei rapporti di cambio con l'estero. NOTE [1] Tratto dal sito: www.webscuola.it. [2] La globalizzazione economica e la concorrenza internazionale La globalizzazione dell'economia - o mondializzazione, secondo l'espressione francese - sta a indicare la crescente interdipendenza economica e produttiva tra paesi posti anche in aree molto lontane del pianeta. Per alcuni studiosi, essa implica soprattutto un aumento di instabilità dei rapporti economici all'interno delle economia avanzate. E' una fase di accentuata concorrenza tra paesi. Il motore di tale processo viene spesso individuato nell'accentuarsi dei fenomeni di competizione internazionale tra le aree ricche - nelle quali sono stati raggiunti elevati livelli di benessere e gli strati deboli della società sono efficacemente protetti - e i paesi in via di sviluppo(Pvs), favoriti nella competizione sui mercati internazionali da costi del lavoro bassi o irrisori. Una più corretta analisi assegna invece alla capacità di innovazione e progresso tecnologico all'interno dei singoli paesi il fattore principale della capacità di competere negli scambi con l'estero. Ma c'è anche chi si chiede: ha davvero un senso parlare della competitività tra paesi alla stessa stregua della competitività tra imprese? [3] Deregolamentazione La deregulation o deregolamentazione è un indirizzo di politica economica affermatosi dalla fine degli anni settanta in Gran Bretagna con i governi guidati da Margaret Thatcher e successivamente ripreso da Ronald Reagan negli Stati Uniti. La politica di deregulation mira a ridurre il grado di regolazione delle attività economiche - in precedenza introdotta dagli stati dalle autorità centrali in seguito a rilevanti fallimenti del mercato - in particolare nei servizi di pubblica utilità, promuovendo la concorrenza tra le imprese. In campo finanziario, la deregulation ha rimosso molti vincoli alle esportazioni di capitali. [4] Liberalizzazione L'adesione delle autorità politiche ai principi della liberalizzazione dei movimenti di capitali non deriva solo da una scelta politica dei decisori politici (policy makers) non solo in seguito a un mutamento degli indirizzi e della cultura economica. E' anche la pura e semplice accettazione di un dato di fatto: le innovazioni nella telematica hanno indebolito il peso delle frontiere finanziarie e monetarie, e di conseguenza ridotto la capacità delle banche centrali di influire sui mercati valutari e sui tassi di cambio con l'estero. La liberalizzazione dei movimenti di capitali è stata promossa in Europa, dopo diversi decenni di restrizioni amministrative più o meno severe, come parte della politica neoliberista seguita inizialmente da governi conservatori e via via accolta in sede comunitaria. A tale principio di liberalizzazione si è largamente ispirata la costruzione dell'unità economica e monetaria europea culminata con il Trattato di Maastricht(1992). [5] Borsa La borsa è un mercato organizzato per la quotazione e lo scambio dei titoli pubblici e privati, nuovi strumenti finanziari emessi da stati, enti pubblici o società private. La costituzione di mercati organizzati come le Borse ha accresciuto la negoziabilità dei titoli e quindi la loro diffusione e accettazione La negoziabilità di un titolo dipende infatti dall'esistenza e della qualità dei mercati organizzati in cui si tratta quel titolo, dall'esistenza e dalla dimensione della domanda per quel titolo, dalla fiducia dei mercati verso l'emittente, dall'insieme delle norme che regolano i diritti di proprietà, dalla forza e dalla capacità di applicazione delle norme da parte delle autorità di governo, dal grado di trasparenza delle informazioni e delle comunicazioni relative. [6] Le banche di emissione La prima banca a emettere cartamoneta come surrogato della moneta metallica fu la svedese Riksbank di Stoccolma nel 1656. Le banche di emissione possono considerarsi come una naturale evoluzione dei 'banchi di giro' veneziani e olandesi. Attraverso le banche di emissione si ricompose il doppio circuito monetario, quello dei principi e quello dei mercanti banchieri, in un soggetto plurale - la banca di emissione appunto - nella quale furono riassunte le ragioni dei mercati e le ragioni dello stato. Le prime banche di emissione furono infatti create per emettere banconote e gestire una parte del debito pubblico. Tra il settecento e l'ottocento le banche di emissione europee, in primo luogo la Bank of England, creata nel 1694, erano 'governate' collegialmente dai principali merchant bankers, quei 'negozianti banchieri' che erano attivi nei finanziamenti dei commerci internazionali, nelle operazioni sui titoli distato, nei prestiti diretti ai governi, nell'arbitraggio sui metalli preziosi e sulle materie prime. [7] Banconota La diffusione delle banconote costituì una vera e propria rivoluzione nei sistemi di pagamento: si ottenne un notevole risparmio di risorse - in particolare di oro e argento - e si ridussero le spese connesse alla gestione dei sistemi di pagamento metallici (coniazione, trasporto, verifica di peso e titolo dei metalli monetati). L'emissione di banconote fu definita dai grandi economisti classici inglesi, Adam Smith e David Ricardo come 'l'arte di risparmiare oro' . L'impiego delle banconote fu paragonato alle innovazioni tecnologiche della rivoluzione industriale, giacchè permetteva di produrre più beni a costi minori. [8] Le banche centrali Le banche centrali assunsero due funzioni, entrambe connesse alla stabilizzazione del ciclo economico: la prima funzione - 'macroeconomica' - si esplica nelle azioni di governo della moneta; la seconda funzione - 'microeconomica' - si esercita nell'assicurare la stabilità dei mercati finanziari e delle banche, funzione esercitata come lender of last resort (prestatore di ultima istanza) nei casi di crisi di fiducia e liquidità delle banche e delle borse. L'azione delle banche centrali - una forma di 'razionalità collettiva' dei mercati - viene svolta in differenti condizioni di autonomia. La tradizionale autonomia della Banca d'Inghilterra non è paragonabile all'indipendenza a lungo assai limitata della Banca di Francia, fondata nel1800 da Napoleone con esplicite finalità di sostegno della spesa pubblica. [9] Il gold standard e il primato della Gran Bretagna Il gold standard - il sistema monetario a base aurea - come sistema monetario internazionale si affermò nella seconda metà dell'ottocento quale esito dell'egemonia economica della Gran Bretagna, la prima nazione industriale, 'l'officina del mondo' come la definirono gli osservatori convenuti a Londra all'Esposizione universale del Crystal Palace del 1851. Con la vastità delle proprie produzioni di cotone, carbone e manufatti meccanici (locomotive, caldaie a vapore, telai e filatoi meccanici), con le risorse dei propri banchieri e con la forza della propria politica commerciale la Gran Bretagna impose al mondo un sistema monetario, quello aureo, e un principio di scambio, quello liberista. Tra il 1850 e il 1880, in un'epoca di grandi innovazioni nei mezzi di trasporto (ferrovie e navigazione a vapore), il commercio mondiale crebbe attraverso il libero movimento di uomini, merci e capitali per tutto il pianeta, unificato attraverso la sterlina, saldamente ancorata alle riserve auree, e il mercato delle accettazioni di Londra, animato da merchant bankers e 'governato' dalla Banca d'Inghilterra, abile custode delle riserve auree. Il gold standard, sebbene fosse sottoposto a ricorrenti pressioni e venisse incrinato da frequenti crisi finanziarie internazionali, resistette grazie alla capacità della Banca d'Inghilterra di gestire le riserve auree e alla disponibilità delle altre banche centrali, in primo luogo della Banca di Francia, a prestare oro nei momenti di crisi. Il gold standard, in altre parole, non era un sistema in grado di raggiungere l'equilibrio automaticamente, in forza di un meccanismo perfetto, ma era piuttosto un sistema gestito dalle maggiori banche centrali attraverso il principio della cooperazione e dell'assistenza reciproca. [10] Le multinazionali La prima impresa multinazionale fu l'americana Singer, produttrice di macchine per cucire, che creò un impianto in Gran Bretagna per ridurre i costi di trasporto. Una impresa multinazionale si caratterizza per la presenza di una o più unità produttive o commerciali al di fuori dei confini nazionali. Le imprese possono diventare multinazionali per diversi motivi, essenzialmente per aggirare barriere doganali, per ridurre i costi di trasporto, per godere di benefici fiscali, per sfruttare i vantaggi derivanti dalla presenza diretta su un mercato estero, ecc. [11] Interdipendenze La fine del gold standard classico si trasmise anche alle aree monetarie che si reggevano su un sistema bi metallico aureo-argenteo - innanzitutto i paesi che avevano dato vita all'Unione monetaria latina nel 1865, la Francia, l'Italia, la Svizzera e il Belgio - essenzialmente per due ragioni. Le esigenze di finanziamento della straordinaria crescita della spesa militare rendevano impossibile limitare l'offerta monetaria alle riserve metalliche, necessariamente limitate a breve termine. Le riserve auree dovevano essere utilizzate esclusivamente per gli acquisti di materie prime, semilavorati e prodotti finiti dalle aree che non accettavano che oro (e argento). [12] Il ritorno all'oro Negli anni venti i risultati e il funzionamento del gold standard furono idealizzati. La decisione di Winston Churchill di ritornare all'oro nell'aprile 1925 costrinse tutti i paesi europei a una politica monetaria restrittiva che consentisse di ricostruire il sistema monetario a base aurea. L'obiettivo di ricreare le condizioni monetarie prebelliche per riavviare un ciclo di crescita fu perseguito utilizzando vecchi strumenti e vecchie categorie economiche: anzitutto il gold standard. Non esistevano tuttavia le condizioni generali che prima della grande guerra avevano consentito di far funzionare con successo quel sistema monetario: la finanza pubblica rigorosa, l'equilibrio nei rapporti finanziaria internazionali e il libero movimento di merci e capitali. Ma soprattutto la guerra e le condizioni imposte alla Germania dai vincitori (le ingenti riparazioni belliche) avevano minato definitivamente la cooperazione tra le banche centrali e la fiducia dei mercati nei meccanismi stessi della cooperazione. Senza la cooperazione tra i banchieri centrali il gold standard non poteva funzionare. [13] Gold exchange standard Il gold exchange standard è una forma derivata di gold standard, per il quale contavano solo le riserve auree: in un regime monetario di gold exchange standard la convertibilità può essere sia in oro sia in valute a loro volta convertibili in oro. Dal dicembre1927, per esempio, la lira italiana era convertibile in oro o in dollari o in sterline, valute per le quali le rispettive banche centrali garantirono la convertibilità in oro. Nei fatti la convertibilità veniva sottoposta a una quantità di limitazioni, e valeva quasi esclusivamente per la regolazione delle transazioni internazionali. [14] Deflazione La deflazione - ovvero il calo della domanda, la contrazione delle attività e la riduzione dei prezzi - fu negli anni Trenta un effetto indesiderato della manovra di stabilizzazione connessa al ritorno all'oro. Sino alla prima guerra mondiale la stabilità dei cambi e la convertibilità delle divise erano state l'obiettivo primo delle banche centrali che avevano potuto contare sull'assenza di un elettorato di massa sensibile alle variazioni dei livelli occupazionali. [15] La grande crisi Non esiste pieno accordo sulle cause della grande crisi della fine degli anni venti, a lungo identificata con il crollo di Wall Street dell'ottobre 1929. Si tende tuttavia a riconoscere che la crisi fu il portato degli squilibri indotti dalla prima guerra mondiale nei mercati finanziari: l'alta inflazione, i movimenti imprevedibili nei mercati dei capitali, l'assenza di cooperazione tra le autorità centrali dei paesi sviluppati, la mancanza di una chiara e condivisa leadership internazionale. A ciò si aggiunsero le politiche monetarie errate della Federal Reserve americana, la caduta della domanda aggregata, l'elevata disoccupazione e la fine della cooperazione tra banchieri centrali. La grande crisi, da questo punto di vista, non sarebbe un evento circoscritto temporalmente ma un fenomeno di processo correlato ai fattori di instabilità derivati dalle riparazioni e dai debiti interalleati, ai contrasti tra politiche fiscali espansive e politiche monetarie restrittive coerenti con la stabilità del cambio, dallo spostamento del fulcro del sistema monetario internazionale dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti, dalla sterlina al dollaro. [16] John M. Keynes L'economista inglese (1883-1946), contrario all'imposizione delle alte riparazioni alla Germania (a seguito delle quali abbandonò la Conferenza di Versailles nel 1919), era convinto della necessità di affrontare in modo nuovo i problemi ereditati dalla grande guerra. Fu per questo estremamente critico verso la decisione di Churchill di tornare all'oro. Keynes attribuì alla riduzione della domanda aggregata la ragione della depressione economica degli anni trenta, contro la quale propose una politica monetaria di uscita dalla parità aurea e un sostegno della domanda, cioè favorevole all'espansione dei consumi e degli investimenti. Nel settembre1931, quando la sterlina abbandonò la parità aurea, Keynes scrisse: 'Pochi sono gli inglesi che non si rallegrino della rottura del nostro legame al gold standard. Abbiamo la sensazione di essere finalmente liberi di fare quel che è meglio fare. La fase romantica è conclusa: possiamo cominciare a discutere realisticamente della politica che più ci conviene. Potrà sorprendere che una decisione del genere, presentata come un disastro catastrofico, sia stata accolta con tanto entusiasmo; il fatto è che ci si è resi conto rapidamente di quali enormi vantaggi attribuivamo al commercio e all'industria inglese abbandonando uno sforzo artificioso per mantenere la nostra valuta al di sopra del suo valore reale. [...] Nessuna meraviglia, quindi, se proviamo una certa euforia, se le quotazioni in borsa salgono, se l'industria si sgranchisce le povere ossa' (27 settembre 1931). [17] Protezionismo Il protezionismo può essere adottato secondo gradi differenti di intensità e con mezzi diversi (dall'imposizione di tasse alle merci in entrata al divieto dell'importazione di alcune specifiche merci) al fine di difenderei produttori nazionali dalla concorrenza internazionale. [18] Gli accordi di Bretton Woods Gli accordi di Bretton Woods, così chiamati dalla cittadina del New Hampshire (Stati Uniti) presso la quale si tenne la conferenza monetaria tra il 1¡ e il 22 luglio 1944, erano destinati a ripristinare un sistema monetario internazionale, secondo un compromesso tra le posizioni di Keynes e quelle di Harry D. White, il rappresentante americano. Con gli accordi di Bretton Woods furono recepiti alcuni obiettivi di fondo dell'impostazione di Keynes: rilevanza fu assegnata agli obiettivi interni di pieno impiego e crescita dei redditi a patto che fossero perseguiti all'interno della cornice di stabilità valutaria che costituiva il nocciolo degli accordi. Il sistema di cambi fissi di Bretton Woods aveva due obiettivi di fondo: promuovere lo sviluppo economico e ricreare un sistema di scambi multilaterali in condizioni di stabilità dei cambi. La convertibilità valutaria tra gli aderenti - cresciuti via via di numero - fu generalizzata nel 1958, grazie alla ridistribuzione delle riserve aure e mondiali a favore delle banche centrali europee. [19] Fondo Monetario Internazionale (FMI) L'International Monetary Fund (IFM), organismo internazionale con sede a Washington, cominciò a operare nel 1946 con una riunione del consiglio dei governatori delle banche centrali di 30 dei 44 paesi aderenti. Il FMI aveva il compito di attuare e far rispettare gli accordi di Bretton Woods. Con la fine di Bretton Woods il FMI - a cui aderiscono attualmente oltre 150 paesi - ha funzioni di monitoraggio e controllo del sistema monetario internazionale, intervenendo nei casi di crisi valutaria e finanziaria mediante prestiti ai paesi in difficoltà. [20] Banca Mondiale La International Bank for Reconstruction and Development di Washington, nota come Banca Mondiale, fu costituita nel 1945 per attuare gli accordi di Bretton Woods. Nell'immediato dopoguerra la Banca Mondiale fu impegnata nel finanziare la ricostruzione delle economie dei paesi usciti dal conflitto con rilevanti danni alle infrastrutture e alle strutture produttive. La Banca Mondiale, alla quale aderiscono attualmente oltre 150 paesi, ha il compito di finanziare progetti di sviluppo mediante prestiti a medio termine. [21] Dollar standard L'evoluzione del sistema di Bretton Woods verso un dollar standard avrebbe richiesto che gli Stati Uniti assumessero le responsabilità derivanti. La crescita della spesa pubblica connessa alle riforme dell'amministrazione Kennedy e la progressiva dilatazione delle spese militari per l'intervento in Vietnam non consentivano tuttavia agli Stati Uniti di esercitare le responsabilità relative al loro ruolo a causa del deterioramento della bilancia dei conti con l'estero. Nonostante alcune parziali riforme introdotte negli accordi tra il 1960 e il 1962, durante gli anni sessanta si comprese che la Federal Reserve non sarebbe stata in grado di mantenere un rapporto adeguato tra riserve e base monetaria [22] Milton Friedman L'economista Friedaman (New York, 1912), il caposcuola dei monetaristi americani noti anche come 'Chicago Boys', era convinto che un sistema monetario amministrato attraverso accordi tra le maggiori autorità centrali mondiali fosse intrinsecamente inefficiente e eccessivamente oneroso per gli Stati Uniti. [23] Il Serpente monetario europeo e lo SME Con il piano Werner del 1970 i paesi europei avviarono un lungo - e contrastato - processo di unificazione monetaria, allora ritenuta raggiungibile in un decennio. Dopo l'esperienza - tra il 1972 e il 1974 - del Serpente monetario europeo, come fu definito il sistema per cui le valute europee fluttuavano ma i loro rapporti di cambio erano contenuti in una certa fascia, anche all'interno dell'area europea si diffuse un regime di cambi fluttuanti, con effetti negativi sugli scambi tra i paesi della Comunità europea. Un significativo tentativo di ridurre l'instabilità all'interno dell'area europea fu la creazione del Sistema Monetario Europeo (SME) nel1979. Nonostante i frequenti disallineamenti tra le valute europee, la sostanziale tenuta dello SME e le condizioni macroeconomiche (alta disoccupazione e crescita modesta) indussero a mettere a punto un programma di unificazione monetaria, prospettata nella relazione del commissario francese Jacques Delors nel 1989. [24] Liquidità Nel linguaggio economico à la quantità dei mezzi di riserva liquidi, quali le monete metalliche e cartacee nonché altri mezzi di riserva di facile realizzo, quali, per esempio, i buoni del tesoro a breve scadenza. |